mercoledì 25 maggio 2016

San Filippo Neri - Firenze, 1515 - Roma, 26 maggio 1595 - Tema : Oratoriani - Oratorio - Carità sacerdotale




«Sono le leggi del Vangelo e i comandi di Cristo che conducono alla gioia e alla felicità: questa è la verità proclamata da san Filippo Neri ai giovani che incontrava nel suo quotidiano lavoro apostolico. Era, il suo, un annuncio dettato dall’intima esperienza di Dio fatta soprattutto nell’orazione» (Beato Giovanni Paolo II, il 7 ottobre 1994, in occasione del quarto centenario della morte del santo). Pochi uomini hanno lasciato nella città di Roma un’impronta così forte, profonda e duratura come san Filippo Neri, questo “pazzo di dio”. Eppure non ha mai occupato posti importanti nella Chiesa. Ma la luce notevole che si è irradiata dalla sua persona si può percepire ancora oggi.
Filippo nasce a Firenze, in Toscana, il 21 luglio 1515, secondo di una famiglia con quattro figli. Suo padre, Francesco, è notaio. Sua madre, Lucrezia, muore quando egli ha cinque anni. Viene ben presto sostituita al focolare domestico da Alessandra, seconda moglie di Francesco, che circonda il bambino di una tenerezza particolare. Firenze è allora quella capitale delle arti e dei banchieri la cui fama si fa sentire anche lontano. Ancora molto giovane, Filippo, già notato per il suo carattere allegro e docile, frequenta i padri domenicani del convento di San Marco. Vi riceve una duplice influenza: quella della bellezza artistica, grazie ai dipinti realizzati sui muri dal Beato Fra Angelico; e quella di Savonarola, quel domenicano che, con la sua predicazione, ha sollevato la città circa trent’anni prima. Filippo ne deriva un ardente amore di Gesù e la chiamata alla conversione, ma, lungi dal condividere l’esaltazione di Savonarola, manifesterà equilibrio e mitezza.

domenica 22 maggio 2016

Beata Maria Domenica Brun Barbantini - Lucca, 17 gennaio 1789 - Lucca, 22 maggio 1868


ALL'INSEGNA DELL'AMORE

Maria Domenica nasce a Lucca il 17 gennaio 1789. Il padre, Pietro Brun, di origine elvetica, dal cantone di Lucerna, è a servizio nelle guardie svizzere di stanza a Lucca; la madre, Giovanna Granucci, è nativa  di Pariana, un piccolo centro della provincia lucchese.
La famiglia Brun vive modestamente: le paghe delle guardie svizzere non sono certamente alte; hanno però il privilegio di abitare un quartierino all'interno del palazzo ducale.
Di Pietro Brun non si conosce molto; qualcosa di più si sa della madre, Giovanna: una donna saggia, piena di iniziative, capace di condurre avanti la famiglia anche dopo la prematura morte del marito.
Gli anni dell'adolescenza
Maria Domenica è una ragazza di carattere aperto e intelligente, che trascorre felicemente la prima infanzia tra le cure della madre e la rigida educazione paterna, di stampo militaresco. I biografi ufficiali riferiscono della sua particolare devozione alle Beata Vergine Maria. Anzi, parlano addirittura di un fatto straordinario che sarebbe accaduto durante la celebrazione della Messa alla quale assisteva Maria Domenica nella Chiesa dei Miracoli (davanti al palazzo Ducale); al momento della consacrazione, Maria Domenica avrebbe visto sangue uscire dal calice elevato dal celebrante. La ragazzina, logicamente, venne sopraffatta dall'emozione; salda di carattere com'era, però, non rivelò l'accaduto a nessuno, salvo che al suo confessore. Ma da quel momento divenne ancora più docile e virtuosa.

giovedì 12 maggio 2016

Preghiera di Papa Francesco per il Giubileo



Signore Gesù Cristo,
tu ci hai insegnato a essere misericordiosi come il Padre celeste,
e ci hai detto che chi vede te vede Lui.
Mostraci il tuo volto e saremo salvi.
Il tuo sguardo pieno di amore liberò Zaccheo e Matteo dalla schiavitù del denaro;
l’adultera e la Maddalena dal porre la felicità solo in una creatura;
fece piangere Pietro dopo il tradimento,
e assicurò il Paradiso al ladrone pentito.
Fa’ che ognuno di noi ascolti come rivolta a sé la parola che dicesti alla samaritana:
Se tu conoscessi il dono di Dio!

