«Aumenta il numero di coloro che, di
fronte alla presente evoluzione del mondo, si pongono le domande più
fondamentali o le percepiscono con una nuova acuità. Che cos'è
l'uomo? Cosa significano la sofferenza, il male, la morte?... Che
cosa accadrà dopo questa vita?» (C. Vaticano II, Gaudium et
spes, 10). La questione dello scopo della nostra vita si annovera
fra le più fondamentali. La risposta che vi si dà condiziona
l'orientamento di tutti i nostri atti. Eppure, di fronte a questo
vasto quesito, i nostri contemporanei sono spesso smarriti. Il
seguente racconto ci aiuterà a capire.
Il Nord, un
grado di più, un grado di meno
Di notte, in piena tempesta tropicale e
a diecimila metri al di sopra dell'Oceano Pacifico scatenato, il
comandante del Boeing 747 Tahiti-Hawaii spiega personalmente
la situazione ai quattrocento passeggeri terrorizzati:
«L'aereo attraversa una testata di
ciclone che culmina troppo in alto perchè la si possa sorvolare...
per colmo di sventura, l'impianto elettrico è totalmente fuori
uso... lo stesso vale per la bussola di scorta... Deriva notevole a
causa di venti molto violenti... nessun riferimento esterno: nè
stelle, nè punti di orientamento... quando sarà finita l'ultima
goccia di carburante, fra due ore, i reattori si spegneranno».
Una voce strozzata chiede: «Che cosa
le occorrerebbe, comandante, per trarci d'impaccio? – Il Nord! La
direzione del nord, un grado di più, un grado di meno... altrimenti
rischiamo di girare a vuoto... un'unica direzione può riportarci
sull'isola, e mi ci vuole assolutamente il nord per calcolarla».
1° passeggero: «Comandante, mia
moglie è dotata di una grande intuizione, è ereditario in lei,
sente le cose; il nord è di là...» – 2° passeggero:
«Assolutamente no! La radioestesia è una scienza affidabile ed ho
con me il pendolino: Guardate!...» – 3° passeggero: «Ma no! In
parapsicologia, si pratica la trasmissione del pensiero:
concentrandomi sulle onde cerebrali dell'uomo radar di Hawaii, mi
verrà indicata la direzione giusta...» – 4° passeggero: «Errore!
L'astrologia ci salverà. L'oroscopo di oggi mi garantisce il
successo in tutte le mie scelte, ne approfitti e giri in quella
direzione...» – 5° passeggero: «Scusate tanto! Sono all'ottava
reincarnazione. Nella mia precedente esistenza, ero un piccione
viaggiatore...» – 6° passeggero: «Per cortesia! Con che diritto
affermate così, perentoriamente ed esclusivamente le vostre
convinzioni private? Poichè questa questione pubblica ci concerne
tutti, in nome del rispetto, della tolleranza e della libertà, che
ciascuno si esprima democraticamente, e che la maggioranza arrivi ad
un consenso quanto alla direzione del Nord...» E così via.
Fino al 360° passeggero, che aveva una
bussola. Era un modello vecchio, che non sembrava un granché, però
indicava il Nord. Salvi? Andiamoci piano! Sentite il concerto di
proteste e di dubbi che si scatena contro il detentore della bussola?
Sentite che baccano fanno la suscettibilità e l'amor proprio offeso
di ciascuno? Insomma, è verosimile che uno solo abbia ragione contro
tutti? Chi è mai quello lì, per affermare che è l'unico
depositario della verità!
L'unica
risposta
Nella società moderna, come sul Boeing
di questo racconto immaginario, (© Fuoco e Luce, Abbazia
Blanche, 50140 Mortain, Francia) molte persone si trovano
«scombussolate», relativamente alle questioni fondamentali
sull'uomo, sul senso della vita, sulla verità; disorientate, cercano
invano risposte nelle teorie in voga al giorno d'oggi: materialismo,
reincarnazione, sette, New Age, ecc. È il Santo Padre che le orienta
nella direzione giusta, quando scrive: «Per l'uomo che cerca la
verità, la giustizia, la felicità, la bellezza, la bontà, senza
riuscire a trovarle con le sue sole forze, e che rimane insoddisfatto
di fronte alle proposte che gli vengono dalle ideologie
dell'immanentismo e del materialismo; per l'uomo che rasenta (...) il
baratro della disperazione e della noia o che si sclerotizza in un
piacere sterile ed autodistruttivo dei sensi – per l'uomo che porta
impressa in sè, nello spirito e nel cuore, l'immagine di Dio e che
risente in sè la sete dell'assoluto – l'unica risposta è Cristo.
