Carissimo Amico dell’Abbazia di San Giuseppe,
«Il
peccato del ventesimo secolo è la perdita del senso del peccato»,
dichiarava Papa Pio XII, il 26 ottobre 1946. Mezzo secolo dopo, la
crisi del sacramento della Penitenza, trascurato da tanti cattolici,
mostra che tale giudizio del Papa rimane della massima attualità.
Eppure, «agli occhi della fede, nessun male è più grave del
peccato e niente ha conseguenze peggiori per gli stessi peccatori,
per la Chiesa e per il mondo intero» (Catechismo della Chiesa
Cattolica, CCC 1488). La nostra epoca non è la prima che
attraversi una crisi del sacramento della Penitenza. La Santissima
Vergine Maria è stata spesso la messaggera di Dio presso gli uomini
per distoglierli dal peccato e riportarli all'amore del loro
Creatore. Nel corso degli ultimi secoli, essa è intervenuta a
parecchie riprese, in particolare a La Salette, Lourdes e Fatima; ma,
in precedenza, essa aveva degnato di manifestarsi ad una povera
ragazza delle Alpi, Benedetta Rencurel.
Il 16 settembre 1647, Benedetta
Rencurel nasce nel piccolo comune di Saint-Etienne d'Avançon (Alpi
del Sud). I suoi genitori sono buoni cattolici, che vivono
modestamente del loro lavoro manuale. Alla nascita di Benedetta, essi
hanno già una figlia, Maddalena; una terza, Maria, nascerà quattro
anni dopo. Il padre, Guglielmo Rencurel, muore quando Benedetta,
piena di vita e di buon umore, ha sette anni. Per la vedova e le tre
bambine, il decesso provoca la miseria materiale. Non c'è scuola a
Saint-Etienne d'Avançon; perciò Benedetta non saprà mai leggere nè
scrivere. Tutta la sua istruzione consiste nella predica della Messa
domenicale; vi apprende che Maria è la misericordiosissima Madre di
Dio, il che fa nascere in lei il desiderio di vederla. A Benedetta,
anima contemplativa, piace pregare a lungo.
«Mi chiamo
Maria»
Un giorno di maggio del 1664, la
ragazza, che è stata assunta in qualità di pastora da contadini dei
dintorni, custodisce le pecore in un vallone le cui pendici sono
squarciate da brecce che fanno pensare a grotte poco profonde.
Benedetta recita la corona, quando scorge una bella Signora su una
roccia, che tiene per mano un bambino di una bellezza singolare.
«Bella Signora! le dice, cosa fate lassù? Volete far merenda con
me? Ho un po' di buon pane, lo potremmo bagnare nella fontana!» La
Signora sorride della sua semplicità, e non dice una sola parola.
«Bella Signora! Non vorreste darmi il vostro bambino, che mi
rallegrerebbe tanto?» La Signora sorride ancora senza rispondere.
Dopo esser rimasta per un po' con Benedetta, prende in braccio il
bambino e sparisce nell'antro della roccia, dove la pastora l'ha
vista entrare ed uscire a parecchie riprese.
Per quattro mesi, la Signora si lascia
vedere ogni giorno e conversa molto familiarmente con la ragazza. Per
prepararla alla sua futura missione, la educa, correggendone la
vivacità e la rudezza, la testardaggine ed l'attaccamento alle cose
ed agli animali. Benedetta racconta le sue visioni alla padrona, che,
di primo acchito, non ci crede; però, un bel mattino, la segue di
nascosto nel vallone delle Fornaci. Ivi, non vede la Signora, ma
sente le parole che essa rivolge a Benedetta. Ora, l'apparizione
domanda alla pastora di avvertire la padrona dei pericoli che
minacciano la sua anima: «La sua coscienza è in cattivo stato. Che
faccia penitenza!» Colpita, questa si corregge, riprende a
frequentare i sacramenti e vive molto cristianamente per tutto il
resto della sua vita. Il 29 agosto, Benedetta chiede il suo nome alla
visitatrice, e si sente rispondere: «Mi chiamo Maria». Ma, nello
stesso tempo, la Vergine le annuncia che le apparizioni cesseranno
per un certo tempo. Infatti, Benedetta, per un mese intero, non vede
la Signora; il fatto che quest'assenza la priva di consolazioni
sensibili, contribuisce a purificarle l'anima.
