«Si
potrebbe avere una conoscenza «intellettuale» molto completa del
cristianesimo e tuttavia non vivere della sua vita. Quello che
bisogna raggiungere è la pienezza di vita interiore, la fede intima
che trasforma l'anima, ed è questo dono che bisogna chiedere
continuamente a Dio che è il solo a concederlo.» Queste parole
profonde di Elisabetta Leseur a un'amica ci rivelano la sua anima;
spiegano e illuminano il suo proprio itinerario spirituale.
Élisabeth
Leseur è nata il 16 Ottobre 1866 a Parigi, primogenita di Antoine e
Marie-Laure Arrighi. Dopo di lei nasceranno tre figli maschi e una
femmina. Suo padre, di origine corsa, è Dottore in legge; grazie
alla sua serietà, si crea una posizione invidiabile al Palazzo di
Giustizia. Sua madre insegna la preghiera ai suoi figli e li apre
all'amore di Dio. Elisabetta scrive un primo Diario dove annota, il
14 novembre 1877: «Ieri sono stata al catechismo per la terza volta.
Oh! questo è ciò che mi interessa!... Sono proprio contenta, perché
questa settimana andrò a confessarmi; ne ho un gran bisogno.» Fissa
un programma di vita e s'impegna ogni giorno nella meditazione
secondo le capacità della sua età. Vi attinge il desiderio di
correggere i propri difetti, ma non è facile: «Ebbene! no, non sono
più brava, al contrario, scrive... Quando mi si dice una cosa, dico
il contrario, soprattutto con Pierre (suo fratello)... Non voglio
ammettere di avere torto.» Nel maggio 1879, fa la sua prima
Comunione e riceve il sacramento della Cresima. Il suo gusto marcato
per tutto ciò che è intellettuale e artistico non le fa perdere di
vista quello che è serio nella vita: «Il predicatore ci ha parlato
della missione della ragazza e della donna cristiana, annota durante
un ritiro. Ci ha detto che questa missione è divina. Che noi
possiamo, passando sulla terra, fare molto bene o molto male... Ci ha
anche detto che dobbiamo temere l'egoismo, che pensa solo a sé.»
Elisabetta ha circa vent'anni quando fa la conoscenza di Félix
Leseur.
Nato
il 22 marzo 1861 a Reims, Félix è il terzo figlio di una famiglia
agiata. Suo padre, brillante avvocato, è membro di vari gruppi
cattolici. Sua madre, donna di una grande pietà, ha saputo creare
una famiglia in cui ci si ama e si sa pensare agli altri. Félix
compie i suoi studi presso istituti cattolici. Avido di letture,
divora di nascosto gli autori libertini del XVIII secolo e i grandi
romanzieri del XIX. Lo appassiona la geografia e si orienta verso una
carriera al servizio delle colonie francesi. Tuttavia, nell'interesse
stesso delle regioni lontane dove desidera essere inviato, studia
prima medicina a Reims, in un ambiente di materialisti convinti. Egli
stesso arriva al punto di negare ogni dogma e abbandona ogni
convinzione religiosa. Tuttavia, finché vive in famiglia, non rompe
apertamente con la Chiesa, per paura di far soffrire i suoi genitori.
Completa la sua formazione presso la Facoltà di Medicina di Parigi.
Fin dal primo momento, l'atmosfera di febbrile attività della
capitale gli piace; vi trova ovunque occasioni per apprendere ma
anche per godere: teatri, concerti, cabaret artistici... Scrive
articoli di giornale sulle colonie, in cui si rivelano la vastità
delle sue conoscenze e la sua sicurezza di giudizio. In poche righe
convincenti e documentate, evidenzia i fatti che possono interessare
il grande pubblico.
Gli
stessi gusti
Alcuni
amici gli fanno conoscere Elisabetta Arrighi di cui egli
apprezza l'allegria, la finezza di spirito, la distinzione dei modi,
la squisita sensibilità, la vasta cultura. Nonostante una divergenza
di vedute sul piano religioso, i due giovani condividono gli stessi
gusti, le stesse reazioni di fronte agli avvenimenti, le stesse
curiosità intellettuali. Si fidanzano il 23 maggio 1889. Poco dopo,
i genitori di Elisabetta lasciano capire a Félix che non
accetterebbero mai che la loro figlia parta con lui oltremare. Egli
rinuncia allora alla carriera coloniale per sposare Elisabetta.
