[...]
Che cosa è il Paradiso : Potreste voi farvi una idea del
sole guardando un cerino acceso? --No, perché il cerino è una
debole fiamma che subito si consuma e si spegne. Così è tanto
difficile formarsi una idea della grande felicità del Paradiso,
perché come vi ho detto, sulla terra noi non abbiamo idea di vera
felicità. Ad ogni modo, tanto per farvene capire qualche cosa io vi
dico:
1°•
Nel Paradiso noi siamo liberati da tutte le miserie della vita
presente; quindi non sentiamo più il bisogno di mangiare e di bere;
non avvertiamo più il freddo ed il caldo, non siamo più oppressi
dal peso del corpo, dai dolori, dalle malattie, dalle amarezze, dai
contrasti e da tutto ciò che nella vita presente ci cagiona dolore.
2°•
Nel Paradiso si vede Dio faccia a faccia come è, nella sua luce
Infinita, e Dio stesso ci aiuta a vederlo con una forza speciale che
da all'intelletto nostro, col lume della gloria. Voi godete nel
vedere una bella scena, nell’ammirare i fiori del campo ed una
bella giornata... quanto, più non dovrete godere nel vedere Dio che
è infinita bellezza?
3°•
Dio conosce ogni verità, e le creature diventano dottissime in
qualunque scienza. Voi non sareste più contenti ora se in un
momento poteste arrivare alla Università e pigliarvi una laurea?
L’uomo si appaga nella verità, e non può godere veramente che
nella verità; ora in Dio conosce tutta la verità. Conosce
l’armonia e la bellezza delle verità della Fede, e si consola
assai di avervi creduto; conosce le verità naturali, e si appaga
nel vederne la mirabile armonia! Conosce Dio e non trova più limiti
nella sua soddisfazione immensa. In Dio che è infinita ricchezza,
l'uomo trova ogni bene, tutto quello che può desiderare lo ottiene.
L'anima sua si sente libera, serena, contenta, e nella Volontà di
Dio, che è infinito bene, si appaga completamente.
4°•
Qualunque felicità terrena, anche se fosse veramente tale, è
sempre amareggiata del timore di perderla, perché tutto passa e
tutto finisce nel mondo. Nel Paradiso invece il godimento è eterno,
non può terminare mai, è sempre più nuovo, più bello, più
completo e l'anima non se ne può annoiare giammai.
• •
• • •
Nessun
timore quindi può affliggerci nel Paradiso, nessuna amarezza: Esso
è come un campo sereno dove non penetrano mai le tempeste; è come
una perenne Primavera spirituale, è una dolcezza senza
turbamenti... è la pace eterna! Pregate Dio che vi dia la grazia di
andare nel Paradiso e portatevi bene per meritarvelo, affinché
possiate provarlo col fatto quanto sia bello. --Se io avessi qui un
bel regalo e dicessi chi si sta più quieto l'avrà; non sarebbe
stupido un fanciullo che per fare un momento di fracasso se ne
rendesse indegno? Ora la vita passa presto e beato è colui che può
fare il bene e che può rendersi degno di quella felicità che non
termina mai e che è eterna! –
Sentite
questo fatto:
Il 25 novembre 1856 morì in Torino la madre del venerabile don Bosco. Era una santa donna, aveva menata una vita piena di opere buone e morì nel bacio del Signore. Passarono quattro anni, e nell'agosto del 1860 mentre don Bosco ritornava dalla chiesa di S. Francesco d'Assisi all'angolo della Consolata, vide di rincontro a sé sua madre. Figuratevi l'emozione che provò: voi qui, o madre, esclamò, ma non siete già morta? --Sono morta, ma vivo, gli rispose la madre. --E siete felice? Felicissima. Il venerabile Servo di Dio allora le domandò se fosse volata subito in cielo dopo la morte, ed essa rispose di no; le domandò conto di alcuni giovanetti che erano morti, e gli disse che erano salvi. Ed ora, soggiunse don Bosco, fatemi sapere che cosa godete in Paradiso. --Non posso fartelo intendere. --Datemi almeno un saggio della vostra felicità, fatemene almeno provare qualche stilla. Il Venerabile vide allora di un tratto la madre trasformarsi come in un altro essere; i suoi panni si mutarono in un preziosissimo vestito, la fronte prese un'aria di sublime maestà e le sue labbra si apersero al canto. Ma quale canto non fu mai il suo! Sembrava un'armonia di mille strumenti, era qualche cosa di profondamente emozionante! Don Bosco rimase estatico per la meraviglia e non seppe pronunziare parola; l'ultimo saluto della madre fu questo: Io ti aspetto in Paradiso! Così dico a voi fanciullini miei cari vivete da buoni ragazzi, vivete sempre bene, perché un giorno ancora io voglio aspettarvi tutti in Paradiso.
