In queste
pagine c'è solo qualcosa di ciò che potrebbe esser detto
sull'amore. Chi potrebbe dire tutto? L'amore ha dimensioni infinite
che combaciano con le dimensioni di Dio.
Ciò che è
scritto qui vorrebbe essere... un atto d'amore, uno di quei piccoli
atti d’amore che costano poco, ma che pure possono rallegrare la
vita di qualcuno e accompagnarla per un momento. Se, leggendo, scopri
che sai amare, ringrazia la Fonte del tuo amore. Se, tra le righe,
scopri invece che il tuo amore è ancora infante, nutrilo
pazientemente con fede, con sacrifici, con preghiere: Dio ti
ascolterà, perché è lui che vuole amare stando in te.
Ricorderai
sempre che scoraggiarsi non è amore, che temere non è amare, perché
Dio non si scoraggia d'amare, né teme l'amore che costa.
L'amore non è
un risultato dei tuoi sforzi. Anche. Ma innanzi tutto è un dono di
Dio. Come tutti i doni di Dio è un seme da lasciar crescere e una
promessa da compiere.
don Vigilio Covi
IL DESERTO, VIVAIO PURIFICATORE DELL'AMORE
«Lo Spirito
spinse Gesù nel deserto. Vi rimase quaranta giorni tentato da
Satana. Stava con le fiere e gli angeli lo servivano» (Mc. 1,12).
Nel deserto
nessuno ti ascolta. Non puoi parlare con nessuno e nessuno ti parla.
Nel deserto vai, se vuoi, per ascoltare Dio, per parlare con lui. È
il luogo dove Dio è l’unica persona presente alla tua vita, alle
tue parole, ai tuoi occhi, alle tue orecchie, al tuo cuore.
Senza di lui il
deserto è la morte.
Il deserto è
il luogo d’abitazione delle forze contrarie a Dio, perché dove Dio
può agire nel modo più forte, là più caparbio il suo nemico
attacca, allo scoperto, ormai senza oggetti dietro cui camuffare la
sua astuzia.
Il deserto è
il campo di battaglia. Tu che entri nel deserto diventi il campo di
battaglia tra Dio e il suo nemico. Il deserto, luogo senza vita, è
il luogo dove, contro ogni evidenza, nasce la vita che viene da Dio,
perché Dio la vuole e la chiama dal nulla.
Il popolo di
Dio, quello che è entrato nella terra promessa, è nato tutto nel
deserto.
La vita, che
viene da Dio, nasce nel deserto: così può venire evidenziata con
chiarezza la fonte di quella vita. Nessun'altra forza ha potuto
intervenire in quella nascita, se non la forza di Dio.
Il deserto,
luogo straordinario, luogo fuggito dagli uomini, è il luogo dove lo
Spirito di Dio spinge gli uomini, e li spinge là perché vuole che
essi si incontrino a faccia a faccia con Dio, come Mosè, che nel
deserto ha incontrato la voce di Dio che parlava nel roveto ardente;
come Elia, che nel deserto ha camminato per quaranta giorni; come
Gesù, che vi rimane, anch’egli spinto dallo Spirito, per quaranta
giorni.
È luogo di
nascita, luogo di crescita. Nel deserto, niente davanti ai tuoi occhi
se non il tuo Dio. Il tuo Dio nel deserto diventa grande ai tuoi
occhi: diventa la pienezza. Ora il tuo Dio può crescere davanti a
te. Può crescere a dismisura perché nessun altro può togliergli un
po' di posto, fargli un po' di ombra (Gv. 3,30).
Il deserto è
necessario alla vita. È il luogo dove tu devi passare. È il momento
della tua vita dove tu non senti più nessuna voce di uomo: nessuna
voce di uomo tocca il tuo cuore; è il luogo dove nessun orecchio
umano ascolta le tue parole. È un momento della vita che devi
passare. Se non viene da sé lo devi cercare.
Nel deserto che
ti viene donato è messa a dura prova la tua fede, perché per nessun
altro motivo potresti restare in questa situazione se non credessi
alla presenza di Dio, al suo amore, nonostante il deserto. Nel
deserto infatti scompare anche ogni tua immagine di Dio, tutto quel
che credevi Dio fosse, ogni tua aspettativa riguardo al suo amore,
tutto quel che immaginavi di lui, e resta solo in verità chi è Dio.
Il deserto è il luogo della verità.
Nel deserto che
tu cerchi vuoi mettere in atto e lasciar crescere la tua fede; vuoi
lasciare che essa porti i suoi frutti. Ma nel deserto che cerchi tu
stai ancora rispondendo a un invito di Dio che suscita in te la
voglia di uscire dall'abitato.
Ed ancora, è
Dio che opera, proviene da Dio l'iniziativa.
Nel deserto
viene messo a dura prova il tuo amore per Dio.
Anche il tuo
amore per il prossimo viene purificato sette volte.
Viene messo a
dura prova il tuo amore per Dio, perché, se non ami Dio, non puoi
rimanere solo con lui.
Viene messo a
dura prova e viene purificato il tuo amore per il prossimo, perché
nel deserto il tuo amore per il prossimo diventa desiderio che anche
lui possa incontrare Dio e nessun altro. Il tuo amore per il prossimo
viene purificato dalle compassioni, dai desideri che il prossimo
abbia beni materiali o considerazioni umane, dal falso amore, che
cerca negli altri ancora se stesso e appagamento alla propria
disperata solitudine. Qui, nel deserto, il tuo amore per il prossimo
acquista le dimensioni che ha l'amore di Dio per te.
Il deserto è
incontro.
È possibilità
di incontrarsi a tu per tu, faccia a faccia. Se non riesci a rimanere
a lungo nel deserto, non sai amare Dio e non sai amare il prossimo in
modo purificato; quanto più amerai Dio e il tuo prossimo in modo
purificato, tanto più riuscirai a rimanere a lungo nel deserto.
E quando ne
uscirai, ne uscirai non vinto, ma vincitore su colui che nel deserto
si sente forte: Satana.
