È piovuto
per tutta la notte su un campo di prigionieri di guerra vicino a
Stoccarda, e, la mattina del 2 ottobre 1940, goccioline rimangono
sospese qua e là sui fili spinati. «Che strano rosario, signor
cappellano! Sono le nostre sofferenze che pendono immobili, un po'
stupide e tutte grige... un raggio di sole, e le vedrà scoppiare
nella luce. – È ben devoto, oggi, complimenti». Il cappellano
guarda stupito il tenente Darreberg, che aggiunge, facendo una
giravolta: «È soltanto poesia e letteratura... un modo elegante per
darle il buongiorno».
Il
cappellano conosce bene il tenente Darreberg. Ha già sparpagliato ai
quattro venti la sua prima educazione cristiana, e ne è molto fiero.
Quando dichiara: «Non ho nessuna voglia di diventare un Santo,
assolutamente no, ma proprio il contrario», si è colpiti dalla sua
strana sincerità. Nel campo, si è assunto l'incarico di distrarre i
compagni di prigionia, sua vocazione personale, dice. Infatti, con
lui non ci si annoia.
Una
frottola pietosa?
Ma
quella mattina, Darreberg non ha l'aria abituale. «C'è qualcosa che
non va?» gli chiede il cappellano. Alla domanda reiterata, il
tenente risponde, come a malincuore: «Ecco: all'inizio della
prigionia, lei ci ha raccontato la storia di La Salette.
Evidentemente, si tratta di una frottola pietosa, però ha commosso
parecchi uomini nel campo. È molto bello immaginare storie del
genere per far passare i giorni meno stupidamente. – Non è una
«frottola pietosa», protesta il cappellano. – Voglio andare a
rendermi conto sul posto della leggenda. Per salire sulla sua
montagna misteriosa, cosa devo fare esattamente?... – Bisognerà
aspettare giorni migliori, siamo rinchiusi per mesi... – Ebbene io,
padre, mi libero oggi! – Cosa dice? – Evado stasera». Infatti,
quella sera, il tenente Darreberg riacquista la libertà, abilmente
nascosto sotto il telone di un camion che ha portato il pane. Il
cappellano gli dà una rapida benedizione: «Nostra Signora di La
Salette, Vergine che porti catene, simbolo delle nostre anime schiave
della potenza del peccato, accompagna nel suo viaggio il tuo audace
pellegrino!» In tutte le camerate, una volta caduta la notte, si
discute in merito alla folle impresa. «Se Nostra Signora di La
Salette lo aspetta sulla montagna, pensa il cappellano, Essa non avrà
bisogno di carte stradali, di rifornimenti, di bussole, nè di metodi
razionali. Sarebbe piuttosto il contrario».
Il
12 novembre, il cappellano riceve una lettera di Darreberg, imbucata
il 20 ottobre a La Salette: «Sappia, prima di tutto, che sono stato
costretto a compiere un viaggio piuttosto lungo, senza conoscere
troppo le comodità». Infatti, dopo esser giunto a Stoccarda nel
camion del pane, egli si è recato alla stazione ferroviaria ed è
riuscito a sistemarsi sui respingenti esterni di un vagone del treno
in partenza per Costanza. Ad ogni fermata, si lasciava scivolare
sotto uno degli assali del vagone, per non essere scoperto. Ha
viaggiato nello stesso modo anche fra Costanza e Basilea. Ormai, in
Svizzera, è libero e si è potuto recare a Lione, poi a La Salette.
«Ora, glielo posso dire, continua, che mi sentivo chiamato
irresistibilmente. Bisognava che ci andassi... Sono qui da cinque
giorni e vivo come in un sogno... Quanto sono stato sciocco parlando
di «frottola pietosa»; è vero che, già allora, non la pensavo
tale. Nel corso del viaggio, ho capito già molte cose. Qui, ho
trovato un sacerdote che mi ha spiegato la storia di questa
montagna».
