domenica 19 giugno 2016

Élisabeth e Félix Leseur Tema: Vita interiore Sofferenza Conversione



«Si potrebbe avere una conoscenza «intellettuale» molto completa del cristianesimo e tuttavia non vivere della sua vita.  Quello che bisogna raggiungere è la pienezza di vita interiore, la fede intima che trasforma l'anima, ed è questo dono che bisogna chiedere continuamente a Dio che è il solo a concederlo.» Queste parole profonde di Elisabetta Leseur a un'amica ci rivelano la sua anima; spiegano e illuminano il suo proprio itinerario spirituale.
Élisabeth Leseur è nata il 16 Ottobre 1866 a Parigi, primogenita di Antoine e Marie-Laure Arrighi. Dopo di lei nasceranno tre figli maschi e una femmina. Suo padre, di origine corsa, è Dottore in legge; grazie alla sua serietà, si crea una posizione invidiabile al Palazzo di Giustizia. Sua madre insegna la preghiera ai suoi figli e li apre all'amore di Dio. Elisabetta scrive un primo Diario dove annota, il 14 novembre 1877: «Ieri sono stata al catechismo per la terza volta. Oh! questo è ciò che mi interessa!... Sono proprio contenta, perché questa settimana andrò a confessarmi; ne ho un gran bisogno.» Fissa un programma di vita e s'impegna ogni giorno nella meditazione secondo le capacità della sua età. Vi attinge il desiderio di correggere i propri difetti, ma non è facile: «Ebbene! no, non sono più brava, al contrario, scrive... Quando mi si dice una cosa, dico il contrario, soprattutto con Pierre (suo fratello)... Non voglio ammettere di avere torto.» Nel maggio 1879, fa la sua prima Comunione e riceve il sacramento della Cresima. Il suo gusto marcato per tutto ciò che è intellettuale e artistico non le fa perdere di vista quello che è serio nella vita: «Il predicatore ci ha parlato della missione della ragazza e della donna cristiana, annota durante un ritiro. Ci ha detto che questa missione è divina. Che noi possiamo, passando sulla terra, fare molto bene o molto male... Ci ha anche detto che dobbiamo temere l'egoismo, che pensa solo a sé.» Elisabetta ha circa vent'anni quando fa la conoscenza di Félix Leseur.


Nato il 22 marzo 1861 a Reims, Félix è il terzo figlio di una famiglia agiata. Suo padre, brillante avvocato, è membro di vari gruppi cattolici. Sua madre, donna di una grande pietà, ha saputo creare una famiglia in cui ci si ama e si sa pensare agli altri. Félix compie i suoi studi presso istituti cattolici. Avido di letture, divora di nascosto gli autori libertini del XVIII secolo e i grandi romanzieri del XIX. Lo appassiona la geografia e si orienta verso una carriera al servizio delle colonie francesi. Tuttavia, nell'interesse stesso delle regioni lontane dove desidera essere inviato, studia prima medicina a Reims, in un ambiente di materialisti convinti. Egli stesso arriva al punto di negare ogni dogma e abbandona ogni convinzione religiosa. Tuttavia, finché vive in famiglia, non rompe apertamente con la Chiesa, per paura di far soffrire i suoi genitori. Completa la sua formazione presso la Facoltà di Medicina di Parigi. Fin dal primo momento, l'atmosfera di febbrile attività della capitale gli piace; vi trova ovunque occasioni per apprendere ma anche per godere: teatri, concerti, cabaret artistici... Scrive articoli di giornale sulle colonie, in cui si rivelano la vastità delle sue conoscenze e la sua sicurezza di giudizio. In poche righe convincenti e documentate, evidenzia i fatti che possono interessare il grande pubblico.
Gli stessi gusti
Alcuni amici gli fanno conoscere Elisabetta Arrighi di  cui egli apprezza l'allegria, la finezza di spirito, la distinzione dei modi, la squisita sensibilità, la vasta cultura. Nonostante una divergenza di vedute sul piano religioso, i due giovani condividono gli stessi gusti, le stesse reazioni di fronte agli avvenimenti, le stesse curiosità intellettuali. Si fidanzano il 23 maggio 1889. Poco dopo, i genitori di Elisabetta lasciano capire a Félix che non accetterebbero mai che la loro figlia parta con lui oltremare. Egli rinuncia allora alla carriera coloniale per sposare Elisabetta. Questo segno di amore vero e profondo nonché l'impegno di Félix a lasciarle completa libertà di praticare la sua religione fanno sperare a Elisabetta che potrà aiutarlo a ritornare alla fede della sua infanzia. Il matrimonio ha luogo il 31 luglio 1889. Verso la fine dell'estate, Elisabetta soffre di un ascesso all'intestino. Non si ristabilirà completamente se non dopo diversi mesi, e questo male lascerà degli strascichi per tutto il resto della sua vita.