Tu sei il volto visibile del Padre invisibile,
del Dio che manifesta la sua onnipotenza soprattutto con il perdono e la misericordia:
fa’ che la Chiesa sia nel mondo il volto visibile di Te, suo Signore, risorto e nella gloria.
Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch’essi rivestiti di debolezza
per sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore:
fa’ che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso, amato e perdonato da Dio.

Manda il tuo Spirito e consacraci tutti con la sua unzione
perché il Giubileo della Misericordia sia un anno di grazia del Signore
e la tua Chiesa con rinnovato entusiasmo possa portare ai poveri il lieto messaggio
proclamare ai prigionieri e agli oppressi la libertà
e ai ciechi restituire la vista.

Lo chiediamo per intercessione di Maria Madre della Misericordia
a te che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.
Amen

martedì 10 maggio 2016

Dal Vangelo secondo Giovanni -Gv 13,16-20 - Chi accoglie colui che manderò, accoglie me.


 
Gv 13,16-20

[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».

Parola del Signore
Riflessione personale

Gesù, con il gesto della lavanda dei piedi, ci lascia un esempio da imitare. Lui, che è il Signore, si comporta come un servo. Questo gesto di umiltà dovrebbe far sciogliere la superbia che è incollata al nostro cuore.
Se Gesù, ricco come era, si è umiliato fino alla morte in croce per la salvezza di tutti... chi siamo noi per fare tanto gli altezzosi nei confronti dei nostri fratelli?
Pensiamo di essere sempre i migliori, di sapere tutto e di saper fare tutto. In realtà siamo affetti da una miopia acuta, ma ci reputiamo sani... e se ci ostiniamo a non capire che abbiamo bisogno di un medico, la miopia diventerà cronica e difficile da guarire.
Gesù, con le Sue parole e il Suo comportamento ci istruisce ogni giorno, ma noi, oltre a essere miopi, facciamo finta di essere sordi e smemorati... e così continuiamo a essere infelici.
Molto spesso le parole di Dio entrano da un orecchio e  escono dall'altro... Diceva bene Giacomo (1, 25): “Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.”
Il nostro guaio è che molto spesso ci rendiamo conto che gli insegnamenti di Gesù sono veritieri, ma ci rendiamo poco conto che per riuscire a metterli in pratica dobbiamo subire un intervento al cuore, allora abbiamo confusamente paura di firmare il foglio di ricovero, e rimandiamo l'operazione pensando di riuscire da soli a guarire o a metterli in pratica. Che presuntuosi!!!
Gesù, nel vangelo di oggi ci dice che non basta comprendere, ma bisogna mettere in pratica il Suo insegnamento. Parla poi in modo particolare di Giuda, facendoci capire che il Suo amore non esclude nessuno... infatti, pur sapendo che di li a poco lo avrebbe tradito, gli lava ugualmente i piedi. Questo ci fa comprendere che ogni nostro servizio, sia all'interno di una comunità, sia fuori, deve essere compiuto senza pregiudizi... anche agli antipatici... anzi, a questi bisogna dare di più perché hanno più bisogno della luce di Cristo. Non solo, quando compiamo qualcosa di buono o diciamo qualcosa di bello secondo la volontà del Signore, dobbiamo renderci conto che non siamo noi i principali artefici... è bene infatti ricordare e meditare quanto Gesù dice di Sé: Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare (Gv 12, 49). Quindi, tutto ciò che di bello facciamo, viene in primo luogo da Dio e in secondo luogo da noi.
Se provassimo a vedere ogni fratello come un padrone da servire con umiltà, troveremmo lassù una bella eredità. E' Gesù che lo promette: “Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.”
Se invece facciamo l'orecchio da mercante assomiglieremo a un uomo che si guarda allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era (Gc 2, 23-24).
Alla fine del vangelo di oggi Gesù fa un bel discorsetto missionario... chi crederà alle persone inviate da Lui, chi metterà in pratica le Sue parole e  chi avrà resistito agli insulti andando contro corrente, non perderà la sua ricompensa. In Matteo (10, 41-42) dice: "Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa".
Stupendo!!!! A chi darà, a un suo rappresentante, anche solo un po' di ammirazione o di refrigerio, Gesù promette una ricompensa. Non dice che cosa... ma sono convinta che qualcosa di bello sarà!!! Le sorprese sono il Suo forte!!!
Chiediamo allora al buon Dio di ravvivare sempre la nostra fede, di aiutarci ad essere più umili e più amabili, in modo da diffondere sui nostri fratelli il Suo profumo, così, se qualcuno ci offrirà un bicchiere d'acqua fresca, non perderà la sua ricompensa.
Pace e bene.

