All’indomani del terribile terremoto
e dello tsunami che hanno devastato il Giappone, l’11 marzo
2011, molte persone hanno messo in atto sforzi eroici per
portare aiuto alle vittime della tragedia, e per contenere il rischio
di contaminazione nucleare provocato dalla centrale di Fukushima.
Padre Yasutaka Muramatsu, salesiano giapponese, ha in particolare
testimoniato: «I giovani, cristiani e non cristiani, si sono
mobilitati. Vorrebbero recarsi immediatamente nelle zone colpite per
mettere le loro energie e il loro entusiasmo a servizio delle
vittime, per aiutare, offrire un sorriso, ridare un po’ di
speranza. È davvero commovente vedere quanto brucino di amore verso
il loro prossimo. È una lezione per tutti noi educatori.» Nello
stesso paese, una dedizione eccezionale si era manifestata anche nel
1945 dopo l’esplosione della bomba atomica a Nagasaki, e in
particolare da parte del dottor Takashi Nagaï.
Takashi Nagai è nato nel 1908 ad
Isumo, vicino a Hiroshima, in una famiglia di cinque figli, di
religione scintoistica. Nel 1928, entra alla facoltà di medicina di
Nagasaki. «Fin dagli studi liceali, scriverà, ero diventato
prigioniero del materialismo. Appena entrato alla facoltà di
medicina, mi fecero sezionare cadaveri... La struttura meravigliosa
dell’insieme del corpo, l’organizzazione minuziosa delle sue
minime parti, tutto ciò provocava in me ammirazione. Ma quel che
maneggiavo così, non era mai che pura materia. L’anima? Un
fantasma inventato da impostori per ingannare la gente semplice».
L’ultimo sguardo di una madre
Un giorno, nel 1930, gli giunge un
telegramma di suo padre: «Torna a casa!» Parte con la massima
urgenza, presentendo qualche disgrazia. Al suo arrivo, apprende con
stupore che sua madre ha avuto un colpo apoplettico e non può più
parlare. Le si siede accanto e legge nel suo sguardo un ultimo
“arrivederci”. Quest’esperienza della morte cambierà la sua
vita: «Con quell’ultimo sguardo penetrante, mia madre demolì il
quadro ideologico che avevo costruito. Quella donna, che mi aveva
messo al mondo e allevato, quella donna che non si era mai concesso
un istante di tregua nel suo amore per me, negli ultimi istanti di
vita, mi parlò molto chiaramente. Il suo sguardo mi diceva che lo
spirito umano continua a vivere dopo la morte. Tutto ciò era come
un’intuizione, un’intuizione che aveva il sapore della verità».
Takashi comincia allora la lettura dei
“Pensieri” di Pascal, autore francese del XVII secolo, poeta e
scienziato. «L’anima, l’eternità... Dio. Il nostro grande
predecessore, il fisico Pascal, aveva dunque ammesso seriamente
queste cose! si dice. Quell’incomparabile saggio ci credeva
veramente! Che cosa poteva essere quella fede cattolica, perchè lo
scienziato Pascal potesse accettarla, senza che contraddicesse la
scienza?» Pascal spiega che incontriamo Dio attraverso la fede e
nella preghiera. Anche se non puoi ancora credere, dice, non
trascurare la preghiera nè l’assistenza alla Messa. Sono sempre
pronto a verificare un’ipotesi in laboratorio, pensa Nagai, perchè
non provare questa preghiera su cui Pascal insiste tanto? Decide di
ricercare una famiglia cattolica che accetti di tenerlo a pensione
durante gli studi. Questo gli fornirà delle occasioni di conoscere
il cattolicesimo e la preghiera cristiana.
Viene accolto dalla famiglia Moriyama.