Nel marzo del 1892, Félix viene assunto da un quotidiano, «La République française», dalle tendenze fortemente anticlericali. Vi pubblica articoli sulla politica estera e le colonie. Nell'ottobre del 1894, passa alla redazione di «Le Siècle», altro grande giornale parigino molto anticlericale. Poco dopo, viene nominato membro del Consiglio Superiore delle Colonie, con residenza in Africa. Ma Félix rifiuta questo posto ed entra nel consiglio di amministrazione di una grande compagnia di assicurazioni di cui è direttore il fratello della signora Arrighi. Non molto tempo dopo, prende il posto di questo zio.
Cercare di non credere
I  coniugi Leseur conducono una vita molto mondana.  Elisabetta prende gusto ai rientri tardivi, alle cene nei ristoranti alla moda e agli spettacoli. Inebriato da questa atmosfera materialista, Félix si sforza di «cercare dei motivi d'incredulità, come un vero cristiano cerca le sue ragioni per credere.» Si è costituito una biblioteca dove si trovano tutti i grandi maestri del libero pensiero, del modernismo o del protestantesimo liberale. A poco a poco, diventa intollerante e anche aggressivo nei confronti delle convinzioni di sua moglie. Tuttavia, questo dissenso profondo non intacca l'amore che i due coniugi hanno l'uno per l'altro, né l'intimità familiare. Quanto a Elisabetta, sviluppa la sua cultura generale, in particolare con lo studio del latino, del russo e dell'italiano. Ma legge anche autori il cui pensiero ha una influenza nefasta sulla sua fede, e arriva a perdere le sue abitudini di raccoglimento.
Dal 1893 al 1897, Félix e sua moglie fanno lunghi viaggi all'estero: Roma, l'Algeria, la Tunisia, la Germania e l'Europa dell'Est. Al ritorno dall'ultimo viaggio, Elisabetta abbandona ogni rapporto con Dio. Un giorno del 1898, dice al marito: «Non ho più niente da leggere. Dammi qualche cosa.» Contando di completare la distruzione della sua fede, Félix le propone le opere di Renan, autore brillante ma razionalista. Elisabetta inizia «La Vita di Gesù». Ben presto, grazie alla sua profonda intelligenza e alla sua forte cultura, comprende che dietro lo stile seducente si nascondono una mancanza di sincerità e ipotesi fragili. Riprende i Vangeli: a contatto con la persona e la parola di Gesù, si risveglia l'intensa vita religiosa della sua giovinezza. Irritato dal cambiamento inatteso di sua moglie, Félix raddoppia le sue critiche del cristianesimo e si ostina a deridere quello che Elisabetta ha di più caro. Ma lei sopporta con mitezza queste contrarietà e si adopera a rimanere una moglie premurosa, piena di sollecitudine e di tenerezza.
L'11 settembre 1899, Elisabetta comincia un nuovo Diario. «Ho iniziato lo studio della filosofia, scrive, e m'interessa molto. Questo tipo di studio chiarisce molte cose, e mette ordine nella mente. Non capisco perché non se ne faccia il coronamento di ogni educazione femminile.» Medita con assiduità il Vangelo e legge gli scritti dei Padri della Chiesa e dei Santi. Le sue conoscenze la rendono capace di sostenere intense discussioni con il marito o amici atei; confuta le loro argomentazioni con dolcezza e nello stesso tempo con competenza.
Rinnovata da Lui
Dal 1899 al 1901, i coniugi Leseur fanno nuovi viaggi: visitano la Russia, l'Asia Minore, la Grecia, l'Italia, la Spagna, il Marocco, il Belgio e l'Olanda. Alla conclusione dell'ultimo viaggio, tornano senza indugio a Parigi, perché Elisabetta soffre di fegato. Nel 1902, si stabiliscono per l'estate nella casa che si sono fatti costruire a Jougne nel Giura. Il soggiorno tranquillo in questo luogo è molto benefico per Elisabetta. L'anno seguente, si recano a Roma con una coppia di amici. Il mercoledì della settimana di Pasqua, nella basilica di San Pietro, Elisabetta riceve una grazia non comune dopo la Comunione: «Ho sentito vivere in me, scriverà, presente e che mi portava un amore ineffabile, il Cristo benedetto... Mi sono sentita rinnovata da Lui fin nel più profondo.» Non ne dice nulla al marito, attendendo per lui l'ora della grazia.