Finalmente, una mattina, sul finire di
settembre, la pastora, che ha fermato le pecore e le capre in riva ad
un fiume, scorge di fronte a sè la Signora, splendente come un bel
sole. Si affretta a raggiungerla. Ma il vecchio ponte di legno che
attraversa il fiume è inagibile. Attraversa allora il corso d'acqua
aggrappata al dorso di una grossa capra. Arrivata vicino
all'apparizione, domanda: «Bella Signora, come mai mi avete privata
tanto a lungo dell'onore di vedervi? – Ormai, quando vorrai
vedermi, potrai farlo nella cappella che si trova in località Le
Laus», risponde la Signora, indicandole la via da seguire. Il giorno
dopo, Benedetta si reca nella frazione di Le Laus e arriva alla
piccola cappella. Entra subito e vede sull'altare la Vergine Maria
che si congratula con lei perchè ha cercato con tenacia senza
impazientirsi. Estasiata di rivedere Nostra Signora, Benedetta è
confusa nel constatare la povertà e la sporcizia del luogo; propone
di tagliare in due il suo grembiule, per metterle una tovaglia sotto
i piedi. La Signora le risponde che fra breve non mancherà nulla: vi
vedrà lini, ceri ed altri ornamenti; aggiunge che vuol far costruire
una chiesa in suo onore ed in onore del suo Figlio prediletto; molti
peccatori e peccatrici si convertiranno. Durante l'inverno 1664-1665,
Benedetta sale spessissimo a Le Laus; ogni giorno, vede la Vergine
che le raccomanda «di pregare continuamente per i peccatori».
Nostra Signora ci fa capire in questo modo che i peccatori si trovano
in uno stato pietoso. Dio è offeso dalle loro colpe, ma vuole
prodigar loro la sua misericordia, che può essere accettata solo
liberamente. La notizia delle apparizioni si propaga fra i villici,
grazie alle veglie, nelle sere d'inverno. A partire dal 19 marzo
(festa di San Giuseppe), i pellegrini accorrono a Nostra Signora di
Le Laus. Molti hanno ottenuto grazie per sua intercessione; vanno per
confessarsi e prendere la risoluzione di cambiar vita.
Il medico che
specilla la piaga
Il Vangelo è la rivelazione, in Gesù
Cristo, della misericordia di Dio per i peccatori. Ma se «Dio ci ha
creati senza di noi, non ha voluto salvarci senza di noi»
(Sant'Agostino). L'accoglienza della misericordia divina esige da noi
la confessione delle nostre colpe. Se diciamo che siamo senza
peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se
riconosciamo i nostri peccati, Egli, che è fedele e giusto, ci
perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa (1 Giov. 1,
8-9) (ved. CCC 1846-1847). La confessione dei peccati è un
effetto della grazia, perchè Dio, come un medico che specilla la
piaga prima di curarla, proietta una luce viva sul peccato.
«Riconoscere il proprio peccato, e riconoscersi altresì peccatori,
capaci di peccare e portati al peccato, è il principio
indispensabile del ritorno a Dio. È l'esperienza esemplare di Davide
che, dopo aver fatto quel che è male agli occhi del Signore,
redarguito dal profeta Natan, esclama: Sì, conosco il mio
peccato, ho sempre la mia colpa davanti agli occhi. Contro di Te,
contro Te solo, ho peccato; quel che è male ai tuoi occhi, io l'ho
fatto» (Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Reconciliatio
et Pænitentia, 2 dicembre 1984, n. 13).
Dio ha dato all'uomo la libertà di
amarLo e di servirLo. Il peccato, che è un abuso di tale libertà,
consiste in qualsiasi atto, parola o desiderio contrario alla legge
di Dio. Tuttavia, i peccati non hanno tutti la medesima gravità. Si
distinguono in peccati mortali (o gravi) e in peccati veniali. Il
peccato veniale intiepidisce l'amore di Dio nei nostri cuori, senza
privarci della vita della grazia. Il peccato mortale, in quanto
infrazione grave alla legge di Dio (per esempio la bestemmia,
l'idolatria, l'irreligione, l'eresia, l'adulterio, la fornicazione),
distoglie l'uomo dal suo Creatore, cui il peccatore preferisce un
bene creato. Perchè un peccato sia mortale, non basta una materia
grave; si richiede pure che l'atto sia compiuto con piena
consapevolezza e deliberato consenso. «Il peccato mortale è una
possibilità radicale della libertà umana, come lo stesso amore. Ha
come conseguenza la perdita della carità e la privazione della
grazia santificante, cioè dello stato di grazia. Se non è
riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l'esclusione
dal Regno di Cristo e la morte eterna dell'inferno: infatti, la
nostra libertà ha il potere di fare scelte definitive,
irreversibili» (CCC 1861). L'Apostolo san Giovanni così
descriveva la sorte di coloro che muoiono in stato di peccato
mortale: Per i vili, gli increduli, gli abietti, gli omicidi, gli
immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori è
riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo: è questa la seconda
morte (Ap. 21, 8). Tale verità assume un rilievo tanto più
notevole, in quanto, per ogni essere umano, la morte è una certezza,
e, dopo la morte, ciascuno di noi sarà giudicato. Tutti infatti
dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per
ricevere la ricompensa delle opere compiute finchè era nel corpo,
sia in bene che in male (2 Cor. 5, 10). Ora, dopo la morte, non
ci sarà più tempo per convertirsi. È dunque adesso che bisogna far
penitenza. «Guai a coloro che moriranno in stato di peccato mortale»
(San Francesco d'Assisi).
