La Scala Santa di San Giuseppe
A
Santa Fe, nel New Mexico, c’è una scala a chiocciola costruita al
di fuori di ogni regola. L’ha fatta un falegname rimasto
sconosciuto. Non dovrebbe stare in piedi, ma da oltre cent’anni è
lì. Che l’abbia costruita san Giuseppe?
Sappiamo bene che Dio è “Padre
Onnipotente”. Sono le prime parole della nostra professione di
fede. Le conosciamo e le crediamo profondamente vere. Tuttavia,
capita che quando Dio, al quale “non erit impossibile omne verbum”,
ossia nulla è impossibile, decide di sospendere le leggi della
natura da lui stesso create, capita, dicevamo, che si resti sorpresi,
quasi stupefatti dinanzi alla sua onnipotenza. Forse – parliamo per
noi in prima persona – se avessimo più fede certi “prodigi”
non ci scomporrebbero minimamente, li riterremmo un modo come un
altro utilizzato dal Signore per manifestare il suo amore.
Il
caso che stiamo per esporre ne è un esempio. Come doveroso, offriamo
qualche connotato storico.
Siamo
nel 1872 in America, precisamente a Santa Fe, capitale del New
Mexico.
Il vescovo locale, Jean Baptiste Lamy, decide di far costruire una cappella, precisamente la cappella di Loretto (sì, con due T, il nome inglese infatti suona come: Sisters of Loretto) per poter fornire un luogo di culto alle suore appena stabilitesi, dopo una peregrinazione che le vide attraversare il Sud-Ovest degli Stati Uniti, il Kentucky, il Missouri ed il Kansas.
Il vescovo locale, Jean Baptiste Lamy, decide di far costruire una cappella, precisamente la cappella di Loretto (sì, con due T, il nome inglese infatti suona come: Sisters of Loretto) per poter fornire un luogo di culto alle suore appena stabilitesi, dopo una peregrinazione che le vide attraversare il Sud-Ovest degli Stati Uniti, il Kentucky, il Missouri ed il Kansas.
Le
suore (quattro, la superiora suor Madeleine, Suor Catherine, Suor
Hilaire e Suor Robert) appena giunte sul posto iniziarono dunque ad
appaltare i lavori adiacenti alla loro semplice abitazione, affinché,
oltre al convento, potesse essere eretta una struttura simile alla
“Sainte Chapelle” di Parigi, dunque, la prima cappella gotica ad
ovest del Mississippi. Il progetto fu affidato all’architetto P.
Mouly, noto per la sua perizia e capacità: aveva, tra l’altro,
realizzato la cattedrale di Santa Fe. I lavori durarono cinque anni.
La cappella misurava 22,5 metri di lunghezza, era larga metri 7,5 ed
alta metri 25,5.
L’opera
terminata era esteticamente ammirevole. La galleria, gli archi, la
navata riuscivano a dare il senso del divino, a coinvolgere e a
creare l’idoneo raccoglimento. Ciò che sconvolse le suore fu il
doversi accorgere, di colpo, che il coro non era accessibile, dal
momento che non era stata né progettata né dunque costruita una
scala apposita per potervi accedere dalla tribuna. D’acchito si
cercò l’architetto progettista, nel tentativo di riuscire a
tamponare l’errore, ma questi era da poco deceduto.
Vennero
a questo punto contattati diversi ingegneri, i quali emisero
unanimemente un triste verdetto: il danno era irreparabile, lo spazio
non era sufficiente alla costruzione di una scala. L’unica
alternativa era costituita dalla edificazione di una nuova galleria,
o, altrimenti, la costruzione di una scala a chiocciola, sicuramente
inusuale.
Le suore si comportarono nell’unico modo nel quale può comportarsi un cristiano dinanzi alle difficoltà: ossia, memori dell’aforisma: «Quando pare non ci sia più nulla da fare, si può ancora pregare», decisero di iniziare una novena a San Giuseppe (sotto il cui patronato era stata posta la cappella), nella sicura speranza che il Cielo non le avrebbe abbandonate in una situazione così incresciosa. Per nove giorni e nove notti, senza sosta, elevarono preghiere al patrono dei falegnami, affinché potesse intercedere in loro favore.
Le suore si comportarono nell’unico modo nel quale può comportarsi un cristiano dinanzi alle difficoltà: ossia, memori dell’aforisma: «Quando pare non ci sia più nulla da fare, si può ancora pregare», decisero di iniziare una novena a San Giuseppe (sotto il cui patronato era stata posta la cappella), nella sicura speranza che il Cielo non le avrebbe abbandonate in una situazione così incresciosa. Per nove giorni e nove notti, senza sosta, elevarono preghiere al patrono dei falegnami, affinché potesse intercedere in loro favore.
Il
nono giorno, inaspettatamente, si presentò alla porta del loro
convento un uomo strano, con i capelli grigi, accompagnato da un
asino carico di piccoli e semplici strumenti da lavoro. Questi chiese
di poter conferire con suor Maddalena, la superiora, e manifestò la
volontà di costruire lui stesso la scala mancante. La religiosa
accolse di buon grado la proposta di quest’uomo, anche se non era
stato da loro interpellato.
Il
falegname iniziò a lavorare dentro la cappella e chiese di essere
lasciato solo mentre si adoperava per la riuscita della sua opera.