Questo segno di amore vero e profondo nonché l'impegno di Félix a
lasciarle completa libertà di praticare la sua religione fanno
sperare a Elisabetta che potrà aiutarlo a ritornare alla fede della
sua infanzia. Il matrimonio ha luogo il 31 luglio 1889. Verso la fine
dell'estate, Elisabetta soffre di un ascesso all'intestino. Non si
ristabilirà completamente se non dopo diversi mesi, e questo male
lascerà degli strascichi per tutto il resto della sua vita.
Nel
marzo del 1892, Félix viene assunto da un quotidiano, «La
République française», dalle tendenze fortemente anticlericali. Vi
pubblica articoli sulla politica estera e le colonie. Nell'ottobre
del 1894, passa alla redazione di «Le Siècle», altro grande
giornale parigino molto anticlericale. Poco dopo, viene nominato
membro del Consiglio Superiore delle Colonie, con residenza in
Africa. Ma Félix rifiuta questo posto ed entra nel consiglio di
amministrazione di una grande compagnia di assicurazioni di cui è
direttore il fratello della signora Arrighi. Non molto tempo dopo,
prende il posto di questo zio.
Cercare
di non credere
I
coniugi Leseur conducono una vita molto mondana. Elisabetta
prende gusto ai rientri tardivi, alle cene nei ristoranti alla moda e
agli spettacoli. Inebriato da questa atmosfera materialista, Félix
si sforza di «cercare dei motivi d'incredulità, come un vero
cristiano cerca le sue ragioni per credere.» Si è costituito una
biblioteca dove si trovano tutti i grandi maestri del libero
pensiero, del modernismo o del protestantesimo liberale. A poco a
poco, diventa intollerante e anche aggressivo nei confronti delle
convinzioni di sua moglie. Tuttavia, questo dissenso profondo non
intacca l'amore che i due coniugi hanno l'uno per l'altro, né
l'intimità familiare. Quanto a Elisabetta, sviluppa la sua cultura
generale, in particolare con lo studio del latino, del russo e
dell'italiano. Ma legge anche autori il cui pensiero ha una influenza
nefasta sulla sua fede, e arriva a perdere le sue abitudini di
raccoglimento.
Dal
1893 al 1897, Félix e sua moglie fanno lunghi viaggi all'estero:
Roma, l'Algeria, la Tunisia, la Germania e l'Europa dell'Est. Al
ritorno dall'ultimo viaggio, Elisabetta abbandona ogni rapporto con
Dio. Un giorno del 1898, dice al marito: «Non ho più niente da
leggere. Dammi qualche cosa.» Contando di completare la distruzione
della sua fede, Félix le propone le opere di Renan, autore brillante
ma razionalista. Elisabetta inizia «La Vita di Gesù». Ben presto,
grazie alla sua profonda intelligenza e alla sua forte cultura,
comprende che dietro lo stile seducente si nascondono una mancanza di
sincerità e ipotesi fragili. Riprende i Vangeli: a contatto con la
persona e la parola di Gesù, si risveglia l'intensa vita religiosa
della sua giovinezza. Irritato dal cambiamento inatteso di sua
moglie, Félix raddoppia le sue critiche del cristianesimo e si
ostina a deridere quello che Elisabetta ha di più caro. Ma lei
sopporta con mitezza queste contrarietà e si adopera a rimanere una
moglie premurosa, piena di sollecitudine e di tenerezza.
L'11
settembre 1899, Elisabetta comincia un nuovo Diario. «Ho iniziato lo
studio della filosofia, scrive, e m'interessa molto. Questo tipo di
studio chiarisce molte cose, e mette ordine nella mente. Non capisco
perché non se ne faccia il coronamento di ogni educazione
femminile.» Medita con assiduità il Vangelo e legge gli scritti dei
Padri della Chiesa e dei Santi. Le sue conoscenze la rendono capace
di sostenere intense discussioni con il marito o amici atei; confuta
le loro argomentazioni con dolcezza e nello stesso tempo con
competenza.
Rinnovata
da Lui
Dal
1899 al 1901, i coniugi Leseur fanno nuovi viaggi: visitano la
Russia, l'Asia Minore, la Grecia, l'Italia, la Spagna, il Marocco, il
Belgio e l'Olanda. Alla conclusione dell'ultimo viaggio, tornano
senza indugio a Parigi, perché Elisabetta soffre di fegato. Nel
1902, si stabiliscono per l'estate nella casa che si sono fatti
costruire a Jougne nel Giura. Il soggiorno tranquillo in questo luogo
è molto benefico per Elisabetta. L'anno seguente, si recano a Roma
con una coppia di amici. Il mercoledì della settimana di Pasqua,
nella basilica di San Pietro, Elisabetta riceve una grazia non comune
dopo la Comunione: «Ho sentito vivere in me, scriverà, presente e
che mi portava un amore ineffabile, il Cristo benedetto... Mi sono
sentita rinnovata da Lui fin nel più profondo.» Non ne dice nulla
al marito, attendendo per lui l'ora della grazia.