Il 25 novembre 1856 morì in Torino la madre del venerabile don Bosco. Era una santa donna, aveva menata una vita piena di opere buone e morì nel bacio del Signore. Passarono quattro anni, e nell'agosto del 1860 mentre don Bosco ritornava dalla chiesa di S. Francesco d'Assisi all'angolo della Consolata, vide di rincontro a sé sua madre. Figuratevi l'emozione che provò: voi qui, o madre, esclamò, ma non siete già morta? --Sono morta, ma vivo, gli rispose la madre. --E siete felice? Felicissima. Il venerabile Servo di Dio allora le domandò se fosse volata subito in cielo dopo la morte, ed essa rispose di no; le domandò conto di alcuni giovanetti che erano morti, e gli disse che erano salvi. Ed ora, soggiunse don Bosco, fatemi sapere che cosa godete in Paradiso. --Non posso fartelo intendere. --Datemi almeno un saggio della vostra felicità, fatemene almeno provare qualche stilla. Il Venerabile vide allora di un tratto la madre trasformarsi come in un altro essere; i suoi panni si mutarono in un preziosissimo vestito, la fronte prese un'aria di sublime maestà e le sue labbra si apersero al canto. Ma quale canto non fu mai il suo! Sembrava un'armonia di mille strumenti, era qualche cosa di profondamente emozionante! Don Bosco rimase estatico per la meraviglia e non seppe pronunziare parola; l'ultimo saluto della madre fu questo: Io ti aspetto in Paradiso! Così dico a voi fanciullini miei cari vivete da buoni ragazzi, vivete sempre bene, perché un giorno ancora io voglio aspettarvi tutti in Paradiso.
L’inferno…
Prima idea fondamentale: chi fa il male si forma la cattiva sorte con
le sue mani
Un
padre molto buono, ha un figliuolo del quale vuol fare qualche cosa
di grande. Lo mette alla scuola e spende molto danaro per dargli
un’educazione molto nobile; il figlio intanto, non vuole studiare:
ha lacerato i libri nuovi che gli erano stati comprati perché ha
detto che erano difficili, anzi ha detto che vi vedeva molti errori.
Egli, un povero ignorante, voleva nientemeno criticare i libri della
scuola. Invece di andare all’Istituto, ha pensato di gironzolare
per le strade, ed ha commesso un mondo di monellerie con i suoi
compagni e agli esami è stato riprovato. --Ditemi, quando il
fanciullo, fatto adulto, non sarà un professore, ma sarà
costretto a fare un'arte vile, può pigliarsela col padre? --No, ma
deve pigliarsela con sé stesso, perché il padre non poteva fare
di più per dargli una buona posizione. Un uomo si sta annegando nel
mare, ...le onde lo sbattono in tutti i sensi e lo soffocano. E’
visto da un signore molto pietoso, il quale getta una tavola e gli
grida: afferrati alla tavola! Ma il meschino lo insulta e ricaccia
lontano la tavola. Allora il signore buono si getta lui stesso nel
mare per salvarlo; lo afferra e lo solleva; ....ma l’ingrato appena
ha ripreso il respiro, lo batte e tende di soffocarlo. --Ditemi se
questo miserabile annega, la colpa di chi è? --E’ solamente sua.
