Rendiamo grazie a Dio, perché voi
eravate schiavi del peccato,
ma avete obbedito di cuore a
quell'insegnamento
che vi è stato trasmesso e così,
liberati dal peccato,
siete diventati servi della Giustizia.
(Rom. 6, 17)
1 - I peccati cercano perdono
“Sono perdonato”.
La prima volta che ho potuto dire
questa parola ero piccolo. Ero così piccolo che certamente non
supponevo nemmeno di quale importanza fosse stato carico quel
momento.
Non ricordo molto di quell'incontro.
Ricordo solo il luogo, una piccola sagrestia d'una delle più piccole
chiese che abbia visto; e ricordo il prete, vecchio e buono, buono e
semplice.
Ricordo ancora che subito dopo, uscito
all'aria aperta, saltavo di gioia. Quella gioia la ricordo bene
perché si è ripetuta centinaia e centinaia di volte: erano altri
luoghi, erano altri preti che incontravo, ma la gioia era quella.
Ero cosciente di non essermi incontrato
solo con un prete. Il prete era solamente un segno d'una Presenza,
che agiva con le sue parole e coi suoi gesti, ma che lo superava e
rendeva addirittura indifferenti le caratteristiche della sua persona
e della sua personalità.
M'incontravo con Dio.
M'incontravo con quel Dio che s'è
fatto uomo.
M'incontravo con quel Dio che s'è
fatto uomo per amare gli uomini e farsi accogliere da loro.
Era un Dio capace di perdonare e di
riaccogliere me, che avevo ignorato o rifiutato o rinnegato la sua
Volontà e disatteso il Suo Amore.
Ora mi accorgo d'essermi spiegato male:
ho usato il tempo passato - “m'incontravo”, “era”, “avevo”-
perché ho cominciato col guardare all'indietro, ma devo confessare
che tutto questo vale anche ora; ho la speranza e la gioia di sapere
che durante tutti gli anni della mia vita - se Dio me ne concederà -
potrò continuare ad incontrarmi col mio Dio, pieno di amore e ben
disposto al perdono, attraverso l'incontro con un prete, con un prete
peccatore e misero come me.
In fondo mi accorgo di esser rimasto un
bambino. Sono, come un bambino, bisognoso di tutto, bisognoso
soprattutto di perdono. Credo sia la cosa più costante di tutta la
mia vita. Quante cose sono cambiate dalla mia infanzia! questa no:
sono bisognoso di perdono. Vivo di perdono. Ho bisogno che gli uomini
mi perdonino ed ho bisogno che Dio mi perdoni.
Sono cambiate le occasioni, le
circostanze e i modi del mio peccato: i miei peccati son divenuti via
via più coscienti, più liberi, maggiormente influenti sulla vita
degli altri, più nocivi alla mia attività, più grossi. È
aumentata pure la dimostrazione di amore del mio Dio, che mi perdona.
Il suo modo di perdonarmi però non cambia: egli usa ancora le parole
squillanti o raffreddate, consolatrici o aride di un qualsiasi prete,
uomo di questo mondo.
Nonostante la mia età, nonostante le
scoperte delle scienze umane, nonostante l'aumentata conoscenza di me
stesso e degli altri, non ho trovato altri modi per riconciliarmi con
Dio, per trovare pace nel cuore e ritrovare l'amore e l'amicizia
degli uomini. Anzi, ho scoperto con sempre maggior chiarezza quanta
umanità, quanto rispetto della psicologia dell'uomo, quanta carica
spirituale, quanta forza di cambiamento possieda l'incontro dell'uomo
peccatore col suo Dio attraverso la mediazione del prete. Lo posso
dire da due prospettive diverse: da quella di colui che chiede il
perdono e da quella di colui che lo concede.
Non posso certamente pretendere che la
mia esperienza abbia valore universale: ma lo presumo, perché la mia
esperienza si ritrova pienamente corrispondente a quella di
un'infinità di altre persone d'ogni lingua e razza e popolo, e
ancora di ogni età ed estrazione sociale.
So perciò che le cose che dirò
troveranno un'eco anche in te, se sei credente e se hai esperienza
del perdono di Dio. E se non lo sei, se non hai esperienza e non vivi
nella fede... ancora sono sicuro di... farti venire l'acquolina in
bocca con un grande desiderio di provare finalmente la cosa più
bella che un uomo peccatore possa desiderare: la liberazione.
Ne sono sicuro, anche se non sei
credente, perché almeno uomo sei.
2. Parla"L'intelligenza” che hai.
Sei uomo.
L'uomo che non si rassegna a vivere
solo mangiando, bevendo, dormendo e divertendosi, che non si
accontenta cioè di fare la vita dei cavalli, si mette a pensare.
Pensando si pone molti interrogativi. Non riesce a rispondere
esaurientemente a tutti. Si rende conto che ci sono cose ed
esperienze più grandi di lui, che sorpassano la sua capacità di
comprensione. Ciò è capitato anche a me: non me ne vergogno. Anzi,
credo di non essere meno uomo se riconosco di ritrovarmi sempre a
corto di parole e di ragionamenti, per es., quando muore qualcuno,
quando incontro qualche disgrazia, e così pure quando trovo persone
contente. I miei perché rimangono punti interrogativi.
Credo che uno solo è capace di
rispondere e credo pure che la risposta che ricevo non è ancora del
tutto alla portata della mia intelligenza, ammesso che io sia
intelligente. Cos'è la mia intelligenza? secondo alcuni è
stupidità. Povero me!
Un'“intelligenza” per fare i suoi
ragionamenti parte da alcuni presupposti che le fanno da colonne. La
maggior parte della gente che incontri negli affari, ad esempio, ha
un'“intelligenza” che parte dalla intenzione di guadagnare il più
possibile, dal desiderio di eccellere, di farsi valere, di prevalere.
Quando questo tipo di “intelligenza” viene usata dal mio cervello
non capisco più molte cose: non capisco più perché sono prete; non
capisco più perché sono cristiano, e non capisco più perché
dovrei ubbidire ad un Dio, perché dovrei amare il prossimo. Non
capisco più me stesso.
Per fortuna, di solito, la mia
intelligenza si posa su altri pilastri. Normalmente ragiono partendo
dalla certezza che il mondo è creatura e non Dio, che io sono
creatura e non Dio, che i miei sogni e desideri sono creature e non
Dio. Un altro pilastro è la certezza che il Dio che ha creato, ha
creato tutto con intelligenza vera e stabile e con sapienza eterna, e
quindi anche la mia vita è stata “pensata” e inserita in un
disegno grande, bello, santo, degno di Dio. La mia intelligenza ha
ancora qualche pilastro, ma non occorre che te lo dica ora.
Purtroppo, mi accorgo che, nonostante
tutto quello che so e nonostante tutto quello che vorrei essere,
nonostante i pilastri della mia intelligenza, mi ritrovo a vivere
talvolta inquietudine, amarezza, desiderio di sparire, d'esser
lontano, di non incontrare nessuno, mi ritrovo ad aver paura d'essere
uomo. Come mai?
È la stessa esperienza che la Bibbia
riferisce ad Adamo e a Caino. Sono caduto anch'io nel peccato. Macché
peccato, mi dice la mia vecchia “intelligenza”: è soltanto senso
di colpa! Senso di colpa o peccato? Chiamalo come vuoi, so io quale
peso c'è nel cuore! Chi me lo leva? quale uomo può levare dal cuore
questo peso?
Cos'è senso di colpa, cos'è senso del
peccato? Sono parole diverse, o sono realtà diverse?
Quando un uomo esce dal suo ruolo di
uomo, quando fa ciò che lui stesso e gli altri chiamano male, quando
rompe o rende ostile il rapporto con gli altri uomini, si accorge di
aver sbagliato: anche non ammettesse con la ragione il proprio
sbaglio, lo ammette il suo cuore.
Potrei vivere tale circostanza in due
modi diversi, il primo: vedo solo me ed il mio sbaglio: sono
colpevole, ho sbagliato, ho rovinato me o gli altri, la colpa è mia.
Io mi ritrovo di fronte a me. Il mio “io” “come vorrei essere”
si trova davanti il mio “io” “come è”: essi non
corrispondono. Io sono diviso in due personaggi. Chi sa ritrovare la
mia unità e armonia interiore? Psicologi, psicoanalisti,
ipnotizzatori... si danno il turno per risolvere gli enigmi, per far
sedute e guarigioni... perché un “io” diviso in due è un "io"
malato. Il senso di colpa ha portato alla schizofrenia. - Siamo tutti
un po' schizofrenici -, dice qualcuno per consolarsi.
lo non mi consolo. Quando sbaglio nel
vivere la vita mia personale o di rapporto con gli altri io mi
ritrovo davanti al mio Dio: davanti a Colui che mi ama e che si
attende da me solo amore, parole, pensieri e azioni d'amore. È lui
che mi fa notare il mio sbaglio. A Lui dico il mio dispiacere;
davanti a Lui riconosco d'esser peccatore, infedele e ingrato di
fronte al Suo Dono costante. È l'altro modo di vivere la stessa
situazione! In me c'è il senso del peccato. Il senso del peccato non
è senso di colpa. Il senso di colpa è dell'uomo senza Dio - o che
lo dimentica temporaneamente -, il senso del peccato è dell'uomo che
vive con Dio.
