sabato 24 luglio 2021

Ogni cristiano deve comportarsi in modo degno della propria vocazione. Umiltà, dolcezza, pazienza e carità conservano l'unità della Fede… del Sac. Dolindo Ruotolo


Con questo capitolo comincia la seconda parte della lettera dell'Apostolo, il quale, dopo aver parlato dei benefici fattici da Gesù Cristo, per averci eletti, predestinati e giustificati, passa ora a parlare dei doveri che incombono ai cristiani. Fondamento di ogni deviazione nella vita cristiana è il non ponderare la grandezza della vocazione dataci da Dio chiamandoci alla Fede, e perciò san Paolo comincia ad esortare gli Efesini scongiurandoli di comportarsi in modo degno della loro vocazione. Li scongiura in nome di Gesù Cristo, avendo loro ricordato i benefici avuti da Lui, benefici ai quali è dovere di gratitudine corrispondere, e li scongiura egli stesso, prigioniero per il Signore, mostrando, nelle catene che lo avvincevano per amor suo, che egli aveva corrisposto alla sua vocazione di apostolo fino all'immolazione di sé. 

Se egli si era sacrificato per compiere il suo ministero di apostolo essi dovevano sacrificarsi per compiere i loro doveri di cristiani veri. Questa corrispondenza doveva consistere in quattro virtù principali: l'umiltà, opposta alla superbia del mondo, la dolcezza, opposta all'ira, la pazienza, opposta all'intolleranza, e la carità che compatisce e sopporta i difetti altrui con amore e per amore di Gesù Cristo. Fine di tutte queste virtù, e soprattutto della carità, è quello di conservare l'unità dello spirito, ossia l'unità di pensiero e di sentimenti tra i cristiani, per conservare il vincolo della pace che è la tranquillità dell'ordine ed il rispetto al diritto altrui. 

San Paolo adduce i motivi per i quali i cristiani debbono tra loro conservare l'unità: essi sono un solo Corpo mistico di Gesù Cristo, e questo corpo è la Chiesa. Questo corpo è vivificato da un solo spirito, sia per l'unità della Fede, che produce necessariamente l'unità dei pensieri, sia per l'unità della legge che produce l'unità della volontà del bene, sia per l'unità dello Spirito Santo che anima e feconda tutta la Chiesa. 

Questa unità è cementata, per così dire, dalla stessa speranza nella vita eterna che anima tutti quelli che sono chiamati alla Fede. 

La Chiesa è una 

La Chiesa è quindi un corpo mirabilmente uno, non solo esternamente ma anche internamente; è un corpo vivificato da un solo spirito, e quindi non può avere in sé divisioni pericolose; tende ad uno stesso fine ed ha la stessa speranza, al compimento della quale dirige tutte le sue forze e le sue attività. Essa mantiene questa unità perché ha un solo Signore, Gesù Cristo, e di necessità un solo suo rappresentante visibile in terra, che è il suo vicario, il Papa. Ha una sola fede, per la quale tutti hanno lo stesso pensiero, le stesse vedute e le stesse aspirazioni; ha un solo Battesimo, e per esso, che è come la porta e la chiave degli altri Sacramenti, ha gli stessi Sacramenti che la vivificano, l'accrescono e la liberano dalle scorie della miseria umana, inevitabili tra uomini pellegrini e viatori. 

Ha un solo Dio che è Padre di tutti e la conserva come una sola famiglia, è al di sopra di tutti come prima causa dalla quale le membra della Chiesa dipendono, essendo suddita di un solo regno; agisce per mezzo di tutti, perché ad ogni membro della Chiesa dà un ufficio e una missione particolare per compiere il suo disegno di amore, ed è in tutti noi, perché tutti siamo suo tempio vivo. L'ufficio che Gesù Cristo dà a ciascun fedele porta con sé la grazia necessaria per adempierlo, e questa grazia è proporzionata alla natura del dono che si è ricevuto. 