Il Signor Moriyama, mercante di bestiame, discende da una di quelle
antiche stirpi cristiane che, attraverso 250 anni di persecuzioni,
seppero conservare la fede introdotta in Giappone da San Francesco
Saverio. La purezza di quella fede cristiana stupisce il giovane
Nagai: umili fattori gli insegnano con il loro esempio quel che
Pascal, il grande scienziato, aveva creduto!
Nel marzo del 1932, una grave otite lo
rende sordo dall’orecchio destro, e sconvolge pertanto i suoi
progetti per il futuro: non potendo più servirsi dello stetoscopio,
deve rinunciare alla medicina ordinaria. Orienta allora i propri
studi verso la radiologia, che è ai suoi esordi in Giappone. Si
rende conto delle enormi possibilità che questa scienza mette a
disposizione dei medici per rivelare le malattie.
I Signori Moriyama hanno una figlia,
Midori, maestra in un’altra città. Tutti e tre pregano per la
conversione di Takashi, pensando che forse Dio l’ha inviato loro
per questo. Il 25 dicembre 1932, Midori è dai suoi per la festa di
Natale. «Dottore, chiede il Signor Moriyama a Takashi, perchè non
viene con noi alla Messa di mezzanotte? – Ma non sono cristiano! –
Che importanza ha, i pastori ed i re magi che si recarono alla
stalla, non lo erano più di lei. Eppure, quando videro il Bambino,
credettero. Non potrà mai credere, se non verrà a pregare in
chiesa». Dopo pochi istanti, Nagai si sorprende a rispondere: «Sì,
mi piacerebbe accompagnarvi stasera». Cinquemila cristiani riempiono
la cattedrale, cantando tutti lo stesso Credo in latino. Nagai è
molto impressionato ed incoraggiato nella sua riflessione sulla
religione cattolica, senza tuttavia lasciarsi convincere.
Il piccolo catechismo di Midori
Una notte, il Signor Moriyama va a
svegliare Takashi: Midori si contorce dal dolore sul suo letto.
Ben presto, il giovane medico diagnostica un’appendicite acuta.
Sente il Signor Moriyama mormorare: « È la volontà di Dio. Chissà
che bene ne risulterà?» Malgrado l’abbondante neve, Takashi corre
alla scuola vicina per telefonare all’ospedale: «Pronto, pronto,
il 32 00, per cortesia, è urgente... Pronto, qui Nagai. Chi è di
turno al pronto soccorso stasera? Bene. Me lo può passare, per
favore?» Un amico viene a rispondere e Nagai gli chiede se può
praticare immediatamente un’appendicectomia. Alla sua risposta
affermativa, Takashi torna a prendere Midori: «Chiamare un taxi
richiederebbe troppo tempo, con tutta questa neve. Non possiamo
prendere il rischio di aspettare», e, rivolgendosi al Signor
Moriyama: «Se vuol precedermi con la lanterna, posso portare
facilmente Midori». Durante il percorso, Takashi si rende conto
dell’accelerazione ritmica dei battiti del cuore di Midori e del
fatto che essa scotta per la febbre. La sua vita è in pericolo. Si
affretta. Finalmente, ecco l’ospedale! La sala operatoria è
pronta. Sette minuti dopo, tutto è finito. Midori è salva. A titolo
di riconoscenza, essa farà di tutto per la conversione del suo
salvatore.
L’anno seguente, Takashi è
mibilitato nell’esercito giapponese e va a combattere i Cinesi in
Manciuria. In un pacco che gli manda Midori, c’è un piccolo
catechismo che egli legge con interesse. In capo ad un anno, torna a
casa, quasi disperato, essendosi reso conto dei disordini della sua
vita e nel ricordo degli orribili spettacoli della guerra. Si reca
nella cattedrale di Nagasaki ed ivi incontra un sacerdote giapponese,
con cui si intrattiene a lungo. Incoraggiato, Takashi riprende i suoi
studi di radiologia e si mette a leggere la Bibbia, la liturgia, le
preghiere dei cattolici. Ma le esigenze morali del Vangelo e la
necessità di staccarsi dai legami religiosi scintoistici della sua
famiglia, ostacolano ancora la sua conversione. Un giorno, in preda
ai suoi dubbi, riprende i “Pensieri” di Pascal e cade su una
frase che attira la sua attenzione: «Vi è abbastanza luce per
coloro che desiderano soltanto vedere, ed abbastanza oscurità per
quelli che sono in una disposizione contraria». Improvvisamente,
tutto gli diventa chiaro. Si decide, e chiede il battesimo, che
riceve nel giugno del 1934. Sceglie il nome di Paolo, in memoria di
San Paolo Miki, martire giapponese crocifisso a Nagasaki nel 1597.
