sabato 14 dicembre 2019

Gesù e i discepoli di San Giovanni Battista. Invito alle anime... del Sac. Don Dolindo Ruotolo




L'ambasciata di san Giovanni Battista al Redentore. I caratteri del Re divino e della sua Chiesa

Gesù Cristo era andato ad annunciare la Buona Novella nelle città della Galilea, accompagnando la sua predicazione con strepitosi miracoli e raccogliendo sempre più intorno a sé un gran numero di seguaci. Questo dovette urtare la suscettibilità dei discepoli di san Giovanni Battista, i quali credevano di vedere in Gesù Cristo quasi un emulo del loro maestro (51).
Il santo Precursore si trovava imprigionato a Macheronte, nella Perea, per aver rimproverato Erode del suo adulterio e, non potendo sfatare personalmente le idee dei discepoli, pensò d'inviarli a Gesù perché la stessa parola viva del Messia li avesse convinti. Che sia stata questa l'intenzione di san Giovanni, risulta chiaramente dal contesto e dall'elogio che di lui fece Gesù.
Per la relativa facilità con la quale allora i prigionieri potevano corrispondere con le persone care e per la maggiore libertà che gli dava Erode stesso, san Giovanni fu informato delle grandi opere che Gesù compiva, e questo accrebbe la sua fede in Lui e gli fece desiderare maggiormente di glorificarlo dinanzi al popolo. Era stato mandato per annunciarlo e aprirgli la strada, e volle compiere anche dal carcere la sua missione, rendendo testimoni del Messia i propri discepoli. Questi andarono da Gesù in un momento nel quale Egli faceva molti miracoli e, parlando in nome di san Giovanni, dissero: Sei tu colui che deve venire o ne dobbiamo aspettare un altro? La stessa domanda dimostrava la stima che il Precursore aveva di Gesù Cristo, poiché si rimetteva a Lui per una risposta come la più autorevole e santa che potesse avere.
Gesù Cristo rispose con la testimonianza dei fatti che rispondevano alle profezie fatte sul Messia (cf. Is 35,5ss e 61,1): I ciechi recuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, i poveri sono evangelizzati.
Era l'argomento più adatto a convincere i discepoli di san Giovanni, poiché il loro maestro non aveva fatto miracoli e non poteva essere lui il Messia, come forse essi ammettevano o per lo meno sospettavano. Ad essi sembrava che il loro maestro avesse un aspetto più austero e venerando e che il fare semplice e cordiale di Gesù fosse inconciliabile con la dignità di Messia, per questo il Redentore soggiunse: Beato chi non prenderà in me motivo di scandalo. Egli voleva dire: le opere parlano di me, ma io non cesso di essere ammantato di umiltà, e beato colui che nonostante questo mi segue e ascolta la mia parola.
La Chiesa Cattolica

Il carattere di Gesù è quello stesso della Chiesa Cattolica, la quale non ha apparenza di grande austerità né ha appoggio umano, ma la soprannaturalità della sua missione rifulge in ciò che compie spiritualmente illuminando i ciechi con la verità, facendo camminare le anime nelle vie di Dio con la grazia, mondando i peccatori, lebbrosi dello spirito, aprendo l'orecchio di chi è sordo alle voci di Dio, risuscitando quelli che sono spiritualmente morti ed evangelizzando le nazioni. In queste opere divine sta il carattere di verità della Chiesa, inconfondibile con quello delle sette che pur pretendono di essere "la Chiesa". Le sette, anzi, fanno precisamente l'opposto: accecano le anime con l'errore e ne impediscono spesso il cammino terso la Vita eterna, con gli scandali; le rendono lebbrose con il peccato e specialmente con il peccato impuro, triste specialità di tutte :e sette, le quali nascono dall'impurità e finiscono nell'impurità. L'errore rende sorde le anime alle chiamate di Dio, le uccide miseramente privandole della grazia e le getta nel baratro dell'ignoranza più squallida.