San Paolo vuol far rimarcare meglio che i doni elargiti nella Chiesa vengono da Gesù Cristo, e cita, perciò, assai liberamente il versetto 19 del salmo 67 (Ebr. 68), esclamando: Perciò dice la Scrittura: Ascendendo in alto menò schiava la schiavitù, distribuì doni agli uomini. 

La lezione seguita da san Paolo nel citare questo versetto, si trova nella versione siriaca e nel Targum. Nel testo ebraico e presso i Settanta il versetto suona così: Sei salito in alto, hai preso prigionieri, hai ricevuto doni tra gli uomini. 

Tutto il salmo è un inno di trionfo col quale il profeta celebra le vittorie riportate da Dio, e lo descrive come seduto sull'arca santa, salendo sulla montagna di Sion, e trascinandosi dietro come schiavi i vinti nemici, e come trofei di gloria le loro spoglie. L'Apostolo applica le parole del salmo al trionfo di Gesù Cristo, ne determina il senso profondo per divina ispirazione, e perciò cambia la seconda persona in terza, e specifica per lume celeste che i doni  ricevuti da Dio tra gli uomini per il trionfo del Figlio suo diventarono doni che il Figlio suo distribuì, poi, agli uomini, fondando la Chiesa. Come, dicendosi che Egli è asceso, si dice implicitamente che Egli discese nelle regioni inferiori della terra, discendendo in un umile villaggio, e discendendo poi col Corpo nel sepolcro, e con l'anima nel Limbo, così, dicendosi che Egli ricevette doni dagli uomini, si dice implicitamente che Egli li distribuì. 

Colui che discese dal Cielo per l'Incarnazione è quello stesso che nel giorno della Ascensione ascese sopra tutti i cieli, al fine di riempire ogni cosa di sé con la sua azione, i suoi doni e i suoi benefici. Ricevette doni tra gli uomini, poiché raccolse come discepoli quelli che lo seguirono e gli crederono, e distribuì doni agli uomini, costituendo alcuni tra essi come apostoli, altri profeti, altri evangelisti, altri pastori e dottori, per rendere atti i santi, ossia i cristiani all'opera del ministero speciale cui sono chiamati per l'edificazione del Corpo di Cristo, che è la Chiesa. 

Ognuno di questi ministeri non poteva compiersi che per una speciale elezione ed una speciale grazia di Gesù Cristo. 

Apostoli erano quelli che avevano il dono dell'apostolato, dono che era esteso anche a parecchi che non facevano parte del collegio apostolico, com'era lo stesso san Paolo. Tuttora nella Chiesa hanno il dono dell'apostolato quelli che ricevono grazie speciali per un ministero particolare nella Chiesa stessa o nel mondo o fra speciali categorie di fedeli, e quindi abbiamo apostoli della gioventù, apostoli dei vecchi, dei lebbrosi, ecc. 

Profeti sono quelli che ebbero il dono di predire le cose future, e che tuttora l'hanno nella Chiesa. Ci sono anime particolarmente illuminate dallo Spirito Santo che spingono lo sguardo dell'anima loro nel futuro, e lo annunciano per consolazione, per ammonimento o per guida dei fedeli. 

Evangelisti erano non solo i quattro scrittori del Vangelo, ma anche quelli che andavano per missione speciale ad annunciare il Vangelo, preparando la strada degli apostoli, o confermando nella fede le Chiese già fondate. 

Pastori e dottori erano quelli che venivano preposti dagli apostoli al governo delle Chiese particolari, con la missione di istruire i fedeli nelle verità della fede. Oggi, strettamente parlando, non ci sono evangelisti, ma ci sono i predicatori della divina Parola, i quali tendono a fare applicare il Vangelo alla vita, e ci sono i vescovi, pastori e dottori, perché guidano il gregge di Dio alla salvezza nell'unità della Chiesa, e lo istruiscono, o immediatamente o per mezzo dei parroci e dei sacerdoti preposti alla loro cura. 