Due mesi dopo, sposa Midori. Prima, ha
voluto farle conoscere i rischi gravi cui lo espone il suo mestiere.
Infatti, i radiologi dell’epoca non avevano mezzi per proteggersi
sufficientemente contro i raggi X. Midori ha capito il pericolo per
la vita di Takashi, ma abbraccia il suo punto di vista e condivide il
suo ideale di “pioniere”, per salvare vite umane. Nagai diventerà
più che un medico, un apostolo della carità verso il prossimo.
Scrive: «Il compito del medico è quello di soffrire e di
rallegrarsi con i suoi pazienti, di sforzarsi di diminuire le loro
sofferenze, come se fossero le sue proprie. Bisogna simpatizzare con
i dolori. Tuttavia, in fin dei conti, non è il medico che guarisce
l’ammalato, ma la volontà di Dio. Una volta che si è capito
questo, la diagnosi medica ingenera la preghiera».
Mobilitato ancora una volta, dal giugno
1937 al marzo 1940, partecipa come medico alla guerra
cino-giapponese. La sua abnegazione nei riguardi di tutti, soldati
giapponesi o cinesi, donne, bambini e vecchi, trascinati
inesorabilmente in orribili carneficine, ha assunto un’estensione
eroica. Al suo ritorno in Giappone, le richieste di radiografie si
moltiplicano. Ben presto, Takashi nota tracce inquietanti sulle sue
mani; per di più, si sente sovente spossato. Annota nel suo diario
che talvolta, quando è completamente sfinito, chiude la porta e va a
sedersi davanti alla statua di Maria, nel suo ufficio. Recita il
rosario e, a poco a poco, ritrova la pace interiore.
Tre anni di vita
Un collega di Takashi lo convince a
sottoporsi lui stesso ad una radiografia. Una mattina del
giugno 1945, si decide: «Prepari l’apparecchio, dice al suo
assistente. – Ma, dottore, non c’è ancora nessun paziente. –
Eccolo il paziente, risponde Nagai mostrandogli il petto. – E il
medico? – Eccolo! e lo designa con gli occhi». Alla vista della
radiografia, Nagai resta senza parole: sulla parte sinistra, appare
una larga placca nera: ipertrofia della milza! Diagnostica una
leucemia. Mormora: «Signore, non sono che un servo inutile. Proteggi
Midori e i nostri due figli. Avvenga di me quello che Tu vuoi». Il
dottor Kageura, capo del reparto di medicina interna, conferma
l’analisi: «Leucemia cronica. Durata di vita: tre anni». Ha
logorato la propria vita per salvare innumerevoli malati, che
nessuno, tranne lui, avrebbe potuto radiografare.
Di ritorno a casa, Takashi rivela tutto
a Midori. Essa si inginocchia davanti al crocifisso che la sua
famiglia aveva conservato durante i 250 anni di persecuzioni, e prega
a lungo, scossa dai singhiozzi, fino a quando ritrova la pace
dell’anima. Anche Nagai prega; è invaso dal rimorso, pensando che
si è sempre gettato a capofitto nel lavoro, senza pensare a
sufficienza alla moglie. Ma Midori si mostra all’altezza della
situazione. Il giorno dopo, è un uomo nuovo che riparte al lavoro:
l’accettazione totale della tragedia da parte di Midori ed il suo
rifiuto di sentir parlare di “negligenza” lo hanno riempito di
forza.