3. Il cieco non vede
L'uomo che vive con Dio pecca. Non
scandalizzarti. Voglio dire che l'uomo che vive in rapporto con Dio,
che vive nella fede e nell'amore di Dio, chiama i suoi sbagli
volontari col nome di “peccato”. Il peccato non esiste a detta di
coloro che non hanno un rapporto sano e di amore con Dio; potresti
incontrare qualcuno che ti dice: il peccato? non c'è, non esiste
più! io non ho peccato, difatti non ho ammazzato nessuno. E quelli
che hanno ammazzato arrivano a scoprire che ammazzare non è peccato
perché... e tutte le scuse sono buone.
Succede così per i pesci che vivono
nell'acqua: la pioggia per loro non è bagnata. Per i carboni che
sono nel fuoco, il fuoco non scotta. Per chi ha addosso il letame, il
letame non puzza. Chi è immerso nel peccato non si accorge dei
propri peccati.
S.Giovanni, l'apostolo particolarmente
amato da Gesù, dice che il “peccato” è non riconoscere Gesù
Cristo, non accoglierlo come Figlio di Dio mandato dal Padre per noi.
Questo è il peccato. Questo è “il peccato” per eccellenza,
perché chi vive così è nelle tenebre più fitte. Chi è al buio
dice di non vedere nulla davanti a sé, anche se ci fosse una
montagna piena di oggetti. Chi è al buio inciampa continuamente,
eppure non vede nessun ostacolo. Chi è nel “peccato” continua a
sbagliare e nemmeno se ne accorge. Non mi meraviglio perciò di
trovare chi mi dice che per lui non ci sono peccati, che lei non ne
commette: questa affermazione è il segno della cecità, il segno del
peccato peggiore, il segno che non c'è rapporto d'amore e di fede
con Gesù Cristo e col Padre suo. Non convincerai mai una tale pesona
dei suoi peccati finché non accoglierà Gesù nel cuore. Non
arriverai mai a convincere un sordo che ci sono dei rumori: prima
devi aprirgli gli orecchi.
La cosa più importante per me è
perciò che io non sia al buio, senza la Luce. Da quando Gesù è la
mia Luce io sono fuori del “peccato”. Da quando ho accolto Gesù
come regola della mia vita, da quando ho accolto la sua Parola e la
sua intelligenza come mia intelligenza e la sua Volontà come mia
Volontà, da allora la mia vita è uscita dalle tenebre: da allora
riesco a vedere e riconoscere ogni giorno i miei peccati. I miei
peccati sono come l'inciampare di giorno: vedo in quale gradino o in
quale sasso m'imbatto. Mi dico: “Stupido, che sono, non potevo
guardare?”. Così i miei peccati: “Ho la luce della Vita. Non
potevo fare come Lui mi dice”?
Ecco la mia convinzione: se Dio esiste,
io sono peccatore. Dio, il Dio in cui credo, è Amore, Amore infinito
per me e per tutti. Io sono perciò peccatore, sempre peccatore. Con
questa luce vedo che sono sempre a corto di amore per rispondere
adeguatamente all'Amore che ricevo. Inoltre so, dalle parole di Gesù
Cristo, a cui credo più che ai miei occhi, che Dio ha pensato di
farmi a sua immagine e somiglianza: mi ha fatto cioè con l'intento
che io arrivi ad assomigliare a Lui, ad essere così capace di amare
come lo è Lui stesso: “Siate perfetti, come è perfetto il Padre
vostro che è nei cieli!”, “Amatevi come io vi ho amato!”. Se
penso a questa intenzione di Dio mi ritrovo ancor più fuori strada,
ancora più lontano dalla meta cui sono destinato, ancor più
peccatore.
Non per nulla s. Paolo ricorda ai
cristiani: “Fatevi imitatori di Dio!” e s. Giovanni: “Chi ama
viene da Dio”. Ma come faccio io a non esser peccatore? Ogni giorno
trovo in me delle forze che mi portano a gesti e parole che, se non
sono egoisti del tutto, nascono o si nutrono di un bel po' di
egoismo. E l'egoismo non è amore. Come fare?
Mi consolo che anche l'apostolo Paolo
abbia avuto questo problema: “lo non riesco a capire neppure ciò
che faccio: infatti, non quello che voglio io faccio, ma quello che
detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la
legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che
abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non
abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità
di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che
non voglio... lo trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare
il bene, il male è accanto a me... Sono uno sventurato! Chi mi
libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio,
per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!” (Rom. 7, 15-24).
Non mi consolo d'esser peccatore, anzi
non riuscirei a sopportarmi peccatore se non sapessi che Gesù Cristo
ha la vittoria di questa situazione: Egli sa darmi forza di vincere
le tentazioni e di vivere nell'amore, ma - nel peggiore dei casi - è
pronto al perdono del mio peccato, a cancellarlo, a riagganciarmi con
l'amore del Padre, a farmi riprendere fraternità con gli uomini, a
ridonarmi l'unità di me stesso.
4. La prova del nove
Hai visto certamente un elastico. Un
elastico può tendersi, esser tirato, ma solo fino ad un certo punto.
Se lo tiri un poco più della sua possibilità esso si spezza.
Anche il rapporto tra due persone
assomiglia - tutto sommato - ad un elastico. Tra me e te può esserci
tensione: una tensione che può esser allentata da una buona parola,
da un sorriso, da un gesto d'amore. Ma la tensione tra due persone
potrebbe anche - e succede spesso - venire esasperata dall'impuntarsi
sulla propria posizione o dal volere la rivincita o dalla vendetta.
In tal caso, una tensione potrebbe arrivare al punto di rottura.
Una cosa del genere capita anche nel
rapporto di un uomo con Dio. Può esser bello, armonioso, filiale. Ma
se l'uomo comincia a seguire la tentazione e a uscire dall'amore
(atmosfera in cui dovrebbe rimanere immerso sempre anche per essere
in armonia con se stesso) il suo rapporto con Dio comincia ad essere
teso. Non è Dio a tirare l'elastico! Anzi, Egli cede un po', mi
tiene agganciato, ma non può seguirmi se io vado lontano in
direzione opposta alla sua, opposta al vero amore: allora il mio
rapporto con Lui si spezza. Non sono più agganciato al Padre, non
sono più figlio, non sono più nella santità dello Spirito. Una
volta ho imparato a chiamare "veniale" il peccato
paragonabile alla tensione dell'elastico e "mortale" quello
paragonabile alla sua rottura.
Mortale: è parola grossa. Indica la
fine di una vita. La vita di Dio in me non respira più, non agisce
più, non illumina più. L'uomo è consegnato a se stesso.
È un grosso guaio. L'uomo “senza Dio
in sé” è molto diverso dall'uomo “con Dio in sé”. Te ne sei
mai accorto? Un uomo morto è ben diverso da un uomo vivo. Ebbene, la
stessa differenza.
L'uomo “con Dio in sé” ha alcune
caratteristiche inconfondibili. Mi è maestro S. Paolo. L'uomo “in
grazia di Dio” è capace di “amore, gioia, pace, pazienza,
benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Hai letto
troppo in fretta: rileggi adagio, cerca di impiegare dieci minuti a
leggere queste nove parole. Potresti prendere una parola al giorno
per fare una novena allo Spirito Santo, una novena di supplica e di
prova della vita di Dio in te. Queste nove parole sono come la prova
del nove che usavi per vedere se le tue moltiplicazioni erano esatte.
Se queste parole non trovano riscontro in me, il mio rapporto con Dio
non è agganciato bene. Te lo dico per esperienza.
L'uomo “senza Dio in sé” ha ben
altre caratteristiche. Nel suo cuore è nascosta la paura. Oh, forse
è coraggioso, ma c'è molta paura: non si lascia vedere fino in
fondo! Ha qualcosa da nascondere. Sfugge i momenti di vero rapporto
umano, come quelli del grande dolore o della grande gioia. Li sfugge
evitando di incontrarli o affrontandoli con la superficialità o con
la menzogna, con la rabbia o con la scherzosità... Forse non mi
capisci: pazienza, rimani alla prova del nove.
L'uomo fuori della grazia di Dio, in
peccato mortale, non è bello, non dà gioia, non infonde speranza né
coraggio la sua presenza. È come una fontana disseccata, o come “una
coppa d'oro colma di vino pregiato in cui naviga una mosca nera”:
chi se l'accosta alla bocca?