Un olio
miracoloso
Nel settembre del 1665, un'inchiesta
sulle apparizioni di Le Laus viene iniziata dal vicario generale di
Embrun, Antonio Lambert. Questi, dopo aver terminato l'interrogatorio
della veggente, celebra la Messa. È presente, quel giorno, Caterina
Vial, una donna gravemente colpita da una malattia nervosa, origine
del ripiegamento delle sue gambe, in modo tale che le calcagna
toccano il fondo della schiena. I suoi genitori hanno fatto di tutto
per guarirla, ma inutilmente. L'ammalata è stata condotta a Le Laus
perchè vi facesse una novena a Nostra Signora. Durante la notte che
segue la fine della novena, essa riesce a stendere le gambe e si
sente guarita. La mattina dopo, si fa portare nella cappella, mentre
il vicario generale finisce la Messa. Si grida a gran voce:
«Miracolo!» Terminata la Messa, il sacerdote interroga la
miracolata ed i testimoni, poi afferma: «Ecco la mano di Dio».
Così, il 18 settembre 1665, quando Benedetta compie diciotto anni,
le apparizioni ed il pellegrinaggio sono ufficialmente riconosciuti
dall'autorità diocesana e, a partire dall'ottobre dello stesso anno,
ha inizio la costruzione di una chiesa abbastanza grande per
accogliere i pellegrini, sempre più numerosi.
Nostra Signora si è rivelata a Le Laus
come riconciliatrice e rifugio dei peccatori. Dà anche segni per
convincerli della necessità di convertirsi. Annuncia allora a
Benedetta che l'olio della lampada della cappella (che arde davanti
al Santissimo Sacramento), opererà guarigioni su quegli ammalati che
lo applicheranno su di sè, a condizione che ricorrano con fede alla
sua intercessione. Infatti, vengono registrate in poco tempo numerose
guarigioni: una bambina ritrova l'uso di un occhio; una persona è
guarita da un'ulcera alla mano. Ancora oggi si producono miracoli in
quelle persone che, fiduciose nell'intercessione di Nostra Signora,
utilizzano devotamente l'olio di Le Laus.
Un'ancora di
salvezza
Benedetta si prende a cuore la missione
ricevuta dalla Santissima Vergine: quella di preparare i peccatori a
ricevere il sacramento della Penitenza. Pertanto, incoraggia spesso i
due sacerdoti addetti al santuario a ricevere i pellegrini con
dolcezza, pazienza e carità, dimostrando una bontà particolare per
i più grandi peccatori, onde incitarli a pentirsi. «Cristo ha
istituito il sacramento della Penitenza per tutti i membri peccatori
della sua Chiesa, in primo luogo per coloro che, dopo il Battesimo,
sono caduti in peccato grave... A costoro, il sacramento della
Penitenza offre una nuova possibilità di convertirsi e di recuperare
la grazia della giustificazione. I Padri della Chiesa presentano
questo sacramento come «la seconda ancora di salvezza dopo il
naufragio della grazia perduta». Dio solo perdona i peccati. Poichè
Gesù è il Figlio di Dio, dice di se stesso: Il Figlio dell'Uomo
ha il potere sulla terra di rimettere i peccati ed esercita
questo potere divino: Ti sono rimessi i tuoi peccati! Ancora
di più: in virtù della sua autorità divina, dona tale potere agli
uomini affinchè lo esercitino nel suo nome» (CCC 1446,
1441). In questo sacramento, il sacerdote, che occupa il posto di
Cristo giudice e medico, deve essere informato circa lo stato del
penitente. Di conseguenza, «bisogna che il fedele, oltre alla
consapevolezza dei peccati commessi, la contrizione e la volontà di
non ricadere, confessi i suoi peccati. In questo senso, il Concilio
di Trento dichiarava che era necessario «di diritto divino, che si
confessassero tutti e ciascuno dei peccati mortali»» (Giovanni
Paolo II, Motu proprio Misericordia Dei, 7 aprile 2002).