I poveri sono evangelizzati: questo è proprio la corona dei zar itteri del Redentore e della sua Chiesa, l'evangelizzazione, cioè :a diffusione della vera ed eterna sapienza, la diffusione della vera scienza. Gli eretici tacciano la Chiesa di oscurantismo e la dicono nemica della scienza, mentre si chiamano essi corifei di scienza e di civiltà. È una fandonia come le altre.
Chiameresti tu oscurantista e nemico del sapere l'astronomo, tutto intento ai suoi astri e ignaro delle leggi di cucina o incapace d'insegnare come si lustrano le scarpe? Basta all'astronomo la Diffusione della sua scienza, come basta al matematico conoscere la matematica, al letterato la letteratura, ecc. Anche se la Chiesa non avesse benemerenze nel campo delle scienze umane, rimarrebbe la sua somma e incomparabile benemerenza evangelizzare, propagare la scienza di Dio e delle cose eterne, la più sublime delle scienze, di fronte alla quale — lo diciamo a fronte alta e con sicurezza — le scienze umane sono molto meno che le cognizioni del lustrascarpe di fronte all'astronomo.
Questo bisogna capire e confessare: anche nei secoli di nero oscurantismo la Chiesa ha avuto il Vangelo e la Teologia, la Scritture e la Patristica, le sue leggi sapienti e la sua scienza morale, ossia ha avuto in mano, freschi come ieri e come nei secoli, i frutti della più alta e incomparabile sapienza. Anche quando Carlo Magno firmava con la crocetta perché non sapeva scrivere, la Chiesa aveva le Scritture per eccellenza; anche quando la letteratura s'imbarbariva, aveva la sua lingua immortale per parlare ai popoli nella divina sapienza. Essa, quindi, è la sola che non conosce l'ignoranza, perché ha scritte sulla sua fronte quelle divine parole: I poveri sono evangelizzati.
Tu ti stupisci tanto di fronte alle scoperte fisiche, ai miracoli della meccanica e della chimica, ai prodigi della fisica e dell'elettricità? La Chiesa ha avuto, ha e avrà un prodigio mille volte infinitamente più grande: la transustanziazione eucaristica, l'azione sacramentale, le comunicazioni dell'anima con il mondo eterno attraverso la preghiera.
Queste non sono chimere, non sono simboli, non sono sogni: sono veri e propri fenomeni di un mondo reale, spirituale, altissimo, divino. Veramente nell'Eucaristia, la somma delle meraviglie divine nell'umanità, la sostanza del pane non c'è, veramente c'è il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità del Signore. Qualunque scoperta è nulla di fronte a questo prodigio che appare come un fenomeno assoluto, conseguente alla materia, alla forma e al mistero del Sacramento adorabile.
Se tu dici esser nulla l'esperienza dello sfregamento della ceralacca o del vetro che produce un minimo di elettricità statica buona solo ad attrarre una pagliuzza, di fronte alla benna che attrae con violenza una tonnellata di ferro o di fronte alla dinamo che produce turbini di corrente, come puoi osare stimare come nulla la potenza di una transustanziazione che sostituisce al pane la vita, l'attività, l'espansione, la realtà di un Corpo divino?
Non è più stupendo questo fatto realissimo, constatato dalla fede e dall'esperienza, che non ha bisogno di apparecchi per compiersi ma solo di una parola onnipotente, erompente da un'anima segnata dal carattere sacerdotale?
È vergognoso al massimo che il mondo ancora disconosca la grandiosa superiorità della Chiesa, in tutti i secoli e in tutti i modi, e che ancora si balocchi con le sue scoperte, le quali anche di fronte ai fenomeni naturali sono giochi da infanti. Il turbine elettrico di una centrale moderna è meno di una scintilla di una bottiglia di Leídas (52) di fronte allo scoccare di un fulmine. Le colate dei forni elettrici tedeschi sono meno di una favilla di fronte alle colate vulcaniche e a quelle più grandiose delle eruzioni solari o stellari.
Smontiamoci, per carità e, pur apprezzando gli sforzi della scienza umana, rifugiamoci nella Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, meraviglioso campo di luce, di attività, di salute, di forza, di armonie divine, di scienze elevatissime, di fatti meravigliosi, realissimi, positivissimi.
