Perché
vantarsi dei peccati
Giovedì,
4 settembre 2014
(da:
L'Osservatore Romano,
ed. quotidiana, Anno CLIV, n.201, Ven. 05/09/2014)
«Di
quali cose si può vantare un cristiano? Due cose: dei propri peccati
e di Cristo crocifisso». E una sola conta veramente: l’incontro
con Cristo che cambia la vita dei cristiani “tiepidi” e trasforma
il volto di parrocchie e comunità “decadenti”. È questa
l’indicazione suggerita da Papa Francesco durante la messa
celebrata giovedì 4 settembre, nella cappella della Casa Santa
Marta.
A
ispirare le parole del Pontefice è stata anzitutto la prima lettura
della liturgia, tratta dalla prima Lettera di san Paolo ai corinzi
(3, 18-23). L’apostolo, ha spiegato il Papa, «in questi brani che
abbiamo letto nelle liturgie di questi giorni scorsi, parla della
forza della parola di Dio». Di più, ha aggiunto, «possiamo dire»
che «fa come una teologia della parola di Dio». E finisce con
questa riflessione: «Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede
un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente,
perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio».
In
pratica, ha affermato il Pontefice, «Paolo ci dice che la forza
della parola di Dio, quella che cambia il cuore, che cambia il mondo,
che ci dà speranza, che ci dà vita, non è nella sapienza umana».
Quindi «non è in un bel parlare e un bel dire le cose con
intelligenza umana. No, quella è stoltezza». Invece «la forza
della parola di Dio viene da un’altra parte». Certamente «passa
anche per il cuore del predicatore». Ed è per questo che Paolo
raccomanda a quanti predicano la parola di Dio: «Fatevi stolti». Li
avverte di non mettere la propria sicurezza «nella sapienza del
mondo». Quindi, prosegue l’apostolo, «nessuno ponga il suo vanto
negli uomini».
A
questo punto viene da chiedersi «dov’è la sicurezza di Paolo,
dove lui trova la radice della sua sicurezza». Del resto, ha fatto
notare il Papa, «anche lui aveva studiato con i professori più
importanti del tempo». Eppure non se ne vantava. Piuttosto «si
vantava soltanto di due cose, e queste cose delle quali si vantava
Paolo, sono proprio il posto dove la parola di Dio può venire ed
essere forte». Infatti egli dice di se stesso: «Io soltanto mi
vanto dei miei peccati». Parole che scandalizzano, ha commentato il
Pontefice. E poi, ha aggiunto, «in un altro brano, dice: Io soltanto
mi vanto in Cristo e in questo Crocifisso». Dunque «la forza della
parola di Dio è in quell’incontro tra i miei peccati e il sangue
di Cristo che mi salva. E quando non c’è quell’incontro, non c’è
forza nel cuore». Se finiamo per dimenticare questo — ha avvertito
il Pontefice — «diventiamo mondani, vogliamo parlare delle cose di
Dio con linguaggio umano, e non serve», perché «non dà vita».
È
decisivo allora «l’incontro tra i miei peccati e Cristo». È ciò
che avviene quando, nel passo del Vangelo di Luca (5, 1-11), Gesù
dice a Simone di prendere il largo e di gettare le reti per la pesca.
E Pietro, ha notato Francesco, gli risponde: «Ma abbiamo fatto tutta
la notte e non abbiamo preso niente... Ma sulla tua parola le
getterò». E così, ha proseguito, avviene «quella pesca
miracolosa».
Di
fronte a questo fatto «cosa pensa Pietro?», si è chiesto il
vescovo di Roma. La sua reazione non è di soddisfazione per
l’insperato esito della pesca o per il futuro guadagno. Egli — ha
spiegato il Papa — «soltanto vede Cristo, vede la sua forza e vede
se stesso». Così si inginocchia ai piedi di Gesù dicendo:
«Signore, allontanati da me perché sono un peccatore».
Per
Pietro avviene dunque «questo incontro con Gesù Cristo»,
l’incontro tra i suoi peccati e la forza del Signore che salva. In
tale situazione, ha evidenziato il Pontefice, «il segno della
salvezza è stato il miracolo della pesca; il luogo privilegiato per
l’incontro con Gesù Cristo sono i propri peccati».
«Se
un cristiano — ha continuato Francesco — non è capace di
sentirsi proprio peccatore e salvato dal sangue di Cristo crocifisso,
è un cristiano a metà cammino, è un cristiano tiepido». E «quando
noi troviamo chiese decadenti, quando noi troviamo parrocchie
decadenti, istituzioni decadenti, sicuramente i cristiani che sono lì
mai hanno incontrato Gesù Cristo o si sono dimenticati di
quell’incontro con Gesù Cristo».
«La
forza della vita cristiana e la forza della Parola di Dio — ha
chiarito ancora — è proprio in quel momento dove io, peccatore,
incontro Gesù Cristo. E quell’incontro rovescia la vita, cambia la
vita. E ti dà la forza per annunciare la salvezza agli altri».
Le
parole di Paolo e il Vangelo di Luca propongono ai credenti «tante
domande». Secondo il Pontefice bisognerebbe chiedere a se stessi:
«Ma io sono capace di dire al Signore: sono peccatore?». Una
questione non teorica ma pratica, perché l’esame di coscienza
riguarda soprattutto la capacità di riconoscere «il peccato
concreto». Il Papa ha quindi suggerito altre domande da fare a se
stessi: «Sono capace di credere che proprio lui, con il suo sangue,
mi ha salvato dal peccato e mi ha dato una vita nuova? Ho fiducia in
Cristo? Mi vanto della croce di Cristo? Mi vanto anche dei miei
peccati, in questo senso?».
Papa
Francesco ha consigliato, in proposito, di ritornare al momento
dell’«incontro con Gesù Cristo», per verificare di non essersene
dimenticati, chiedendosi: «Ho incontrato Gesù Cristo? Ho sentito la
sua forza?». Sono domande fondamentali, ha concluso, perché «quando
un cristiano dimentica questo incontro perde la forza: è tiepido, è
incapace di dare agli altri, con forza, la parola di Dio».
Dal
sito http://w2.vatican.va/
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