Per esprimere a Félix il suo affetto, Elisabetta gli scrive, nel 1904: «Grazie di tutto e soprattutto di essere te. E perdonami di essere me, vale a dire qualcuno che da se stessa non vale granché e che è un po' migliorata solo sotto l'influenza della sofferenza accettata, e accettata grazie a un aiuto e a una forza più grande della mia. A causa di questo, bisogna essere indulgenti nei confronti di convinzioni che il tempo e Dio hanno rese profonde, e grazie alle quali non sono diventata un essere inacidito ed egoista.» Ma il suo grande attaccamento per Félix non le impedisce di prendere talvolta delle posizioni che la mettono in conflitto con lui. Rifiuta in particolare di approvare il matrimonio di un amico di quest'ultimo con una persona divorziata. Félix viene preso da una violenta collera, ma Elisabetta mantiene la calma e aspetta per chiarire il suo pensiero. Questo diverbio è l'unico scontro grave tra i coniugi Leseur durante i loro 25 anni di matrimonio. Elisabetta ama molto suo marito e desidera prima di tutto vederlo ritornare a Dio. Offre a Dio tutte le piccole pene, le contrarietà, le umiliazioni di cui «abbondano le nostre giornate», nonché le prove più penose della malattia e delle sofferenze morali.
Nella primavera del 1905, Juliette, la sorella di Elisabetta, muore di tubercolosi. Quest'ultima ne è colpita molto profondamente e avviene un cambiamento nella sua anima: accetta le sofferenze con maggior pace. I legami spirituali che permangono con Juliette al di là della morte le fanno prendere coscienza del dogma della comunione dei santi: «Grazie a questo dogma benedetto, scrive, anche l'essere più isolato, più povero, quello che la malattia ha inchiodato su un letto di dolore o la cui vita è fatta di umili rinunce e di sacrifici quotidiani, un tale essere può esercitare su altri un'influenza, e raggiungere, tramite la grazia divina, coloro che la sua azione non avrebbe forse toccati... Non una sola delle nostre lacrime, non una sola delle nostre preghiere va persa, ed esse hanno una forza che troppe persone non sospettano.» Scrive ancora: «Ogni anima che si eleva, eleva il mondo.»
Percepire la sofferenza nascosta
Dio non ha concesso a Elisabetta le gioie della maternità, ma le ha dato un tatto particolare con i bambini, che lei eccelle nell'occupare, distrarre e far lavorare. Collabora con l'Union Familiale, complesso di istituzioni fondate allo scopo di venire in aiuto alle famiglie di operai. In seguito, offre i suoi servizi all'Unione popolare cattolica, opera che si basa su due principi: fare la carità pagando di persona; cercare costantemente di risollevare le anime e di aiutarle a raggiungere la salvezza eterna, indipendentemente dal tipo di carità esercitata. Grazie a queste opere, Elisabetta impara a conoscere più intimamente la sofferenza umana. «Quante volte una parola, un gesto di cui nessuno si accorge rivelano una sofferenza ignorata, scrive; e se si sapesse osservare questo come si osservano tante cose che non ne valgono la pena, si farebbero molte scoperte e si eviterebbero molte parole inopportune.» Quanto a lei, è con il sorriso che accoglie le persone che vengono a trovarla, anche quando la loro visita è importuna.
Nel luglio del 1910, i coniugi Leseur si recano a Beaune per visitare il celebre ospizio tenuto da religiose: l'HôtelDieu. Si sviluppa un rapporto profondo tra Elisabetta e suor Marie Goby: l'amicizia di questa suora, scrive a sua madre, «mette una grande dolcezza nella mia vita, e davvero che cosa sono accanto a questo qualche malattia e operazione!» In questi anni, infatti, Elisabetta soffre di una malattia epatica cronica che richiede, a più riprese, un riposo completo. Operata di un tumore al seno, all'inizio del marzo 1911, offre la sua vita a Dio. A volte, la sofferenza la opprime a tal punto che non le possibile far nulla: «Sapete che ho appena attraversato una grande prova, scrive a suor Goby. Questo è stato proprio l'annientamento e, poiché la sofferenza non lasciava spazio a un pensiero, a una preghiera, lo spogliamento di tutto... Mi comunicavo così; era davvero Lui allora che portava in dono tutto, perché io offrivo solo la mia sofferenza.» Le sue proprie sofferenze la rendono comprensiva nei confronti di quelle degli altri. Scrive a un amico che si era lamentato con lei: «Che colui che, esplicitamente, o nel profondo di se stesso, non si è mai lamentato vi scagli la prima pietra; non sarò io... Ci sono momenti in cui la nostra povera natura prostrata lancia il grido che il Calvario stesso ha sentito e si crede abbandonata... Credo che la sofferenza vi abbia cesellato e abbia messo in voi tutta una pietà e una simpatia umana che la felicità non vi avrebbe forse date nella stessa misura.»