Gesù Cristo elogia san Giovanni Battista
La domanda fatta da san Giovanni per mezzo dei due discepoli, mandati per far loro toccare con mano la verità, poteva sembrare come un atto di sfiducia nella realtà del Messia da parte del Precursore. Per dissipare questo equivoco, Gesù ne fece l'elogio più bello e lo fece dopo che gli ambasciatori di lui se ne andarono, perché il suo elogio non fosse apparso come una lusinga o un'adulazione. Le folle erano andate dietro a san Giovanni, attirate dalla sua fama, e lo avevano seguito anche nel deserto dov'egli si ritirava; ora, che cosa erano andati a vedere? Forse un uomo incostante che, quasi come una canna sotto la raffica del vento, si lascia inclinare laddove il vento soffia?
Egli, invece, era stato fermo contro la stessa perversità di Erode e aveva compiuto con ferma fede la sua missione di Precursore senza esitare un momento, come sarebbe potuto apparire dall'ambasciata da lui mandata.
Che cos'erano andati a vedere? Un uomo vestito mollemente? Ma chi veste così sta nella casa dei re, dove la vita è spesso sensuale e leggera. Egli, invece, era l'esempio dell'austera penitenza, e con il suo esempio insegnava a preparare l'anima alla Redenzione, rinnegandosi. Egli non era solo un profeta, come lo stimavano le folle, era più di un profeta, era colui che fu preannunciato da Malachia (3,1) come l'angelo, cioè il nunzio che doveva preparare le anime alla venuta del Messia; era l'ultimo e più grande rappresentante dell'Antico Testamento, il quale non annunciava o prefigurava il Messia futuro ma lo additava presente. Per questa grande missione, da lui compiuta con fedeltà incrollabile, egli era il più santo di tutti i Profeti e aveva una dignità che li superava tutti.
Gesù Cristo conferma questa superiorità del Precursore sui Profeti con gli effetti della sua missione: i Profeti suscitarono la fede e la speranza nel futuro Messia; Giovanni, invece, attirò le folle e le indirizzò verso il compimento delle antiche promesse. Lo fece con tanto ardore che, dopo la sua predicazione, il regno dei cieli è diventato non un termine di aspirazione ma di conquista reale, e il desiderio della salvezza quasi una gara e una ressa per conseguirla.
Il popolo, infatti, accorse sulle rive del Giordano, dove Giovanni predicava, domandò il battesimo di penitenza, cominciò a prepararsi a partecipare al regno di Dio e letteralmente fece ressa e quasi violenza per avere il segno della penitenza. Giovanni, più che un profeta, annunciava e cominciava a mostrare il compimento di quello che annunciava e di quello che era stato annunciato da tutti i Profeti.
Se Giovanni è più grande di tutti i Profeti per aver attirato le folle al regno di Dio, è evidente che il più piccolo di quelli che partecipano al regno dei cieli e ne vivono è maggiore di lui.
Gesù non parla della santità di san Giovanni, ma dell'ufficio che compiva, com'è evidente dal contesto; nelle sue parole c'è questa gradualità di dignità: il profeta che annuncia di lontano il regno di Dio; il Precursore che prepara le folle perché vi entrino e suscita il desiderio di farne parte; il cristiano che vi entra e fa parte dell'ordine nuovo, non solo desiderandolo, ma vivendolo. San Giovanni morì prima che la Redenzione fosse compiuta, e la sua vita, benché santa, non ebbe i caratteri di quella grandezza che solo il Sangue e il Sacrificio del Redentore poteva comunicarle. Se si pensa che il più piccolo fedele della Chiesa partecipa al Corpo e al Sangue di Gesù Cristo, si capisce perché è maggiore di Giovanni come dignità di carattere (53).
Guai a te, o Corazin, guai a te o Betsaida!
