Gennaio 1367. Vicente ha diciassette anni quando bussa alla porta del convento dei Domenicani di Valencia (Spagna) per consacrare la sua vita a Cristo. Non ha bisogno di raccomandazioni : suo padre, Guillem Ferrer, notaio reale della città, è ben noto al convento. Lui e sua moglie, Constança Mique, sono generosi con i religiosi. Ci si ricorda, a Valencia, del miracolo che Dio fece per segnalare il destino particolare del bambino, mentre era ancora nel grembo della madre. Mentre la mamma chiedeva a una cieca, che aiutava personalmente, di pregare perché il parto si svolgesse nel modo migliore, la povera donna inclinò la testa verso il seno della sua benefattrice per benedire con tutto il cuore il bambino ; immediatamente, ritrovò la vista ed esclamò : « Madre felice ! È un angelo che voi portate, mi ha appena restituito la luce del giorno ! » E, il 23 gennaio 1350, venne al mondo un maschio ; i suoi genitori lo fecero battezzare il giorno stesso, ponendolo sotto la protezione di san Vincenzo, diacono di Saragozza, martirizzato verso il 303 a Valencia.
Nella sua misericordia, il Signore non solo concede a Vincenzo uno spirito contemplativo per adorarlo nelle chiese e davanti al tabernacolo dove Egli dimora, ma lo fa anche vibrare di ammirazione di fronte allo spettacolo delle sue opere nella natura, in particolare l’immensità del mare. Spontaneamente, il bambino s’improvvisa predicatore dei suoi compagni. Ma non tutti sono ugualmente disposti ad ascoltarlo e alcuni cercano di metterlo in ridicolo. Vedendolo un giorno avvicinarsi, uno di loro cade improvvisamente a terra e i suoi complici cominciano a lanciare grida, chiedendo aiuto. Vincenzo si precipita ; i furfanti lo supplicano allora di fare un miracolo a favore del moribondo. Un attimo sorpreso, l’interpellato li fissa con uno sguardo calmo, poi, gravemente, dice loro : « Ha finto di essere morto per il vostro divertimento, ma gli è andata male, perché è davvero morto. » Gli altri scoppiano a ridere e prendono in giro Vincenzo, mentre scuotono il loro compagno perché si rialzi. Ma invano : il ragazzo è bello che morto ! Sollecitato dalle suppliche sincere di altri compagni ben intenzionati, Vincenzo ottiene da Dio la risurrezione del giovane imprudente.
Dopo i suoi studi, Vincenzo entra nel noviziato dei Domenicani di Valencia. Nonostante la serietà della sua vocazione, i primi anni sono difficili per lui, perché il convento conosce un certo rilassamento. Tuttavia, padre Tomàs Carnicer, maestro dei novizi, si adopera per il ritorno a una più esatta osservanza della regola dei Domenicani. Sotto la sua guida, Vincenzo fa la sua professione nel 1368. Prosegue poi brillantemente gli studi di teologia, passando di “studium” (convento di studi) in “studium” : Gerona, Lerida, Maiorca, fino allo “studium generale” di Barcellona, e infine a Tolosa, che costituisce per il suo Ordine il coronamento della vita intellettuale. Viene ordinato sacerdote nel 1378 dal cardinale Pedro de Luna, che svolgerà un ruolo importante nella sua vita.