Nel 1912, i Leseur si recano a Lourdes. La vista dei malati impressiona Félix: «Ero accanto a un giovane prete spagnolo che giaceva disteso in una vettura, immobilizzato da una paralisi, racconterà... Tra me e me, mi dicevo: «È criminale portare qui un simile malato... Ecco un uomo che ovviamente non verrà guarito, tornerà sconsolato...» Ma, con mia grande sorpresa, se il malato non venne guarito, il suo volto rifletteva una gioia, una pace profonde. Mi dissi allora: È possibile che ci sia qualche cosa? È davvero strano! Se fossi stato io, mi sarei rivoltato!» Poco dopo, Félix scorge sua moglie in preghiera davanti alla grotta: «Avevo sotto gli occhi, scrive, lo spettacolo di un fatto che mi sfuggiva, che non comprendevo, ma che mi appariva nettamente, «il soprannaturale»... Tornai a Parigi molto turbato... Ma tutto questo si cancellò in fretta nella mia mente, in apparenza almeno...» In realtà, in quel momento, Elisabetta chiedeva a Maria la conversione del marito. Aveva scritto poco prima a suor Goby: «Seguo con rispetto e commozione il lavoro che Dio compie nell'anima del mio caro marito; si direbbe che Egli prepari... il terreno alla fede. Ma per ottenere quest'ultima, bisogna unire più che mai le nostre preghiere e i nostri sacrifici.» L'estate seguente, durante una passeggiata con suor Goby, Elisabetta predice la propria morte precoce, la conversione di Félix e il suo ingresso nella vita religiosa.
Un bagno di serenità
Nel 1913, il cancro di Elisabetta si diffonde. In seguito a una novena a suor Teresa del Bambin Gesù, si verifica una remissione. Elisabetta professa per la santa carmelitana una grande devozione che suo marito deride: «Ma è infantile, la tua sorellina, non è proprio niente. – È al contrario molto grande, risponde lei, ma tu non puoi comprendere.» La tregua è, tuttavia, di breve durata, e il male continua le sue devastazioni. Félix è sorpreso dell'irraggiamento di sua moglie: «Quando rientravo a casa, scriverà, ed ero di nuovo vicino a lei... ritrovavo subito la pace e riprendevo una sorta di fiducia che non riuscivo a spiegarmi... Era certamente l'irradiarsi di quell'intima pace, di quella serenità che Dio concede alle anime che sono diventate totalmente sue.» Le altre persone che si avvicinano ad Elisabetta provano, con stupore, un'impressione simile. Un loro amico consiglia a sua moglie, quando è angosciata: «Ma va' a trovare Elisabetta, va' a fare il tuo bagno di serenità.»
Il 24 aprile 1914, Elisabetta inizia a delirare. In un momento di piena coscienza, tende le braccia al marito in un'espressione d'immensa tenerezza. Poco dopo, entra in coma. Félix le fa amministrare l'Estrema Unzione. Elisabetta rende il suo ultimo respiro domenica 3 maggio, tra le braccia di Félix. Guardando il suo volto disteso, egli intuisce che tutta la bellezza di questa vita non può essere annientata. Quando apre il testamento a lui indirizzato, sente la sua presenza accanto a sé: «Ama le anime, lei ha scritto, prega, soffri e lavora per loro. Esse meritano tutti i nostri dolori, tutti i nostri sforzi, tutti i nostri sacrifici.» Egli scopre allora il Diario di Elisabetta e prende coscienza delle sofferenze che le ha causato involontariamente, oltre che dei sacrifici da lei fatti per ottenere il suo ritorno a Dio. Elisabetta non aveva raggiunto una tale serenità, una tale elevazione di pensiero, se non attraverso la sua fervente pietà. Questo lo sconvolge...
«Lì, accanto a me...»