Questi ti viene
incontro con parole di Dio, usate in modo tale da distoglierti
dall'adorare Dio e la sua volontà, ma tendenti a farti prendere
posizione contro di lui o lontano da lui. È un modo di tentare Dio,
di mettere Dio alla prova. Dio è Dio e basta; non lo si mette alla
prova, ma lo si riconosce e lo si adora.
Il deserto è
il luogo della vittoria di Dio in te. Qui Dio può vincere. Qui ti
accorgi che colui che vince in te non sono le tue piccole, povere
forze, ma solo lui. Il deserto è il luogo dove tu muori a te stesso,
luogo in cui deve crescere e rafforzarsi la vita di Dio in te. Tra
Dio e satana Dio è sempre il più forte, e se conti su Dio, egli è
la tua vittoria.
Il deserto,
dove non c'è nessuna vita, è il luogo dove si realizzano le
promesse di Dio. Egli nel deserto farà scorrere fiumi, e il deserto
diventerà un giardino ricco di acque e di piante da frutto. Dal
momento in cui Gesù è entrato nel deserto, il deserto non è più
deserto, ma un giardino dove tu puoi camminare con Gesù incontro al
Padre. Nel deserto puoi entrare sapendo che lì già ci sono le orme
del tuo Maestro.
Nel deserto tu
puoi entrare sapendo di essere accompagnato.
Nel deserto tu
entri insieme a Gesù e ti puoi mettere con lui davanti al Padre. Ti
puoi unire a lui nella lotta contro il Nemico che ti si fa innanzi.
Il tuo deserto
non è più deserto, nemmeno il deserto più duro, quello in cui ti
viene chiesta la vita: nel deserto infatti Gesù è già entrato, ed
ha vinto. Eccolo nell'orto degli olivi. Non è un momento lungo: dura
poche ore, ma è il deserto più deserto che l’uomo possa aver
incontrato, deserto dove Dio raggiunge il massimo della vittoria.
Gesù è solo; si trova fra un gruppo di amici e un gruppo di nemici.
Egli è solo. Il gruppo degli amici dorme; il gruppo dei nemici
avanza. Gesù è solo; è nel deserto.
In questo
momento vediamo che cosa voglia dire deserto: essere solo con il
Padre, poter dire una parola solo a Dio, poter ricevere solo da Dio
la promessa. Gesù qui, nell'orto degli olivi, è arrivato al culmine
del suo deserto.
Vi era entrato
tre anni prima ed era rimasto come nel deserto anche in mezzo alla
folla: anche là egli era solo con Dio Padre!
Quando la folla
lo circondava, il suo sguardo e la sua mente erano in Dio. Gesù,
uscendo dai quaranta giorni di deserto, era rimasto nel deserto. Era
rimasto nell'atteggiamento che là aveva potuto sperimentare:
rimanere da solo con Dio, prendere le mosse solo dai suoi cenni, dare
peso solo alla sua voce e in tal modo far crescere ed approfondire se
stesso.
Il deserto è
il luogo dove è entrato, passato, vissuto Gesù.
Quello dei
quaranta giorni è stato solo un momento di passaggio, com'è il tuo
deserto: un momento di passaggio come situazione esteriore, ma un
momento che continuerà a crescere come situazione interiore, come
atteggiamento, come luogo di abitazione del tuo spirito.
In nessun luogo
come nel deserto la tua vita può venire arricchita, completata,
perfezionata.
Cerca di
entrarvi al più presto. Cerca di esercitarti a vivere il deserto con
dei momenti di vero deserto anche esteriore.
La vita, la
ricchezza, la pienezza che ricevi dal deserto vale più di quella che
ricevi dal turbinio del mondo.
«Non indurite
il vostro cuore come a Meriba,
come nel giorno
di Massa nel deserto,
dove mi
tentarono i vostri padri pur avendo viste le mie opere.
Per
quarant’anni mi disgustai di quella generazione e dissi:
Sono un popolo
dal cuore traviato, non conoscono le mie vie.
Perciò ho
giurato nel mio sdegno:
non entreranno
nel luogo del mio riposo» (Sal. 94).
Il deserto è
la porta di ingresso, l’atrio del luogo del riposo di Dio. Non
entreranno « nel luogo del mio riposo » coloro che non hanno saputo
stare nel deserto, non hanno saputo passarvi nel modo in cui Dio si
attendeva da loro, con piena fiducia in lui.
Deserto: luogo
di passaggio per entrare nel riposo di Dio. Cosa c'è di più bello
che entrare nel riposo di Dio?
Quando una
persona ha davanti a sé solo Dio, i suoi disegni, e quando ha
sperimentato che la presenza di Dio è la più forte, più forte di
qualsiasi altra presenza, allora veramente quest'uomo è nel riposo:
sa che Dio, presente, sta lavorando, sa già in quali mani sta la
vittoria, sa che ogni situazione torna a vantaggio dell'uomo che ama
Dio (cfr. Rom. 8,28).
La persona che
è passata nel deserto non può più dubitare dell'oggetto della
propria fede - dell'amore che Dio ha per lei - perciò nessuna
situazione più la sconvolge, nessuna disgrazia la fa tremare o
impaurire.
Entra davvero
nel riposo di Dio, riposo donato da Dio, riposo riempito di Dio;
riposo conquistato da Dio, riposo in cui Dio stesso si fa sazietà e
dolcezza per l’uomo, riposo che è condizione per amare con tutto
il cuore!
Non temere il
deserto, entrerai nel riposo di Dio! Non temere il deserto che ti
capita addosso senza volerlo; non temere nemmeno quel deserto che non
vorresti, perché entrerai nel riposo di Dio. Guarda avanti e
comincia già a godere di questo riposo. Fin d'ora, nella tua
attività, in ogni cosa che tu fai, che tu inizi, o che porti a
compimento, ricordati che puoi essere nel riposo di DIO!