« L’ho sentito predicare »
Rientrato nel suo paese natale nel 1383, Vincenzo conduce una vita ascetica esercitando nel contempo l’incarico di teologale (membro del capitolo della cattedrale, incaricato di insegnare la teologia e di predicare in certe occasioni). Nel 1388, gli viene conferito il titolo di “Maestro di teologia” (dottorato). Ben presto il suo zelo e il successo dei suoi sermoni suscitano gelosie. Alcuni uomini male intenzionati usano uno stratagemma per rovinare la reputazione morale del predicatore : spingono presso una donna di malaffare un uomo anziano e dissoluto che Vincenzo ha spesso ripreso per i suoi disordini, il quale le chiede di mantenere segreto l’incontro perché il suo nome è Vincenzo Ferrer. La disgraziata si affretta a rivelare tutto intorno a lei e scoppia lo scandalo nella città. Sembra impossibile per il religioso potersi discolpare. Tuttavia, in occasione di un’assemblea pubblica solenne, un fratello del domenicano, indicando Vincenzo, chiede alla donna se lo riconosce. « No, non è lui che mi ha detto di chiamarsi Vincenzo Ferrer, risponde lei categoricamente. Questo lo conosco, l’ho sentito predicare molte volte. L’altro era molto più avanzato in età, quasi un vecchio. »
Maestro Vincenzo trasmette ai suoi contemporanei un messaggio tempestivo di penitenza, che il Signore conferma con il dono dei miracoli : gli atti della canonizzazione di San Vincenzo Ferrer ne citeranno più di ottocento, tra i quali si trovano molte risurrezioni.
Infatti, « perché l’ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, Dio ha voluto che agli interiori aiuti dello Spirito Santo si accompagnassero anche prove esteriori della sua rivelazione. Così i miracoli di Cristo e dei santi… sono segni certissimi della divina rivelazione, adatti ad ogni intelligenza, sono motivi di credibilità i quali mostrano che l’assenso della fede non è affatto un cieco moto dello spirito (CCC, n° 156).
Due obbedienze
In questa fine del XIV secolo, la Chiesa vive una gravissima crisi. Nel 1378, viene eletto a Roma papa Urbano VI. Ma la sua politica e il suo comportamento lo rendono ben presto odioso alla maggior parte dei cardinali. Alcuni di loro, guidati da Pedro de Luna, dichiarano l’invalidità dell’elezione, sostenendo che erano avvenute delle sommosse durante il conclave. Scelgono per governarli un altro papa, che prende il nome di Clemente VII e che si stabilisce ad Avignone. Inizia così il Grande Scisma d’Occidente che durerà trentanove anni. La Chiesa si divide in due : l’obbedienza romana, che riunisce principalmente gli Stati italiani, l’Impero Romano Germanico e l’Inghilterra, in contrapposizione all’obbedienza avignonese, che riunisce Francia, Castiglia, Aragona e Scozia. Le ricerche degli storici hanno permesso, molto più tardi, di determinare con certezza che Urbano VI era il Papa legittimo. Con tutti quelli del suo paese natale, maestro Vincenzo rifiuta in buona fede la legittimità di Urbano VI. Ha fiducia nel giudizio dei cardinali dell’opposizione e di Pedro de Luna in particolare. Il predicatore di Valencia sa tuttavia che non vi possono essere contemporaneamente due papi, perché c’è un’unica Chiesa fondata da Gesù Cristo. Ritiene che sia necessario cercare chi è il Papa legittimo e obbedire a lui, perché vi è un solo corpo e una sola fede (Ef 4, 4‑5).
Il 19 giugno 2013, papa Francesco ricordava che « essere parte della Chiesa vuol dire essere uniti a Cristo e ricevere da Lui la vita divina che ci fa vivere come cristiani, vuol dire rimanere uniti al Papa e ai vescovi che sono strumenti di unità e di comunione… Come avremo l’unità fra i cristiani se non siamo capaci di averla tra noi cattolici ? Di averla nella famiglia ? Quante famiglie lottano e si dividono ! Cercate l’unità, l’unità che fa la Chiesa. L’unità viene da Gesù Cristo. Lui ci invia lo Spirito Santo per fare l’unità. »
Nel 1394, alla morte dell’antipapa Clemente VII, viene scelto per succedergli Pedro de Luna, a condizione di porre fine allo scisma con tutti i mezzi, comprese le sue proprie dimissioni in caso sia necessario. Egli assume il nome di Benedetto XIII e fa venire Vincenzo Ferrer presso di lui ad Avignone. Non contento di prenderlo per suo confessore, lo nomina grande Penitenziere e Maestro del Sacro Palazzo. Diventato uno degli uomini più importanti della curia, il domenicano rifiuta tuttavia la porpora cardinalizia, nonostante la volontà espressa dell’antipapa. Ben presto, però, egli disapprova la politica bellicosa di Benedetto XIII e si ritira dal palazzo pontificio nel convento dei frati predicatori. Ciononostante mantiene il suo sostegno al papa di Avignone, finché rimane convinto della sua legittimità.