Nel giugno del 1914, Félix parte in viaggio con un  amico. Nella vettura, percepisce d'improvviso la presenza di Elisabetta: «Ebbi l'impressione molto netta, scriverà, che lei era lì, accanto a me; mi dissi immediatamente: «Ma lei vive, la sua anima è al mio fianco, ho appena avuto l'impressione quasi fisica della sua presenza.» L'emozione fu di tale intensità che mi fu impossibile padroneggiarla... Ma allora, mi ripetevo, se Elisabetta è viva come ne ho appena avuta l'intuizione irresistibile, vuol dire che l'anima è immortale; vuol dire quindi che Dio esiste, che il mondo soprannaturale è la verità.» Pochi giorni dopo, nella basilica di Paray-le-Monial, si fa sentire una nuova chiamata: «Ebbi la percezione più precisa ancora della cara presenza; caddi in ginocchio irresistibilmente su un inginocchiatoio... Mi rivolsi a Nostro Signore... Avevo veramente l'intuizione che Egli era lì, nel tabernacolo, e che la sua infinita bontà si chinava verso di me.» Tuttavia, rientrato a Parigi, si convince di essere stato preda di un'illusione dovuta allo shock emotivo causato dalla morte di Elisabetta.
Scoppia la Grande Guerra e Félix parte per Bordeaux. Durante il viaggio, Elisabetta gli ispira di andare a Lourdes. Lì, si reca alla Grotta e chiede alla Santa Vergine di ottenergli il perdono delle sue colpe. Dio s'impadronisce allora della sua anima, lo avvolge della sua Bontà e gli comunica una pace e una serenità che mai aveva provate. Si opera in lui una rivoluzione, senza particolare sforzo da parte sua: «Ero conquistato! Si era fatta luce.» Di ritorno a Parigi, studia la fede cattolica e attinge abbondantemente alla biblioteca lasciata da Elisabetta, dove si trovano ogni sorta di opere annotate di sua mano. Ben presto, viene messo in contatto con padre Janvier, domenicano rinomato, che lo ascolta a lungo e poi riceve la sua Confessione sacramentale. L'indomani, a Messa, si comunica, immaginando che avrebbe sentito una grazia simile a quella ricevuta a Lourdes. Ma non è così: rientra a casa deluso e scoraggiato. Sente allora interiormente la voce di Elisabetta: «Ma sarebbe troppo comodo! Se, dopo aver combattuto Dio e Gesù Cristo per tutta la tua esistenza di uomo rinnegato, perché ti sei confessato e comunicato, tu dovessi possedere immediatamente tutte le luci, tutte le consolazioni, sarebbe quasi immorale. Non si tratta più qui della tua sensibilità, ma della tua volontà che tu devi mettere d'ora innanzi al servizio di Cristo.» Allibito, Félix decide di andare di nuovo a fare la Comunione il giorno dopo.
Nella primavera del 1917, spinto da molti amici, pubblica il Diario di Elisabetta. In un momento in cui la Francia sta attraversando un periodo tragico della sua storia, egli ritiene che le anime abbiano bisogno di vita interiore e soprattutto di comprendere il valore infinito che può avere la sofferenza. Questa pubblicazione incontra un immenso successo. Ben presto, però, Félix si sente chiamato a una totale consacrazione a Dio nella vita religiosa. Nel 1919, entra nel noviziato dei Domenicani di Parigi; l'8 luglio 1923, viene ordinato prete. L'apostolato che gli è affidato consiste principalmente nel far conoscere la vita e le opere di Elisabetta. Dopo esservisi dedicato con grande successo fino alla vecchiaia, rende l'anima a Dio alla fine del mese di febbraio del 1950. Grazie alla sua opera, verrà aperta nel 1955 la causa di beatificazione di Elisabetta.
Nella sua udienza generale del 18 agosto 2010, papa Benedetto XVI affermava: «Alla base della nostra azione apostolica, nei vari campi in cui operiamo, ci deve essere sempre un'intima unione personale con Cristo, da coltivare e accrescere giorno dopo giorno... Solo se siamo innamorati del Signore, saremo capaci di portare gli uomini a Dio ed aprirli al Suo amore misericordioso, e così aprire il mondo alla misericordia di Dio.» Che l'esempio di Elisabetta Leseur possa incoraggiarci nella nostra vita di unione al Signore.
 
Dom Antoine Marie osb

Dal sito "Lettera mensile dell'abbazia SaintJoseph, F. 21150 Flavigny Francia (Website : www.clairval.com)"



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