Talvolta l'uomo può arrivare a questo
punto non solo con gesti o azioni clamorose quali un grosso furto, un
omicidio, la bestemmia volontaria, la fornicazione, l'adulterio,
l'aborto, l'idolatria, il giuramento falso, ma anche poco per volta,
quasi senza accorgersi, col distanziarsi dal suo Dio in modo lento e
costante: si potrebbe dire che quest'uomo muore di fame. Uno che per
settimane o mesi non si nutre della parola di Dio, non cerca la vera
preghiera, non si tiene a contatto con la vita degli altri discepoli
del Signore, a quel tale vengono a mancare poco a poco le forze, la
luce, l'udito, il vero amore. Poi t'accorgi che non lo distingui più
dai pagani. Non trovi più in lui alcun segno d'esser figlio del
Padre dei cieli; prima fra tutti gli viene a mancare la volontà di
perdonare ai suoi nemici. È morto, senza Vita.
5. Il segreto del cuore
Il cuore dell'uomo è veramente un
mistero. È capace delle cose più belle ed è capace dei delitti più
macabri. Ma chissà se ne è veramente capace, o se non è invece una
forza superiore a lui che lo spinge a commettere azioni disumane! Mi
viene questo dubbio non tanto perché qualcuno una volta mi ha
parlato di demoni o perché io voglia far da avvocato difensore ai
delinquenti comuni o politici ma piuttosto perché mi è capitato più
volte d'incontrare ragazzi di appena dodici anni che mi confidavano
pressappoco: “Quando alla sera, sotto le coperte, voglio mettermi a
pregare, mi vengono alla mente delle bestemmie, e mi viene da dirle.
Io non voglio, non voglio, ma mi vengono”. Io ho creduto che non
volesse, e ho creduto che gli venivano, perché anche altri mi hanno
riferito cose del genere riguardo non solo alla bestemmia, ma anche
al furto, all'impurità, alla menzogna. Contro una cosa del genere
non servono sgridate, né ammonimenti, né commiserazioni. Solo la
preghiera fatta con fede, solo l'invocazione del Nome di Gesù e del
Suo Sangue, solo la benedizione ed eventualmente un piccolo esorcismo
possono togliere dall'uomo una forza o una resistenza che da lui non
sono volute.
Benché la situazione ora descritta non
sia rara, essa non è neppure sempre chiara. Il cuore dell'uomo
rimane sempre un mistero. Ed è sempre una mescolanza di coscienza e
volontà, di libertà e condizionamenti, di memoria e intelligenza,
di temperamento e di spirito, di affetti e di fede, per cui, chi
volesse troppo distinguere spirito e anima, anima e corpo,
spiritualità e psicologia, rischierebbe di parlare - invece che di
un uomo - o d'un cadavere o di un'anima vagante.
In fondo siamo sempre dei bambini.
Quando lo riconosco e mi metto con la semplicità e la trasparenza
dei bambini davanti a Dio e davanti agli uomini, allora sono
custodito e riesco a percepire l'amore sia di Dio che degli uomini.
Ma quando non riconosco la mia piccolezza e cerco grandezza e
autosufficienza davanti a Dio e agli uomini, allora mi pare che tutto
il mondo mi diventi nemico, la mia vita diviene incontentabile e la
rendo insopportabile agli altri.
Essere come bambini è un gran segreto,
una grande fortuna! Gesù Cristo, che conosceva il cuore dell'uomo
meglio di me e di qualsiasi psicologo moderno, aveva già svelato
questo segreto a Giacomo e Giovanni e a tutti gli altri suoi
discepoli. Ora lo svela anche a noi. “Se non ritornerete come
bambini, non entrerete nel Regno di Dio”, non potrete giungere alla
piena armonia interiore delle vostre facoltà e quindi non sarete
tutt'interi, e completamente, né davanti a Dio né nel rapporto di
comunione con gli altri uomini.
Il bambino ha bisogno d'aiuto: lo sa
chiedere e ricevere. Anche il bambino sbaglia e pecca, manca
all'amore: ma ristabilisce abbastanza in fretta i legami, dimentica i
torti, domanda perdono: non può stare a lungo senza l'affetto di sua
madre! lo sono un bambino che non può stare a lungo senza l'amicizia
di Dio, senza l'armonia piena tra me e tutto ciò che mi circonda.
Posso, come un bambino, ristabilire
l'unità di rapporti che ho infranto, sia con Dio che con i fratelli?
Il bambino che chiede perdono sente che
non è lui che ricostruisce il rapporto d'amore: fino a che la mamma
non gli dice “Sì, ti perdono” o gli fa una carezza o un segno di
riconciliazione, il fanciullo non è sicuro. Il perdono lo chiede: ma
lo otterrà? Il bambino è sicuro che prima o poi (forse dopo o
attraverso le botte) riceverà il perdono desiderato e così il
rapporto d'affetto tornerà a risplendere; ma fino al momento in cui
quel gesto o quel segno o quella parola non arriva, egli rimane
triste, disperato, mutilato.
Io riconosco in questa descrizione
anche la mia situazione, quale si verifica quando sono nel peccato.
Io cerco il perdono di Dio, non potrei farne a meno, e sono sicuro
che il Signore è così "Amore" e desideroso - come una
mamma - di riavermi in braccio che è pronto al perdono; ma fino a
che non ne ricevo un segno, fino a che non vedo e non sento coi miei
occhi o coi miei orecchi un segno del perdono di Dio, non trovo tutta
la pace di cui il mio cuore abbisogna.
6. Vedere il segno
Come per i bambini, anche per me è
necessario il segno che Dio mi ha perdonato. Ma chi me lo dà? chi
degli uomini è in grado di assicurarmi quest'opera di Dio?
quest'opera che è così grande e riservata tra me e Lui solo, tra
Lui e me?
Come potrà fare Dio a rendermi
persuaso che ha ascoltato ed esaudito la mia domanda di perdono? lo
non posso insegnargli, né posso pretendere segni straordinari,
miracoli, lampi o tuoni strani; e d'altronde non posso convincermi
d'esser stato perdonato, e quindi stare in pace, se non ho i segni
concreti.
Dio, dobbiamo ammetterlo, è un bravo
psicologo. Del resto è stato Lui a formare l'uomo, sa quindi com'è
il suo cuore e di che cosa abbia bisogno. Per perdonare il peccato
degli uomini Egli non ha certamente bisogno né di parole, né di
gesti.
Ma perché l'uomo abbia la certezza del
suo amore, gli viene incontro e stabilisce dei modi abbordabili alla
struttura del corpo e del cuore umano.
Gesù Cristo per questo è divenuto
uomo, uomo di carne ed ossa come noi. Gesù, il Cristo è “ Dio con
noi ”, perché noi possiamo incontrare Dio al nostro livello senza
dover diventare angeli.
È difficile credere che Gesù Cristo,
il figlio di Maria che chiamava papà il falegname di Nazareth, è
Dio. È stato difficile per i suoi paesani e per gli Ebrei in genere,
tranne che per quelli che credevano ai fatti.
Quelle persone che avevano già delle
convinzioni, delle certezze, che si sentivano sicure della propria
scienza e sapienza, che avevano qualcosa da difendere, quelle non
riuscivano ad ammettere che Dio potesse agire in modo diverso da come
esse se l'immaginavano. Quelli invece che lasciavano a Dio libertà
di agire, erano essi stessi liberi di riconoscere le sue opere: così
sapevano riconoscere che le opere di Gesù erano divine. Gli altri
attribuivano a Satana addirittura le guarigioni e i miracoli più
belli, e la liberazione degli indemoniati (Mt. 12, 22-32), pur di non
dover riconoscere che Gesù era Dio: altrimenti avrebbero dovuto
accettare anche il suo insegnamento e sarebbero stati costretti ad
ammettere che Dio perdonava per mezzo suo; questo era un punto
cruciale. Se Dio perdonava per mezzo di un Uomo, di Gesù, avrebbero
dovuto piegarsi, umiliarsi, riconoscersi bisognosi d'un uomo.
La loro superbia e il loro orgoglio
arrivava così al colmo dei colmi: li accecava al punto che
chiamavano bianco il nero e nero il bianco, definivano opera del
Maligno i miracoli di Dio.
È proprio difficile credere che Gesù
è Dio. Chi sente di non essere in sintonia con Gesù, e chi non
vuole accettare tutto quel che Lui dice e fa, e quello che chiede,
basta che faccia questo passo semplice: non credere alla sua
divinità, non credere che sia Lui il mandato da Dio. Questo passo lo
fanno molti. Così credono di giustificarsi; ritengono “santa” la
propria ignoranza di alcune parti del Vangelo o addirittura la
propria disubbidienza ad esse.