• •
• • •
Dio
ci ha messi sulla terra per salvarci e per elevarci alla gloria del
Paradiso. Ci ha data la sua legge, ci ha arricchiti di grazie, è
venuto Lui stesso sulla terra per salvarci. Poteva fare di più per
noi, quando è morto sulla Croce? E se un uomo disprezza la sua
legge, disprezza le sue grazie, vive malamente e tende di maltrattare
il suo medesimo Dio, la colpa di chi è se si perde? --Evidentemente
la colpa è sua e non può lamentarsi di nessuno, tanto meno di Dio
che gli ha voluto tanto bene. La dannazione eterna l'uomo se la fa
con le sue proprie mani: vive male, offende Dio, disprezza i mezzi di
salvezza, commette mille scelleratezze; Dio gli offre il perdono ed
egli lo rifiuta; non vuole confessarsi, non vuole comunicarsi,
bestemmia, impreca ecc.; quando è morto ed è andato perduto, non
se la può prendere che con sé stesso. Se il contadino semina le
spine nella terra, ha un pessimo raccolto, ma la cattiva sorte se
l'è fatta con le sue mani. Se un prodigo sciupa le sue ricchezze e
si riduce nella più squallida povertà, la cattiva posizione se la
fa con le sue mani. Se uno stolto dà fuoco alla casa, perde tutto
per sua colpa. Il dannato ha seminato spine e le raccoglie; ha
sperperate le ricchezze eterne e ne è privo, ha dato fuoco alla
casa, ed arde! L'Inferno… Seconda idea fondamentale: Chi è
indegno di Dio non potrebbe stargli davanti senza soffrire
immensamente -- Anche nella dannazione dei perfidi Dio si mostra
Infinita Bontà.
Noi
siamo abituati a considerare l’Inferno come la vendetta che Dio fa
dei peccatori; eppure se riflettiamo alla grande verità della Fede,
Dio non potrebbe essere più buono con i medesimi dannati I L'anima
appena esce dal corpo si trova dinanzi a Dio; quale terribile
comparsa e quale sorpresa! Essa si vede tutta sporca, tutta lurida,
tutta piena di peccato ed ha un immenso ribrezzo a stargli davanti.
Desidererebbe di essere ricoperta dai monti, piuttosto che sostenere
quella vista! Nella vita presente il peccato si considera con molta
superficialità, lo si crede cosa da nulla; ma dinanzi a Dio non è
più possibile nessuna illusione, e l'anima soffre terribilmente.
Dove può andare in quello stato? Tende a Dio come creatura sua, ma
non può raggiungerlo e la sua gloria infinita, la sua maestà le
è di tormento indicibile; essa quindi desidera di fuggire dal suo
sguardo, benché questa fuga le costi pure un orribile dolore. Si fa
una festa splendida, nella quale tutti gli invitati fanno sfoggio
delle più belle vesti. Una povera donna entra nella sala con un
abito tutto lacero e tutto sporco; era stata invitata alla festa e
non si era curata di adornarsi, anzi aveva sciupate tutte le sue
vesti. Quale confusione comparire cosi la dove esiste solo il lusso
più raffinato e la più squisita eleganza. Se il padrone della
festa le permettesse d'entrarvi cosi tutta sporca la festa non si
muterebbe per questa donna in un tormento indicibile? Il padrone la
caccia via, e punendola della sua negligenza la sottrae nel medesimo
tempo a quell'obbrobrio. La povera donna soffre si, stando lontano
dalla festa, soffre moltissimo, ma per lo meno ha trovato un posto
adatto al suo stato, per lo meno ha salvato l'onore ed il decoro del
padrone.