San Giovanni aveva annunciato alle folle la presenza del Redentore e aveva predicato con la parola e con l'esempio di una vita austera, ma non tutto il popolo lo aveva seguito nella penitenza e si era dato a Gesù Cristo. L'austerità di san Giovanni era per alcuni una ragione per non seguirlo, e la semplicità della vita di Gesù Cristo era, per i rigoristi ipocriti, una ragione per non credergli.
Il popolo, trascinato da questa doppia corrente, finiva per non seguire nessuno dei due e per rimanere nelle proprie idee di un Messia politico e guerriero.
Gli ripugnava il rigore di san Giovanni e non lo seguiva perché aspirava al benessere materiale, gli ripugnava la vita umile e normale di Gesù Cristo, perché aspirava a un re che s'imponesse con la forza e con la maestà di una regalità tutta umana. La parabola dei fanciulli che si rifiutano di piangere e di ridere, che Gesù propone, risponde mirabilmente all'incontentabilità del popolo che non voleva né un re austero né un re pieno di affettuosa compassione. Questo strano atteggiamento, però, giustificò la sapienza di Dio che scelse una via di Redenzione diversa da ogni aspirazione umana e da ogni preconcetto. Gesù, non potendo seguire l'incostante e fanciullesco pensiero degli uomini, scelse un cammino di bontà infinita e di umiliazione profonda e sanò con il suo amore paterno l'umanità che volle riceverlo.
Alludendo all'ostinazione e all'ingratitudine del popolo nel rifiutare, per una ragione o per l'altra, l'invito al regno di Dio, Gesù si rivolse con accorata forza verso le città che, avendo visto un maggior numero di miracoli, avrebbero dovuto con maggior entusiasmo seguire la verità ed entrare nel regno di Dio. Corazin era una piccola città a nord di Cafarnao; Betsaida era poco lontana e Cafarnao era la città scelta da Gesù per sua dimora: tre luoghi che avrebbero dovuto essere un centro di fede, di penitenza e di preghiera, e che invece rimasero quasi indifferenti alla predicazione e alla presenza di Gesù Cristo, diventando più colpevoli di Tiro, di Sidone e della stessa Sodoma. Tiro e Sidone, due città di commercio, non s'interessavano di problemi spirituali e conducevano una vita molle; Sodoma, tristemente famosa per la sua corruzione, non pensò che a peccare; Corazin e Betsaida, centri commerciali, emulavano Tiro e Sidone; Cafarnao emulava la corruzione di Sodoma, eppure s'inorgogliva, sperando di raggiungere una prosperità e un nome invidiabile. Gesù Cristo annunciò a questa città un Giudizio severissimo di Dio e, parlando alle città, parlò ai suoi abitanti. Il suo Cuore era pieno di pene per l'ingratitudine umana e si rivolgeva non solo alle città irriconoscenti, ma a tutti i secoli, a tutte le generazioni future che le avrebbero imitate.
Il mondo, infatti, è un ammasso di nerissima ingratitudine e dopo la Redenzione merita il rimprovero che Gesù fece alle città irriconoscenti. La predicazione del Vangelo avrebbe potuto mutarlo in un'oasi di prosperità e di pace, ed esso, invece, ha preferito rimanere nel lezzo del suo paganesimo o ha preteso di asservire a sé la Chiesa. Ha ricevuto la Verità e corre dietro all'errore; ha ricevuto la grazia e la rifiuta; ha ricevuto l'autorità suprema e le si ribella. Il Redentore ha fatto immensi prodigi d'amore in mezzo all'umanità con i suoi Sacramenti, e deve quasi cercare in elemosina che gli uomini li ricevano; ha schiacciato la testa di satana e gli uomini fanno ogni sforzo per richiamarlo in mezzo a loro. È uno spettacolo di obbrobriosa ingratitudine che oggi specialmente emerge, e che ha potuto trascendere negli errori dei senza Dio e nella degradante barbarie del comunismo. Quando si pensa che in tempi non lontani si sono mutate in latrine le Chiese, come quelle di san Tichone e di san Wladimiro in Russia, e si sono arrostiti allo spiedo i sacerdoti o si sono trucidati barbaramente, come si è fatto in Russia e nella Spagna invasa dalle orde bolsceviche; quando si vedono le degradazioni del comunismo bestiale, si rimane impietriti di fronte alla scelleratezza umana che, invece di accettare la Verità e formare nella Chiesa la società dei redenti, ha formato le falangi dell'anticristo.