Quello che Gesù fa e dice e ordina di
fare a riguardo del perdono dei peccati rientra nell'elenco di quelle
cose difficili da accettare; le accettano le persone libere, i puri
di cuore, capaci di riconoscere opera di Dio ciò che solo Egli può
fare, capaci di accogliere Gesù come il Dio vivente e buono,
volonteroso di salvarci.
L'uomo paralizzato, quello che è stato
presentato a Gesù con poca diplomazia, a dir il vero, calato giù
dal soffitto su di una barella da ambulanza, quell'uomo era un
peccatore. Gesù se ne è accorto. Gli occhi parlano! Dev'essersi
accorto anche del desiderio di quell'uomo di rimettersi in armonia
con Dio; da solo non ce la faceva. E così Gesù, sapendo di avere
autorità divina in quel momento come sempre, e di essere unito al
Padre, gli assicurò con la sua parola - udita da tutti - che il
peccato - il suo peccato - non esisteva più: “Coraggio, figliolo,
ti sono rimessi i tuoi peccati” (Mt 9, 1-8).
Questa parola è azione di Dio, e il
miracolo che la seguì ne è stata la prova. Quell'uomo non è più
stato tirato su attraverso il tetto, né è più stato portato in
barella.
Come non credere che Gesù è Dio? se
lo è non posso più fare a meno dal cercare ed eseguire i suoi
consigli, anche a riguardo del suo modo di perdonare.
lo credo che Gesù è il Figlio di Dio,
ed è Dio: me lo insegnano tutti gli Apostoli con la loro
testimonianza. Ricordo ora particolarmente la frase di S. Paolo: “In
Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità!”
(Col. 2,9).
Gesù poi ha legato a sé pienamente
ormai la sua Chiesa, “suo Corpo”, di cui Egli è il Capo.
Potremmo quindi definire la Chiesa quella parte di umanità che sulla
terra è indissolubilmente legata a Dio. Essa non è Dio, ma è il
"luogo" in cui Dio agisce concretamente! L'incarnazione di
Dio in Gesù Cristo non è un fatto passato, è un fatto eterno,
continuo, attuale: Dio agisce oggi attraverso uomini di carne perché
uniti a Gesù!
È importante conoscere questo mistero
(= pensiero di Dio) per poter accettare il perdono di Dio dagli
uomini!
7. Una violenza preziosa
Varie volte Gesù ha vissuto la gioia
di vedere i suoi interlocutori, volontari o obbligati, cambiare vita
dopo esser stati perdonati. Varie volte ha sentito il sospiro di
sollievo e di libertà di coloro a cui diceva: “Va' in pace, ti
perdono”! Un sospiro che parlava da sé. E nota bene come la
maggior parte di quelle persone erano state obbligate a presentarsi a
Gesù! L'adultera gli era stata scaraventata ai piedi con violenza,
con odio e con sarcasmo. Zaccheo, che s'era nascosto tra le fronde di
un sicomoro, s'è sentito dire: “Vieni giù, oggi devo venire a
casa tua”. II ladrone, se non fosse stato appeso ad una croce
proprio quel giorno, non avrebbe avuto la fortuna che ha avuto.
Persone obbligate o dalla situazione o
da Gesù stesso a inginocchiarsi e chiedere il perdono! Ma esse non
sapevano ancora quale dono sarebbe stato loro fatto né pensavano che
avrebbero potuto ottenerlo. Queste esperienze raccontate dal Vangelo
mi portano la memoria al S. Curato d'Ars, Giovanni Maria Vianney.
Quando gli si avvicinava qualcuno a chiedergli consiglio, per
altolocato che fosse, lo faceva anzitutto inginocchiare e lo
“obbligava” a chiedere perdono, a confessarsi. Bravo, aveva
compreso il metodo di Gesù, e aveva compreso che un'anima perdonata
e cosciente d'esser perdonata è capace pure di ragionare!
Altrimenti, parla e parla e parla, continui a girare attorno al
problema senza toccarlo. Il problema è uno solo: il peccato. Se il
peccato pesa nel cuore e non viene eliminato, quel cuore non è in
grado di capire, di ragionare, di aver luce sulle cose fondamentali
della vita e della morte, semplicemente perché non è libero. Il
problema è questo: togli il peccato, e tutto sarà diverso, tutto
acquisterà nuova luminosità e limpidezza. Gesù ci tiene a
perdonare.
Queste esperienze le ho fatte pure io:
sulla mia pelle e su quella degli altri. Ne ho un'esperienza
abbastanza vasta: puoi credermi.
Gesù Cristo ha visto quant'è
indispensabile per l'uomo sentire con gli orecchi l'assicurazione del
perdono di Dio. Egli aveva visto le folle che accorrevano da Giovanni
il Battista: aveva visto che a lui, uomo, confessavano i propri
peccati, per ottenere soltanto la promessa del perdono! Quale
desiderio di aprire il cuore ad un uomo di Dio!
Gesù ha visto ed ha capito che questo
sarebbe stato il problema numero uno di tutti gli uomini di tutti i
secoli di questo pianeta, visto che tutti sono peccatori. Ha pensato
per loro. Ha trovato un sistema “economico”, se volete, ma
rispettoso, oltre che della psicologia degli individui, anche della
loro libertà. Un sistema che è anche impegnativo e serio. Ha
consegnato il suo potere di perdonare i peccati ad altri uomini. Non
ad uomini qualsiasi, naturalmente, non a quelli che non avevano fede
in Lui, ma a quelli che Gli davano fiducia, che gli promettevano di
rimanere uniti e di vivere nel suo insegnamento. Non ha cercato
uomini senza peccato, non ha cercato uomini perfetti: sapeva che non
li avrebbe trovati. È stato costretto a consegnare il compito di
perdonare ad uomini capaci di peccare, bisognosi essi pure di
chiedere perdono. Ma Gesù non si è pentito di questo suo atto di
amore per noi.
A Pietro, trovandosi presso la città
di Cesarea di Filippo, ebbe a dire: “A te darò le chiavi del regno
dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei
cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei
cieli” (Mt 16, 19). E poi, a Cafarnao, a tutto il gruppo degli
Apostoli, a proposito delle colpe dei fratelli, ripeté: “In verità
vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche
in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto
anche in cielo” (Mt. 18, 18).
Volle confermare tutto ciò ed
esplicitarlo meglio, se ce ne fosse stato bisogno, perché
comprendessimo che questo compito poteva essere in mano ad uomini
peccatori; volle convincere gli Apostoli che questo era il loro
compito principale nel mondo, compito a cui non potevano sottrarsi
senza disubbidienza grave; ecco dunque che il giorno stesso della sua
Risurrezione, il giorno di Pasqua, alla sua prima apparizione nel
Cenacolo, dopo aver perdonato ai discepoli la loro paura, la loro
fuga e il loro rinnegamento, disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a
chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete,
resteranno non rimessi” (Gv 20, 22-23).
Sono parole stupende. Da queste parole
dipende la mia libertà. Se io sono stato perdonato infinite volte lo
devo a queste parole, e se io, peccatore, accolgo i peccatori e li
perdono nel nome di Dio è solo perché devo ubbidire a queste
parole. È un dovere che adempio con gioia. È pure un atto di fede.
Non so se sia più grande l'atto di fede di colui che si confessa o
quello che faccio io prete nel dargli il perdono dell'Onnipotente!
È un atto di fede in Dio e di amore
per gli uomini che compio con gioia!
8. Un amore che vince il timore
Da quel giorno, dal giorno di Pasqua,
la Chiesa ha continuato ad annunciare che Dio perdona. Lo annuncia a
tutti, perché tutti sentano e lo sappiano, e poi attende i singoli,
mano a mano che si decidono, per dare loro, personalmente, il perdono
di Dio. Non è solo profetico l'annuncio della Chiesa, è anche
sacramentale. Non si limita cioè a dire che Dio è capace di
perdonare, ma trasmette il perdono stesso con un gesto concreto e
vero. Non dice solo, ma fa pure!
La Chiesa, la comunità dei credenti si
è presa un altro incarico: conoscendo la riluttanza di molti e il
peso che il peccato esercita sull'uomo per tenerlo lontano
dall'umiltà del chiedere perdono, obbliga i suoi membri ad
inginocchiarsi almeno una volta all'anno, per domandare misericordia.
Mi piace vedere la Chiesa così decisa: essa si rende conto di fare
la cattiva figura d'assomigliare ai farisei che obbligarono
l'adultera a mettersi ai piedi di Gesù, ma è pure cosciente di fare
quel che Gesù stesso ha fatto con Zaccheo: “Vieni giù, oggi devo
fermarmi da te”. Pensino pure tutti quel che vogliono; ciò che
preme alla Chiesa è il bene dei suoi figli, che siano perdonati, che
siano umili, che perdano la boria accumulata nel frequentare i
peccatori. Essa esercita così quel “sarà legato anche nei cieli”.