Ecco,
qui di seguito riassunta, la storia. Il 19 settembre 1846, due
giovani ignoranti, Massimino (undici anni) e Melania (quasi quindici
anni) custodiscono i loro greggi sulla montagna, sopra al paesetto di
La Salette, nella diocesi di Grenoble. Un vivo chiarore appare loro,
nel quale distinguono, in un atteggiamento di profondo dolore, quella
che chiameranno «la Bella Signora», seduta, con la testa fra le
mani ed il seno scosso da singhiozzi. I due pastorelli provano di
primo acchito una gran paura, ma la Bella Signora si alza e li chiama
con una voce dolcissima: «Venite qui, bambini, non abbiate paura».
Senza esitare più a lungo, si precipitano e si piazzano talmente
vicino a lei, che quasi la toccano. Essa porta sulle spalle e sul
petto due catene che trattengono una croce sulla quale sanguina
Cristo rifulgente di luce.
I
suoi occhi sono pieni di una tristezza immensa: «Ha pianto per tutto
il tempo che ci ha parlato, dirà Melania; ho visto proprio scorrere
le lacrime». Essa dice loro: «Se il mio popolo non vuole
sottomettersi, sarò costretta a lasciar andare il braccio di mio
Figlio; è talmente forte e pesante che non posso più trattenerlo...
Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservata il settimo e
non me lo si vuol concedere... Coloro che guidano i carri non sanno
bestemmiare senza mettere il nome di mio Figlio in mezzo (alle loro
bestemmie). Sono le due cose che appesantiscono tanto il braccio di
mio Figlio». Dopo aver parlato di raccolti disastrosi dovuti ai
peccati degli uomini, aggiunge: «Se si convertiranno, le pietre e le
rocce si cambieranno in montagne di grano...» Conclude così: «Su,
bambini, trasmettete questo messaggio a tutto il mio popolo».
Infine, salendo verso l'alto del pianoro, si solleva da terra e
sparisce lentamente.
Come
tanti altri, in ginocchio
Il
racconto dell'apparizione commuove profondamente Darreberg. Continua
così la lettera al cappellano: «Nel punto esatto in cui si sono
svolti gli eventi, c'è una pagina splendidamente viva, una parola
d'ordine, una consegna sacra, un invito a mettersi subito
sull'attenti per sentire ordini che bisogna eseguire, che bisogna
assolutamente realizzare fino in fondo. Pertanto, il giovane buffone
che lei conosce, ebbene, ha fatto come tanti altri, si è messo in
ginocchio e si è confessato come un bambino, a parte il fatto che
aveva più cose da dire. Il confessore non cessava di sottolineare
con «bene» e «benissimo» un sacco di cose che avrei preferito
confidare ad un sordo, perchè non erano edificanti. È giunto al
punto di affermare «perfetto» per una cosa che, glielo assicuro,
non lo era affatto. Allora ho protestato: «Ma no, non è perfetto»,
ed ecco la sua risposta: «Oh sì, giovanotto, è perfetto!... È
perfetto quel che la Santa Vergine ha fatto per lei, ed il modo in
cui lei lo accetta». Insomma, ho fatto una grande pulizia... Ne ero
tutto leggero e un po' fiero».
«Maria,
Madre piena d'amore, scriveva Papa Giovanni Paolo II, il 6 maggio
1996, ha mostrato a La Salette la sua tristezza di fronte al male
morale dell'umanità. Con le sue lacrime, ci aiuta ad afferrare
meglio la dolorosa gravità del peccato, del rifiuto di Dio, ma anche
la fedeltà appassionata di suo Figlio nei riguardi dei suoi figli,
Lui, il Redentore, il cui amore è ferito dalla dimenticanza e dai
dinieghi».
«Il
peccato è un'offesa a Dio: Contro di te, contro te solo ho peccato.
Quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto (Salmi 51,
6). Il peccato si erge contro l'amore di Dio per noi e allontana da
esso i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una
ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare come
Dio, conoscendo e determinando il bene e il male (Gen.
3, 5). Il peccato pertanto è «amore di sè fino al disprezzo di
Dio» (Sant'Agostino). Per tale orgogliosa esaltazione di sè, il
peccato è diametralmente opposto all'obbedienza di Gesù che
realizza la salvezza... La varietà dei peccati è grande. La
Scrittura ne dà parecchi elenchi. La Lettera ai Galati contrappone
le opere della carne al frutto dello Spirito: Le opere della carne
sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria,
stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni,
fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; e circa queste
cose vi preavviso, come ho già detto, che chi le compie non
erediterà il Regno di Dio (Gal. 5, 19-21)» (CCC 1850-1852).
A
La Salette, Nostra Signora insiste particolarmente sui peccati contro
Dio per mancanza di rispetto nei riguardi del suo Nome. Il Catechismo
della Chiesa Cattolica insegna: «Tra tutte le parole della
Rivelazione, ve ne è una, singolare, che è la rivelazione del Nome
di Dio... Il nome del Signore è santo. Per questo l'uomo non può
abusarne. Lo deve custodire nella memoria in un silenzio di
adorazione piena d'amore. Non lo inserirà tra le sue parole, se non
per benedirlo, lodarlo e glorificarlo. Il rispetto per il Nome di Dio
esprime quello dovuto al suo stesso Mistero e a tutta la realtà
sacra da esso evocata... La bestemmia consiste nel proferire contro
Dio – interiormente o esteriormente – parole di odio, di
rimprovero, di sfida, nel parlare male di Dio, nel mancarGli di
rispetto nei propositi, nell'abusare del nome di Dio... La
proibizione della bestemmia si estende alle parole contro la Chiesa
di Cristo, i Santi, le cose sacre. È blasfemo anche ricorrere al
nome di Dio per mascherare pratiche criminali, ridurre popoli in
schiavitù, torturare o mettere a morte... La bestemmia è di per sè
un peccato grave... Le imprecazioni, in cui viene inserito il nome di
Dio, senza intenzione di bestemmia, sono una mancanza di rispetto
verso il Signore» (CCC 2143-2144, 2148-2149).
Il
settimo
Per
il tramite della Vergine, Dio dice ai bambini de La Salette: «Vi ho
dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me
lo si vuole concedere». Ci viene così ricordato il dovere di
santificare la domenica. Nel 1998, Papa Giovanni Paolo II ha
pubblicato una Lettera apostolica per ricordare il senso della
domenica cristiana: «Coloro che hanno ricevuto la grazia di credere
nel Signore risuscitato non possono percepire il significato di tale
giorno settimanale se non con la vibrante emozione che faceva dire a
San Girolamo: «La domenica è il giorno della risurrezione, il
giorno dei cristiani, è il nostro giorno»... Se, fin dall'inizio
del mio pontificato, non mi sono stancato di ripetere: «Non abbiate
paura! Spalancate le porte a Cristo!», vorrei oggi invitarvi tutti
con insistenza a riscoprire la domenica: Non abbiate paura di dare il
vostro tempo a Cristo! Sì, apriamo il nostro tempo a Cristo, perchè
Egli possa rischiararlo e orientarlo» (Dies Domini, 31 maggio
1998, 2, 4, 7).
La
partecipazione alla celebrazione comune dell'Eucaristia domenicale è
una testimonianza di appartenenza e di fedeltà a Cristo: «La Messa
è la rappresentazione viva del sacrificio della Croce. Sotto le
specie del pane e del vino, sulle quali è stata invocata l'effusione
dello Spirito, che agisce con un'efficacia assolutamente unica nelle
parole della consacrazione, Cristo si offre al Padre con il medesimo
gesto di immolazione con cui si offrì sulla Croce... Al proprio
sacrificio, Cristo unisce quello della Chiesa: «Nell'Eucaristia, il
sacrificio di Cristo diviene pure il sacrificio delle membra del suo
Corpo. La vita dei fedeli, la loro lode, la loro sofferenza, la loro
preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di Cristo e alla sua
offerta totale, ed in questo modo acquistano un valore nuovo»
(CCC 1368)» (Ibid., 43).