• •
• • •
Una
povera e miserabile anima, giunta che è alla eternità, non può
più purificarsi, perché non ne ha i mezzi. La penitenza, i
Sacramenti, la preghiera, le opere buone, sono mezzi riservati a
questa vita non già all'altra vita. Non potendosi purificare, piena
di odio per sé stessa, piena di avversione per Dio, non può
essere ammessa gratuitamente alla gloria eterna, senza subire un
tormento mille volte più terribile dell'inferno stesso, ed allora
Dio la scaccia, e le permette di andare in un luogo speciale, io un
posto speciale, dove ha l'agio almeno di piangere e di soffrire! No
è crudeltà questo atto, no; è misericordia nella giustizia
stessa; sarebbe crudeltà costringere la madre desolata a dormire col
figlio suo morto e putrefatto; sarebbe crudeltà far passare un
alunno asino ad una classe dove non è capace di stare e dove non
può raccogliere altro che burle; sarebbe crudeltà costringere
un'anima desolata a bere il vino della festa nel teschio del proprio
padre! Sentitemi bene: L'anima dannata si è rovinata con le sue
mani, e la colpa della dannazione è interamente sua. Giunta al
cospetto di Dio essa stessa desidera di fuggirsene, e secondo la
parola della Scrittura vorrebbe essere ricoperta dai monti, vorrebbe
essere inghiottita dagli abissi. Dio dunque non potrebbe ammetterla
alla gloria, senza renderla più infelice di quello che è. Dio
poi, permettendole di andare nell'eterno abisso, non proporziona,
come dice S. Tommaso, la pena alle colpe, ma la attenua nella sua
infinita bontà.
E
Dio non potrebbe annullare queste infelicissime anime? --No, perché
sarebbe per esse un dolore maggiore l’annientamento. Esse hanno
perduto tutto; l’unica cosa che loro resta è l’essere e questo
essere per quanto infelice, rappresenta la voce della giustizia
eterna. Un figlio ingrato che ha conosciuta dopo la morte la bontà
della mamma sua, conserva gelosamente l’ultimo suo ricordo, benché
gli sia cagione di pianto e di disperazione. L'anima ha perduti tutti
i beni per sua colpa, e conserva gelosamente l’essere; Dio non le
toglie certo l'ultimo straccio che le è rimasto. --E non potrebbe
Dio dare a queste anime il modo di purificarsi? --No, figli miei,
perché si sporcherebbero di più! Sono ostinate nel male più di
quello che non lo furono sulla terra; rifuggono esse da ogni
comunicazione con Dio, non hanno il mezzo di comunicare con Lui. Una
grazia le renderebbe dunque più ree, e Dio misericordiosamente le
priva di tutto. Così dalla stanza del pazzo sfrenato si tolgono
perfino le sedie, i piatti, i coltelli, perché non si serva degli
utensili utili alla vita, per farsi un male maggiore. Se Dio desse a
queste anime le grazie, esse, depravate come sono, ripeterebbero ciò
che hanno fatto in vita e le profanerebbero. Del resto una vita tanta
lunga sulla terra non è stata una misericordia? Se l'eternità non
fosse il termine della prova, allora non si arriverebbe mai alla
fine, e la Provvidenza divina sarebbe piena di disordine, il che non
può supporsi. Dunque vedete, Dio è buono anche con i perfidi, ed
e buono si capisce nella misura che è consentita dal loro stato.
Così un maestro buono, non può approvare un alunno che non
risponde nulla agli esami, perché in una classe superiore non
combinerebbe nulla; non può permettergli di studiare, perché si
tratta degli esami finali e farebbe una ingiustizia; non può
usargli indulgenza perché gli farebbe maggior male;... ed allora
gli mette tre invece di zero, e lo fa uscire subito dalla classe
fingendo di cacciarlo, per risparmiargli l'ignominia che gliene viene
innanzi ai compagni diligenti. Lo dice la Santa Scrittura: Dio non si
diletta della perdizione degli empi, ma se ne lamenta, perché è
sempre padre.
Il
Purgatorio: sua natura, sue pene.