Per
esprimere a Félix il suo affetto, Elisabetta gli scrive, nel 1904:
«Grazie di tutto e soprattutto di essere te. E perdonami di essere
me, vale a dire qualcuno che da se stessa non vale granché e che è
un po' migliorata solo sotto l'influenza della sofferenza accettata,
e accettata grazie a un aiuto e a una forza più grande della mia. A
causa di questo, bisogna essere indulgenti nei confronti di
convinzioni che il tempo e Dio hanno rese profonde, e grazie alle
quali non sono diventata un essere inacidito ed egoista.» Ma il suo
grande attaccamento per Félix non le impedisce di prendere talvolta
delle posizioni che la mettono in conflitto con lui. Rifiuta in
particolare di approvare il matrimonio di un amico di quest'ultimo
con una persona divorziata. Félix viene preso da una violenta
collera, ma Elisabetta mantiene la calma e aspetta per chiarire il
suo pensiero. Questo diverbio è l'unico scontro grave tra i coniugi
Leseur durante i loro 25 anni di matrimonio. Elisabetta ama molto suo
marito e desidera prima di tutto vederlo ritornare a Dio. Offre a Dio
tutte le piccole pene, le contrarietà, le umiliazioni di cui
«abbondano le nostre giornate», nonché le prove più penose della
malattia e delle sofferenze morali.
Nella
primavera del 1905, Juliette, la sorella di Elisabetta, muore di
tubercolosi. Quest'ultima ne è colpita molto profondamente e avviene
un cambiamento nella sua anima: accetta le sofferenze con maggior
pace. I legami spirituali che permangono con Juliette al di là della
morte le fanno prendere coscienza del dogma della comunione dei
santi: «Grazie a questo dogma benedetto, scrive, anche l'essere più
isolato, più povero, quello che la malattia ha inchiodato su un
letto di dolore o la cui vita è fatta di umili rinunce e di
sacrifici quotidiani, un tale essere può esercitare su altri
un'influenza, e raggiungere, tramite la grazia divina, coloro che la
sua azione non avrebbe forse toccati... Non una sola delle nostre
lacrime, non una sola delle nostre preghiere va persa, ed esse hanno
una forza che troppe persone non sospettano.» Scrive ancora: «Ogni
anima che si eleva, eleva il mondo.»
Percepire
la sofferenza nascosta
Dio
non ha concesso a Elisabetta le gioie della maternità, ma le ha dato
un tatto particolare con i bambini, che lei eccelle nell'occupare,
distrarre e far lavorare. Collabora con l'Union Familiale, complesso
di istituzioni fondate allo scopo di venire in aiuto alle famiglie di
operai. In seguito, offre i suoi servizi all'Unione popolare
cattolica, opera che si basa su due principi: fare la carità pagando
di persona; cercare costantemente di risollevare le anime e di
aiutarle a raggiungere la salvezza eterna, indipendentemente dal tipo
di carità esercitata. Grazie a queste opere, Elisabetta impara a
conoscere più intimamente la sofferenza umana. «Quante volte una
parola, un gesto di cui nessuno si accorge rivelano una sofferenza
ignorata, scrive; e se si sapesse osservare questo come si osservano
tante cose che non ne valgono la pena, si farebbero molte scoperte e
si eviterebbero molte parole inopportune.» Quanto a lei, è con il
sorriso che accoglie le persone che vengono a trovarla, anche quando
la loro visita è importuna.
Nel
luglio del 1910, i coniugi Leseur si recano a Beaune per visitare il
celebre ospizio tenuto da religiose: l'HôtelDieu. Si sviluppa un
rapporto profondo tra Elisabetta e suor Marie Goby: l'amicizia di
questa suora, scrive a sua madre, «mette una grande dolcezza nella
mia vita, e davvero che cosa sono accanto a questo qualche malattia e
operazione!» In questi anni, infatti, Elisabetta soffre di una
malattia epatica cronica che richiede, a più riprese, un riposo
completo. Operata di un tumore al seno, all'inizio del marzo 1911,
offre la sua vita a Dio. A volte, la sofferenza la opprime a tal
punto che non le possibile far nulla: «Sapete che ho appena
attraversato una grande prova, scrive a suor Goby. Questo è stato
proprio l'annientamento e, poiché la sofferenza non lasciava spazio
a un pensiero, a una preghiera, lo spogliamento di tutto... Mi
comunicavo così; era davvero Lui allora che portava in dono tutto,
perché io offrivo solo la mia sofferenza.» Le sue proprie
sofferenze la rendono comprensiva nei confronti di quelle degli
altri. Scrive a un amico che si era lamentato con lei: «Che colui
che, esplicitamente, o nel profondo di se stesso, non si è mai
lamentato vi scagli la prima pietra; non sarò io... Ci sono momenti
in cui la nostra povera natura prostrata lancia il grido che il
Calvario stesso ha sentito e si crede abbandonata... Credo che la
sofferenza vi abbia cesellato e abbia messo in voi tutta una pietà e
una simpatia umana che la felicità non vi avrebbe forse date nella
stessa misura.»