Com'è chiaro dal contesto, san Paolo parla non solo di quelli che avevano carismi particolari dello Spirito Santo, ma anche degli ordini gerarchici della Chiesa: apostoli, evangelisti, vescovi, sacerdoti, ecc. Egli, infatti, soggiunge che queste particolari missioni e i carismi che le accompagnano tendono al perfezionamento dei fedeli, e per rendere atti quelli che hanno una missione speciale al compimento dell'opera del loro ministero, per l'edificazione del Corpo mistico di Cristo, il quale cresce e si rinnova di generazione in generazione, di modo che tutti i chiamati da Dio giungano all'unità della fede, alla piena conoscenza soprannaturale del Figlio di Dio, per essere elevati allo stato di uomo perfetto, secondo la misura della piena statura di Cristo, cioè sull'esempio di Gesù Cristo che è il nostro modello, al quale ogni cristiano deve sforzarsi di rassomigliare il più che gli è possibile. 

Quando il cristiano rimane per la Chiesa nell'unità della fede e si modella su Gesù Cristo, senza presumere di voler egli formarsi delle dottrine o dei personali criteri di fede e di perfezione, quando vive della vita della Chiesa cattolica non è come un fanciullaccio sbalzato e portato qua e là da ogni vento di dottrina, per i raggiri perversi degli uomini, ma opera secondo la verità, seguendo i dettami della fede per quello che riguarda Dio, ed opera nella carità per ciò che, riguarda il prossimo, crescendo così per tutto in Lui o, come dice il greco, verso di Lui, partecipando alla sua vita e diventando simile a Lui che è il capo. 

Da Gesù Cristo tutto il Corpo mistico suo, che è la Chiesa, ben connesso per l'unità della fede, e solidamente collegato mediante l'aiuto dato dalle singole congiunture, ossia dai vari ministeri e dagli uffici di carità che collegano fra loro le membra della Chiesa, come in un corpo le congiunture collegano le varie membra, secondo l'attività proporzionata a ciascun membro, da Gesù Cristo, ripetiamo, tutto il suo Corpo mistico riceve l'accrescimento e si va edificando con la carità, che è il vincolo d'amore che stringe i fedeli fra loro e con Gesù Cristo. 

Dall'esortazione generale a conservare l'unità della fede, san Paolo passa alle esortazioni particolari, mostrando agli Efesini quello che debbono evitare e quello che debbono praticare. Al principio del capitolo, versetti 13, li aveva scongiurati di vivere in modo degno della loro vocazione, ed ora li scongiura nel Signore di non vivere più come vivono i pagani, seguendo i loro vani giudizi. 

Per la loro corruzione i pagani avevano perso il retto giudizio di ciò che è male e di ciò che è bene, e perciò la loro vita era tutta un'orribile degradazione. 

Essi avevano ottenebrato l'intelletto da ogni sorta di errori, e perciò erano alieni dalla vita di Dio, non vivevano secondo i suoi precetti ed erano alieni dalla vita spirituale della grazia, per l'ignoranza che era in loro, a causa dell'accecamento del loro cuore. L'ignoranza dei precetti di Dio era frutto in loro del pervertimento della loro volontà e dell'indurimento del loro cuore, e perciò essi, perso ogni senso di onestà, si abbandonarono ad una sfrenata lussuria, gettandosi in ogni sorta d'impudicizia con insaziabile ardore di avarizia, ossia di ricchezze, perché le ricchezze servivano loro per soddisfare le loro impurità*

Per seguire Gesù, nostro modello, bisogna spogliarsi dell'uomo vecchio 

Ma voi, cristiani — soggiunge l'Apostolo con forza, contrapponendo ad un modello d'infamia, qual era il mondo pagano, un modello d'infinita santità qual era Gesù Cristo — voi non avete così imparato Cristo, libro vivo ed aperto innanzi a voi, poiché Egli è l'oggetto stesso della sua dottrina, la quale comprende i misteri in Lui compiuti, le azioni da Lui fatte e gli insegnamenti da Lui dati. Senza dubbio lo avete ascoltato attraverso la predicazione del Vangelo, e in Lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, verità essenziale opposta agli errori ed alle aberrazioni del paganesimo. 