Quest'obbligo non è un peso imposto
arbitrariamente ai penitenti, ma un mezzo di liberazione per
ritrovare la pace del cuore. Se, con il peccato, ci siamo allontanati
dal nostro Padre Celeste, il sacramento della penitenza ci permette
di tornare a Lui, di buttarci fra le sue braccia misericordiose. La
confessione è così l'occasione di un tenero incontro fra il figlio
ed il Padre. «Non è il peccatore che torna a Dio per chiederGli
perdono, ma è Dio che rincorre il peccatore e lo spinge a tornare da
Lui», diceva il santo Curato d'Ars. «Per ricevere il sacramento
della penitenza, ci vogliono tre cose, aggiungeva lo stesso santo: la
Fede che ci rivela Dio presente nel sacerdote, la Speranza che ci fa
credere che Dio ci farà la grazia del perdono, la Carità che ci
porta ad amare Dio e che ci insinua nel cuore il rimorso di averLo
offeso». Benedetta incoraggia altresì i confessori ad avvertire i
penitenti di non avvicinarsi alla Santa Comunione se non dopo una
buona confessione, preparata da un esame di coscienza fatto alla luce
dei dieci Comandamenti e del Discorso della Montagna. Infatti, «colui
che è consapevole di aver commesso un peccato mortale non deve
ricevere la Santa Comunione, anche se prova una grande contrizione,
senza aver prima ricevuto l'assoluzione sacramentale» (CCC 1457).
Il compito di Benedetta non è facile;
la Vergine le chiede di ammonire le donne e le ragazze che conducono
una vita scandalosa, che le porta talvolta fino all'infanticidio, i
signorotti ingiusti o perversi, i sacerdoti ed i monaci infedeli ai
loro sacri vincoli. Ma la veggente lo adempie convenientemente. Essa
incoraggia i penitenti, avverte quelli che non osano confessare i
loro peccati e li orienta verso un confessore adeguato. «Celebrando
il sacramento della Penitenza, il sacerdote compie il ministero del
Buon Pastore che cerca la pecora perduta, quello del Buon Samaritano
che medica le ferite, del Padre che attende il figlio prodigo e lo
accoglie al suo ritorno, del giusto Giudice che non fa distinzione di
persone e il cui giudizio è ad un tempo giusto e misericordioso.
Insomma, il sacerdote è il segno e lo strumento dell'amore
misericordioso di Dio verso il peccatore» (CCC 1465).
Benedetta si sacrifica soprattutto per i peccatori e prega mentre si
confessano. Per riparare i loro peccati ed ottenere grazie per essi,
si obbliga a penitenze severe, al punto di compromettere la sua
salute.
Un tempo
propizio per riconciliarsi
Però, non tutti vedono di buon occhio
gli eventi di Le Laus; certi giungono fino ad attribuire le
apparizioni al demonio. Pertanto, si impone una nuova inchiesta
diocesana; essa convince il nuovo vicario generale, Jean Javelly,
della realtà delle apparizioni. A quelli che si lamentano del fatto
che tutti si recano a Le Laus, risponde: «Non è Benedetta che fa
perdere la devozione (cioè la pratica religiosa) della nostra
Chiesa, sono i nostri peccati che la provocano: a causa dello scarso
zelo e della poca cura che mettiamo a mantenerla, la devozione si è
spostata all'estremità della diocesi. Ben lungi dal toglierla di lì,
dal fare qualcosa contro quella buona e santa ragazza di cui conosco
la virtù, dobbiamo preoccuparci che la devozione non ne esca (dalla
diocesi di Embrun), e cooperare con lei per conservarvela, nel timore
di perderla completamente». Nella preghiera, come nel suo
apostolato, Benedetta è consigliata senza posa da Nostra Signora:
«Coraggio, figlia mia! Abbi pazienza... compi la tua opera di buon
cuore... non provare astio per i nemici di Le Laus». Anche l'angelo
custode la istruisce: «Quando si è lieti, tutto quel che si fa è
gradito a Dio; quando ci si arrabbia, non si fa nulla che Gli
piaccia».