Il lamento di Gesù Cristo deve risvegliarci e deve spingerci ad essere cristiani, cattolici, apostolici, romani senza dedizioni all'errore, al male, a satana, al mondo. È l'epoca nella quale non si può transigere in nessun modo con lo spirito del male, senza tradire la causa del Redentore. È un dovere strettissimo, anche se dovessimo raccogliere le stupide derisioni del mondo, anche se dovessimo urtare contro il suo orgoglio maledetto e i suoi usi balordi.
Ai religiosi
Questo dovere incombe maggiormente sulle anime consacrate a Dio, che, avendo avuto grazie singolarissime, hanno il dovere di corrispondervi. Corazin significa segreto, qui c'è il mistero; Betsaida, casa dei frutti, dell'effusione, della misericordia; Cafarnao casa di penitenza, città bella, veicolo di giocondità; tre nomi che ci ricordano le case religiose: quelle di clausura, dove tutto è chiuso come un mistero; quelle di apostolato dove si producono frutti di bene e si effondono le divine misericordie, e quelle di vita solitaria, dove si fa penitenza dei peccati propri e di quelli altrui, nella pace gioconda della grazia di Dio.
Ora, a queste tre categorie di anime Gesù rivolge il suo accorato rimprovero, quando si rendono infedeli alla loro vocazione. Veramente se nel mondo si effondessero le grazie e le misericordie effuse in questi luoghi, il mondo sarebbe santo. Ma le grazie sono una misericordia che il mondo rifiuta a priori, e per questo, di fatto, non si rende capace di riceverne che piccoli sprazzi. Non si può dire: "Perché Dio non dà al mondo le grazie che dà ai religiosi, e perché non lo santifica tutto?". Non si può dire così, perché Dio non sperpera i suoi doni e non darebbe al mondo una grazia che andrebbe dispersa. Egli non gliela dà per non renderlo più colpevole, e per questo, nel Giudizio, il mondo sarà più scusato dinanzi alla giustizia di Dio. Ai religiosi e alle anime a Lui consacrate le dà perché quelle case dove chiama i suoi privilegiati sono case di misericordia, ma questo stesso li rende più responsabili. Che cosa deve dire Gesù alle anime che sono state ricolmate di misericordie specialissime e che, arricchite di grazie eccezionali, non rispondono al suo amore?
Che cosa deve dire a quelle anime che sono state riscaldate dal suo amore in modo miracoloso, con mille delicatezze di carità? Persuadiamoci che alle grazie bisogna corrispondere, e che non si possono far cadere invano senza meritarci una condanna terribile e senza remissione.
Il privilegio dei piccoli di spirito e l'invito del Cuore di Gesù
Perché le anime non corrispondono alle grazie del Signore? Perché presumono di se stesse, si gonfiano vanamente, indagano con superba tracotanza quello che dovrebbero adorare e praticamente rifiutano la luce delle divine misericordie. Il Vangelo non può essere compreso dai cosiddetti "grandi" del mondo, perché essi hanno la testa come intontita dalle loro meschinità e sono avvolti dalla fitta cortina delle loro idee.
Gesù, perciò, si compiace dei piccoli di spirito che, in realtà, sono grandi, e ringrazia il Padre di aver loro rivelato i misteri della verità e dell'amore celati ai cosiddetti sapienti della terra. La sapienza e la prudenza umana è come nebbia che si leva all'orizzonte e impedisce il diffondersi dei raggi del sole: gli uomini la credono sapienza, ma in realtà è stoltezza dinanzi a Dio. Ne sa più un umile contadino, pieno dello spirito del Signore, che un dotto filosofo, il quale si perde nei vortici delle sue fantasie. Questo è un punto importantissimo e fondamentale per andare a Dio, e Gesù mostra in se stesso la grandezza di questo principio: Egli si è umiliato e fatto piccolo per amore, e tutto gli è stato dato dal Padre; è povero dinanzi al mondo, ma è ricchissimo dinanzi a Dio, perché il tutto donatogli dal Padre è il suo Verbo che termina la natura umana.
