C'era
una volta una povera donna rimasta vedova con un figliolino al petto.
Era di cattiva salute, e con quel bimbo da allattare poteva lavorare
pochino. Faceva dei piccoli servigi alle vicine, e così lei e la sua
creatura non morivano di fame.
Quel
figliolino era bello come il sole; e la sua mamma, ogni mattina, dopo
averlo rifasciato, lavato e pettinato, un po' per buon augurio, un
po' per chiasso, soleva dirgli:
-
Bimbo mio, tu sarai barone! Bimbo mio, tu sarai duca! Bimbo mio, tu
sarai principe! Bimbo mio, tu sarai Re!
E
ogni volta che lei gli diceva: tu sarai Re, il bimbo accennava di sì
colla testina, come se avesse capito.
Un
giorno si trovò a passare proprio il Re, e sentito: Bimbo mio, tu
sarai Re, la prese in mala parte, perché non aveva avuto ancora
figliuoli e ne era accorato assai.
-
Comarina, - le disse - non vi arrischiate più a dire così, o guai a
voi!
La
povera donna, dalla paura, non disse più nulla. Però quel
figliolino, ora che la sua mamma stava zitta, ogni mattina, appena
rifasciato, lavato e pettinato, si metteva a piangere e strillare.
Lei
gli ripeteva:
-
Bimbo mio, tu sarai barone!... Tu sarai duca!... Tu sarai
principe!...
Ma
il bimbo non si chetava. Talché una volta, per prova, tornò a
dirgli sottovoce:
-
Bimbo mio, tu sarai Re!
Il
bimbo accennò di sì colla testina, come se avesse capito, e non
strillò più.
Allora
la povera donna si persuase che quel figliolino doveva avere una gran
fortuna; e temendo la collera del Re, già pensava di mutar paese.
Intanto,
poiché il figliuolo era spoppato, quando le capitava di fare qualche
servizio, pregava una vicina:
-
Comare, tenetemi d'occhio il bambino; vado e torno in due minuti.
Un
giorno le accadde di tardare. La vicina era seccata di tenere in
braccio quel cattivello che piangeva perché voleva la mamma. In quel
punto comparve un cenciaiolo:
-
Cenci, donnine, cenci!
-
Lo volete questo cencio qui?
-
Se ci si combina, lo prendo.
-
Ve lo do per un soldo.
Il
cenciaiuolo le tolse il bimbo di braccio e le mise in mano un soldo
bucato.
A
quella scena lei e le altre vicine presenti ridevano: il cenciaiuolo
in questo mentre svoltava la cantonata e spariva. Corri, cerca,
chiama... L'avete più visto?
Figuriamoci
che pianto, quella povera mamma, quando apprese la sua disgrazia!
Corse
subito dal Re:
-
Giustizia, Maestà!... Mi han rapito il bambino!
-
Bimbo mio, tu sarai Re! - le rispose il Re facendole il verso, per
canzonarla.
E
la mandò via, tutto contento che quel malaugurio per la sua
discendenza fosse sparito.
Gli
occhi della povera donna parevano un fiume. Andava attorno tutta la
giornata, fermando la gente:
-
Buona gente, incontraste per caso il cenciaiuolo che mi ha rubato il
mio bambino?
Le
persone, che non ne sapevano nulla, la prendevano per matta e le
ridevano in viso.
Quel
giorno della disgrazia, la vicina le aveva dato il soldo bucato
messole in mano dal cenciaiuolo; ma la povera donna, dalla gran
rabbia che aveva, lo buttò via.
La
mattina dopo, apre un cassetto... il soldo bucato era lì.
-
Soldaccio maledetto! Non ti voglio neppur vedere!
E
lo buttò nuovamente via dalla finestra.
Ma
la mattina dopo, torna ad aprire quel cassetto e che vede? Il soldo
bucato.
Richiuse
il cassetto con stizza.
-
Fossero almeno dieci lire...! Mi comprerei uno straccio di veste!
Non
avea finito di dirlo, che sentì lì dentro un suono di soldi
rimescolati. Stupita, riapre. Pareva che il soldo avesse figliato.
Oltre a quello, c'erano lì tanti soldi, da fare giusto dieci lire.
Da
allora in poi, quando avea bisogno di denaro, le bastava che dicesse:
-
Soldino mio, vo' cento lire, vo' mille lire!
Le
cento lire, le mille lire erano subito lì.
La
buona donna non si teneva questa fortuna per sé sola; faceva spesso
la carità a tutte le persone bisognose al par di lei, ed era già
diventata una benedizione del cielo.
Ma
quel bene lei lo faceva sempre col pensiero al figliolino perduto:
-
Che le importava di tanta fortuna, senza il suo figliolino? E sperava
sempre che, un giorno o l'altro, il cielo l'avrebbe consolata.
In
quel tempo il Re ebbe il capriccio di comprarsi un magnifico cavallo.
Conchiuso il negozio, andò per prendere il denaro dallo scrigno ove
solea tenerlo riposto, e si accorse che mancava una bella somma.
Appostò
lì due guardie per acchiappare il ladro; e, passati alquanti giorni,
tornò a guardare: mancava un'altra bella somma!
Si
mise in agguato lui stesso; cominciava a sospettare dei suoi
Ministri.
