giovedì 11 aprile 2013

L' umilta' di Dio - C.S. Lewis





L’umiltà di Dio

… Dio, che ci ha fatti, sa cosa siamo, e sa che la nostra felicità risiede in Lui. Eppure noi non la cercheremo mai in Lui finché ci lascerà un qualsiasi altro luogo in cui possiamo plausibilmente cercarla. Finché quella che chiamiamo “la nostra vita” sarà piacevole; non la cederemo mai a Lui. Che cosa può dunque fare Dio nel nostro interesse se non renderci la vita meno piacevole ed eliminare le plausibili fonti della nostra falsa felicità? È proprio a questo punto, quando la provvidenza di Dio sembra in un primo momento più crudele, che l’umiltà divina, l’abbassamento dell’Altissimo merita più 1ode. Rimaniamo perplessi quando vediamo abbattersi delle sventure su persone rispettabili, inoffensive, degne -su madri di famiglia abili e laboriose o su piccoli commercianti coscienziosi ed economi, su gente che ha lavorato tanto e onestamente per la sua modesta fetta di felicità e che ora sta apprestandosi a goderla pieno diritto. Come posso avere la tenerezza sufficiente per dire quello che devo ora dire? Non m’importa sapere che, agli occhi di ogni lettore ostile, diventerò in un certo senso personalmente responsabile di tutte le sofferenze che sto cercando di spiegare (…), ma m’importa moltissimo se allontano qualcuno dalla verità. Vorrei implorare il lettore di cercare di credere, anche solo per un momento, che Dio, che ha creato queste persone meritevoli, può avere veramente ragione di pensare che la loro modesta prosperità e la felicità dei loro figli non siano sufficienti per renderli beati -che tutto questo alla fine sarà loro tolto e che se non hanno imparato a conoscerlo finiranno miseramente. E per questo Egli infligge su di loro delle sofferenze, avvisandoli in anticipo di una insufficienza che un giorno dovranno scoprire. La vita loro e delle loro famiglie si frappone fra queste persone e il riconoscimento del loro bisogno; Egli rende allora quella vita meno dolce. Questa la chiamo “Divina umiltà” perché è meschino ammainare la nostra bandiera davanti a Dio quando la nave affonda, è meschino rivolgersi a Lui come all’ultima speranza di salvezza, offrirgli “ciò che è nostro” quando ormai non vale più la pena di tenerlo. Se Dio fosse orgoglioso, certo non ci accetterebbe a queste condizioni; ma non è orgoglioso, si abbassa per conquistarci, ci vuole avere anche se abbiamo mostrato di preferire ogni altra cosa a Lui, e anche se ci rivolgiamo a Lui solo perché non abbiamo trovato “niente di meglio”. La stessa umiltà si vede in tutti quegli appelli divini alle nostre paure che turbano le persone di nobili sentimenti che leggono la Scrittura. Non è certo un complimento per Dio che noi Lo scegliamo come alternativa all’Inferno; eppure Lui accetta anche questo. L’illusione della creatura di essere autosufficiente deve crollare nel suo stesso interesse e Dio, servendosi delle afflizioni o della paura delle afflizioni sulla terra, e mediante la semplice paura del fuoco eterno, la fa crollare, “incurante della diminuzione della Sua gloria”. Chi vorrebbe che il Dio della Scrittura fosse più puramente etico non sa quello che chiede. Se Dio fosse Kantiano, e non ci accogliesse se non quando andassimo a Lui partendo dai motivi più puri e migliori, chi potrebbe essere salvato? E questa illusione di autosufficienza può essere più forte in alcune persone molto oneste, gentili e moderate, e su tali persone deve dunque abbattersi la sventura. I pericoli di un’apparente autosufficienza spiegano perché il Signore consideri i vizi degli irresponsabili e dei dissoluti con tanta più indulgenza dei vizi che portano al successo mondano. Le prostitute non corrono certo il rischio di trovare la loro vita presente così soddisfacente da impedir loro di rivolgersi a Dio; sono piuttosto gli orgogliosi, gli avari e gli ipocriti a correre questo rischio.
C.S. Lewis (“Il problema della sofferenza” Ed. GBU -VI La sofferenza umana)

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