Anche “nei cieli” ora si sa che i cristiani devono, almeno una
volta all'anno, chiedere perdono alla Chiesa. Gesù Cristo, il capo
della Chiesa, vuole ciò che la Chiesa vuole. Ed è il nostro bene.
Ma questa “violenza” della Chiesa verso i suoi membri non è
sentita dalla maggior parte di essi. Perché? ma perché essi non
attendono Pasqua, quando sanno e sentono di aver bisogno del perdono
di Dio! Io non aspetto che il mucchio di spazzatura della mia casa
fermenti prima di prendere in mano la scopa: chi toglierebbe poi la
puzza che si impregna persino nei muri? Non attendo un anno a
presentarmi all'apostolo di Gesù per fargli dire per me la parola
della riconciliazione. E, come me, molti altri cristiani hanno
compreso che la vita può esser vissuta bene solo se è perdonata,
che l'amore a Dio esige che ci umiliamo e gli permettiamo di
perdonarci, che l'amore alla Chiesa e ai fratelli non è perfetto se
non diffonde con costanza il soave profumo del perdono ricevuto.
lo non aspetto di aver peccati mortali,
non attendo che l'elastico sia spezzato, per presentarmi al ministro
della Chiesa. Ho imparato che il perdono di Gesù mi fa bene anche
per i peccati “veniali”. La Chiesa non mi obbliga, mi consiglia
soltanto. Io accetto anche i consigli. Non credo poi che il mio
domandare perdono ad un prete per peccati non gravi sia soltanto
egoismo: fosse per egoismo, non andrei a confessarmi mai! L'egoismo
gioca brutti scherzi: cerca tante scuse e fa nascere e crescere la
vergogna.
Ho imparato a chiedere il perdono di
Dio subito, appena posso, dopo aver commesso il peccato. È stato
l'amore ad insegnarmelo.
Ho notato che io sono... non solo un
individuo che fa la sua vita: ho notato che, dal momento che vivo in
società, ho un compito sociale. II compito primo e principale della
mia vita - come pure della tua, chiunque tu sia - è di essere uno
strumento nelle mani di Dio. Egli mi affida compiti e servizi, che
devono esprimere l'amore del Padre per i fratelli e per il mondo.
Giacché sono uno strumento di Dio - e voglio esserlo - cerco il più
possibile d'esser libero da ogni male. Non sarebbe bello vedere un
artigiano lavorare con un martello difettoso o un pittore dipingere
con pennello scassato o un contadino andare ai campi con la zappa che
perde il manico!
Non è bello vedere Dio, il Dio che
amo, agire in questo mondo con uno dei suoi figli intorpidito dal
peccato, intiepidito e bloccato dalle sue mancanze e debolezze. Per
amore del mio Dio, perché Egli possa far bella figura laddove
adopera me per trasmettere il suo amore, io cerco che il mio cuore
possa godere il più possibile del suo perdono nei modi che Egli
stesso mi offre: se necessario anche tutti i giorni.
È stato l'amore a spingermi a
confessarmi spesso ed è stato l'amore a darmi la forza di vincere la
vergogna. La vergogna dei peccati non la provi solo tu, la provo
anch'io. Io provo vergogna davanti a me stesso, e davanti al prete
che mi ascolta, come tu provi vergogna davanti a me. Vedrai che
l'amore vince il timore. L'amore a Dio Padre e a Suo figlio Gesù, la
volontà di fargli onore schiaccia la testa alla vergogna ed al
rispetto umano.
9. Peccato, affare sociale
L'amore mi ha insegnato a confessarmi
spesso. A dirti il vero non è stato solo il mio amore per Gesù e
per il Padre a farlo. Ha giocato un ruolo grande anche il mio piccolo
amore per i fratelli, per te. È andata così.
Da prete mi trovavo - come ora del
resto - a continuo contatto con la gente, piccoli e grandi. Tutti si
aspettavano da me non solo santità di pensieri, ma anche generosità
d'azione, disponibilità immediata, libertà interiore a ridere con
loro come pure a piangere per le loro tristezze, a meravigliarmi dei
loro stupori. Non era solo una loro aspettativa, era anche mio
desiderio essere così. Mi accorgevo però, con sempre maggior
chiarezza, che i miei peccati, anche quelli piccoli (il Signore mi
perdoni se chiamo piccole le offese al suo amore!), creavano un
ostacolo. I peccati, se non erano ancora perdonati nel sacramento
della Riconciliazione, bloccavano il mio spirito, non gli
permettevano di essere del tutto attento ai fratelli, al loro
spirito; bloccavano o indebolivano la mia generosità, la mia
prontezza, la mia spontaneità, la mia gioia, cose da cui tutti
avrebbero avuto vantaggio: in una parola, i miei peccati bloccavano
la mia capacità di essere testimone gioioso di Gesù Cristo.
Questo succedeva a me prete. Ero prete
e non posso dirti una cosa per un'altra. Credo però che la stessa
esperienza la faccia anche tu, anche se non sei prete. Anzi, ti
assicuro che è così anche per te: tu forse non te n'accorgi, se
ancora non hai sensibilizzato la tua anima ed il tuo spirito a
recepire questi fatti. Io però ho esperienza di uomini e donne,
giovani, adulti e anziani di ogni condizione: per questo posso
assicurarti che succede così anche per te.
L'amore per i miei fratelli dunque,
accanto all'amore per Dio, in definitiva “l'amore”, mi ha
convinto e spinto a cercare spesso un prete. Lo cercavo anche di
giovedì, non solo al sabato, e - occorrendo - usavo le ruote di
qualche mezzo privato o pubblico: bici, moto, auto. L'amore è capace
di queste cose.
Ti ho detto come ho fatto io. Un giorno
mi dirai come avrai fatto tu: ci terrei che tu me lo raccontassi!
L'amore a Dio e l'amore ai fratelli è
un unico amore. Il cuore che ama non è diviso tra Dio e i fratelli.
Il cuore che ama è in Dio e raggiunge i fratelli amati da Dio.
Così pure il male che io faccio è
contro Dio ed è contemporaneamente contro i fratelli. Il peccato più
nascosto estende le sue conseguenze malvagie su tutti i miei rapporti
sociali. Ogni mio peccato rende meno bello, meno credibile il volto
della Chiesa, le toglie la dimensione divina, abbassa il tono
generale della parrocchia e della comunità cui appartengo, sostiene
gli altri nella loro tiepidezza, se non ve li attira addirittura.
Dal momento che io sono membro della
Chiesa, ogni mio peccato le appesantisce il cammino. La Chiesa è
resa leggera e vivace dallo Spirito Santo che l'avvolge e la riempie.
Se io introduco in essa un altro “spirito”, e lascia che il
Maligno - attraverso il mio peccato - vi ci metta lo zampino... la
sua testimonianza non è più chiara, la sua preghiera diventa
menzogna: con la bocca dice “venga il tuo regno” e con le opere
compie il male.
Ogni peccato di un cristiano è
aggravato proprio per il fatto che non è solo offesa a Dio, ma anche
offesa alla famiglia di Dio, la Chiesa.
Ancora peggio se il mio peccato è
nascosto agli occhi degli uomini: se lo vedessero almeno saprebbero
difendersi! non vedendolo credono ancora al mio esempio, divenuto per
nulla carico di fede e d'amore. Ogni mio peccato contro Dio è,
quindi, un furto alla comunità cristiana, come pure ogni peccato che
offende un uomo è offesa diretta a Dio, che lo ama.
Anche il perdono che io ricevo dal
prete è perdono sia di Dio che degli uomini. I membri della comunità
cristiana riconoscono al prete, oltre alla rappresentanza di Dio,
anche quella del Vescovo e dei membri della Chiesa. Il Vescovo, che
ha ricevuto per successione apostolica i poteri affidati da Gesù
agli apostoli, è il solo a poter perdonare i peccati nel nome di
Dio; egli dà partecipazione di questo compito ai suoi preti.
(Difatti, se io vado in un'altra diocesi devo chiedere al Vescovo di
quel luogo il permesso di confessare. Il mio Vescovo me l'ha dato per
la sua Diocesi, per la sua comunità diocesana. Questa legge è una
garanzia per te, perché tu non possa essere imbrogliato da qualcuno
che voglia spacciarsi per prete)!
I cristiani che ricevono il perdono di
Dio sentono di essere pure già perdonati da tutta la Chiesa, da
tutti i cristiani: ciò che fa il Capo è accolto dal Corpo, quello
che fa Cristo lo fa pure la Chiesa. Il perdono che io prete ti dò è
anche il perdono dei cristiani. Essi lo sanno e, quando vedono che mi
dispongo ad ascoltare i peccati dei loro fratelli per perdonarli,
essi pure dispongono il proprio cuore a perdonare tutto a tutti.