Cerca il
deserto: là il tuo amore più puro nasce e si rafforza e si prepara
ad affrontare con forza ogni difficoltà. Il deserto è il vivaio di
ogni tuo amore vero.
VEDERE L'AMORE
«Carissimi,
amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama
è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio,
perché Dio è amore » (1Gv. 4,7-8).
« Se anche
parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la
carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
E se avessi il
dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza,
e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne,
ma non avessi la carità, non sono nulla.
E se anche
distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser
bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.
La carità è
paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si
vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo
interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode
dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.
Tutto copre,
tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai
fine.
Queste dunque
le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di
tutte più grande è la carità! » (1Corinzi 13).
L'apostolo
Giovanni, ormai molto vecchio e non più in grado di camminare,
veniva portato ugualmente alla riunione dei cristiani. Non poteva più
tenere lunghi discorsi, ogni volta ripeteva loro la stessa cosa: «
Figlioli miei, amatevi gli uni gli altri ».
I discepoli
avrebbero ascoltato volentieri qualcosa di diverso. Erano annoiati di
sentire sempre le stesse cose e gli chiedevano: «Dicci qualcosa di
più!»; e Giovanni: «Carissimi, amatevi gli uni gli altri; ve lo
dico sempre, perché questo è il comandamento del Nostro Signore
Gesù. Se voi faceste solo questo, sarebbe sufficiente».
L'amore è
importante; l’amore è necessario: l’amore è essenziale.
A noi uomini
succede spesso che tralasciamo l'essenziale per occuparci di molte
cose secondarie.
È la
tentazione in cui veniamo continuamente a trovarci.
Amare è un
modo di vivere così discreto, così semplice, che non si fa notare,
non attira l'attenzione: chi ama non cerca la propria gloria, ma il
bene dell’amato. L'amore è come un peso, che porta verso colui che
si ama. L'amore non attira a sé, ma fuori di sé. « Non c'è amore
più grande di questo: dare la vita per i propri amici ». Amare
somiglia a morire. Noi faremmo più volentieri azioni grandiose ed
eroiche, perché abbiamo la mania delle cose grandi, che ci fanno
sentire e sembrare importanti e soddisfatti di noi stessi, piuttosto
che esercitare l’amore quotidiano. Siamo sempre interessati, non
sappiamo agire gratuitamente, quando davvero non ce ne viene niente,
quando nessuno si accorge della nostra fatica né può renderci
merito. Amare è pericoloso per il nostro orgoglio, per il nostro io
che vuole mettersi al primo posto: l’amore ci fa mettere all'ultimo
posto.
E Dio, che
conosce in quali tentazioni siamo condotti dal Maligno, continuamente
ci ammonisce; e il nostro Maestro e Signore Gesù, i suoi discepoli,
i nostri padri nella fede non finiscono mai di «imporci», cioè di
metterci dentro, di porci nel cuore questa parola: amare. Con fedeltà
il Padre ci dona persone che, vissute secondo l’amore di Gesù, ci
sono di aiuto, perché col loro esempio ci spronano ad amare:
infatti, l’amore è contagioso; e ci ricordano che questa è la
cosa più importante, perché saremo giudicati secondo l’amore.
Anche molte persone, del nostro tempo, vivono amando secondo il
modello di Gesù, per questo sappiamo che amare è possibile anche
oggi.
AMARE COME GESÙ
AMA: questo è il centro della nostra nuova vita, di quella vita che
abbiamo ricevuto attraverso Gesù; questa vita, che viene da Dio, è
amore, perché Dio è amore.
E Dio ama
donandosi; il Padre ci ama tanto da darci l’unico Figlio, ed egli
dà la sua vita per noi. Infatti fa tutto quello che vede fare dal
Padre: Gesù è sempre alla scuola del Padre. Anche noi impariamo ad
amare alla scuola del suo amore, perché egli è il nostro Maestro.
La vita che riceviamo, noi la diamo ancora! Del resto, quando ce la
teniamo stretta, che cosa ci rimane? Forse che la sappiamo custodire
meglio di Dio che ce l' ha data ? («La morte dei suoi fedeli è
preziosa agli occhi del Signore»). La vita nel tempo invecchia, e
come è comparsa così scompare senza lasciare niente. La nostra vita
è come un cibo: se custodiamo avaramente il cibo, che è fatto per
essere mangiato, esso marcisce. Le cose inerti non mutano, ma non
vivono. Le cose vive muoiono, ma sono preziose e preparano il futuro.
Se le conservi vanno a male. Se il seme resta fuori, va a male e
basta; se muore dentro la terra, prepara la vita.
I doni di Dio
devono essere consumati, usati, ma con la costante attenzione che
siano subordinati all'amore e preordinati all'amore. Dio per amore
nostro ci elargisce molti doni, molte doti; s. Paolo ce le descrive:
poter parlare tutte le lingue degli uomini e degli angeli, fare
profezie, sapere segreti, avere conoscenze sublimi, possedere una
fede che fa miracoli, saper fare sacrificio dei beni e del corpo fino
al martirio, e molti altri ancora, doni tutti bellissimi che Dio dà
ai suoi figli. Ma perché? A quale scopo Dio elargisce questi grandi
doni ai suoi figli? Essi sono come gli arnesi per il lavoro del suo
amore: egli li pone nelle mani degli uomini perché possano operare
come con le sue mani; questi doni non rimangono in eterno,
passeranno: gli strumenti del lavoro non servono più quando il
lavoro è compiuto. SOLO L'AMORE NON PASSA MAI, PERCHÉ DIO È AMORE.
Quando uno
costruisce una casa, usa carriole e carrucole, la gru, il badile, la
cazzuola e molti altri strumenti impiegando molto tempo e molta
fatica, ma quando la casa è terminata tutte questi mezzi non servono
più.
Se i doni di
Dio che noi accogliamo così volentieri, non trovano espressione
nell'amore e per l’amore, anche se meravigliosi, non sono niente.