L’imminenza del Giudizio
Con il cuore lacerato dallo spettacolo dello scisma nella Chiesa, Vincenzo Ferrer offre continuamente, perché Dio vi metta fine, le sue preghiere, i suoi digiuni e le sue penitenze, adempiendo nel contempo fedelmente la sua missione di predicatore. Consumato dal dispiacere, finisce con il cadere molto gravemente ammalato. Il 3 ottobre 1398, terzo giorno della sua malattia, gli appare Nostro Signore, in compagnia di san Francesco e di san Domenico, che gli affida la missione di andare a predicare in giro per il mondo, a imitazione dei due grandi fondatori, lasciandogli intendere che « Egli avrebbe atteso misericordiosamente i risultati di questa predicazione prima della venuta dell’anticristo » (lettera di san Vincenzo a Benedetto XIII). Toccandolo con la mano, Gesù guarisce miracolosamente Vincenzo, confermando così la realtà della visione. Il domenicano ne conclude – e ne rimarrà sempre convinto, come lo hanno creduto al loro tempo altri grandi santi, tra i quali San Gregorio Magno (540-604) –, che il Giudizio universale è imminente. Quindi lo annuncerà spesso al popolo. Il 22 novembre 1399, avendo ottenuto il permesso da Benedetto XIII, lascia Avignone per una peregrinazione attraverso l’Europa, che durerà fino alla fine dei suoi giorni : percorrerà in lungo e in largo Francia, Italia, Spagna e Svizzera, per preparare i popoli al Giudizio di Dio.
« Prima della seconda venuta di Cristo, ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il “mistero di iniquità” sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne » (n° 675).
Molte delle persone convertite dalla predicazione di maestro Vincenzo si mettono sulle sue orme e lo seguono di città in città. Questi pellegrini indossano una specie di uniforme, un abito bianco e nero. Regna tra loro una grande carità fraterna. Lo spettacolo delle loro processioni e del loro modo di vita esemplare completa in modo molto efficace la predicazione del missionario. Nel 1405, questi arriva a Genova. La repubblica ligure è allora devastata dalla peste. Vincenzo Ferrer organizza la cura dei malati, ma anche alcune processioni del Santissimo Sacramento nelle strade. In questa città cosmopolita, dove non si può fare a meno del servizio degli interpreti, i suoi ascoltatori constatano per la prima volta un fatto singolare : tutti comprendono nello stesso tempo nella loro lingua la predicazione dell’oratore che, tuttavia, dovunque sia, si esprime solo nel suo dialetto catalano nativo, o in latino.
Seguire veramente Gesù
Abbiamo tutti bisogno di sentir ricordare la prospettiva del Giudizio universale : « Il messaggio del Giudizio finale chiama, infatti, alla conversione fin tanto che Dio dona agli uomini il momento favorevole, il giorno della salvezza (2 Cor 6, 2). Ispira il santo timor di Dio. Impegna per la giustizia del regno di Dio. Annunzia la beata speranza (Tt 2, 13) del ritorno del Signore il quale verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto (2 Ts 1, 10) » (CCC, n° 1041). Gesù stesso, « in linea con i profeti e con Giovanni Battista, ha annunziato nella sua predicazione il Giudizio dell’ultimo giorno. Allora saranno messi in luce la condotta di ciascuno e il segreto dei cuori. Allora verrà condannata l’incredulità colpevole che non ha tenuto in alcun conto la grazia offerta da Dio. L’atteggiamento verso il prossimo rivelerà l’accoglienza o il rifiuto della grazia e dell’amore divino. Gesù dirà nell’ultimo giorno : Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25, 40) (CCC, n° 678).