Siete stati istruiti in tre cose fondamentali che dovevano mutare ed hanno mutato la vostra vita: A spogliarvi dell'uomo vecchio che si corrompe dietro le passioni ingannatrici, per quello che riguarda la vita passata; a rinnovarvi nello spirito della vostra mente, cioè a rinnovarvi nei vostri pensieri e nei vostri apprezzamenti, sotto l'influenza delle parole e della grazia di Gesù Cristo; a rivestirvi dell'uomo nuovo, creato ad immagine di Dio nella vera giustizia e santità. L'uomo nuovo, giustificato dalla grazia e santificato, può riguardarsi come una nuova creazione. Nella prima creazione l'uomo fu fatto ad immagine di Dio per le potenze naturali dell'anima, nella seconda l'uomo è fatto ad immagine di Dio per la giustizia e per la santità. Il peccato aveva cancellato dalla fronte dell'uomo l'immagine di Dio, riducendolo come una bestia mossa non dalla ragione ma dall'istinto e tutta rivolta alla materia; la grazia eleva la sua ragione per le verità della fede, e la sua volontà per la giustizia e la santità, formandone così una nuova creatura. 

L'uomo si rinnova nella virtù e amando la verità 

Questo uomo nuovo creato dalla grazia, è sempre pellegrino sulla terra, è sempre nella prova e nel combattimento; egli, perciò, non può essere giusto e santo senza vincere la bassa natura esercitando la virtù. San Paolo, quindi, a completare il suo insegnamento, esorta gli Efesini, sotto forma di breve sintesi, alla pratica di quelle fondamentali virtù che debbono formare il carattere del cristiano. Ed in primo luogo raccomanda la sincerità, tanto necessaria nei rapporti col prossimo, ed esclama: Rinunziando alla menzogna, parli ciascuno col suo prossimo secondo verità, essendo noi membra gli uni degli altri. Essendo tutti membra del medesimo Corpo mistico di Gesù Cristo di cui Egli è capo, non possiamo ingannarci con le menzogne, ma dobbiamo aiutarci l'un l'altro con sincera carità. 

La menzogna è quasi come la sostituzione di un membro vero ed attivo con un membro falso o morto; è come il mettere al posto di una mano un piede e, quindi, è lo stesso che rendere impossibile l'aiuto che al corpo deve prestare la mano. Non ci si può fidare di un uomo insincero, il quale propaga l'errore invece della verità, e finge di avere carità quando cerca solo il proprio tornaconto. 

Essere sinceri non significa irrompere contro il prossimo senza riguardi e senza carità; e difatti è facilissimo trovare quelli che vantandosi di essere franchi e sinceri sono in realtà irruenti e scortesi, puntigliosi e vendicativi; perciò san Paolo soggiunse: Se vi adirate guardatevi dal peccare; non tramonti il sole sopra la vostra ira. Queste parole sono del salmo 4,5, citato secondo i Settanta. La forza imperativa del testo, tanto nel greco che nel latino, si riferisce non all'impeto d'ira: irascimini, adiratevi, ma al secondo verbo: guardatevi dal peccare. 

Tanto il salmo quanto san Paolo che lo cita, non dicono: adiratevi, sì, ma non peccate, ma, come è evidente dal contesto, dicono che nei bollori dell'ira bisogna frenarsi, evitando d'irrompere contro il prossimo, e perciò l'Apostolo soggiunge: Non tramonti il sole sopra la vostra ira, ossia frenate anche l'interno risentimento, di modo che non passi il giorno senza che esso sia passato. Anche nel salmo c'è l'antitesi tra la sincerità e l'ira; esso, infatti, dice al versetto 3: Figli degli uomini... perché amate la vanità e cercate la menzogna? E dopo aver detto al versetto 5: Se vi adirate non vogliate peccare, soggiunge: Le cose che dite nei vostri cuori contro il prossimo adirandovi, ricordatele con compunzione nei vostri letti, pentendovi e togliendole dall'anima prima che cada la notte. Né il salmo né san Paolo parlano di quegli impeti di santo sdegno contro il male, che sono un dovere quando esso è persistente ed ostinato e non c'è altro modo di vincerlo. 