Perfino la fede e la speranza non sono che come le fondamenta e i
pilastri di una casa: fondamenta e colonne portano l'abitazione, ma
noi non abitiamo sulle fondamenta e sui pilastri; essi sarebbero
inutili se non portassero vani abitabili. Così la fede e la
speranza, in cui trova stabilità la nostra nuova vita, sono
subordinate all'amore e preordinate all'amore. Sì, esse sono
necessarie, ma non sono tutto.
Osserviamo
ancora un'altra immagine: la cera e lo stoppino della candela sono
necessari per la fiamma, ma ciò che riscalda non è lo stoppino né
la cera, è invece la piccola fiamma! Ciò che ci dà luce, ciò che
colpisce l’occhio, che ci rallegra, non è né la cera, né lo
stoppino! Queste cose passano, esistono per la fiamma: noi adoperiamo
il calore e la luce della fiamma.
Fede e speranza
sono ora necessarie per portare l’amore; se non generano amore
restano inutili anzitutto perché noi veniamo giudicati dal nostro
amore, poi perché è dal nostro amore che il mondo viene indirizzato
a Gesù e al Padre, e solo dal nostro amore esso potrà essere
rivoluzionato. L'amore inoltre rende credibili la fede e la speranza.
Com'è l'amore?
come lo si vede?
Possiamo
paragonarlo ad un cristallo dalle molte sfaccettature, oppure ad un
caleidoscopio. Lo giriamo e lo rigiriamo: si formano sempre nuove e
diverse e meravigliose figure!
L'amore è
altrettanto infinitamente nuovo e vario, poiché è rapporto fra
viventi; ed ogni vita è diversa, ogni uomo muta ogni giorno, e
perciò mutano le sue relazioni con gli altri.
Infiniti sono i
modi che l'amore inventa per esprimersi. L'amore è, con te, oggi,
pazienza; con un altro è bontà, tra cinque minuti diventa umiltà,
più tardi si esprime con un canto poiché quel fratello vuol farmi
partecipare alla sua gioia.
L'amore può
diventare sopportazione benevola, spesso diventa perdono o
pentimento. Può succedere che l’amore mi faccia piangere con chi
piange. L'amore lascia pure russare il fratello e diventa preghiera
per lui!
Ci accorgiamo
che l'amore abbraccia tutta la vita e tutto il mondo; ci accorgiamo
pure che quanto più grande è l'amore, tanto più si piega alle
piccole cose, poiché è molto attento e delicato.
Grande amore
non significa grandi azioni. Raramente abbiamo la possibilità di
compiere grandi azioni d'amore. È l’amore invece che rende grandi
le azioni piccole.
E l’amore non
termina mai!
Se esso è in
me, si sviluppa in questo momento, anche mentre parlo o leggo; se
l’amore è in me può manifestarsi durante il pranzo, durante il
lavoro, addirittura durante il lavoro più impegnativo, e durante il
tempo libero, sempre. Ciò che vive esiste anche se non si fa notare!
Non lasciarsi
amareggiare, non tenere conto del male ricevuto, non cercare il
proprio interesse, non gonfiarsi, ma sopportare e sperare tutto:
questi sono dei comportamenti che l’amore inventa e che possono
essere del tutto nascosti allo sguardo degli uomini, e tuttavia
trasformano noi stessi e gli altri: l'amore infatti è discreto, ma
nulla gli resiste; usa la debolezza, ma per esser forte. C'è più
forza in colui che ama che in colui che desiste dall'amare.
Ci dà gioia e
ci incoraggia sapere che l'amore è possibile a tutti gli uomini,
poiché esso ci è donato da Dio: egli vuole che tutti conoscano la
gioia di amare. Amare è innanzitutto un dono di Dio: se non lo
sapessimo ci scoraggeremmo con facilità, perché nessuno sarebbe
capace di inventare l'amore, se Dio stesso non amasse in noi.
Paolo stesso
dice: « L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori
attraverso lo Spirito Santo »!
L'amore perciò
c'è già: noi semplicemente lo lasciamo agire.
Esso è l'amore
di Dio stesso, l'amore che Dio Padre ha verso il Figlio e verso lo
Spirito Santo, l'amore che il Padre ha per noi uomini. Non siamo
nella verità quando diciamo: “il mio amore”; dovremmo dire
piuttosto: “L'amore di Dio che è in me”.
Noi siamo, come
diciamo spesso, un canale attraverso il quale scorre l'amore di Dio.
Se l'amore che è in me viene da Dio, è illimitato, va verso tutti
coloro che Dio ama. Se Dio ama anche colui che mi odia, anch'io posso
amarlo, poiché il Padre fa sorgere il suo sole sopra i cattivi e
sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (cfr Mt 6).
Colui che mi
odia ha maggior bisogno di amore che non gli altri. Non dovrei io
amare colui che ha maggior bisogno d'amore? Se Dio ama il peccatore,
se Dio ama colui che non lo ama, se Dio ama gli ortodossi, i
protestanti, i cattolici, se Dio ama i non credenti, se Dio ama i
colleghi di lavoro, se Dio ama il datore di lavoro, se Dio ama gli
zingari, posso amare anch'io tutti costoro. Posso amare anche colui
che mi odia, perché Dio ama me che sono nulla.
L'amore è
perfetto.
Anche se esso
ora deve essere appoggiato da altri doni, è perfetto. Ciò non
significa che non possa crescere ancora. Noi possiamo dare sempre
maggior spazio all'amore in noi. Quanto? Tutto: finché potremo dire
non più “io ho amore”, ma “io sono amore”! L’io non vive
più: è diventato amore, anzi, vive pienamente nell'amare. Se il mio
“io” è diventato amore, possiamo leggere i versetti da 4 a 7 del
cap. 13 della prima lettera ai Corinzi cambiando la parola « amore »
con il nostro nome; se mi chiamo Paolo, potrò leggere: «Paolo è
paziente, Paolo è benigno, non è invidioso Paolo, non si vanta, non
si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si
adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode della ingiustizia,
ma si compiace della verità. Paolo tutto copre, tutto crede, tutto
spera, tutto sopporta».