Una
mattina, ecco una voce nell'aria, lontana, lontana:
-
Soldino mio, vo' mille lire!
E,
subito, un rimescolìo nello scrigno, come se qualcuno vi prendesse
quattrini a manate.
Apre
in fretta in fretta... Le mille lire mancavano, ma lì dentro non
c'era nessuno!
-
Come andava questa faccenda?
Il
Re ci perdeva la testa.
Però,
benché fosse un po' avaro, gli dispiaceva di più dover morire senza
figliuoli. Se la prendeva colla Regina, come se la colpa fosse stata
di lei, e la maltrattava:
-
Non era buona a fargli un figliuolo, neppure di terra cotta!
La
Regina, indispettita, gli fece colle sue mani un bel puttino di terra
cotta.
-
Ecco, se era buona!
Tutti
accorrevano al palazzo reale per vedere quel puttino di terra cotta,
che era una meraviglia, e vi andò anche quella povera donna.
-
Oh Dio! È tutto il mio bambino!... Ma non era così che ti volevo
Re, figliolino mio!
E
si mise a piangere.
Il
Re, a quelle parole, montò in furore. Diè un calcio al puttino di
terra cotta e lo ridusse in mille pezzi.
Alla
povera donna parve di vedersi squarciare sotto gli occhi il
figliolino perduto. Ma che poteva dire a Sua Maestà? Dovette
ingozzare anche quell'amarezza, e tornarsene a casa zitta zitta.
Intanto
nello scrigno del Re i quattrini continuavano a mancare; e sempre
quella voce nell'aria, lontana lontana:
-
Soldino mio, vo' cento lire, vo' mille lire!
E
quanti diceva la voce, tanti il Re ne sentiva prendere dalla mano del
ladro invisibile.
Il
Re mise le sue spie per scoprire di chi fosse quella voce: e un
giorno le spie gli condussero dinanzi ammanettata la donna del
bambino rubato:
Era
lei che aveva detto: "Soldino mio, vo' cento lire!".
Il
Re non volle neppure ascoltare la povera donna, che voleva
raccontargli come stesse la cosa, e la fece gettare in un fondo di
carcere.
Ma
da quel giorno egli non ebbe più pace.
Voleva
andare a letto? E gli strappavano le coperte:
-
Maestà, non si dorme!
Chi
era? Non si vedeva nessuno.
Si
sedeva a tavola per mangiare? E gli portavano via il piatto:
-
Maestà, non si mangia!
Chi
era? Non si vedeva nessuno.
Se
durava un altro po', il Re moriva d'inedia. Perciò mandò a
consultare un vecchio Mago.
Il
Mago (che poi era quel cenciaiuolo che avea rapito il bambino per
proteggerlo) rispose soltanto:
-
Bimbo mio, tu sarai Re!
Visto
che il destino era quello, e non volendo morire d'inedia, il Re
cominciò dallo scarcerare la povera donna, e tornò a mandare dal
Mago:
-
Come rintracciare il bimbo? Lo avea rapito un cenciaiuolo e non se ne
sapeva più notizia.
Il
Mago rispose:
-
Raccatti i cocci di quel puttino di terra cotta e li saldi insieme
collo sputo.
Il
Re, sebbene di mala voglia, raccattò i cocci del puttino e li saldò
collo sputo.
-
Ed ora?
-
Ed ora - rispose il Mago - prepari una bella festa e faccia così e
così.
Il
Re fece dei grandi preparativi, poi, secondo le istruzioni del Mago,
mandò a chiamare la mamma del bimbo a palazzo reale e la fece sedere
a lato della Regina.
Il
puttino di terra cotta bello e saldato si vedeva collocato nel mezzo
del salone e, attorno attorno, ministri, principi, cavalieri in gran
gala che aspettavano.
Quando
fu l'ora, s'intese nella via:
-
Cenci, donnine, cenci!
A
questo grido il puttino di terra cotta scoppiò, e ne usci fuori un
bel giovinotto fra un gran rovesciarsi di monete, che ruzzolavano da
tutte le parti.
Il
Re, contento anche perché riacquistava tutti i suoi quattrini,
voleva abbracciarlo come un figliuolo; ma quello corse prima dalla
sua mamma e non sapeva staccarsela dal petto:
-
Bimbo mio, tu sarai Re!
Ed
era già Reuccio, poiché il Re lo adottava!
Qui
entrò una guardia e disse:
-
Maestà, c'è di là un cenciaiuolo; rivuole il suo soldo bucato.
Il
Re non ne sapeva nulla; ma la povera donna rispose subito:
-
Eccolo qui.
Sentita
la storia di quel soldo, il Re pensò ch'era meglio tenerselo per sé.
Andò di là, bucò un altro soldo e diede questo in cambio di quello
al cenciaiuolo.
Ma
gliene incolse male.
La
prima volta che disse:
-
Soldino mio, vo' mille lire!
Invece
di mille lire furono mille nerbate, che lo conciarono per le feste,
tanto che morì.
-
Bimbo mio, tu sarai Re!
E
si era avverato.
Stretta
è la foglia, larga è la via,
Dite
la vostra, ché ho detto la mia.
Luigi
Capuana - scrittore, critico letterario e giornalista italiano.
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