Ogni tanto, però, qualche consorella riusciva a sbirciare e la
perplessità era pressoché di tutte: l’uomo, infatti, si serviva
soltanto di una sega, un goniometro e un martello. Invece dei chiodi
utilizzava cavicchi. Tra le stranezze notavano poi che immergeva dei
pezzi di legno in secchi d’acqua: insomma, oggetti poveri e usati
in maniera quantomeno atipica. Per rispetto, non vollero
intromettersi e restarono ad attendere la conclusione dell’operato.
Dopo
tre mesi la scala poteva dirsi pronta e se fino ad ora si poteva
parlare di coincidenze, stranezze, atipicità, adesso bisognava
ammettere l’inspiegabile. La scala consisteva appunto in una doppia
spirale apparentemente sospesa senza punti d’appoggio, assemblata
senza alcun chiodo e realizzata con una tipo di legno assolutamente
sconosciuto.
Quando madre Maddalena volle pagare il carpentiere per il lavoro svolto, non riuscì a trovarlo, essendo scomparso.
Le suore volevano sdebitarsi e fecero tutto il possibile per rintracciarlo, senza alcun esito positivo. Nessuno, infatti lo conosceva né l’aveva mai visto prima di allora.
Quando madre Maddalena volle pagare il carpentiere per il lavoro svolto, non riuscì a trovarlo, essendo scomparso.
Le suore volevano sdebitarsi e fecero tutto il possibile per rintracciarlo, senza alcun esito positivo. Nessuno, infatti lo conosceva né l’aveva mai visto prima di allora.
Torniamo
alla scala, denominata, non dunque senza motivo “scala santa”.
Essa è composta da trentatre gradini (gli anni di Gesù) che girano su due spirali di 3600 esatti. Il fatto inconcepibile è che il tutto è senza alcun sostegno centrale. Non avendo alcun pilastro centrale per sostenerla, significa che tutto il peso deve gravare necessariamente sul primo gradino, un controsenso, assolutamente impensabile secondo le più elementari leggi della fisica e della statica. Le stesse suore temevano non poco a salire, consce del prodigio che le vedeva coinvolte.
Essa è composta da trentatre gradini (gli anni di Gesù) che girano su due spirali di 3600 esatti. Il fatto inconcepibile è che il tutto è senza alcun sostegno centrale. Non avendo alcun pilastro centrale per sostenerla, significa che tutto il peso deve gravare necessariamente sul primo gradino, un controsenso, assolutamente impensabile secondo le più elementari leggi della fisica e della statica. Le stesse suore temevano non poco a salire, consce del prodigio che le vedeva coinvolte.
Gli
enigmi legati a quell’episodio non sono mai stati risolti: chi era
quell’uomo? Da dove veniva? Come faceva a conoscere le necessità
del convento? Come fece, da solo, a progettare e a realizzare la
scala, una scala con la perfezione delle curve dei montanti
irrealizzabile in quell’epoca? (il legno è raccordato sui Iati dei
montanti da nove spacchi di innesto sull’esterno, e da sette
sull’interno). Come riuscì nella sua impresa senza servirsi di
chiodi e altri utensili indispensabili alla realizzazione? Come mai
nessuno ebbe a sapere chi fosse? Da dove proveniva quel legno unico,
che, ad oggi, nessuno sa classificare e appare sconosciuto agli
studiosi? Come può una scala reggersi in equilibrio senza sostegno
centrale e non crollare istantaneamente ma, al contrario, portare per
decenni il peso quotidiano di centinaia di persone senza mostrare il
benché minimo cedimento? Di più, senza presentare la minima traccia
di usura inevitabile dopo quasi un secolo e mezzo? Le testimonianze
parlano inoltre di una sorta di “leggerezza” che si avverte nel
percorrere gli scalini.
La
ragione non può dare risposta; forse, più semplicemente, bisogna
ammettere, con Pascal, che l’ultimo stadio della ragione è
riconoscere che vi sono una quantità infinita di cose che la
superano.
Che sia stato veramente S. Giuseppe ad edificare quest’opera? Ciò che, in ogni caso, non lascia dubbi è l’inspiegabilità del susseguirsi degli eventi e il fatto che, ad oggi, resta un capolavoro vivente, visitato anche da non credenti i quali non possono che constatare l’oggettiva inspiegabilità della costruzione.
La scala santa attualmente attira oltre duecentocinquantamila visitatori l’anno, è meta di numerosi pellegrinaggi da ogni parte del mondo ed è da centotrentasette anni al centro del più singolare prodigio religioso architettonico mai esistito.
Fonte: Il Timone n. 84 - Giugno 2009 - pag. 52 - 53]
Che sia stato veramente S. Giuseppe ad edificare quest’opera? Ciò che, in ogni caso, non lascia dubbi è l’inspiegabilità del susseguirsi degli eventi e il fatto che, ad oggi, resta un capolavoro vivente, visitato anche da non credenti i quali non possono che constatare l’oggettiva inspiegabilità della costruzione.
La scala santa attualmente attira oltre duecentocinquantamila visitatori l’anno, è meta di numerosi pellegrinaggi da ogni parte del mondo ed è da centotrentasette anni al centro del più singolare prodigio religioso architettonico mai esistito.
Fonte: Il Timone n. 84 - Giugno 2009 - pag. 52 - 53]
Nessun commento:
Posta un commento