Se si parla
dell'amore, si parla del cielo. S. Paolo lo sa e (come dice nello
stesso capitolo 13 citato in parte all'inizio) vorrebbe far penetrare
il nostro sguardo nel cielo, là dove tutto è completo, tutto è
perfetto, là dove noi vedremo l'amore perfetto e la perfetta
comunione d'amore tra Dio e i suoi figli, faccia a faccia.
Attraverso
questo sguardo noi sperimentiamo che amare è un esercizio molto
importante, che ci introduce nella vita celeste, nella vita di
paradiso.
È un esercizio
che vale, perché l'amore è una porta aperta verso il Cielo.
Attraverso di
esso partecipiamo già, se pur come di riflesso, come in modo
fanciullesco, in maniera ancora un po' confusa, come uno che si
prepara a vivere in un altro paese, tuttavia partecipiamo già alla
vita intramontabile e meravigliosa con milioni di testimoni di Gesù.
Attraverso
l’amore noi possiamo già qui ed ora gustare la gioia celeste. Il
paradiso comincia già qui, dove un uomo accetta di amare con l'amore
di Gesù.
Gesù ci ha
dato il comandamento dell'amore proprio perché la sua gioia sia in
noi e la nostra gioia sia piena, perfetta. Costi quello che costi, ne
vale la pena! L'amore di Dio è gratuito, ma l'amare costerà: non
facciamoci illusioni; svuotarsi costa! Osserviamo l'esperienza di
Gesù e quanto costi amare. Egli visse sulla croce, sulla croce
dell'incomprensione, dell'abbandono, della solitudine, dei dolori;
sulla croce di legno. Tutto ciò gli costò l'amare; ogni giorno. Ma
noi vogliamo osservare anche il frutto del suo amore: la redenzione
di tutto il mondo, e la gloria più grande!
Gesù, noi ti
lasciamo vivere in noi, affinché attraverso il nostro corpo, il
nostro spirito, la nostra anima, tu possa riversare ancor più il tuo
amore sul mondo per redimerlo e glorificare sempre più te stesso.
Signore Gesù,
tu hai aperto gli occhi al cieco di Gerico, affinché potesse
vederti; apri anche i nostri occhi, affinché ti vediamo e vediamo
come e dove noi possiamo esercitare l’amore che il Padre ha
riversato nel nostro cuore! Tu, Gesù, sei paziente; tu sei benevolo;
tu non sei invidioso; non ti vanti; tu non ti gonfi; non manchi di
rispetto, non cerchi il tuo interesse; tu non ti adiri, non tieni
conto del male ricevuto; tu non godi dell'ingiustizia, ma ti compiaci
della verità.
Tu copri tutto,
credi tutto, tutto speri, tutto sopporti, tu non avrai mai fine.
«AMERAI IL SIGNORE DIO TUO... »: COMANDO o FORTUNA?
L'uccello che
vola è libero di volare: non ha le ali legate, perché l'uccello è
fatto per volare.
Chi ama è
libero. Il suo spirito è sciolto da ogni laccio che gli impedisca di
fare ciò per cui è stato creato: l'uomo è fatto per amare.
Non ha senso
costringere a volare il passero che ha le ali malate: non ce la farà.
Ma sollecitare il passerotto che non ha ancora osato volare e non ha
sperimentato le sue forze, guai se non accadesse: è questa la legge
dei passerotti!
Non ha senso
dare il comando di amare a colui che ha lo spirito malato: si agiterà
senza spiccare il volo. Ma il comando dato da Dio di amare come egli
ama è il servizio che Dio stesso rende all'uomo facendogli conoscere
la legge della sua natura, facendogli sperimentare di quale forza è
dotato, svelandogli il segreto e l’originalità di essere uomo.
Come il passero
diventa un uccello normale ubbidendo allo stimolo della madre che lo
butta giù dal nido e così diventa libero, allo stesso modo l'uomo
trova la sua identità originale ubbidendo alla paternità e
maternità di Dio che gli comanda di amare e diventa libero.
Da questa
libertà conquistata e accettata sgorga gioia, leggerezza di cuore,
pace profonda; l'uomo rimane saziato.
E come il
passero esercita la sua caratteristica di volare ereditandola dal
padre e dalla madre, così l’uomo eredita la sua capacità di amare
da Dio, che ama. Amare: è l'opera con la quale l'uomo dimostra di
somigliare a Dio e di essere suo figlio.
È l'azione con
cui tu dichiari, senza parole, davanti agli uomini, di essere figlio
di Dio; dichiari di appartenere a un Dio buono che ama. Amare è
l'azione con cui tu fai credito a Dio, è l’azione con cui egli
viene glorificato da te. Vorresti tu negargli la gloria che gli puoi
dare amando?
Dio ama gli
uomini. Con l'amore con cui egli vuole amarli desidera che anche i
suoi figli li amino; desidera che anche noi amiamo gli uomini con il
suo stesso amore.
Se vogliamo
capire bene cosa voglia dire amare, dobbiamo osservare ciò che
questa azione comporta per Dio stesso. Come ama Dio? Dio ama
donandosi. Egli dona la sua vita, dona la sua pace, dona il suo
perdono, egli dona se stesso. Questo vuol dire per Dio amare: donare!
Egli ci ha donato addirittura suo Figlio!
Amare è
morire. Se non amiamo è perché abbiamo paura di soffrire e di
morire; l’amore infatti è esclusivo, senza ritorni, assoluto; non
lascia niente di sé; si perde. Ma «Chi perde la sua vita per me, la
trova »... « Chi ama (cioè chi muore) vive in Dio e Dio vive in
lui ». Gesù, che ha amato fino a morire, vive per la potenza del
Padre!
Per noi la
parola “amare” ha lo stesso significato.
“Noi amiamo
Dio” vuol dire: “Noi doniamo la nostra vita a Dio, doniamo a lui
il nostro tempo, le nostre forze, il nostro cuore, la nostra mente,
tutto” !