«Essendo
veramente l'Eucaristia il cuore della domenica, si capisce perchè,
fin dai primi secoli, i pastori non abbiano cessato di ricordare ai
fedeli la necessità di partecipare all'assemblea liturgica... Il
Codice di Diritto canonico ribadisce tale obbligo, affermando che «la
domenica e gli altri giorni di festa di precetto, i fedeli sono
tenuti all'obbligo di partecipare alla Messa» (canone 1247). Tale
legge è stata normalmente compresa come presupposto di un obbligo
grave... Se la partecipazione all'Eucaristia è il cuore della
domenica, sarebbe tuttavia riduttivo limitare unicamente a ciò il
dovere di «santificarla». Il giorno del Signore, infatti, è
vissuto bene se è totalmente caratterizzato dalla memoria
riconoscente ed attiva delle meraviglie di Dio. Ciò impone a ciascun
discepolo di Cristo di dare anche in altri momenti della giornata,
vissuti all'infuori del contesto liturgico – la vita di famiglia,
le relazioni sociali, gli spazi destinati alle distrazioni – uno
stile atto a far risaltare la pace e la gioia del Risuscitato nella
struttura ordinaria della vita» (Ibid., 32; 46; 47; 52).
Un
ronzio senza valore?
Quando
era apparsa a Melania e a Massimino, la Santa Vergine aveva ricordato
loro l'importanza della preghiera: «Bambini, pregate con devozione?
– Non molto, Signora. – Ah! bambini, bisogna pregare devotamente,
mattina e sera, recitando magari soltanto un Padrenostro e una
Salveregina. E quando avrete la possibilità di farlo, recitatene di
più». Il tenente Darreberg ha compreso la necessità della
preghiera. Trasferitosi in Inghilterra, dove è stato assegnato
all'aviazione, scrive nel suo diario: «14 ottobre 1941: Ho
conosciuto il cappellano cattolico... Mi ha detto che la vittoria era
certa. Gli ho detto: La guerra potrebbe finire domani; ci sarebbe una
sola cosa da fare. – Ma via, e cosa? – Sottomettersi...
Sottomettersi al volere di Dio e pregare. Gli ho ripetuto almeno tre
volte insistendo: ricorrere di frequente alla preghiera!» Anche
Darreberg si mette a pregare: «Capisco meglio la recita della corona
per rendere l'anima più docile ed insegnarle a poco a poco la
reazione giusta. Mi sembrava che fosse quella una preghiera di
bigotta e un ronzio senza valore. Sciocchezze! È una cosa
meravigliosa. Dire cinquanta volte di seguito: «Ave Maria...»,
finisce col farci abbassare il capo come si deve... Quando si è
ripetuto per cinquanta volte: «Prega per noi peccatori», si finisce
col credere, almeno un po', che non si vale granché...». Scriverà
anche: «Di gran lunga più della pipa del cappellano, la recita,
anche se monotona e meccanica, della corona, è un'armonia
pacificatrice».
«Il
centro della nostra fede è Cristo, Redentore dell'uomo, ricordava
Papa Giovanni Paolo II, il 16 ottobre 2002. Maria non lo offusca;
essa non offusca la di lui opera salvifica. Salita in cielo con il
corpo e l'anima, la Vergine, prima ad assaporare i frutti della
Passione e della Risurrezione del Figlio, è colei che, nel più
sicuro dei modi, ci porta a Cristo, fine ultimo dei nostri atti e di
tutta la nostra esistenza... Vi è uno strumento migliore della
preghiera del Rosario, per contemplare il volto di Cristo con Maria?