Il linguaggio di Vincenzo Ferrer è semplice e familiare, pieno di immagini concrete ; i suoi ascoltatori non sono affatto terrorizzati dalla severità delle sue parole, ma si convertono, toccati dalla bontà e dalla dolcezza del predicatore, che raccomandava egli stesso : « Parlate in modo tale che le vostre parole sembrino uscire non da una bocca orgogliosa e ostile, ma piuttosto dalle viscere della carità e di una compassione paterna. Siate come un padre che s’impietosisce dei suoi figli colpevoli… Abbiate il cuore di una madre che accarezza i suoi figli. » In Spagna, dove arriva nel 1409, opera anche con ardore alla conversione degli ebrei alla fede cattolica, ben convinto che Nostro Signore Gesù Cristo è Egli stesso il vero compimento dell’Antico Testamento. Per il predicatore, gli ebrei devono venire di loro spontanea volontà al Battesimo, ed egli ha in orrore le violenze nei loro confronti. La politica favorevole dei re di Castiglia e di Aragona verso i membri di questo popolo aveva infatti suscitato la gelosia dell’aristocrazia spagnola, fino a provocare dei pogrom (sommosse popolari antisemite) a Valencia nel 1391. Maestro Vincenzo dichiara senza mezzi termini ai responsabili, in Catalogna, che « le sommosse che fanno contro gli ebrei, le fanno contro Dio stesso ». Quanto a lui, mette a profitto la sua conoscenza dell’ebraico e del Talmud per ingaggiare, pieno della sua benevolenza abituale, delle discussioni con alcuni rabbini.
Un animo sereno
A Murcia, nel sud della Spagna, il predicatore instancabile deve, nel 1411, riposare la sua voce diventata rauca. « L’ha voluto Dio, commenta, perché i miei molti sermoni non m’ispirino nessuna vanagloria e quindi io non dimentichi che Dio potrebbe togliermi la voce per sempre. » E si rallegra di dover prolungare la sua permanenza nella città « per dare a un maggior numero di anime l’occasione di convertirsi ». Perché, a volte, « Dio stesso, aveva spiegato alle anime ferventi, porrà ostacolo ai vostri sforzi per la sua gloria inviandovi una malattia o facendo sorgere un altro evento. Non ve ne rattristate affatto. Accogliete tutto con animo sereno e confidate in Colui che sa meglio di voi stessi ciò che vi è utile e che opera continuamente per elevarvi verso di Lui, forse a vostra insaputa, purché vi abbandoniate a Lui senza riserve. »
Tuttavia, lo scisma che divide la Chiesa affligge sempre il cuore del domenicano. Nel 1407, aveva già organizzato a Savona un incontro tra Benedetto XIII, papa di Avignone e Gregorio XII, papa di Roma. Ma questo non ebbe alcun seguito a causa dell’ostinazione di Pedro de Luna ; da allora Vincenzo Ferrer iniziò a dubitare della sua legittimità. Nel 1409, aveva inoltre espresso la sua disapprovazione per il Concilio di Pisa, che proclamava i concili generali superiori al Papa e che aveva eletto un nuovo antipapa, Alessandro V, portando a tre il numero dei personaggi che sostenevano di essere papi. Mentre si riunisce nel 1414 il concilio di Costanza per cercare di risolvere lo scisma, Vincenzo Ferrer fornisce il suo sostegno agli sforzi congiunti dell’imperatore Sigismondo e del re d’Aragona per costringere Pedro de Luna a dimettersi. Di fronte, però, all’ostinazione di Benedetto XIII, il domenicano arriva a riconoscerne formalmente l’illegittimità e, nel 1416, proclama pubblicamente la sua decadenza. Il concilio di Costanza arriva infine, il 7 novembre 1417, all’elezione di Martino V al Seggio di Pietro, dopo le dimissioni o la deposizione dei tre concorrenti, ponendo così fine al Grande Scisma.