9 agosto 1945, alle ore undici e due
minuti. Un lampo abbagliante. Una bomba atomica è appena esplosa su
Urakami, nel quartiere nord di Nagasaki. Nella guerra che li oppone
al Giappone, i capi degli Stati Uniti ricorrono ad una nuova arma
terrificante: la bomba A. Una prima bomba è stata sganciata su
Hiroshima, una seconda devasta Nagasaki: temperatura 9 000°, 72 000
morti, 100 000 feriti. All’università di medicina, situata a 700
metri dal centro dell’esplosione, Nagai, che sta classificando
pellicole radiografiche, viene proiettato al suolo, con il fianco
crivellato da schegge di vetro. Il sangue scorre abbondantemente
dalla tempia destra... gli oggetti turbinano come le foglie morte
d’autunno. Ben presto, un fiotto ininterrotto di feriti: figure
insanguinate, con i vestiti strappati, i capelli bruciati, accorrono
alla porta dell’ospedale... Una visione apocalittica.
«Il suo rosario!»
L’incendio si avvicina all’ospedale.
I pazienti vengono evacuati in cima ad una collina vicina.
Nagai si prodiga fino all’estremo delle forze. Alle sedici,
l’incendio raggiunge il reparto di radiologia. Tredici anni di
ricerche, gli strumenti, la preziosa documentazione, tutto se ne va
in fumo. Il 10 agosto trascorre nelle cure ai feriti. L’11, il
lavoro si fa un po’ meno urgente, e Takashi va alla ricerca di
Midori, rimasta a casa, mentre i figli e la nonna sono al sicuro in
montagna, fin dal 7 agosto. Ritrova con difficoltà l’ubicazione
della sua casa, in un mare di tegole e cenere. Improvvisamente,
scopre i resti carbonizzati della moglie. In ginocchio, prega e
piange, poi raccoglie le ossa in un recipiente. Qualcosa brilla
debolmente fra la polvere delle ossa della mano destra: il rosario!
China il capo: «Dio mio, ti ringrazio
di averle permesso di morire pregando. Maria, madre del dolore, ti
ringrazio di averla accompagnata nell’ora della morte... Gesù, hai
portato la pesante croce fino ad esservi crocifisso. Ora, hai versato
una luce di pace sul mistero della sofferenza e della morte, quella
di Midori e la mia... Strano destino: avevo proprio creduto che
sarebbe stata Midori a condurmi alla sepoltura... Ora i suoi poveri
resti riposano fra le mie braccia... La sua voce sembra mormorare:
perdona, perdona». Il perdono di Nagai sarà perfetto. Si adopererà
per portare i cristiani, scoraggiati dalla perdita della famiglia, a
considerare la bomba A come parte integrante della provvidenza
divina, che trae sempre il bene dal male.
Il 15 agosto 1945, a mezzogiorno, la
radio trasmette un messaggio dell’Imperatore, che annuncia la
capitolazione del Giappone. All’inizio di settembre, Nagai è
moribondo. Le radiazioni della bomba A hanno aggravato il suo male.
Riceve gli ultimi sacramenti e dice: «Muoio contento», poi piomba
in un semicoma. Gli viene portata dell’acqua della grotta di
Lourdes, costruita non lontano da lì da Padre Massimiliano Kolbe.
«Sentii, scriverà, una voce che mi diceva di chiedere a Padre
Massimiliano Kolbe di pregare per me. Lo feci. Poi, mi rivolsi a
Cristo e gli dissi: “Signore, mi affido alle tue divine mani”».
La mattina dopo, Takashi è fuori pericolo ed attribuisce a Padre
Kolbe (oggi canonizzato) la remissione di sei anni che gli lascia la
sua malattia.