Cristo va incontro all'uomo per liberarlo dalla schiavitù del
peccato e per restituirgli la sua primitiva dignità» (Giovanni
Paolo II, Aprite le porte al Redentore, 23 dicembre 1982).
Nella tormenta del mondo moderno,
abbiamo quindi una bussola che ci indica il Nord: Nostro Signore Gesù
Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, che continua la sua missione sulla
terra attraverso la Chiesa Cattolica, che è il suo «Corpo Mistico».
Ma, per certi nostri contemporanei, Gesù Cristo non è Dio, e
l'esistenza stessa di Dio non può essere provata. Al contrario, il
Catechismo della Chiesa Cattolica afferma, con il Concilio Vaticano
I: «La Santa Chiesa, nostra madre, sostiene ed insegna che Dio,
principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con
certezza con il lume naturale della ragione umana, partendo dalle
cose create» (CCC, 36).
Dalla grandezza e dalla bellezza
delle creature, si arriva, per analogia (rapporto di somiglianza), a
conoscere il loro Autore (Sap. 13, 5). «Interroga la bellezza
della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza
dell'aria rarefatta e dovunque espansa, interroga la bellezza del
cielo... interroga tutte queste realtà. Tutte ti risponderanno:
Osserva come siamo belle. La loro bellezza è una testimonianza.
Queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non
Colui che è Bello (Dio) in modo immutabile?» (Sant'Agostino, Sermo,
241, 2). «Mentre tutte le creature hanno ricevuto da Dio tutto ciò
che sono e che hanno, Egli solo è il suo stesso essere ed ha da se
stesso tutto ciò che è». Essendo Dio la pienezza dell'Essere e di
ogni perfezione, senza origine e senza fine, è necessariamente Unico
(Ved. CCC, 213, 228).
Parecchie religioni fanno appello a
questo Dio unico, ma si contraddicono su punti importanti (per
esempio la divinità di Gesù Cristo, o la supremazia del Papa,
ecc.). Ora, Dio non può contraddirsi. Se ha rivelato una religione,
essa è necessariamente unica. Papa Paolo VI, nell'Enciclica
Ecclesiam suam, dopo aver menzionato varie religioni
monoteistiche, aggiunge: Non possiamo evidentemente condividere
queste diverse espressioni religiose, né possiamo rimanere
indifferenti, come se tutte si equivalessero, ciascuna a modo suo, e
come se dispensassero i loro seguaci dal ricercare se Dio stesso non
abbia rivelato la forma scevra di errori, perfetta e definitiva,
sotto cui vuol esser conosciuto amato e servito; al contrario, per
dovere di lealtà, dobbiamo manifestare la nostra convinzione che la
vera religione è unica e che è la religione cristiana, e nutrire la
speranza di vederla riconosciuta come tale da tutti coloro che
cercano ed adorano Dio» (6 agosto 1964). Il Concilio Vaticano II
dichiara, nello stesso senso: «Dio stesso ha fatto conoscere al
genere umano per quale via, servendolo, gli uomini possono ottenere
la salvezza e giungere alla beatitudine. Questa unica, vera
religione, noi crediamo che sussista nella Chiesa cattolica ed
apostolica, cui il Signore Gesù ha affidato il compito di farla
conoscere a tutti gli uomini, quando ha detto agli apostoli: Andate
dunque ed ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del
Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad
osservare tutto ciò che vi ho comandato (Matt. 28, 19-20)»
(Dignitatis humanae).