Il Verbo è la conoscenza del Padre ed è la Sapienza infinita che lo conosce; il Verbo e il Padre sono perfettamente uguali, benché realmente distinti.
Il Padre conosce se stesso e genera il Verbo nella sua infinita semplicità, e il Verbo, Conoscenza del Padre, lo glorifica in una luce infinitamente semplice.
È dunque la semplicità che trionfa nell'oceano della luce infinita ed è attraverso la semplicità che questa luce si comunica. Il Padre la comunica ai piccoli, e il Figlio la comunica a chi vuole; siccome la sua Volontà è fonte di bene, così è chiaro che la comunica non a capriccio ma diffondendo il bene con la sua Volontà, salvando e redimendo. Il bene raggiunge la creatura nel sacrificio e il sacrificio avvicina la creatura al sommo Bene, e per questo Gesù invita a sé tutti i sofferenti per ristorarli con il dono della luce e dell'amore di Dio.
Imparate da me che sono mansueto e umile di cuore
Per ricevere la luce di Dio bisogna appartenere al Redentore e sottoporsi al suo giogo, cioè al suo dominio, che è soave e dolcissimo, e bisogna imparare da Lui come dal Maestro. Non basta ascoltare i suoi precetti per intenderli, bisogna prima sottomettervisi e accettarne la pratica, perché i precetti di Gesù non sono teorie filosofiche ma sono via, verità e vita. Bisogna imparare da Lui che è mansueto e umile di cuore, nella mansuetudine che si sottomette al giogo e nell'umiltà che sa rinunciare ai propri pensieri; bisogna imparare dal Maestro divino la mansuetudine e l'umiltà del suo Cuore, che sono i segreti della sua intimità con il Padre, poiché Egli si sottomette alla sua Volontà che lo immola e, umiliandosi fino alla croce, ne glorifica la grandezza e la maestà.
Gli esegeti moderni sostengono che Gesù Cristo, nel dirci: Imparate da me che sono mansueto e umile di cuore, non abbia voluto proporsi come maestro di queste due virtù ma abbia voluto dire che Egli è un maestro che non fa paura, che è mansueto e umile nell'insegnare, e lo è non a fior di labbra ma profondamente, nel cuore (54).
A noi, questa spiegazione sembra non solo monca nel contesto, ma contraria allo spirito stesso della Chiesa. Gesù, infatti, ci esorta a prendere il suo giogo e ci mostra il suo Cuore per mostrarci che cos'è questo giogo, tutto amore, tutto pace e tutto bontà. Se il Re è amore, mansuetudine e umiltà, è logico che anche i sudditi lo siano, poiché i sudditi devono imparare da Lui. Come è chiaro dal contesto, perciò, Gesù vuole precisamente che s'impari da Lui la mansuetudine e l'umiltà del suo Cuore.
La Vita eterna consiste nel conoscere il Padre e il Figlio, come il Figlio Incarnato conosce il Padre e lo glorifica; Egli si sottomette alla sua Volontà e si umilia fino alla croce; accetta con mansuetudine il giogo come Vittima e si offre alla croce. I suoi seguaci devono fare lo stesso, e poiché l'amore di Dio include quello del prossimo, devono essere mansueti e umili anche nelle relazioni con i propri fratelli.