«Voglio essere il primo a viverci!»
Mentre gli abitanti temono di tornare a
Urakami, Nagai dichiara: «Voglio essere il primo a viverci!»
Si costruisce un rifugio vicino a quella che fu la sua casa: alcune
lamiere appoggiate su quel che rimane di un muro. Davanti, due pietre
formano un focolare improvvisato al di sopra del quale pende un
paiolo. Accanto, una vecchia bottiglia senza collo: la riserva
d’acqua. Come vestiti: una delle divise da marinaio distribuite
dall’esercito ai sinistrati. Incomincia a sgombrare le macerie
della sua casa. Vi scopre il crocifisso che faceva parte dell’altare
familiare: «Mi è stato tolto tutto, dice; ho ritrovato solo questo
crocifisso».
Il 23 novembre 1945, Nagai viene
invitato a prendere la parola in occasione di una Messa da Requiem
celebrata accanto alle rovine della cattedrale di Urakami.
L’olocausto di Cristo sul Calvario illumina e dà un senso all’
“olocausto” di Nagasaki: «La mattina del 9 agosto, dice Takashi,
una bomba atomica esplodeva sopra al nostro quartiere. In un attimo,
8 000 cristiani furono chiamati a sè da Dio... A mezzanotte, quella
sera, la nostra cattedrale si incendiò all’improvviso e fu
distrutta. Nello stesso istante, al Palazzo Imperiale, Sua Maestà
l’Imperatore fece conoscere la sua decisione... Il 15 agosto,
l’editto imperiale che metteva fine ai combattimenti fu promulgato
ufficialmente e il mondo intero scorse la luce della pace. Il 15
agosto è anche la grande festa dell’Assunzione di Maria. Non per
nulla la cattedrale di Urakami le era stata consacrata... Non vi è
forse una relazione profonda fra l’annientamento di questa città
cristiana e la fine della guerra? Nagasaki non era la vittima scelta,
l’agnello immacolato, olocausto offerto sull’altare del
sacrificio, morta per i peccati di tutte le nazioni durante la
seconda guerra mondiale?... Siamo riconoscenti che Nagasaki sia stata
scelta per tale olocausto! Siamo riconoscenti perchè, attraverso
questo sacrificio, la pace è stata data al mondo, e la libertà
religiosa al Giappone».
Nella primavera del 1947, la malattia
costringe Takashi a mettersi a letto nella sua capanna. Deve
dimettersi dal suo incarico di professore, e, pertanto, si trova
senza risorse. «La mia testa funziona ancora, si dice. Gli occhi,
gli orecchi, le mani e le dita sono ancora in buono stato». E si
mette a scrivere. Per i suoi figli, ancora molto giovani, Makoto e
Kayano, redige una raccolta di consigli: «Miei cari figli, amate il
votro prossimo come voi stessi. Ecco il motto che vi lascio. Con esso
comincerò questo scritto, probabilmente lo finirò con esso e sempre
con esso riassumerò ». Il suo semplice esempio sarebbe bastato per
imprimere questo messaggio nei loro cuori. Tutta l’esistenza del
loro padre, è stata mai altro che un eroico servizio del prossimo,
servizio che lo porta oggi alla morte? Nagai vuol consacrare perfino
le sue ultime ore a questo servizio.
Coricato sulla schiena, scrive
appoggiandosi su una tavoletta da disegno, come quelle degli scolari.
Scrive: «Quando mi sono svegliato stamane all’una, non avevo più
febbre. Dopo aver bevuto il caffè del termos, ho potuto scrivere
fino alle sette, il lavoro è andato avanti bene!» Gli rimarrà ben
presto solo la notte per scrivere, perchè, fin dalla mattina, i
visitatori arrivano, ma non fa sentir loro nessuna impazienza: «Mi
disturbano, scrive, ma poichè hanno la gentilezza di venire, non
devo provare a versare un po’ di gioia nel loro cuore e a parlar
loro della nostra speranza cattolica? Non posso mandarli via».