Tuttavia, dobbiamo riscoprire la profondità mistica racchiusa nella
semplicità di questa preghiera, cara alla tradizione popolare. Nella
sua struttura, tale preghiera mariana, infatti, è soprattutto una
meditazione dei misteri della vita e dell'opera di Cristo. Ripetendo
l'invocazione Ave Maria, possiamo approfondire gli eventi essenziali
della missione del Figlio di Dio sulla terra, che ci sono stati
tramandati dal Vangelo e dalla Tradizione» (Udienza generale).
La
preghiera, e particolarmente il rosario, ci apre alla speranza. Papa
Giovanni Paolo II scrive, a proposito di La Salette: «Nostra Signora
chiede che il suo messaggio «sia trasmesso a tutto il suo popolo»,
attraverso la testimonianza dei due fanciulli. E, infatti, la loro
voce si farà sentire rapidamente. Verranno i pellegrini; vi saranno
molte conversioni. Maria era apparsa in un luce che evoca lo
splendore dell'umanità trasfigurata dalla Risurrezione di Cristo: La
Salette è un messaggio di speranza, perchè la nostra speranza è
sostenuta dall'intercessione di Colei che è la Madre degli uomini.
Le rotture non sono irrimediabili. La notte del peccato si ritira
davanti alla luce ed alla misericordia divine. La sofferenza umana
accettata può contribuire alla purificazione ed alla salvezza» (6
maggio 1996).
Sei
penny di milta
La
storia di Darreberg narra parecchie conversioni. Quella del tenente
medesimo, ma anche quella del suo meccanico: «5 aprile 1942: Pasqua.
Il meccanico mi ha detto: «Vado sempre in chiesa a Pasqua e a
Natale... E poi c'è lei; fa comunque riflettere quella medaglia (di
Nostra Signora di La Salette), la storia che ha raccontato ai
compagni...». Si è confessato, ha fatto la comunione... Non lo
faceva da vent'anni... Il cappellano ha riconosciuto: la Vergine di
La Salette è formidabile». Pochi giorni dopo, il meccanico va a
prendere Darreberg: «C'è qualcosa che deve vedere. – Nella sua
vasta officina: un cartello... Vi leggo: «D'ora in poi, è vietato
bestemmiare durante il lavoro. Multa: sei penny, a favore della cassa
che pagherà le bevute di whisky»». Era il suo modo di realizzare
la raccomandazione della Santissima Vergine in merito alle
bestemmie...
Ancora
più stupefacente è la conversione di un altro pilota di caccia,
Norton. «Norton è il grande asso del gruppo, scrive Darreberg. Ma è
di temperamento volgare e scettico. Mi ha chiesto: «Che significa la
data del 19 (apparizione di La Salette, il 19 settembre)?» Volevo
svignarmela, ma ho pensato: «Lo trasmetterete a tutto il mio
popolo». In breve, glielo ho spiegato. Ha replicato, canzonatorio:
«Credevo che lei fosse meno scemo». Un po' difficile da mandar giù.
Non ho insistito... – 25 dicembre 1941: Natale. Cosa diventa un
giorno simile, quando Gesù Bambino è stato scacciato!... Norton è
stato più che mai odioso. Mi sono alzato da tavola. Ha detto: «I
collitorti se ne vanno, sta per piovere». Mi sono sforzato di
chiudere la porta senza far rumore».
