Le persone sagge e prudenti secondo le
stolte idee del mondo non mettono già la loro totale confidenza
nella Divina Provvidenza, ma nella loro industria, cura e
sollecitudine, nelle loro facoltà, nell'appoggio degli amici e dei
figliuoli, come appunto li descrive con queste parole il profeta:
Essi confidano nella loro forza; si vantano della loro grande
ricchezza (Sal 48, 7).
Ma stolte e pregiudicate si devono dire
tali persone, perché non dovrebbero confidare in se stesse,
non negli amici, i quali d'ordinario dacché sono giunti a occupare
posti più alti, o a possedere più ampie sostanze, non li mirano più
con occhio di amore; non nella loro figliuolanza, che perlopiù ama
assai più le paterne sostanze; non nei grandi del secolo e in
qualsivoglia altra persona del mondo, nelle quali, secondo
l'avviso di Davide, non v'ha salute e speranza di sicuro soccorso;
non nella fortuna che gli possa ridere piacevole in faccia,
perché quell’ instabile ruota spesso pesta sotto il grave
peso di mille infelicità colui che poco prima per l'auge di felicità
l'innalzava fin sopra le stelle; non nelle ricchezze che presto
sfuggono dopo un lampo di brevissima durata; non nelle forze del
loro ingegno che sovente per giusto voler di Dio si cambia
in oscurità e densa caligine; non negli onori che come fumo si
dissipano veloci; e infine non in qualsivoglia altra sorgente
temporale per essere tutte vanità e inconsistenza.
Nella sola Divina
Provvidenza confidar deve l'uomo, sicuro che questa nel governo
universale del mondo non manca, né mancherà mai; in questa si
deve sperare, su di questa come su di sodo e immobile fondamento si
deve poggiare, a questa pienamente affidarsi, e su di essa
gettare ogni pensiero, desiderio e speranza, giusta l'importante
avviso che ce ne dà il profeta: Getta nel Signore il tuo
affanno (Sal 54, 23). Con questo non intendo dire che il
ricco si spogli pienamente delle sue ricchezze; che nessun conto
faccia degli amici colui che per buona sorte ne ha, ma veri
amici; e che non debba prendersi l'uomo alcuna briga e interessamento
per la sua salute e vantaggi temporali; no, non questo intendo; anzi
si deve e procurare e conservare con grazia tutto il suddetto;
ma solo intendo rimproverare coloro che più si fidano degli appoggi
temporali che del soccorso divino.
L'uomo si affatichi pure quanto gli
piace, stenti e sudi per rendere stabile la sua casa e formare le sue
fortune; se Iddio non benedice dall'alto, e con la sua provvidenza
non Io seconda e lo sostiene, in breve ogni tesoro accumulato si
disperderà qual polvere al vento e, come una casa fondata sulla
rena, cadrà ogni sua felicità. Lo disse già il salmista: Se
il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode (Sal
126, 1).
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