Questa del resto è una condizione
essenziale per esser noi stessi perdonati da Dio. Se io non perdono
agli altri le loro offese non sono in grado di ricevere il perdono da
Dio. Gesù ce lo ha voluto mettere in testa così profondamente:
“Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai
nostri debitori”! Ma gli altri mi offendono spesso! C'è qualcuno
poi che me le combina grosse! Quante volte posso perdonare? Non ti
meravigliare. San Pietro aveva questo problema. Sai già cosa gli ha
risposto Gesù (Mt 18,21-35).
Mi sembra di capire così il pensiero
di Gesù: se perdoni veramente una volta, sei di nuovo in piena unità
di amore col fratello che ti aveva fatto torto. Il prossimo perdono
che gli darai sarà soltanto ancora il primo. Come fai a contare
quante volte hai perdonato? Questi calcoli sarebbero il segno che non
hai mai veramente perdonato.
10. Un abbraccio eterno
Il famoso "settanta volte sette"
che Gesù ha detto a Pietro non è stata una prova della sua
intelligenza matematica; è stato piuttosto una rivelazione, la
rivelazione di un segreto nascosto da sempre a tutti: il cuore di
Dio. Chi poteva conoscere il cuore di Dio? Chi avrebbe potuto
immaginare che Dio non ha presso di sé un registro su cui annotare
quante volte usa la sua misericordia?
Se Gesù dice a Pietro di perdonare
sempre, ciò significa che Egli, Gesù, ha già imparato dal Padre a
perdonare sempre; significa ancora che il Padre è disposto a
perdonare ogni volta che un figlio glielo chiede. Dio non smette mai
di essere misericordioso! Ogni atto di perdono non è che un briciolo
anticipato di quell'immenso abbraccio di perdono con cui Egli
accoglierà la nostra vita quando gliela consegneremo alla fine.
L'abbraccio di Dio del resto non
comprende solo il perdono dei peccati, ma anche la remissione dei
debiti. Debiti con Lui ne accumuliamo ogni giorno. E non sappiamo
neppure quanti, non ci rendiamo conto della somma di cose che
riceviamo da Dio! Siamo debitori. Sono debitori anche i nostri
fratelli nei nostri confronti, ma in misura sensibilmente inferiore,
come diecimila talenti sta a cento denari: diecimila milioni a mille
lire! Se il tuo Padre ti condona i diecimila talenti, tu ti farai
pagare a tutti i costi le mille lire da un tuo fratello? Lasciati
perdonare settantavoltesette, e disponiti ogni giorno a perdonare
settantavoltesette!
C'è stato un periodo in cui trovavo
difficoltà a farmi perdonare spesso da Dio: “Come posso pretendere
che il Signore mi perdoni tante volte?” “ I peccati sono sempre
gli stessi”! “Dopo che sono confessato non sono più buono di
prima”!
Ora invece ringrazio Dio per la sua
misericordia, che sorpassa il settantavoltesette! Se Gesù ha
richiesto così a Pietro, ciò significa che Egli per primo è
disposto a farlo. Non ci chiede di fare cose che Egli non abbia già
fatto!
"I miei peccati sono sempre gli
stessi": non è vero! Quelli di oggi sono sì dello stesso tipo
di quelli di ieri, ma sono altri, forse più gravi, proprio perché
nel frattempo ho gustato il perdono di Dio e della Chiesa, sono stato
arricchito di grazia, ed ancora sono ricaduto.
Sono più buono dopo che mi sono
confessato?
Oh, solo Dio è buono! Certo, dopo
esser stato perdonato ho un motivo in più per amare il Signore, il
Suo amore mi ha maturato, ma poi mi scopro debole, quale lo ero
prima. Ciò che m'importa però che Dio è buono, così non mi
scoraggio. Se ricado nella stessa colpa mi umilio ancora davanti a
Lui e ai fratelli e mi lascio nuovamente perdonare perché la mia
vita deve dar gloria a Dio ancora! Pretendere da me stesso di non
peccare più sarebbe grave superbia: mi porterebbe a non voler più
dipendere dalla misericordia di Dio, a non voler ammettere di aver
bisogno ancora di Lui!
Se non trovo subito l'occasione di
ricevere il perdono sacramentale, prometto nel mio cuore di farlo al
più presto e chiedo perdono interiormente con la preghiera del
pubblicano: “Signore, abbi pietà di me, peccatore”! Così
consegno a Gesù il mio peccato per non permettergli di continuare la
sua opera distruttrice della gioia, della fede, della sicurezza
interiore.
Questa è un'arte da imparare. Se il
peccato viene lasciato a se stesso rovina il cuore, si attira
l'attenzione della mente, diviene un blocco interiore, fa da sostegno
allo scoraggiamento. Bisogna imparare, un po' alla volta, a non
dargli tempo nè attenzione, tornando subito col cuore a Gesù. Lo
scoraggiamento è un grosso disastro: si crede addirittura di far
bene a scoraggiarsi, ed invece questo è un inganno. Lo
scoraggiamento è superbia ferita che vuole una rivalsa sull'anima
tenendola schiacciata e oppressa. Lo scoraggiamento non viene mai da
Dio! Esso è un segno che la mia attenzione è rivolta a me stesso,
non impegnata a cercare la gloria di Dio nella mia vita. Lo
scoraggiamento è un'astuzia del Maligno che vuole allontanare il
peccatore dal perdono di Dio. Guai badarvi!
Ti ripeto la frase di una santa, non
ricordo più quale, che mi ha aiutato tanto: “Se guardo a me sono
nella tristezza; ma se guardo a Te, Signore, sono nella gioia ”!
L'attenzione ai miei peccati è
micidiale: essi sono il segno della potenza del “padre delle
tenebre” sulla mia vita. Se do importanza ai miei peccati e lascio
che essi, con lo scoraggiamento, continuino ad aver influsso su di
me, do gloria a colui che li ha provocati: e non vorrei mai dar
gloria a Satana!
Per questo stesso motivo alle mie
confessioni cerco di esser sincero e completo. Voglio mettere alla
luce tutto, ogni peccato, perché il Maligno non possa vantare
qualche diritto su una parte del mio cuore. Il padre delle tenebre
non deve trovare angoli oscuri nel mio spirito, cosicché possa
nascondervisi. Tutto alla luce, tutto alla Luce!
La trasparenza della mia anima è la
sua difesa più grande e la sua fortuna più bella!
11. Come un pastore di ... porci
lo metto i miei peccati alla luce
anticipando il Giudizio universale! Allora tutti sapranno tutto: “Non
c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non
sarà conosciuto...” (Lc 12,2-3) Metto alla luce il male che ho
commesso facendolo conoscere all' “amministratore di Dio” (Tt 1,
7), il prete.
Il mio peccato ha influito
negativamente su tutta la comunità dei cristiani. Io ne sono membro.
Se voglio tornare ad essa per riceverne i benefici del Pane e della
Parola di Dio, per goderne la comunione di preghiera coi fratelli, è
doveroso e giusto che io chieda perdono ad essa, alla comunità. Essa
riconosce il prete suo rappresentante sia nel ricevere la domanda del
perdono come nel dare il perdono stesso. La comunità cristiana, con
a capo Gesù Cristo, sa che io sono "costantemente"
peccatore e che i miei peccati "veniali" sono quotidiani.
Lo sa e non pretende da me, per ammettermi anche alla Comunione
sacramentale, l'Eucaristia, che io mi confessi tutti i giorni. Si
accontenta che io mi riconosca peccatore, che viva in umiltà
l'inizio della Messa chiedendo perdono insieme con i fratelli. Non
devo confessarmi ogni volta che vado alla Comunione! Però ogni volta
che ho coscienza d'aver offeso gravemente lo Spirito Santo, sia in
rapporto a Dio che in relazione ai fratelli che nell'armonia del mio
cuore, allora non attendo la solennità in cui si va alla Comunione
per cercare di riconciliarmi col Signore!
Ci sono anche situazioni in cui mi
accorgo di aver offeso particolarmente una persona sola o un gruppo
ristretto di persone: in famiglia per esempio. Chi mi impedisce di
chiedere perdono - non di scusarmi - al fratello che ho offeso? E
quel tale cui chiedo di perdonarmi, cosa dovrà fare? cercare di
dirmi che non è niente? che lasci perdere? che non si è accorto di
nulla? No, così non mi piace. Se ti chiedo perdono, dimmi: sì, ti
perdono. Sarei addirittura più contento se tu facessi quello che S.