Noi vogliamo
amare il nostro prossimo; anche in questo caso la parola “amare”
ha lo stesso significato: “Noi amiamo il nostro prossimo quando gli
doniamo noi stessi”. Sappiamo che non è facile; sappiamo pure,
però, che è molto bello! Sappiamo che è addirittura un'azione
divina, perché Dio ama. Se noi amiamo, facciamo la stessa cosa che
fa Dio: donare se stesso.
Il comandamento
dell'amore è il più grande e il primo, perché noi, creati ad
immagine di Dio, possiamo compiere ciò che Dio stesso compie,
possiamo fare ciò che Dio fa, - farlo con Dio e perché è Dio che
lo fa in noi - possiamo amare!
Amare è il
primo dei comandamenti, non ce ne sono altri più grandi di questo.
In ogni
occasione e in tutti gli ambienti siamo collaboratori di Dio se ci
lasciamo guidare dall'amore: non dalla ricerca del guadagno, non
dalla ricerca del benessere, non dalla ricerca dell'altro, non dalla
ricerca dell'amore, ma dall'amore!
Com'è facile
esser travolti dall'avidità delle cose, invece che esser guidati
dall'amore, e sempre quasi senza accorgerci, e sempre giustificati da
un'infinità di buone ragioni…
Così succede
che m'arrabbio con mio fratello perché ha rotto il parafango della
mia macchina: amo questa macchina più di mio fratello!
M'arrabbio con
un bambino perché ha lasciato cadere il vaso di fiori più bello:
amo di più il vaso di fiori che non il bambino.
M'arrabbio con
il vicino di casa perché ha sporcato le mie scale: amo più la
pulizia che il mio prossimo.
M'arrabbio con
me stesso perché non sono arrivato a finire un lavoro o non sono
arrivato in tempo ad una riunione: amo di più la mia bella figura
che non la pace del cuore.
M'arrabbio
perché l’amico tarda a venire a cena: amo più il mio tempo o il
mio stomaco che l'amico: gli preparo un ambiente teso e inospitale.
Potrei
continuare..., ma ho già capito: prima di arrabbiarmi devo amare!
Amare le persone... perché le cose, il tempo, l’ordine e la
pulizia, gli inviti, il denaro, sono tutti strumenti dell’amore:
non ho il diritto di trasformarli in strumenti e occasioni di rabbia
o d'indignazione. Quando m'arrabbio sciupo un’occasione di amare.
Se m'arrabbio per una cosa “andata storta”, oltre che il danno
materiale me ne procuro uno più grosso spirituale: non avrò più la
capacità di godere di ciò che è “andato dritto”, né di vedere
i lati positivi che Dio può trarre anche da quella situazione
storta. Soprattutto, se m'arrabbio, mi privo di un'occasione di amare
Dio con tutte le forze e con tutto il cuore: forze e cuore vengono
occupati dal male accaduto, vengono assoggettate ad esso.
Amare Dio con
tutto il cuore comporta mettermi in sintonia con lui anche nel suo
amore per i fratelli, e anche per quelli che non son riusciti a
conservare amore per me. Che cosa vuole Dio per loro? la morte? il
castigo? no! Per essi Dio vuole un rinnovamento, una conversione. Per
essi Dio vuole che si aprano nuovamente all'amore.
Io favorisco
questa volontà di Dio se continuo ad amare, se non tronco la
corrente d'amore divino che può giungere loro attraverso di me.
Non è bene che
io dipenda dall'atteggiamento negativo di chi mi offende e mi lasci
trascinare in un atteggiamento altrettanto negativo.
È necessario
invece che io dipenda sempre dal Padre che non distoglie mai da
nessuno il proprio amore. Sono suo figlio. Gli posso assomigliare
almeno in questo!
Ogni esercizio
delle nostre facoltà nasce dall'esempio. Noi facciamo e ripetiamo
quello che vediamo.
Il Figlio fa
quello che vede fare dal Padre. Il Figlio impara dal Padre tutto
quello che deve fare e dire. Noi, per amare, dobbiamo guardare il
Padre che ama e che è amato dal Figlio; dobbiamo guardare il Figlio
che riceve tutto l’amore dal Padre e vive di questo amore amando in
modo perfetto, donandosi. In questo modo ciascuno non appartiene a se
stesso, ma all'altro cui si dona, cui dona la propria vita, il
proprio spirito che ama, lo Spirito di amore; ed è amore così
concreto che non si può non vedere: è Spirito Santo.
Ecco perché il
primo comandamento è: ama Dio, convertendo, cioè rivolgendo e
indirizzando a lui te stesso, il tuo cuore, la mente, l'anima, le
forze.
E poiché
l’amore che circola nella Famiglia Divina (la Trinità) è
perfetto, noi entriamo a conoscere questo amore e amiamo
perfettamente; ma poiché tale amore è infinito, noi non finiamo mai
di crescere in esso. Ciò non comporterà che noi stiamo tutto il
giorno in chiesa: si può amare Dio lavorando, lo si può amare nei
campi, in officina, lo si può amare anche mentre si prepara la
minestra o si va a scuola!
Basta
cominciare! Ci sono molti momenti in cui la nostra mente non è
impegnata: possiamo occuparla dicendo: “Signore, io ti voglio bene.
Ti ringrazio perché anche tu mi vuoi bene”; possiamo anche
semplicemente rimanere sotto il suo sguardo, lasciarci guardare da
lui, che è nostro Padre, nostro Signore.
Ci accorgeremo
con stupore di essere cresciuti anche nell'amore del prossimo!
Amare Dio con
tutto il nostro cuore: è molto bello! Vale la pena cominciare o
continuare a farlo.
Amare, più che
un comando, lo scopriremo una grande fortuna!
L'AMORE: DEBITO E CREDITO
L'amore dona,
inventa doni senz'altra ragione che l'amore.
Dio, quando ha
amato, ha creato! Dio ama sempre, sempre quindi crea! L'amore è
creativo!