Quando Dio
parla
La Chiesa Cattolica è la religione
rivelata da Dio, perchè è stata fondata da Gesù Cristo, vero Dio e
vero uomo. I Vangeli, libri storici senza alcun dubbio, riferiscono
la vita di Gesù Cristo, solo personaggio della storia ad essersi
proclamato Dio e ad aver provato la verità delle sue affermazioni
con miracoli che Dio solo può compiere (per esempio, la risurrezione
di Lazzaro, Giov. 11, 1-44). Vi è in questo un fatto capitale, come
sottolineava Monsignor Vernon Johnson, pastore anglicano divenuto
prete cattolico: «Eccoci in presenza del fatto più schiacciante
della storia del genere umano: Dio stesso – è un fatto storico –
è venuto sulla terra; non è un insigne maestro o un grande profeta,
ma Dio stesso nella persona di Gesù Cristo che è vissuto fra gli
uomini. Perchè? Per mostrare all'uomo come salvarsi. Quando Nostro
Signore Gesù Cristo parla, è Dio che parla. Ne risulta che il suo
insegnamento non può esser modificato, poichè la Verità non può
esser contraddetta. Non costituisce il privilegio di una nazione, è
l'appannaggio di tutta l'umanità. Quando Dio parla, l'umanità deve
ascoltare e ubbidire» (Un Signore, una Fede, cap. IV). Colui
che rifiutasse di ascoltare Dio e di ubbidirgli, condannerebbe se
stesso in eterno.
Per continuare la sua missione nei
secoli, Gesù Cristo ha voluto istituire una «Chiesa» visibile e
gerarchica; ha dichiarato a San Pietro: Tu sei Pietro, e su questa
pietra edificherò la mia Chiesa (Matt. 16, 18). Tale Chiesa è
dotata di numerosi segni che fanno risultare chiaramente la sua
origine divina1: «Per via della sua mirabile diffusione,
della sua eminente santità, della sua inesauribile fecondità in
tutti i beni, per via della sua unità cattolica e della sua
invincibile solidità, è di per sè un grande e perpetuo motivo di
credibilità ed una testimonianza irrefutabile della sua missione
divina» (Concilio Vaticano I, Dei Filius, cap. 3).
Un fervido
testimone
La missione divina della Chiesa si
estende a tutta la terra ed a tutti i tempi, secondo le parole di
Gesù: Andate dunque ed ammaestrate tutte le nazioni. «La
nostra religione deve essere insegnata a tutte le nazioni e diffusa
anche fra i Cinesi, affinchè conoscano il vero Dio e posseggano la
felicità celeste», affermava coraggiosamente San Jean-Gabriel
Perboyre, missionario in Cina, al cospetto di un mandarino incaricato
di interrogarlo. Quest'ultimo riprese: «Che cosa ci guadagnerai,
adorando il tuo Dio? – La salvezza dell'anima, il cielo dove spero
di salire dopo la morte». Il 2 giugno 1996, in occasione della
canonizzazione di San Jean-Gabriel Perboyre, Papa Giovanni Paolo II
diceva di lui: «Aveva un'unica passione, Cristo e l'annunzio del suo
Vangelo. È per fedeltà a questa passione che, lui pure, è stato
messo nel novero degli umiliati e dei condannati, e che oggi la
Chiesa può proclamare solennemente la di lui gloria nel coro dei
santi del cielo».
Nel 1817, Jean-Gabriel, quindicenne,
entra, con il fratello maggiore Louis, nel seminario di Montauban
(Francia), diretto dai Padri della Missione o Lazzaristi, figli
spirituali di San Vincenzo de' Paoli. È lì che sente il desiderio
di consacrarsi alle Missioni in paese pagano. Dopo aver compiuto il
noviziato a Montauban, viene inviato a Parigi per gli studi di
teologia, e vi è quindi ordinato sacerdote. Nel 1832, suo fratello
Louis, imbarcatosi quale sacerdote lazzarista per la Missione della
Cina, muore di febbre miasmatica nel corso della traversata. Subito,
Jean-Gabriel annuncia alla famiglia il suo desiderio di partire per
assumere il posto lasciato vacante dalla morte del fratello.