Francesco d'Assisi esigeva dai suoi frati (che non erano preti):
perdonatevi l'un l'altro nel nome di Gesù! Quando ti chiederò
perdono tu potrai dirmi: “Ti perdono, perché Gesù perdona”;
oppure “Il mio perdono te lo do nel Nome di Gesù”! “Ti perdono
nel Nome di Gesù”. Non è l'assoluzione sacramentale, perché tu
non sei prete, ma è già di più che niente. Anzi, se viene chiamato
in causa Gesù stesso, nel cui Nome c'è salvezza, in quel momento il
mio peccato perde la sua forza per la potenza del Nome di Gesù!
Consiglio anche ai coniugi di fare così a perdonarsi! Provate, e
Gesù Cristo non mancherà di creare tra voi un'unità ancor più
profonda di prima.
È bello, anche, perdonare! Perdonando
mi accorgo di compiere un'azione divina. Coraggio, perdona, fratello
o sorella, perdona, perdona! Noi contribuiamo alla salvezza del
mondo, perdonando! Il perdono vero diffonde nel mondo luce, gioia,
splendore divino. Non scusare i fratelli, perdonali! perdona anche i
rancori vecchi, anche i torti grossi, quelli che i tuoi amici e i
tuoi parenti non perdonano. Perdona! Quando perdoni veramente, hai la
prova d'essere amico di Dio, anzi d'essere immerso in Dio. Se perdoni
ti rendi capace di accogliere più profondamente il perdono che Dio
dà a te: lo saprai valutare meglio, nella sua giusta dimensione.
Se perdoni potrai comprendere il cuore
di quel Dio che perdona te. Com'è importante! Anche il perdono che
tu ricevi da Lui ha lo scopo di farti entrare nel cuore di Dio, di
tornare alla piena comunione con Lui.
Questa è l'altra faccia della
medaglia: non mi confesso, non chiedo perdono cioè solo per
togliermi di dosso il peso dei miei peccati. Sarebbe troppo poco. Mi
confesso per tornare al Padre. Lontano da lui mi ritrovo a pascolare
porci, come il figlio prodigo. Non provi forse anche tu questa
impressione quando non godi intimità con Dio e non vivi per Lui? sei
un pastore di porci! ti manca il pane, ti manca il riposo, ti manca
la gioia. Quanti volti tristi si vedono sulla faccia della terra!
perché? Si sta pascolando porci! Ecco cosa fece colui che pascolava
i porci:
“Allora rientrò in se stesso e
disse: quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza
e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno
di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.
Partì e si incamminò verso suo padre” (Lc. 15 17-20).
12. La festa strappata al cielo
Coraggio, figliolo, ritorna!
Nella casa di tuo padre c'è la gioia,
ci sono fratelli, c'è una madre, c'è riposo per il cuore. Ritorna!
C'è addirittura una festa preparata. In cielo si fa festa quando un
peccatore si converte! Gesù lo ha detto proprio per incoraggiarti!
C'è una festa in cielo, una festa che si comunica al tuo cuore e
alla tua casa, perché dal cielo trabocca sulla terra, tanto è
grande.
Non aver paura di nulla. Fossero anche
vent'anni che vuoi far da solo e che non ti inginocchi davanti ad un
prete, anche se non ti ricordi più come si fa, anche se i tuoi
“amici” ti deridono, anche se sei considerato da tutti un
mangiapreti fatto e finito, anche se ne hai combinate una di più di
quelle che riesco ad immaginarmi, non avere paura: anzi, proprio
allora puoi procurare una grande festa agli angeli e ai santi!
Riscopri il bambino che è in te, ripensa al bisogno del tuo cuore,
torna all'amore semplice e infinito di Dio. Va', o vieni, a
confessarti!
La cosa più importante della
confessione, in fondo, non sono nemmeno i tuoi peccati. Vedi, a me
piace paragonare la confessione al... mangiare una caramella. Quando
mangio una caramella tolgo la carta, la prima e la seconda ed
eventuali pezzettini che vi rimanessero appiccicati e li butto via.
Poi metto in bocca il confetto, e lo gusto con gioia e piacere.
Quando mi confesso faccio la stessa
cosa: butto via con cura tutti i miei peccati, poi mi gusto la gioia
dell'amicizia di Dio, della pace interiore, della serenità. Questa è
la cosa più importante, è ciò che resta: il dono che Dio mi fa.
Certamente, cercherò di consegnare
tutti i miei peccati, altrimenti come potrò entrare nel cuore del
Padre? In Dio non c'è posto per il male, per il peccato, per la
tenebra: entrando in comunione con Lui non posso portarmi dietro
nessun peccato, nessun'ombra di male.
Questo vale naturalmente per entrare in
comunione con Dio sia spiritualmente che sacramentalmente, attraverso
la partecipazione al Pane eucaristico. Andare a Messa prendendo la
"Comunione" sacramentale, senza aver prima ottenuto la
Riconciliazione sacramentale qualora ce ne fosse bisogno, diverrebbe
un grave sacrilegio!
La comunione perfetta con Dio è una
grazia, un dono così grande, che mi fa desiderare veramente di
eliminare ogni ricordo di peccato nella mia vita!
E il dono che Dio mi fa lo voglio
custodire. Una vita santa sarebbe ancora poco per ringraziare Gesù
Cristo ed il Padre e lo Spirito Santo della grazia che riversano in
me col perdono!
Dovrei cercare veramente di camminare
con Dio, istruirmi sulla Sua volontà, far di tutto per non ricadere
nelle stesse mancanze di prima. Egli lo merita. Gesù Cristo è degno
che la mia vita gli faccia onore. Comincio questo nuovo cammino col
fare quel che il prete mi dice. Egli mi dà una “soddisfazione” o
“penitenza”, come la chiamano molti. Per la pigrizia dei
cristiani e la svalutazione del Sacramento i preti si son ridotti a
dare come compito la recita di una breve preghiera. Tu non
accontentarti. Chiedi al prete o inventati tu qualcosa, qualche gesto
di amore e di generosità, che diventi segno della tua conversione e
della festa degli angeli cui partecipi.
Quando si è in festa si è più
generosi del solito. Quando ti sarai confessato e riconciliato con
Dio cerca un gesto d'amore perché la festa del cielo, nascosta nel
cuore, diventi festa sulla terra! Non occorre sia sempre un invitare
il prete che ti ha perdonato a bere un bicchiere insieme! può essere
anche la visita ad un malato, un'ora passata a far compagnia agli
anziani del ricovero, un'offerta ad un orfanotrofio... La tua
fantasia è più grande della mia. Cerca non solo la rinuncia alle
occasioni del peccato, cerca soprattutto un segno che porti la festa
dal cielo sulla terra.
L'esperienza più grande dell'uomo,
quella più gradita e desiderata, è l'esperienza del perdono: questo
è il motivo che ha spinto Dio a mandarci il Figlio suo, è il motivo
per cui Gesù è morto in croce e ha donato il suo Spirito. Dio cerca
l'uomo - l'Adamo di tutti i tempi - per perdonargli, perché possa
vivere già qui la festa eterna.
Ma - è ormai superfluo dirlo - il
perdono viene donato perché l'uomo che lo riceve viva in comunione
nuova e profonda con il Padre ed il Figlio suo.
Sarebbe un delitto senza precedenti
ricevere il perdono per poi tornare, con libertà di cuore!, ai
propri interessi, ai propri egoismi, ignorando i desideri di Dio! S.
Pietro direbbe: “Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa
lavata è tornata ad avvoltolarsi nel brago”! (2 Pt 2, 22)
Sono due immagini impressionanti e,
purtroppo, in taluni casi, vere. Chi ottiene il perdono di Dio e
della Chiesa cambia il suo atteggiamento profondo nei riguardi di Dio
e della Chiesa, si sente di famiglia con Dio e con la Chiesa, cammina
in unità di spirito con tutti coloro che vogliono vivere come figli
di Dio seguendo le orme di Gesù! Espliciterà la sua nuova
situazione partecipando con costanza anche alla Comunione
Sacramentale col Corpo di Cristo, all'Eucaristia, “culmine e fonte”
della vita cristiana.
Infine, ogni volta che sono perdonato
mi preoccupo di rimanere in Dio e che Dio rimanga in me.
Come me ne potrò accorgere?
13. I segni della comunione con Dio
“Da questo si conosce che noi
rimaniamo in Lui ed Egli in noi:
Egli ci ha fatto dono del suo Spirito”
(Gv 4, 13).
Avere la certezza che siamo in Dio e
Dio in noi! com'è possibile? È ciò che desidero con tutto il
cuore: vederti non posso, contemplarti, solo nelle Tue opere.
Possederti è gioia che ricompensa e oltrepassa il desiderio degli
occhi: ma fino a quando?
Fino a quando sei in me ed io in Te?
I miei sensi non Ti sentono, se non a
sprazzi, come bagliori passeggeri. ll mio cuore non avverte che di
sfuggita la Tua presenza luminosa e abbagliante.
