Sono
davvero numerosi coloro che soffrono di incapacità a dire «no». Di
fronte a qualunque richiesta queste persone acconsentono, mentre
avrebbero delle buone ragioni per rispondere negativamente. Ma si può
guarire...
Quando
rispondiamo «sì» mentre pensiamo «no», viviamo una stortura
interiore che, alla lunga, ci condanna a comportamenti frustranti o
di scarsa autostima. Non teniamo conto dei nostri bisogni personali:
i desideri o le attese degli altri ci sembrano più importanti dei
nostri.
Imparare
a dire «no»
Questo
comportamento conduce ad un vicolo cieco, a meno che non si tratti di
una scelta matura e compiuta liberamente, per esempio di abnegazione
per amore dell'altro, di evangelico rinnegamento di sé, di un atto
d'amore gratuito..., ma ciò non ha niente a che vedere con una
fondamentale incapacità di dire no. Nel rinnegamento di sé
evangelico si tratta di dire sì anche avendo la possibilità di dire
no senza per questo sentirsi colpevole, cattivo o peccatore.
Chi
sceglie di dire sì per amore o abnegazione gusta il frutto dello
Spirito, che è la gioia, la gioia del dono e non la sua
contraffazione che e la frustrazione: «che il vostro parlare sia sì,
sì, no, no: il di più viene dal maligno» (Mt 5, 37).
Imparare
a dire no è anche una scuola di umiltà, di verità e di carità.
Significa imparare a prendersi cura di sé, ad ascoltarsi, ad amare
se stessi, per entrare in relazioni autentiche con gli altri.
Se
non diciamo quello che pensiamo veramente e che sentiamo in noi, le
nostre relazioni rischiano di venire prima o poi profondamente
scosse. Lasciamo all'altro il compito altamente problematico di
intuire quello che stiamo vivendo dentro di noi e siamo infelici
quando, inevitabilmente, ciò non accade.
Mancanza
di fiducia in sé
La
principale origine delle malattie della comunicazione si trova molto
spesso nella scarsa autostima. Il fatto di evitare di manifestare il
proprio disaccordo di non esprimere un'opinione diversa, di non saper
dire no, manifesta la ricerca della stima o dell'approvazione
dell'altro ed è il segno evidente che si manca di stima di sé e si
dubita della propria identità profonda.
Avendo,
per così dire, affidato all'altro piuttosto che a Dio la nostra
autostima, diventiamo incapaci di esprimere apertamente e
precisamente le nostre idee personali e i nostri bisogni, che
avvertiamo come minacciosi.
Chi
è davvero radicato in Dio, in una profonda coscienza della propria
identità, guarisce da questa scarsa autostima perché è consapevole
di essere amato per ciò che è, incondizionatamente. Il proprio
valore non deriva dalle sue azioni, dai suoi meriti o
dall'approvazione degli altri, ma dall'amore divino nel quale egli è
fondato. Uno dei più bei frutti di una vita spirituale autentica è
di cessare di odiare se stessi e più ancora, di amarsi, accogliersi,
accettarsi.
Perché
non osiamo dire «no»
Dobbiamo
metterci in testa che rispondere no a una domanda non è in se
drammatico. Di solito non osiamo dire no, perché pensiamo che non è
educato, non è caritatevole o perché temiamo di essere sgraditi o
giudicati male. Abbiamo paura che gli altri ci rifiutino o ci
detestino se non soddisfiamo le loro richieste.
Accade
anche molto spesso che rispondiamo sì per timore di una reazione
aggressiva o addirittura violenta. In tal caso viviamo sotto
l'influsso di manipolatori, che giungono ai loro fini attraverso
diverse tecniche, che vanno dalla seduzione alla minaccia..., e
trovano nei nostri sensi di colpa un prezioso alleato alle loro
manovre. Ma spetta a noi soltanto sapere e decidere ciò a cui
vogliamo sottostare, fissare dei limiti, prendere atto e fare un
ordine gerarchico dei nostri bisogni Siamo spesso presi in questa
trappola: stabilire delle «equazioni» tra i comportamenti e poi
fare giudizi di identità. Per esempio riteniamo che essere gentili o
caritatevoli equivalga a dire sì e che dire no equivalga ad essere
cattivi ed egoisti. Crediamo che dire no significa necessariamente
opporsi, e stabilire inevitabilmente relazioni conflittuali, come se
in fin dei conti non avessimo altra alternativa se non quella di
essere sottomessi (passivi, gentili) o aggressivi (cattivi,
peccatori).