Il dono, uscito
da colui che ama, va fuori; chi ama non aspetta più il ritorno del
dono: il suo amore è sazio già quando il suo dono è stato ricevuto
da un’altra persona.
Ma l’amore
che si riceve fa amare.
«Grazie»!
Quanto amore
“povero” è racchiuso in questa risposta! L'amore di chi è
povero e riconosce d'aver ricevuto, riconosce che quello che ha non è
suo, anche se lo usa costantemente: guarda sempre a chi gliel'ha dato
e pensa sempre a lui.
Il nostro
grazie è il non voler distogliere lo sguardo dalla persona che ci
ama per attaccarci al dono ricevuto. Il nostro povero grazie è un
restituire il dono alla sua originalità, al suo scopo primario: era
stato dato come espressione di un atto d'amore, diventa occasione di
un nuovo atto d'amore: il mio sguardo rivolto benevolmente a chi mi
ha amato per primo.
Siamo sempre in
debito.
Con Dio non
saldiamo mai il conto. Ma l'amore è proprio l'umiltà di sapere
questo e la gioia di dire: grazie! un grazie pieno del desiderio di
usare tutto per lui e riportare tutto a lui. È giustizia.
Ciò che vale
con Dio vale con i suoi figli!
« Non abbiate
con nessuno altro debito se non quello di amarvi gli uni gli altri ».
L'amore è un
debito che io cerco di saldare, ma non che venga pagato nei miei
riguardi: io rimetto, condono i debiti d'amore dei fratelli, perché
voglio poter continuare a dire al Padre: «Rimetti i miei debiti,
come io li rimetto ai miei debitori»! Mi è più facile farmi
osservatore dei fratelli e ricordare loro il debito che hanno verso
di me, piuttosto che saldare totalmente il mio debito. E questo non
lo potrò saldare fino a che qualcuno si occupa di amarmi! Il mio
amore sarebbe vero e gratuito solo quando nessuno mi amasse e nessuno
rispondesse ai miei atti d'amore. Per questo Francesco d'Assisi
pregava così: «Ch'io non cerchi tanto d'essere amato, quanto
d’amare, di essere compreso, quanto di comprendere, di essere
consolato, quanto di consolare ».
Più
restituiamo a Dio e ai fratelli, più ci svuotiamo, più restiamo
vuoti. Ma essere vuoti non vuol dire solo «essere vuoti». Vuol dire
anche essere aperti: aperti e disposti a ricevere ancora da Colui che
può donare.
Essere vuoti,
svuotarci, vuol dire metterci sempre più in atteggiamento di poter
ricevere con maggior purezza, con maggior capacità, ciò che Dio
vuole mettere in noi: forse saranno le stesse cose che già ora
abbiamo, lo stesso amore, la stessa delicatezza, la stessa
sensibilità che possiamo donare in questo momento ai nostri fratelli
e alle nostre sorelle, oppure saranno doni nuovi che egli solo
conosce e che ci può versare nelle mani quando le trova libere!
E questo nostro
compito di restituzione, di rendere agli uomini e di rendere a Dio,
questo compito di ringraziamento, di amore concreto per il Padre, il
Figlio e lo Spirito e per i fratelli, questo compito in cui
riconosciamo la nostra incapacità, la nostra debolezza e povertà,
diventa quasi una richiesta concreta a Dio di riempire il vuoto che
si fa in noi mentre doniamo, cioè mentre imitiamo lui, che dona!
L'amore è un
credito.
Osserviamo
l’immagine di una scodella piena d'acqua che si svuota per ricevere
il budino, oppure l’immagine di una bottiglia che si svuota perché
possa ricevere del vino: è la stessa immagine del nostro cuore che
deve svuotarsi dei doni che ha ricevuto, per poter ricevere i nuovi
doni di Dio... e poi ancora, finché non riceve lui stesso!
I doni che egli
ci dà in questo momento, non ce li offre perché restino in noi, ma
perché continuino il loro cammino verso i fratelli. Noi siamo come
canali della grazia di Dio, canali dei doni di Dio.
Che cosa ho io
da rendere a te, o Dio ?
Ogni attimo di
tempo,
ogni palpito
del cuore,
ogni risorsa
d'amore,
ogni gesto
delle mani.
Tutto viene da
te, tutto ridono a te.
Farò posto nel
mio cuore
perché tu lo
possa riempire.
Farò posto a
te nel mio cuore
perché tu lo
possa usare
come una
riserva del tuo amore,
dove ogni
fratello può attingere.
La mia vita
sarà una fontana
che dà acqua
perché ne riceve
e ne riceve
perché ne dà!
L'acqua è il
tuo amore diventato mio,
ma che non
resta a me:
vuol continuare
ad essere
amore che ama!
L'amore è un
debito,
L'amore è un
credito.
I CONFINI DELL'AMORE
Per Dio i
confini che gli uomini pongono non sono confini. Per Dio i confini
che gli uomini pongono sui terreni, sui territori, sui muri, sono
delle spine nel cuore: sono delle divisioni tra i suoi figli.
Dio vede i
confini come delle occasioni e manifestazioni di separazione e di
sfiducia tra fratelli, tra coloro che egli desidera e vuole siano
uniti e si amino l’un l’altro come se stessi.
L'uomo non
separi ciò che Dio ha unito.
Dio ha unito i
suoi figli dando loro uno stesso spirito, mettendo in loro gli stessi
desideri, la sua stessa forza, il suo stesso amore: essi non devono
né dividersi né dividere.
Noi cristiani
credenti abbiamo un compito impegnativo davanti a Dio nel mondo, in
questo mondo pieno di divisioni e di forze che separano gli uomini
gli uni dagli altri. Abbiamo il compito di vederci chiaro in tutte le
situazioni, in quelle piccole di dimensioni familiari, ma anche in
quelle di dimensioni nazionali e internazionali.
Dobbiamo vedere
i pericoli di divisione e di lotta, saper distinguere gli
atteggiamenti e gli spiriti da cui provengono e quindi anche scoprire
e indicare i mezzi per evitarli.