Quali segni ricercare allorché mi pare
di esser immerso nella notte, nel buio, nell'aridità, nella terra?
I Tuoi segni sono inconfondibili, e
devono esserci perché, dove Tu sei, non puoi rimanere inoperoso: la
luce, la tua luce, non lascia tenebre attorno a sé. Il tuo segno è
nello spirito: Tu ci hai dato del Tuo Spirito. Hai preso del Tuo e
l'hai messo nel cuore umano. Hai preso del Tuo Spirito Santo e l'hai
riversato in me; ora c'è parte della Tua profondità nel mio cuore:
amore al Padre, volontà di compiere il suo Volere, perdono per gli
uomini e desiderio della loro salvezza, gioia nel dare, consolazione
per i miseri; la mia presenza dona pace al malato e sicurezza
all'incerto nella fede. Mi hai dato del Tuo Spirito: sono in Te e Tu
in me.
Non potevi agire meglio. I miei sensi,
anche se non godono la consolazione della Tua visione, sono pronti al
dare più che al ricevere: perché Tu sei amore, sei dono, sei
gratuità.
I miei sensi, il mio sentire e gustare
si trovano nella notte, nella sofferenza, nel distacco, perché essi
sono come lo stoppino della lampada: devono sostenere la luce per il
mondo. Essi muoiono perché viva il Tuo Spirito e il mondo riceva la
tua vita.
Non cerco soddisfazione per me dalla
tua Presenza in me: metti in me il Tuo Spirito, e che io possa solo
accorgermi della Sua opera al di fuori di me!
Ti renderò lode in eterno!
La mia prima lode sarà il permetterti
di togliere da me il male, di cancellare il mio peccato! Tu godi nel
lavare le vesti dei tuoi figli rendendole più bianche della neve!
Ebbene, purificami e lavami, perché io
possa rimanere in Te e Tu in me!
14. Due confidenze
Permettimi ancora due confidenze che ti
potranno servire.
Quando cerco il motivo per cui mi
voglio confessare, mi trovo talvolta in momenti d'egoismo; sono
egoista anche quando mi pento dei miei peccati: lo faccio perché
voglio essere di nuovo giusto davanti a Dio, voglio diventare
migliore, non voglio più rimorsi sulla coscienza. Ma quando l'amore
è in me, diventa un atto d'amore anche la mia confessione!
Voglio procurare una gioia al Padre!
Voglio apprezzare la Morte di Gesù
Cristo!
Voglio togliere pesi inutili alla
Chiesa!
Voglio tornare ad essere testimone
gioioso della Presenza e dell'opera del Signore risorto!
Voglio dare un ulteriore sbocco alla
Vittoria di Gesù sul male!
Voglio tornare ad esser nella libertà
di cuore per amare tutti con disinteresse!
Voglio tornare ad essere strumento
adatto e docile nelle mani di Dio!
Mi sono accorto che, se mi confesso con
motivi egoistici, rimango sotto l'influsso del mio egoismo e la
tristezza non scompare dal mio cuore e dal mio volto.
Chi si confessa invece per motivi
d'amore... si mette a volare!
Quand'ero un ragazzo, per confessarmi
cercavo una volta un prete, un'altra volta un altro: volevo cambiare.
Non volevo farmi conoscere peccatore da chi mi conosceva.
Crescendo ho capito che quel modo di
fare era un inganno: cercavo la confessione solo per alleggerire il
cuore, non per avanzare nell'amore di Dio e nel seguire Gesù. Se nel
mio intimo avessi desiderato camminare nella vita spirituale,
crescere nella “statura dell'uomo interiore” perché Gesù Cristo
fosse potuto divenire in me sempre più forte e chiaro, allora avrei
dovuto lasciarmi aiutare, farmi aiutare. Per questo è necessario che
il prete - uomo di Dio - mi conosca e veda se e come progredisco
nello spirito.
Grazie a Dio ho compreso questa
necessità ancora in giovane età. Da allora cerco un prete esperto
che mi conosce bene, sempre lo stesso possibilmente, per aprire il
cuore e ottenere non solo il perdono di Dio, ma anche consigli e
sollecitazioni adatti al mio caso per vivere nello Spirito Santo.
Un uomo così, un prete così, lo
chiamo "padre spirituale". Anch'egli si preoccupa che io
“rimanga in Dio e Dio rimanga in me”!
15. Sincerità
Dopo aver finito di scrivere queste
pagine, ogni volta che apro il Vangelo mi verrebbe la voglia di
cominciare da capo: scopro continuamente nuovi aspetti del perdono di
Dio, della sua misericordia. Ma poi penso: queste pagine sono solo
una comunicazione di esperienza, esperienza di un peccatore che si
lascia perdonare ed esperienza di un prete che perdona “occupando”
il posto di Dio. Nessuno cerca la completezza di una esposizione
dottrinale, né biblica, né storica, né liturgica, né sapienziale
in queste poche pagine: esse sono solo un... cuore che si apre per
donare quello che ha ricevuto e per lodare la grazia del Signore.
Chi ha buona volontà trova ancora
molti spunti di riflessione e di luce su tutte le pagine della
Bibbia: Dio ha compiuto infatti la sua avventura con l'uomo per
rimettergli i peccati e ritrovare la comunione con lui. La Bibbia,
ogni pagina, riflette questa Sua Volontà! Più sotto elenco alcune
tra le pagine maggiormente significative a questo riguardo, perché
anche tu possa, con calma, trovarle, leggerle e goderne.
Ora, dopo che hai letto tutto, voglio
esser ancor più sincero ed onesto con te, fino in fondo. Sai perché
ho scritto tutte queste pagine mettendo in piazza i miei sentimenti e
le mie esperienze?
Avrei voluto convincerti ad accettare
quel dono di Dio che chiami Confessione -Riconciliazione: avrei
voluto convincerti ad andare a confessarti.
Ci sono riuscito? io non lo saprò mai,
e non voglio saperlo. Se ci fossi riuscito, va' subito, cerca un
prete e apri il tuo cuore a Gesù, per fargli posto.
Se non ci fossi riuscito... allora sì,
scrivimelo. Il mio fallimento m'aiuterà a rimanere umile e a godere
non di ciò che ho fatto, ma solo dell'amore eterno del Padre per
questo povero prete presuntuoso.
don Vigilio Covi
BRANI DA MEDITARE SUL PERDONO
ESODO 20,1-21 Le dieci parole
SIRACIDE 28,1-7 Perdona - sarai
perdonato
ISAIA 43,22 - 28 Per riguardo a me non
ricordo i tuoi peccati
53,1-12 Su di Lui la nostra iniquità
VANGELO secondo:
MATTEO 9,10-13 Gesù mangia coi
peccatori
16,18 -19 Legare e sciogliere
18,15 -18 Legare e sciogliere
18,21 - 35 Quante volte perdonare?
26,27 Il peccato di Pietro
LUCA 6,27 - 38 Amore ai nemici
7,36 - 50 Una peccatrice
15,1-32 Parabole della misericordia
18,9-14 Un fariseo e un pubblicano
19,1-10 Zaccheo
23,33-34 Gesù in croce
23,39-43 Un malfattore perdonato
GIOVANNI 1,29 L'Agnello di Dio
8,1-11 L'adultera
9,40-41 I ciechi che non vedono
20,22-23 A chi voi rimetterete ...
ATTI DEGLI APOSTOLI
7,60 Stefano perdona
LETTERA AI ROMANI
5, 6-11 L'amore di Dio per i peccatori
7, 14 - 25 Situazione dell'uomo
peccatore
SECONDA LETTERA AI CORINZI
5, 18-21 Il ministero della
riconciliazione
LETTERA Al COLOSSESI
3,13 Perdonatevi!
LETTERA DI GIACOMO
5,16 Confessate i peccati
PRIMA LETTERA DI PIETRO
5, 8-9 L'arma del cristiano
SECONDA LETTERA DI PIETRO
2, 20 -22 Chi torna al peccato
PRIMA LETTERA DI GIOVANNI
1, 8 -10 Siamo peccatori
2, 1-2 Il nostro Avvocato
Per la preghiera:
SALMO 12 * 31 * 40 * 51 * 72 * 129 ...
INDICE:
1. I peccati cercano perdono
2. Parla I' “intelligenza” che hai
3. Il cieco non vede
4. La prova del nove
5. Il segreto del cuore
6. Vedere il segno
7. Una violenza preziosa
8. Un amore che vince il timore
9. Peccato, affare sociale
10. Un abbraccio eterno
11. Come un pastore di... porci
12. La festa strappata al cielo
13. I segni della comunione con Dio
14. Due confidenze
15. Sincerità
Nulla osta: don Iginio Rogger, cens.
eccl. - Trento, 6 gennaio 1982.
Dal sito
http://www.cinquepani.it/
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