Fra il 1669 e il 1679, Benedetta gode
il favore di cinque apparizioni di Cristo, che le si rivela in stato
di sofferenza. Un venerdì di luglio del 1673, il Salvatore, tutto
insanguinato, le dice: «Figlia mia, mi mostro in questo stato
affinchè tu partecipi ai dolori della mia Passione». Il Signore
Gesù, infatti, vuol associare al suo sacrificio redentore quelli
stessi che ne sono i primi beneficiari (ved. CCC 618). San
Pietro ci avverte: Cristo patì per noi, lasciandoci un esempio,
perchè ne seguiamo le orme (1 P. 2, 21). Il tempo della Passione
ci ricorda che sono i nostri peccati che hanno fatto subire a Nostro
Signore il supplizio della Croce. «È chiaro che coloro che si
immergono nell'iniquità e nel male crocifiggono nuovamente nel
loro cuore, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio con i loro
peccati e lo espongono all'infamia (Eb. 6, 6)» (CCC 598).
Ma, con la sua morte, Cristo ci libera dal peccato, e con la
Risurrezione ci apre l'accesso ad una vita nuova. Perciò, Pasqua è
un tempo propizio per ricevere il sacramento della Penitenza e
riconciliarsi con Dio.
«Essa è
causa per me della perditadi tante anime!»
A partire dal 1684, il pellegrinaggio
di Le Laus raggiunge il suo pieno sviluppo. Truppe di stanza a Gap si
recano in massa a Le Laus. I soldati, colpiti dalla grazia, si
confessano, cambiano vita e diventano i messaggeri di Le Laus in
tutta la Francia ed anche all'estero. Tuttavia, a questo periodo di
successo, succede un periodo di prove e di oscurità. Benedetta
subisce dure tentazioni contro la fiducia in Dio e la castità; il
demonio la assale anche fisicamente, ma essa, rifugiandosi nella
preghiera, resiste. Lo spirito infernale rivela un giorno il motivo
degli assalti: «Essa è causa per me della perdita di tante anime!»,
grida. Sul finire del luglio 1692, Benedetta ed i sacerdoti di Le
Laus sono costretti a rifugiarsi a Marsiglia per sfuggire
all'invasione delle truppe del duca di Savoia che devastano la
regione di Gap. La pace civile finisce coll'essere ristablita, ma
Benedetta continua ad attraversare prove purificatrici. Infatti, il
successore di Padre Javelly, avversario del pellegrinaggio di Le
Laus, nomina due nuovi responsabili del santuario che dimostrano poco
zelo per la cura delle anime, e fa predicare dal pulpito che Le Laus
non è se non un abuso. A partire dal 1700, si vieta alla pastora di
parlare ai pellegrini, e minacce pesano sulla sua reputazione.
Tuttavia, Benedetta non rimane senza consolazioni: riceve spesso la
visita della Santa Vergine e del suo Angelo custode, che la
confortano. Per finire, nel 1711, il pellegrinaggio è affidato ad
una nuova comunità, quella dei «Padri guardiani». Questi sacerdoti
si rivelano essere uomini di preghiera, che inculcano ai pellegrini
di Le Laus la devozione al Sacro Cuore di Gesù ed il ricorso a
Maria, rifugio dei peccatori.
Dopo vent'anni di calvario, Benedetta
può esercitare di nuovo la sua missione nella pace; una folla di
pellegrini si reca da lei. Ma tanta austerità e tante prove hanno
avuto ragione della sua salute. A letto da più di un mese, riceve il
santo Viatico nel giorno di Natale del 1718. Tre giorni dopo, si
confessa e riceve l'Estrema Unzione, con grande consolazione. Verso
le otto di sera, Benedetta dice addio a coloro che la circondano,
poi, dopo aver baciato il crocifisso, con gli occhi rivolti al Cielo,
muore in pace e va a raggiungere in Cielo il suo Sposo Gesù e la di
lui Santissima Madre Maria. La causa di beatificazione della Serva di
Dio Benedetta Rencurel, introdotta nel 1871, è stata recentemente
ripresa dalla diocesi di Gap. Dopo essere stato amministrato
successivamente dai Padri guardiani, gli Oblati di Maria Immacolata
ed i Missionari di Nostra Signora di Le Laus, il santuario è oggi
affidato al clero diocesano, assistito da una comunità di Frati di
San Giovanni. Il santuario di Le Laus è un centro spirituale che,
fedele alla sua missione, accoglie i pellegrini venuti a mettersi
sotto la materna protezione di Maria ed a ricevere il sacramento del
perdono.
Chiediamo alla Madre di Misericordia di
rigenerare nei cristiani la stima e la frequenza di questo
sacramento, che è un mezzo privilegiato, istituito dal Salvatore
medesimo, per ritrovare la grazia di Dio e la pace dell'anima.
Dom Antoine
Marie osb
29 giugno 2004
Lettera
mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia
(Website : www.clairval.com)
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