Ma i superiori decidono altrimenti, a
causa della sua salute cagionevole. Lo nominano vicedirettore del
seminario parigino dei Lazzaristi. Coadiutore molto attivo di un
direttore di seminario anziano, ha come principio quello di insegnare
molto di più con l'esempio che con le parole. Trasmette ai novizi il
suo amore per Gesù: «Cristo è il grande Maestro della scienza. Lui
solo dà la vera luce... Una sola cosa è importante: conoscere ed
amare Gesù Cristo, poichè Egli non è soltanto la Luce, ma anche il
Modello, l'Ideale... Pertanto, non basta conoscerlo, bisogna
imitarlo... Possiamo giungere alla salvezza solo conformandoci a Gesù
Cristo». Scrive ad uno dei fratelli: «Non dimenticare che la
questione della salvezza è la questione di cui ci si deve occupare
prima di tutto, soprattutto e sempre».
Tuttavia, conserva nel cuore l'ardente
desiderio di partire come missionario; mostrando ai seminaristi i
ricordi del martirio di Francois-Régis Clet, appena giunti a Parigi,
dice loro: «Ecco l'abito di un martire... che fortuna se ci toccasse
un giorno la stessa sorte!» Chiede quindi: «Pregate perciò
fervidamente, affinchè la mia salute si fortifichi e mi permetta di
andarmene in Cina, per predicarvi Gesù Cristo e morire per Lui».
Ottiene finalmente dai superiori il
favore di partire per la Cina, dove arriva il 10 marzo 1836. Lo zelo
per la salvezza delle anime gli fa sopportare la fame e la sete, per
la maggior gloria di Dio. È sempre pronto, giorno e notte, a correre
dovunque lo chiami il suo ministero. Non gli importano stanchezze e
veglie. Per di più, lo assalgono violente tentazioni di
disperazione. Ma Nostro Signore gli appare, lo consola, e la gioia
torna nell'anima dell'apostolo.
In preda
alle sofferenze
Nel 1839, si scatena una persecuzione
contro i cristiani. Il 15 settembre, Padre Perboyre ed un
confratello, Padre Baldus, si trovano nella loro residenza di
Tcha-Yuen-Keou. Ad un tratto, viene loro annunciato l'arrivo di una
truppa armata. I missionari fuggono, uno da una parte, l'altro
dall'altra, per non cadere entrambi in potere dei nemici.
Jean-Gabriel si nasconde in una fitta foresta. Ma, l'indomani, è
tradito per un compenso di trenta tael (moneta cinese), da uno
sventurato catecumeno. I soldati gli strappano di dosso i vestiti, lo
ricoprono di stracci, lo legano saldamente e se ne vanno alla locanda
per festeggiare la cattura.
Interrogato dal mandarino della
sottoprefettura, Jean-Gabriel risponde con fermezza di essere europeo
e predicatore della religione di Gesù. Si comincia allora a
torturarlo, ma, per paura che soccomba, lo si fa sedere su una panca,
alla quale gli si legano saldamente le gambe. Il santo prete passa
così la notte, benedicendo Gesù che gli fa l'onore di associarlo
alle proprie sofferenze. Trasferito alla prefettura, in capo ad un
penosissimo viaggio a piedi, con catene al collo, alle mani ed ai
piedi, subisce quattro interrogatori. Per farlo parlare, lo si mette
per lunghe ore in ginocchio su catene di ferro. Poi, lo si sospende
per i pollici e gli si somministrano sul volto quaranta colpi di
suola di cuoio, affinchè rinneghi la propria fede. Ma, sostenuto
dalla grazia di Dio, sopporta tutto senza lamentarsi.
Viene quindi inviato ad Ou Tchang Fou,
al cospetto del viceré, dove deve sottostare ad una ventina di
interrogatori. Il viceré vuol costringerlo a calpestare un
crocifisso, ma invano. Lo si percuote a colpi di correggia di cuoio e
di canna di bambù, sino allo sfinimento, o allora lo si innalza ad
una grande altezza a mezzo di pulegge, e lo si lascia ricadere a
terra di peso. L'anima del santo sacerdote rimane unita a Dio. «Ma
sei ancora cristiano? – Oh sì! E ne sono felice!» Finalmente, il
viceré lo condanna allo strangolamento; ma siccome la sentenza può
essere eseguita solo dopo la ratifica da parte dell'imperatore,
Jean-Gabriel Perboyre rimane in prigione per alcuni altri mesi.