Nel
1912, i Leseur si recano a Lourdes. La vista dei malati impressiona
Félix: «Ero accanto a un giovane prete spagnolo che giaceva disteso
in una vettura, immobilizzato da una paralisi, racconterà... Tra me
e me, mi dicevo: «È criminale portare qui un simile malato... Ecco
un uomo che ovviamente non verrà guarito, tornerà sconsolato...»
Ma, con mia grande sorpresa, se il malato non venne guarito, il suo
volto rifletteva una gioia, una pace profonde. Mi dissi allora: È
possibile che ci sia qualche cosa? È davvero strano! Se fossi stato
io, mi sarei rivoltato!» Poco dopo, Félix scorge sua moglie in
preghiera davanti alla grotta: «Avevo sotto gli occhi, scrive, lo
spettacolo di un fatto che mi sfuggiva, che non comprendevo, ma che
mi appariva nettamente, «il soprannaturale»... Tornai a Parigi
molto turbato... Ma tutto questo si cancellò in fretta nella mia
mente, in apparenza almeno...» In realtà, in quel momento,
Elisabetta chiedeva a Maria la conversione del marito. Aveva scritto
poco prima a suor Goby: «Seguo con rispetto e commozione il lavoro
che Dio compie nell'anima del mio caro marito; si direbbe che Egli
prepari... il terreno alla fede. Ma per ottenere quest'ultima,
bisogna unire più che mai le nostre preghiere e i nostri sacrifici.»
L'estate seguente, durante una passeggiata con suor Goby, Elisabetta
predice la propria morte precoce, la conversione di Félix e il suo
ingresso nella vita religiosa.
Un
bagno di serenità
Nel
1913, il cancro di Elisabetta si diffonde. In seguito a una novena a
suor Teresa del Bambin Gesù, si verifica una remissione. Elisabetta
professa per la santa carmelitana una grande devozione che suo marito
deride: «Ma è infantile, la tua sorellina, non è proprio niente. –
È al contrario molto grande, risponde lei, ma tu non puoi
comprendere.» La tregua è, tuttavia, di breve durata, e il male
continua le sue devastazioni. Félix è sorpreso dell'irraggiamento
di sua moglie: «Quando rientravo a casa, scriverà, ed ero di nuovo
vicino a lei... ritrovavo subito la pace e riprendevo una sorta di
fiducia che non riuscivo a spiegarmi... Era certamente l'irradiarsi
di quell'intima pace, di quella serenità che Dio concede alle anime
che sono diventate totalmente sue.» Le altre persone che si
avvicinano ad Elisabetta provano, con stupore, un'impressione simile.
Un loro amico consiglia a sua moglie, quando è angosciata: «Ma va'
a trovare Elisabetta, va' a fare il tuo bagno di serenità.»
Il
24 aprile 1914, Elisabetta inizia a delirare. In un momento di piena
coscienza, tende le braccia al marito in un'espressione d'immensa
tenerezza. Poco dopo, entra in coma. Félix le fa amministrare
l'Estrema Unzione. Elisabetta rende il suo ultimo respiro domenica 3
maggio, tra le braccia di Félix. Guardando il suo volto disteso,
egli intuisce che tutta la bellezza di questa vita non può essere
annientata. Quando apre il testamento a lui indirizzato, sente la sua
presenza accanto a sé: «Ama le anime, lei ha scritto, prega, soffri
e lavora per loro. Esse meritano tutti i nostri dolori, tutti i
nostri sforzi, tutti i nostri sacrifici.» Egli scopre allora il
Diario di Elisabetta e prende coscienza delle sofferenze che le ha
causato involontariamente, oltre che dei sacrifici da lei fatti per
ottenere il suo ritorno a Dio. Elisabetta non aveva raggiunto una
tale serenità, una tale elevazione di pensiero, se non attraverso la
sua fervente pietà. Questo lo sconvolge...
«Lì,
accanto a me...»