Si
fa una bella esposizione di oggetti di arte. Un valente artista ha
portata una statua bella, ma tutta impolverata ed in qualche punto
anche deprezzata. Si presenta al Direttore della Esposizione e gli
dice: Vi piace questo oggetto? - Si, mi piace, ma come è ridotto
non può comparire; come è che lo avete portato qui in tale stato?
--E l'altro: allora me ne debbo andare? Non dico questo, ma portatelo
in qualche bottega, ripulitelo accuratamente e poi lo farete mettere
in questo posto di onore. Va l'artista e mentre lavora pensa a quelli
che stanno sopra e che hanno già ricevuto l’elogio ed il premio;
ne soffre, e si rammarica che per un poco di pigrizia ha fatto quella
brutta figura. L’anima nostra dopo la morte si presenta innanzi a
Dio; se si trova in grazia sua, ma è ancora macchiata di qualche
colpa veniale, o della pena dei peccati mortali già perdonati, può
andare nel Paradiso? - Meriterebbe di esserne esclusa, eppure Dio le
permette di appartarsi per un tempo determinato per purificarsi da
quelle macchie. Il luogo dove l'anima si purifica delle sue macchie
si chiama Purgatorio, cioè luogo di purga e di purificazione.
• •
• • •
Un
altro esempio: In uno splendido palazzo si fa una festa sontuosa. Una
donna tutta bene ornata vi entra ed è ricevuta dal padrone. Questo
padrone ha in petto una splendida medaglia di oro lucente, nella
quale la donna si mira per un momento... Quale sorpresa triste! Si è
messo il cappello storto ed ha sul volto una macchia nera! --Se il
padrone le dicesse: non fa niente, entrate come vi trovate;
entrerebbe la dama? --No, perché quella macchia e quel disordine la
renderebbero infelice nella festa.
E
poi per decoro stesso del padrone di casa essa non ci vorrebbe
entrare. E allora? --Se ne va in uno stanzino da toletta e si
aggiusta prima. In quel tempo sente i canti, i suoni e l'eco della
gioia del vicino salone; vorrebbe tener compagnia al padrone, soffre;
ma con tutto questo riguarda come una grande grazia l'aver potuto
avere agio di aggiustarsi e purificarsi. Nel Paradiso non ci può
entrare nulla di macchiato, e Dio misericordiosamente permette che le
anime si purifichino prima nel Purgatorio; cosi la loro gioia eterna,
fatta tutta di amore a Dio, è più completa! Se mi e andato un
pelo nell'occhio posso godere di uno spettacolo grandioso? --No, ma
sto sempre a stropicciarmi l'occhio; è molto meglio che esca un
poco fuori e che me lo vada a lavare per liberarlo dal pelo che lo
tormenta.
• •
• • •
Nel
Purgatorio l'anima soffre queste pene:
1°•
Privata del godimento di Dio, ma non già della sua amicizia; essa
si trova in uno stato di aridità spirituale terribile, si trova in
uno stato di aspettativa angosciosa.
2°•
E’ tormentata dal fuoco, che è vero e reale come quello
dell’Inferno, ma che non è eterno. Questo fuoco la purifica
perché la orienta sempre di più verso di Dio, e la libera dalla
imperfezione che ebbe sulla terra nell'amarlo e dall'egoismo per il
quale trascurò di fare penitenza e per il quale cadde nei piccoli
difetti. Essa tende a Dio con tutta l’ardore del suo spirito, lo
ama e vedendosi costretta a starne lontana, soffre immensamente per
questa privazione e soffre di più perché si sente incapace di
lodarlo come vorrebbe.
3°•
Soffre perché apprezza e valuta i più piccoli peccati commessi;
essa si vede come una lebbrosa piena di piaghe, e come un'infelice
piena di insetti stomacosi, ed ha ribrezzo di sé stessa.
4°•
Soffre perché è trascurata da quelli che sulla terra potrebbero e
dovrebbero aiutarla. […]
don
Dolindo dal sito http://www.dolindo.org/dottrina/imprimatur.html
Nessun commento:
Posta un commento