Imparare
a dire di no in modo sano, cioè senza aggressività, senza ferire il
prossimo ed in modo da prendere in considerazione contemporaneamente
i propri bisogni, quelli degli altri e la relazione con loro
significa imparare ad assumere un comportamento radicato e ancorato
nell'amore e nella presenza di Dio. Se non sappiamo dire no è perché
confondiamo il dono di sé con il vittimismo.
L’arte
di dire «no»
Ognuno
di noi ha una propria visione del mondo, cioè un modo di
rappresentare il modo in funzione dei propri valori, credenze,
attese... Ora nessuno di noi conosce a priori la visione del mondo
degli altri e gli altri non conoscono la nostra, se non siamo noi a
fargliela conoscere. Noi e noi soltanto abbiamo la responsabilità di
fargliela conoscere. Una delle caratteristiche della persona matura è
precisamente di saper manifestare al momento opportuno i propri
sentimenti, i propri desideri o bisogni e di prendere le proprie
decisioni in coerenza con essi, l'uomo maturo si considera come il
primo responsabile della propria vita e dei risultati che ottiene.
L'uomo
maturo, pieno di Spirito Santo, non è opprimente, ma rassicurante.
Dolcezza e umiltà non sono l'opposto di fermezza e sicurezza. Se c'è
autorità non è mai autoritario. Se deve rispondere negativamente a
una domanda lo fa in modo posato, caritatevole ma diretto, senza
provare il bisogno di scusarsi o di giustificarsi. Evita di essere
oggetto di manipolazioni, di lusinghe, di pressioni che tendono a
trasmettere sensi di colpa o sottili minacce.
I principi pratici per
rispondere negativamente ad una domanda in modo maturo sono alla fin
fine molto semplici: * Verificare le proprie disposizioni interiori,
essere chiari con le proprie motivazioni: il mio obiettivo è
accusare l'altro o
manifestargli
serenamente i miei bisogni o il mio modo di sentire? * Far precisare
bene la domanda. Manifestare all'altro che si è capito ciò che egli
desidera. * Svelare ciò che si prova di fronte all'insistenza della
domanda. * Fare esplicita domanda di cambiamento se la richiesta
persiste. * Per finire, usare la tecnica detta del «disco rotto»:
ci si accontenta di dare le stesse risposte senza lasciarsi prendere
nell'ingranaggio
delle giustificazioni o del ricatto affettivo.
Riconoscere
i propri limiti
Una
regola d'oro è l'apertura del proprio cuore, la manifestazione di
ciò che si prova. Dicendolo si espongono i propri limiti e le propri
debolezze personali, parlando di sé e non dell'altro, ciò che evita
di farlo sentire sotto accusa: rinunciando a dire «tu sei un
irresponsabile», «tu fai sempre così...», «tu sei così o
cosà...».
Il
principio per una buona comunicazione sta precisamente nel permettere
alle divergenze di esprimersi, alle contrarietà di manifestarsi,
alle differenze di esistere e di essere riconosciute come legittime.
Avere propri bisogni e propri desideri ed esprimerli come tali senza
timore di essere giudicato o rifiutato non è mancanza d'amore. Il
problema non è tanto di essere in disaccordo, ma di essere incapaci
di dirlo, di accettarlo e di gestirlo sanamente senza sentirsi
minacciati o cadere nell'ingannevole paura di essere rifiutati,
disprezzati o di provocare nell'altro la collera.
(Da
Feti et Lumière, N° 206, mai 2002. p 14-17)
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