Dagli Atti degli Apostoli - At 20,28-38 - Vi affido a Dio, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità.



 
 At 20, 28-38

In quei giorni, Paolo diceva agli anziani della Chiesa di Èfeso: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio.
Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi.
E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati.
Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!”».
Dopo aver detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. Tutti scoppiarono in pianto e, gettandosi al collo di Paolo, lo baciavano, addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.

Parola di Dio
Riflessione

E' arrivato il momento in cui Paolo deve separarsi dai suoi fratelli di Efeso. E' un momento carico di commozione e di tristezza. Pensare infatti di non rivedere più una persona tanto cara addolora il cuore, e le lacrime prendono il sopravvento. Paolo dedica il suo discorso di addio agli anziani della Chiesa. E così trascorre le sue ultime ore lasciando loro una bellissima raccomandazione, mostra come dovrebbe essere una vera guida di una comunità cristiana. Lungi da Paolo voler attirare l'attenzione su di se, in ogni caso reputa necessario prendere se stesso come esempio. E tutti noi sappiamo che è stato un bell'esempio. Paolo infatti, è sempre stato una persona umile che ha imitato il Signore in tutto e per tutto. Si è donato alle comunità senza riserve, tra persecuzioni, tormenti e lacrime. Per tre lunghi anni infatti, notte e giorno ha predicato il Vangelo, ammonendo quando era necessario i fratelli, e cercando di pesare il meno possibile sulle spalle altrui. L'apostolo delle genti non ha mai approfittato del suo ruolo per arricchirsi, e la cosa bella è che è sempre stato se stesso. L'unico vestito di altri che ha desiderato indossare è stato quello di Cristo. E ci è riuscito. Paolo infatti è stato un luminoso esempio per la Chiesa di allora e lo è anche per quella di oggi. Almeno... così dovrebbe essere!!! In una Chiesa sana infatti, ci devono essere uomini timorati di Dio, sempre attenti al gregge, pastori che vigilano affinché nessuna pecora si perda, tutte infatti sono preziose agli occhi di Dio, e tutte sono loro affidate per essere allevate, saziate e curate. L'opera di un anziano deve condurre le pecore a Dio e non a se stesso. Se la guida non ammonisce, quando è il caso, per timore di perdere l'affetto di chi deve essere corretto, non fa altro che allontanare la pecora da Cristo.
La crescita spirituale di una comunità dipende in gran parte dalla sua guida. E' vero che è una grossa responsabilità, ma dal momento in cui si è detto si al Signore bisogna spendersi, come Paolo, senza riserve. Ogni anima deve essere  considerata unica e preziosa così come lo è agli occhi di Dio. Ma, purtroppo, le raccomandazioni dell'Apostolo non sempre vengono osservate. E così assistiamo al comportamento non molto “igienico” di tante guide che si fanno travolgere dalle cose del mondo. A tanti infatti, piace un pochetto la celebrità. La tentazione di essere lodati e di piacere a tutti è molto forte, e così, per far contenti tutti si cerca di dare un pochetto a uno e un pochetto ad un altro... ma alla fine nessuno avrà mai ciò che veramente gli serve. Bisognerebbe ascoltare veramente una persona che ha bisogno di consiglio o conforto lasciando da parte tutto il resto, cellulari compresi... Solo così infatti si è attenti alla persona che si ha davanti, solo così si potranno capire i tormenti della sua anima, solo così la pecorella potrà aprire il suo cuore, solo così si potranno dare consigli non superficiali, solo così si eviterà di danneggiare e far soffrire inutilmente un'anima. Ma quando questo non succede l'anima ne esce tormentata più di prima, e se ne va sperando che il Buon Dio gli mandi una consolazione di riserva.
Diceva bene Santa Teresa d'Avila: “Perfino i predicatori compongono i loro sermoni in maniera da non scontentare nessuno. L’intenzione sarà buona e sarà anche bene agire così, ma in tal modo pochi si emenderanno. Perché mai non sono molti quelli che per le prediche lasciano i pubblici vizi? Sa che cosa ne penso? Perché coloro che predicano hanno troppa prudenza. Non la perdono poiché non ardono del gran fuoco dell’amore di Dio, di cui ardevano gli apostoli, e così la loro fiamma scalda poco. Io non dico che debba essere così grande come quella degli apostoli, ma vorrei che fosse più viva di quello che vedo. Sa la signoria vostra cosa sarebbe di molta importanza a questo scopo? Aver in odio la vita e in poca stima l’onore: agli apostoli non importava, pur di dire una verità e sostenerla a gloria di Dio, perdere o guadagnare; infatti, chi sinceramente rischia tutto per Dio, tollera con lo stesso animo l’una e l’altra cosa. Non dico che io sia tale, ma vorrei esserlo”. 
Allora chiediamo al buon Dio di mandarci sempre dei sacerdoti santi, attenti e premurosi per la vita delle persone a loro affidate. Preghiamo insieme a San Paolo per una Chiesa sana, che sia colma non solo di insegnamenti teorici approssimativi, ma di vera sapienza e di carità attenta e premurosa. Dobbiamo infatti tutti considerare, guide e laici, che la nostra condotta ha il potere di contribuire ad allontanare o a redimere un nostro fratello. Cerchiamo anche di tenere sempre a mente le parole di Gesù: “...A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più” ( Lc 12, 48). Non basta infatti dire di amare Dio e poi fare quello che ci piace. O Signore, conserva e alimenta sempre la luce e l'amore che Tu hai acceso nei nostri cuori.
Pace e bene.