«
Irriconoscibile! »
Mentre i mandarini lo torturavano,
nessun cristiano era potuto giungere fino a lui; ci si illudeva
probabilmente che, privandolo di ogni soccorso, si sarebbe riusciti
più facilmente a vincere la sua costanza. Ma dopo l'ultimo
interrogatorio, tale severa consegna è temperata. Uno dei primi a
poter penetrare nella prigione è un religioso lazzarista cinese,
chiamato Yang. Che spettacolo straziante gli si offre alla vista!
Rimane muto, sparge molte lacrime e riesce a malapena a rivolgere
qualche parola al martire. Padre Jean-Gabriel desidera confessarsi,
ma è imbarazzato dalla presenza di due ufficiali del mandarino, che
gli stanno costantemente accanto. Su richiesta di un cristiano che
accompagna Padre Yang, essi accettano di allontanarsi un po', ed il
missionario può confessarsi.
Gli altri detenuti, condannati di
diritto comune, testimoni della santa vita di Padre Jean-Gabriel,
cominciano ben presto ad apprezzarlo; idee fino allora ignote
germogliano nelle loro anime incallite. Ammirando così grandi virtù,
proclamano che egli ha diritto ad ogni forma di rispetto. Quanto a
lui, è pieno di gioia nelle sofferenze, perchè queste lo rendono
più conforme al suo divino Modello.
« È tutto
quel che desideravo »
Infine, dopo un anno di catene e
torture, l'11 settembre 1840, viene condotto sul luogo
dell'esecuzione. Gli si legano le braccia e le mani alla sbarra
trasversale di una forca a forma di croce e gli si legano i piedi
congiunti in fondo al palo, senza che tocchino il suolo. Il boia gli
mette intorno al collo una specie di collare di corda, nel quale fa
scivolare un pezzo di bambù. Con una lentezza calcolata, il boia
stringe per due volte la corda intorno al collo della vittima. Una
terza torsione più prolungata interrompe la preghiera continua del
martire, e lo fa entrare nella gioia immensa ed eterna della Corte
celeste. Ha 38 anni. Una croce luminosa appare nel cielo, visibile
fino a Pechino. Con grande stupore di tutti, contrariamente ai volti
dei condannati allo strangolamento, quello di Jean-Gabriel è rimasto
sereno ed ha conservato un colorito naturale.
«Il martire rende testimonianza a
Cristo, morto e risorto, al quale è unito dalla carità. Rende
testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana»
(CCC, 2473). Il sacrificio di San Jean-Gabriel Perboyre ha
portato numerosi frutti spirituali, di cui alcuni sono visibili: come
lui, molti cristiani cinesi hanno dato la vita per Cristo; la
religione cristiana si è sviluppata in Cina, tanto che ha
necessitato la costituzione di quattordici vicariati apostolici. Più
di recente, le persecuzioni del regime comunista non sono valse ad
estinguere la fede.
A noi, San Jean-Gabriel ricorda che:
«tutti i cristiani, ovunque essi vivano, sono tenuti a manifestare
con l'esempio della vita e con la testimonianza della parola, l'uomo
nuovo che hanno rivestito col battesimo, e la forza dello Spirito
Santo, dal quale sono stati rinvigoriti con la Confermazione» (CCC,
2472). Questa testimonianza non conduce sempre al martirio
cruento, ma comporta l'accettazione della croce di ogni giorno.
Abbiamo a cuore di portarla con amore, con l'ausilio della Vergine
Santissima, e giungeremo in cielo, trascinando con noi molte anime:
«Al di fuori della croce, non vi è altra scala per salire al cielo»
(Santa Rosa da Lima). È la grazia che chiediamo a San Giuseppe, in
questo inizio dell'anno, per Lei e per tutti coloro che Le sono cari,
vivi e defunti.
Dom Antoine
Marie osb
"Lettera mensile dell'abbazia
Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia (Website :
www.clairval.com)"
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