Abbiamo il
compito di far tutto il possibile per evitare le guerre e i conflitti
sociali o nazionali, e di promuovere ogni cosa che accresca la pace.
Sappiamo molto
bene che, come la guerra viene dal Maligno, così la pace può venire
soltanto da Dio.
Molte persone
si fanno strumento del maligno in questo mondo.
Noi cristiani
abbiamo il compito di farci strumento di Dio; di lasciare che Dio
stesso abiti in noi e, attraverso noi, nel nostro popolo, perché
egli possa agire. Sappiamo che Dio opera sempre in direzione della
pace, dell'amore, in direzione del perdono, della comprensione, della
concordia.
Noi fratelli,
noi cristiani abbiamo questo compito: lasciare che Dio sia presente
in noi e in noi possa agire e possa operare col suo Spirito di unità,
e possa ricomporre quello che è spezzato; così, il mondo sarà
preservato anche da ogni divisione: Dio è il più forte.
Dio è più
forte del Maligno che cerca di porre divisione nel cuore dell'uomo e
tra gli uomini, togliendo loro la pace.
Possiamo
assolvere questo nostro compito non per paura delle discordie o della
guerra, ma per amore, per amore di tutti i nostri fratelli sparsi nel
mondo.
Possiamo essere
come quei dieci per amore dei quali Dio avrebbe risparmiato la città
di Sodoma, se vi si fossero trovati. È una grande grazia poter
essere quel piccolo numero di persone per amore del quale tutto il
mondo viene salvato! È un piccolo numero di persone amate da Dio
perché egli, in esse, riconosce se stesso: infatti si è legato a
loro per mezzo del suo Figlio Gesù: non può distruggere se stesso!
Questo piccolo numero di credenti salverà il mondo - e già tante
volte lo ha salvato - da grandi stragi e distruzioni.
Benché pochi,
piccoli, disprezzati, agnelli in mezzo a lupi, noi cristiani abbiamo
un compito di dimensioni mondiali. Non occorre che siamo visti, che
siamo messi in mostra agli occhi di tutti: occorre solo che ci siamo,
che siamo presenti nel mondo, pur nascosti come il lievito nella
farina, così nascosti da non poter esser visti, come il sale nella
minestra o nel pane; presenti anche se non ci si può udire, perché
silenziosi come gli agnelli in mezzo ai lupi! L’importante è che
ci siamo, che siamo presenti come una presenza di Dio stesso.
Gli uomini del
mondo, anche tutti gli uomini messi insieme, non saranno mai capaci
di evitare una guerra: non saprebbero come fare, non vedendo con
chiarezza, non sapendo ciò che noi sappiamo.
È un dono
immenso per il mondo che noi ci siamo, che noi viviamo, che siamo
presenti ovunque, come un numero di dieci, come un piccolo numero,
quel tanto che basta perché Dio sia presente.
Benché
piccolo, quel numero è sufficiente: non è la quantità delle
persone che conta, ma la presenza dell'Onnipotente in mezzo ad esse.
Coloro che
credono in Gesù possono essere piccoli, umili, disprezzati, ma Dio
stesso è presente in mezzo a loro: e dove egli è presente, dove
vede presente il proprio Figlio Gesù, può operare.
Noi rimaniamo
uniti a questo suo Figlio in cui egli si compiace. È il modo più
sublime ed efficace per amare il mondo. Per noi non esistono confini!
L'AMORE E LA PAURA
Queste due
parole non stanno bene insieme. L'una esclude l'altra. Conosciamo il
detto «Il contrario della paura non è il coraggio, ma l'amore » e
conosciamo anche la parola di s. Giovanni: «L'amore perfetto scaccia
il timore» (1 Gv. 4, 18).
Quanta paura
c'è nel mondo!
Quante persone
vivono nella paura, nel timore.
La paura è il
regalo che ci fanno i nostri idoli.
Se ti metti a
servire (fare gli interessi de) il denaro, ti trovi coperto di paura.
Se ti metti a
servire il potere, t'invade la paura.
Se ti metti a
servire il divertimento, ti prende la paura.
Se ti metti a
servire te stesso, ecco la paura di fare brutta figura.
Se ti metti a
servire la tua salute, non rimani a lungo senza paura.
Soltanto il Dio
vivente, soltanto Gesù Cristo non ti darà paura.
Egli ti dà
amore. E l'amore è come la luce nella notte: quando sorge, il buio
scompare! La paura lascia il posto alla serenità e alla pace.
L'amore è la
medicina contro la paura. C'è anche qualcuno che ha paura di Dio:
quando comincerà ad amarlo, la paura se ne andrà!
Chi ama Dio
crede al suo amore: non si ha paura di colui da cui si è amati.
La paura è un
sintomo della malattia più brutta: la mancanza dell'amore e della
fede nell'amare, perché chi non ama non crede di essere amato, e
viceversa.
Ecco dunque il
rimedio della paura: iniziare ad amare con tutto il cuore il proprio
Dio!
Lo Spirito di
Dio che viene riversato nel cuore di coloro che sono sottomessi al
Signore, perché lo amano, scaccia ogni timore. Di qui la parola di
san Paolo:
“Voi non
avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma
avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale
gridiamo: «Abbà, Padre»” (Rm 8,15).
CONCLUSIONE
Le radici del
tuo amore sono immerse in Dio. Anzi, le radici del tuo amore sono
Dio.
Amalo con tutte
le forze, e nella tua vita ci saranno unità e armonia, maturità e
completezza. Non ti vergognare di colui che non si vergogna di te!
Egli ti accoglie ogni giorno per compiere insieme a lui la sua opera
più grande: l'Amore!
E i frutti
saranno gustosi e dolci ad ogni palato.
Nulla osta:
cens. eccl. Mons. Iginio Rogger, Trento, 7.1.1978
Dal
sito http://www.cinquepani.it
Nessun commento:
Posta un commento