Nella verità si usi carità e giustizia 

Non date adito al diavolo — soggiunge l'Apostolo —cioè non aprite con l'ira la porta del vostro cuore al diavolo; questi non potendo entrare nell'anima direttamente, perché nell'anima c'entra solo Dio, vi penetra indirettamente per i nervi, per l'irruenza, per l'ira, eccitando all'odio alla vendetta ed a tanti altri peccati. 

Con la carità e la dolcezza bisogna custodire nel cuore la giustizia, e perciò dice san Paolo: Chi rubava non rubi più, anzi lavori con le proprie mani per avere di che aiutare chi è bisognoso. Chi lavora con le proprie mani non corre pericolo di rubare, perché è soddisfatto del suo guadagno e, se per disavventura abbia in passato commesso dei furti, è in grado di restituire ciò che ha tolto. Chi non restituisce ciò che ha rubato persevera tuttora nel peccato di furto ed è sempre un ladro. Chi lavora con le proprie mani mantiene più facilmente nella sua vita l'equilibrio della giustizia, e può mantenere anche quello della carità quando ha il cuore generoso, perché ha modo di aiutare chi è bisognoso. San Paolo dava in questo un grande esempio ai cristiani, poiché esercitava il suo mestiere per vivere senza essere di peso ad alcuno, ed aiutava col frutto del suo lavoro quelli che erano indigenti. 

Il commercio e le relazioni col prossimo producono naturalmente la scambievole familiarità, e quindi il discorrere con gli amici di tutto e di tutti. In questi amichevoli discorsi non è difficile parlare di cose brutte, che dolorosamente avvengono ogni giorno, scivolando facilmente in parole oscene. San Paolo, perciò, con logica successione di idee, soggiunse: Non esca dalla vostra bocca discorso alcuno disonesto o, come indica la parola greca logos sapròs, discorso alcuno osceno o immorale, ma ogni discorso sia buono, atto ad edificare secondo il bisogno di ciascuno di quelli che ascoltano, affinché apporti loro utilità, rafforzandoli nella fede, o dando loro delle notizie utili per la loro vita morale ed anche materiale. Chi fa discorsi disonesti ed osceni contrista lo Spirito di Dio che abita in noi, essendo noi suo tempio vivo, e per mezzo del quale siamo stati segnati di un sigillo, con i Sacramenti nel Battesimo e della Confermazione, per essere riconosciuti come figli di Dio nel giorno della redenzione, ossia nel giorno del Giudizio universale, quando sarà completa interamente l'umana redenzione. 

Nelle relazioni col prossimo bisogna ricordarsi che ogni creatura è immagine di Dio, ed ogni cristiano è tempio dello Spirito Santo, e perciò soggiunge san Paolo: Ogni amarezza che induce a credersi offesa dal prossimo ed a nutrire verso di lui sentimenti di avversione o di odio, ogni sdegno interno dell'anima, ogni ira che, come indica la parola greca, prorompe al di fuori, ogni clamore e maldicenza, conseguenza dell'ira che induce o a gridare o a manomettere la stima degli altri, sia bandita da voi insieme a qualunque malvagità di volontà e di propositi. Siate anzi gli uni gli altri benigni, ossia accondiscendenti e piacevoli, misericordiosi nel giudicare e facili a perdonarvi scambievolmente, a quel modo che anche Dio ha perdonato a voi in Cristo, rimettendovi le vostre colpe in vista dei suoi meriti. 


* Questi due vizi sono spesso uniti insieme nella Sacra Scrittura, proprio perché l'impurità genera il desiderio delle ricchezze, e il desiderio insaziabile delle ricchezze diventa avarizia (1 Cor 1,23; 2Cor 1,19; Gal 1,16).


Sac. Dolindo Ruotolo     Tratto da”Lettere di San Paolo Apostolo” – Casa Mariana Editrice – Apostolato Stampa



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