Operare per la pace
Ormai Vincenzo Ferrer non lascerà più la Francia : le sue peregrinazioni lo portano dalla Linguadoca, in Alvernia e nel Borbonese, a Lione, Nevers, Bourges, Angers, Nantes e Vannes. Il paese è allora devastato dalla guerra dei Cento Anni. Il predicatore opera per riportare la pace, non solo con i suoi sermoni al popolo, ma anche incontrando i potenti, in particolare i duchi di Borgogna e di Bretagna nonché il re d’Inghilterra. Tuttavia, la sua salute comincia a deteriorarsi seriamente, e i suoi compagni catalani lo supplicano di tornare nel paese natale per terminarvi i suoi giorni. Lasciatosi convincere, si imbarca per la penisola iberica. Ma venti contrari riportano la nave a Vannes, dove l’illustre predicatore termina la sua corsa su questa terra, meno di dieci dopo, il 5 aprile 1419. Il vescovo lo fa seppellire nel coro della sua cattedrale, ma i domenicani di Valencia ben presto rivendicano le spoglie mortali del loro confratello. Per una decisione di papa Nicola V, queste rimarranno, tuttavia, a Vannes. Sulla sua tomba accadranno molti miracoli e Vincenzo Ferrer verrà canonizzato da papa Callisto III il 29 giugno 1455.
« Nel Vangelo di Giovanni, osserva papa Francesco, si afferma esplicitamente che Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato ; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nell’unigenito Figlio di Dio (Gv 3, 17-18). Questo significa allora che quel giudizio finale è già in atto, incomincia adesso nel corso della nostra esistenza. Tale giudizio è pronunciato in ogni istante della vita, come riscontro della nostra accoglienza con fede della salvezza presente ed operante in Cristo, oppure della nostra incredulità, con la conseguente chiusura in noi stessi. Ma se noi ci chiudiamo all’amore di Gesù, siamo noi stessi che ci condanniamo. La salvezza è aprirsi a Gesù, e Lui ci salva… Ma per questo dobbiamo aprirci all’amore di Gesù, che è più forte di tutte le altre cose. L’amore di Gesù è grande, l’amore di Gesù è misericordioso, l’amore di Gesù perdona ; ma tu devi aprirti, e aprirsi significa pentirsi, accusarsi delle cose che non sono buone e che abbiamo fatto » (Catechesi dell’11 dicembre 2013).
Facendo elevare gli occhi di una generazione intera verso la prospettiva del Giudizio divino, san Vincenzo Ferrer, aiutato in questa missione urgente da doni eccezionali, ha attirato sui suoi contemporanei e sull’universo intero la misericordia divina. La predicazione di Giona aveva salvato Ninive, quella di Vincenzo Ferrer ha, in certo modo, salvato la cristianità. Facendogli eco, san Giovanni Paolo sottolineava, all’alba del suo pontificato, queste parole di san Giovanni : Questa è l’ultima ora (1 Gv 2, 18), e ricordava che « nella storia dell’uomo opera non soltanto Cristo, ma anche l’Anti-Cristo (cf. 2 Ts 2, 7). Eppure è necessario… che l’uomo, ogni uomo, il quale in qualche modo si sente responsabile di tale minaccia sovrumana che pesa sull’umanità, si metta davanti al giudizio della propria coscienza ; si metta davanti al Giudizio di Dio… In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini ; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta (Gv 1, 4-5) » (Omelia del 31 dicembre 1979).
Dom Antoine Marie osb
Tratto da: "Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph,
F. 21150 Flavigny- Francia (Website :www.clairval.com)"
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