Nel
giugno del 1914, Félix parte in viaggio con un amico. Nella
vettura, percepisce d'improvviso la presenza di Elisabetta: «Ebbi
l'impressione molto netta, scriverà, che lei era lì, accanto a me;
mi dissi immediatamente: «Ma lei vive, la sua anima è al mio
fianco, ho appena avuto l'impressione quasi fisica della sua
presenza.» L'emozione fu di tale intensità che mi fu impossibile
padroneggiarla... Ma allora, mi ripetevo, se Elisabetta è viva come
ne ho appena avuta l'intuizione irresistibile, vuol dire che l'anima
è immortale; vuol dire quindi che Dio esiste, che il mondo
soprannaturale è la verità.» Pochi giorni dopo, nella basilica di
Paray-le-Monial, si fa sentire una nuova chiamata: «Ebbi la
percezione più precisa ancora della cara presenza; caddi in
ginocchio irresistibilmente su un inginocchiatoio... Mi rivolsi a
Nostro Signore... Avevo veramente l'intuizione che Egli era lì, nel
tabernacolo, e che la sua infinita bontà si chinava verso di me.»
Tuttavia, rientrato a Parigi, si convince di essere stato preda di
un'illusione dovuta allo shock emotivo causato dalla morte di
Elisabetta.
Scoppia
la Grande Guerra e Félix parte per Bordeaux. Durante il viaggio,
Elisabetta gli ispira di andare a Lourdes. Lì, si reca alla Grotta e
chiede alla Santa Vergine di ottenergli il perdono delle sue colpe.
Dio s'impadronisce allora della sua anima, lo avvolge della sua Bontà
e gli comunica una pace e una serenità che mai aveva provate. Si
opera in lui una rivoluzione, senza particolare sforzo da parte sua:
«Ero conquistato! Si era fatta luce.» Di ritorno a Parigi, studia
la fede cattolica e attinge abbondantemente alla biblioteca lasciata
da Elisabetta, dove si trovano ogni sorta di opere annotate di sua
mano. Ben presto, viene messo in contatto con padre Janvier,
domenicano rinomato, che lo ascolta a lungo e poi riceve la sua
Confessione sacramentale. L'indomani, a Messa, si comunica,
immaginando che avrebbe sentito una grazia simile a quella ricevuta a
Lourdes. Ma non è così: rientra a casa deluso e scoraggiato. Sente
allora interiormente la voce di Elisabetta: «Ma sarebbe troppo
comodo! Se, dopo aver combattuto Dio e Gesù Cristo per tutta la tua
esistenza di uomo rinnegato, perché ti sei confessato e comunicato,
tu dovessi possedere immediatamente tutte le luci, tutte le
consolazioni, sarebbe quasi immorale. Non si tratta più qui della
tua sensibilità, ma della tua volontà che tu devi mettere d'ora
innanzi al servizio di Cristo.» Allibito, Félix decide di andare di
nuovo a fare la Comunione il giorno dopo.
Nella
primavera del 1917, spinto da molti amici, pubblica il Diario di
Elisabetta. In un momento in cui la Francia sta attraversando un
periodo tragico della sua storia, egli ritiene che le anime abbiano
bisogno di vita interiore e soprattutto di comprendere il valore
infinito che può avere la sofferenza. Questa pubblicazione incontra
un immenso successo. Ben presto, però, Félix si sente chiamato a
una totale consacrazione a Dio nella vita religiosa. Nel 1919, entra
nel noviziato dei Domenicani di Parigi; l'8 luglio 1923,
viene ordinato prete. L'apostolato che gli è affidato consiste
principalmente nel far conoscere la vita e le opere di Elisabetta.
Dopo esservisi dedicato con grande successo fino alla vecchiaia,
rende l'anima a Dio alla fine del mese di febbraio del 1950. Grazie
alla sua opera, verrà aperta nel 1955 la causa di beatificazione di
Elisabetta.
Nella
sua udienza generale del 18 agosto 2010, papa Benedetto XVI
affermava: «Alla base della nostra azione apostolica, nei vari campi
in cui operiamo, ci deve essere sempre un'intima unione personale con
Cristo, da coltivare e accrescere giorno dopo giorno... Solo se siamo
innamorati del Signore, saremo capaci di portare gli uomini a Dio ed
aprirli al Suo amore misericordioso, e così aprire il mondo alla
misericordia di Dio.» Che l'esempio di Elisabetta Leseur possa
incoraggiarci nella nostra vita di unione al Signore.
Dom Antoine Marie osb
Dal sito
"Lettera mensile dell'abbazia SaintJoseph, F. 21150 Flavigny
Francia (Website : www.clairval.com)"
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