Il
14 aprile 1942, approfittando dei casi di un combattimento aereo,
Norton spara contro Darreberg; un attimo più tardi, questi gli salva
la vita abbattendo l'aereo che lo inseguiva. La sera, alla base:
«Norton mi si avvicina: «Darreberg, le ho sparato. – Perchè? –
La odiavo. – E ora? – Lei mi ha salvato la vita. Mi perdoni». Ci
siamo stretti la mano... Grazie, Nostra Signora di La Salette». Il
13 giugno, Norton è colpito da proiettili nemici. «14 giugno: non
c'è più speranza per Norton. Amputazione delle due gambe e del
braccio destro. Ha fatto appello alle sue ultime forze per chiedermi:
«Mi dia la sua medaglia... Non per guarire... Per non morire come un
cane». Il volto gli si era tutto raggrinzito per via della
sofferenza. «Che ha detto, Darreberg, voglio saperlo ora, prima di
morire». Non è mai troppo tardi... «Non ho mai pregato, confessa
Norton. Come fare? Me ne sono sempre infischiato... – È stato
battezzato? – No, ma voglio, voglio come lei... Darreberg, ho
voluto ucciderla... Le chiedo di perdonarmi. Mi dica che mi ha
perdonato». È arrivato il cappellano cattolico. Norton ha ricevuto
il sacramento del Battesimo. Poi, l'infermiera gli ha detto: «Le
faccio un po' di morfina. Potrà dormire. – No, grazie... Mi lasci
soffrire fino all'ultimo momento... Devo pagare, bisogna che paghi».
– A domani, caro Norton – «Forse... Dica ai compagni... Dica
loro di perdonarmi». Il sacerdote ha fatto il seguente commento: «La
Santa Vergine è una grande ladra di anime. Ha visto: Essa è più
abile del diavolo!» – 15 giugno: Norton è morto stamane.
L'inferimiera mi ha detto: L'ha chiamata per tutta la notte.
Ripeteva: «Credo, come Darreberg... Voglio montagne di grano». Gli
ho comunque dato della morfina e si è addormentato. Poco fa, ha
aperto gli occhi ed ha mormorato ancora: «Ecco la Signora della
Montagna. Sorride. Non piange. Perchè Darreberg diceva che
piangeva?» Sono le sue ultime parole. È morto proprio ora».
«Mi
aspetto una gioia straordinaria!»
Nel
marzo del 1943, Darreberg è ferito. Dopo vari mesi di convalescenza,
riprende l'attività. Il 19 gennaio 1944, non rientra alla base. Più
tardi, il meccanico racconterà: «Prima di decollare, quel giorno,
mi ha detto: «Addio, caro amico!» – È il suo 19! gli ho
risposto, sarà fortunato! La sua risposta, la sentirò dentro di me
finchè vivrò: «Oggi, caro mio, mi aspetto una gioia
straordinaria!» Aveva lo sguardo fiammeggiante, ed ho capito
soltanto dopo il significato di tale fiamma... Ha avuto un bellissimo
sorriso... Ho ascoltato per un attimo ronzare i suoi motori. Tutto
funzionava benissimo... Di solito, decollava un po' lentamente, come
se esitasse. Quel giorno invece, è partito, ghermito dal cielo...
Sembrava quasi tirato verso l'alto da una corda». Nessuno ha mai
saputo quale sia stata la morte di Darreberg. Ma tale mistero ha
tanta importanza? Per lui, la morte non era già più la morte, ma la
gioia del figlio che va a ritrovare la Madre Celeste, la gioia del
servo fedele che si appresta a ricevere dalla Regina dei Cieli la
ricompensa per le opere compiute: «Quando si lavora al servizio
della Santa Vergine, aveva annotato nel suo diario una settimana
prima, il 10 gennaio, Essa sa pagare i suoi debiti con la
magnificenza di una Regina e la delicatezza di una Mamma».
«A
La Salette, Maria ha chiaramente manifestato la costanza della sua
preghiera per il mondo. Essa non abbandonerà mai gli uomini che sono
creati ad immagine e somiglianza di Dio e a cui è concesso di
diventare figli di Dio (ved. Giov. 1, 12)» (Giovanni Paolo II, 6
maggio 1996). La conversione di Darreberg manifesta la potenza
dell'intercessione della nostra Madre Celeste: abbiamo una totale
fiducia in Lei!
Dom
Antoine Marie osb
"Lettera
mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia
(Website : www.clairval.com)".
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