Il Cuore di Gesù: il segreto di una pace internazionale
Gesù Cristo volle precisamente mostrare il suo Cuore e volle additarlo come rimedio supremo all'umanità che rifiuta il suo giogo nell'apostasia universale; il versetto del Vangelo è come il primo annuncio della rivelazione fatta a santa Margherita Alacoque, rivelazione che la Chiesa ha solennemente riconosciuto. Egli è il Maestro e l'umanità apostata non vuole riconoscerlo e, rifiutando Lui, rinnega il Padre, rinnega Dio. L'orgoglio umano scuote il giogo della sapienza e dell'amore, e si dà con pazza violenza alla conquista dei Beni terreni; Gesù sfata questa pazzia, affermando che per raggiungere la pace e la felicità interna bisogna umiliarsi, farsi piccoli, essere docili e mansueti dinanzi a Dio e agli uomini, come Egli lo è stato. Non c'è altra via per mantenersi fedeli alla misericordia che Egli è venuto a portare in terra e per sfuggire all'ingratitudine che Egli rimprovera a Corazin, a Betsaida e a Cafarnao.
In un mondo senza pace e senza amore — fondato ormai sulla violenza del più forte e, potremmo dire, sul massacro del più debole — non c'è altra via di salvezza che la mansuetudine e l'umiltà imparata dal Cuore Sacratissimo di Gesù.
Bisogna sapersi vincere nelle irruenze del carattere e nella prepotenza dell'orgoglio e bisogna persuadersi che queste virtù non sono necessarie solo all'individuo, ma anche alla società. Non si può instaurare il dominio della forza brutale e dell'orgoglio che tutto vuole accentrare a sé e tutto vuol dominare, e pretendere che non ci sia altra via per conservare la preponderanza di una nazione sull'altra. Solo a questa condizione è possibile conservare nel mondo la pace.
La pace dell'anima è frutto dell'armonia con tutti e della placida moderazione delle proprie aspirazioni; la pace delle nazioni consiste nell'armonia interna ed esterna di uno Stato e nel mantenere la propria fisionomia, per così dire, di fronte alle altre nazioni senza presumere di volersi ingrandire a spese delle altre. È necessario sottomettersi a Gesù Cristo, poiché questo è il vero segreto dell'internazionalismo sapiente che diventa cattolico, apostolico, romano. L'internazionalismo che non è fondato sulla piena accettazione del giogo soavissimo del Vangelo non è unione di tutti i popoli ma è massacro e barbarie, come si è visto dolorosamente nell'internazionalismo comunista che è passato come un uragano di ferro, di fuoco e di rovine in tutte le nazioni che ha infestato.

(51) " La diffidenza dei discepoli di san Giovanni verso Gesù risulta anche dalla domanda risentita che gli fecero a proposito del digiuno (9,14).

(52) " Bottiglia di Leida: il primo esempio di condensatore elettrico, ideato nel 1746 da Pieter van Musschenbroek (16921761), professore di fisica all'Università di Leida (Olanda), poi studiato e perfezionato da John Bevis, G. Watson e Benjamin Franklin [nde].

(53) " Ci sembra completamente superfluo stabilire un paragone fra san Giovanni e san Giuseppe. La Chiesa, nelle Litanie dei Santi, antepone san Giovanni a san Giuseppe, quasi per tremante venerazione alle parole del Signore, ma è senza dubbio che san Giuseppe rivestì una dignità incomparabile e che fu parte gloriosa proprio di quel Regno dei Cieli che si attuò prima nella sua nascosta casetta di Nazaret. Egli non fu il più piccolo nel Regno dei Cieli, ma dopo Maria Santissima fu il più grande; fu il più piccolo per umiltà e nascondimento, e si possono applicare a lui le parole di Gesù: Il più piccolo del regno dei cieli è maggiore di lui.

(54) La Sacra Bibbia commentata dal padre Marco Sales OP, Testo latino della Volgata e versione italiana di Mons. Antonio Martini, volume I, I quattro Evangeli e gli Atti degli Apostoli, Edizioni L.I.C.E., R. Berruti e C., Torino 1911 [nde], p. 51. Don Dolindo, come si riscontra nel testo da qui in poi, fa riferimento a quest'opera citando semplicemente "Sales", seguito dal nome del Libro biblico consultato e dal numero di pagina.

Sac.Don Dolindo Ruotolo - Tratto da “ I quattro Vangeli” - Commento al Vangelo secondo San Matteo - da pag.283 a pag.298

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