È in queste condizioni difficili che
scrive e pubblica quindici volumi in quattro anni. Che scopo si
propone con i suoi scritti? Prima di tutto, quello di fare un
resoconto fedele dell’esplosione atomica, attraverso la sua
esperienza eccezionale e la sua competenza personale; quindi, quello
di operare all’instaurazione della pace. Convinto soprattutto che
una pace duratura si può fondare soltanto sullo spirito d’amore
che splende nella dottrina cattolica, considera come sua vocazione
quella di propagare il messaggio cristiano.
Un’unica garanzia
Alla fine del libro «Le campane di
Nagasaki», scrive: «L’umanità sarà felice nell’era
atomica, oppure misera? Di quest’arma a doppio taglio nascosta da
Dio nell’universo ed ora scoperta dall’uomo, che farne? Un buon
uso farebbe progredire a grandi passi la civiltà ; un cattivo uso
distruggerebbe il mondo. La decisione sta nel libero volere
dell’uomo. Egli tiene in mano il proprio destino. Pensandoci, ci si
sente assaliti dal terrore e, per conto mio, credo che un vero
spirito religioso sia l’unica garanzia in questo campo... In
ginocchio nella cenere del deserto atomico, preghiamo perchè Urakami
sia l’ultima vittima della bomba. La campana suona... O Maria
concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te».
Nel marzo del 1951, lo stato di salute
del medico è allarmante, senza tuttavia che il suo abituale
buonumore ne sia intaccato. In aprile, scrive il suo ultimo libro.
L’ha appena finito, quando è vittima di una emorragia cerebrale.
Lo si trasporta all’ospedale, dove perde i sensi. Rinvenuto, dice
ad alta voce: «Gesù, Maria, Giuseppe», poi, più fievolmente:
«Rimetto la mia anima nelle vostre mani». Sconvolta, l’infermiera
consegna il grande crocifisso della famiglia a Makoto, suo figlio,
perchè lo porti a suo padre. Egli lo afferra e, con voce stranamente
forte, esclama: «Pregate, per favore, pregate...»; poi, è la
fine... in realtà, tutto comincia in Dio, e Nagai ritrova «Midori
al suo fianco», come aveva auspicato sei anni prima. È il 1°
maggio, inizio del mese di Maria.
Durante i funerali, nella cattedrale di
Urakami, il sindaco di Nagasaki procede alla lettura solenne di 300
messaggi di condoglianze, cominciando da quello del Primo Ministro.
Alla fine della cerimonia, la folla si mette in cammino alla volta
del cimitero, ad un chilometro e mezzo verso sud; l’inizio del
corteo vi giunge, mentre la maggior parte dell’assistenza non ha
ancora lasciato la cattedrale. Takashi Nagai viene sepolto accanto a
Midori. Per la di lei tomba, aveva scelto come epitaffio: Sono la
serva del Signore. Avvenga di me quello che hai detto (Luca 1, 38);
per la sua: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quel che dovevamo fare
(Luca, 17, 10). La sua influenza si estende grazie ai suoi libri (fin
dal 1948, si leggevano ovunque in Giappone), che hanno fornito un
contributo notevole all’educazione sociale dei suoi concittadini ed
all’evangelizzazione del suo paese.
Chiediamo alla Santissima Vergine e a
san Giuseppe, per noi e per tutti coloro che ci sono cari, una vera
conversione, un amore del prossimo spinto fino al sacrificio supremo,
e una santa morte che ci introduca nella beatitudine eterna del
Cielo. E affidiamo la popolazione dignitosa e coraggiosa del Giappone
alla Madonna di Nagasaki, la cui statua di legno fu miracolosamente
preservata dal pericolo nucleare, nel 1945.
Dom Antoine
Marie osb
"Lettera
mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia
(Website : www.clairval.com)"
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