lunedì 9 maggio 2016

Preghiera della Candela



Una Candela da sola non prega
ma tu Signore, fa' che
questa candela che io accendo


SIA LUCE
perché tu mi illumini nelle mie
difficoltà e nelle mie decisioni!


SIA FUOCO
perché bruci in me
tutto l'orgoglio e l'egoismo!


SIA FIAMMA
perché tu riscaldi il mio cuore
e mi insegni ad amare!

Signore,
non posso restare molto tempo in chiesa:
nel lasciar consumare questa candela
è un po' di me stesso che voglio donarti.

Aiutami a prolungare la preghiera
nelle attività di questo giorno!
Amen.

domenica 8 maggio 2016

L’ASCENSIONE DEL SIGNORE – Omelia di don Fernando Maria Cornet



Non è possibile celebrare degnamente questo santo mistero dimenticando i misteri precedenti della vita di Cristo, poiché oggi arriva alla sua pienezza in gloria ciò che nell’incarnazione era umilmente cominciato. “Il mistero della nostra salvezza, dice San Leone Magno, che il Creatore dell’universo stimò degno del prezzo del suo sangue, si è adempiuto tutto, dal giorno della sua nascita terrena sino alla fine della sua passione, in un’atmosfera di umiltà. E per quanto nella sua natura di servo siano rifulsi anche i segni della sua divinità, l’attività propria di quel tempo fu tutta volta a dimostrare la verità della natura umana da lui assunta. Ma dopo la passione, spezzati i vincoli della morte che aveva dimostrato il suo potere raggiungendo quaggiù anche colui che non conosceva peccato, la debolezza si tramutò in forza, la mortalità in eternità, il disprezzo in gloria. Di tutto ciò il Signore Gesù Cristo diede molte prove manifeste e lo proclamò alla vista di molti, fino a quando trasportò anche in cielo il trionfo della vittoria da lui riportata sulla morte” (Sermo 74, 1).
Ritorna così al Padre chi non ha mai lasciato il Padre; ritorna in Cielo chi non ha mai lasciato il Cielo; ritorna vittorioso chi non è mai stato sconfitto; ritorna carico di gloria il Servo che sempre è stato Signore. Infatti, in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Gv 1, 1); quando il Verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14), il Verbo non lasciò di essere ciò che era, Dio, ma cominciò a essere ciò che non era, Uomo. Chi era Uno con il Padre, volendo essere uno con noi, cominciò a essere come noi, simile in tutto a noi, escluso il peccato (Eb 4, 15). Prese su di sé le nostre debolezze, prese su di sé la nostra infermità, e assunse la condizione di servo... facendosi obbediente fino alla morte e morte di croce (Fil 2,7-8).