Un
giovane entra in un confessionale della chiesa di Sant'Agostino, a
Parigi, si china verso il sacerdote e gli dice: «Reverendo, non ho
la fede; vengo a chiederle di istruirmi». Il sacerdote lo squadra...
«Si inginocchi, si confessi a Dio; crederà. – Ma non sono venuto
per questo... – Si confessi!» Colui che voleva credere, sentì che
il perdono era per lui la condizione della luce. Si inginocchia, e
confessa tutta la sua vita. Quando il penitente ha ricevuto
l'assoluzione dei peccati, il sacerdote riprende: «È a digiuno? –
Sì. – Vada a comunicarsi!» Il giovane si avvicina immediatamente
alla Sacra Mensa; fu la sua «seconda prima Comunione»... Siamo alla
fine di ottobre del 1886. Quel sacerdote, noto per la sua arte nel
dirigere le anime, è don Huvelin; quel giovane ventottenne, si
chiama Charles de Foucauld.
Nato
il 15 settembre 1858 a Strasburgo, in una famiglia molto cristiana,
Charles perde la madre, poi, lo stesso anno 1864, il padre. Viene
allora affidato, assieme alla sorella Maria, al nonno, il Signor de
Morlet, colonnello in pensione. Affettuoso, zelante, studioso,
Charles diventa oggetto delle tenerezze del nonno, presso il quale le
collere del bambino trovano una segreta indulgenza e vengono
considerate come un indice di carattere. Il Signor de Morlet e i due
bambini si trasferiscono a Nancy nel 1872. A partire da allora,
Charles prende l'abitudine di mescolare agli studi una massa di
letture scelte senza discernimento. Alla fine degli studi, perde
totalmente la fede, «e non era il solo male, confiderà più
tardi... Si lanciano i giovani nel mondo senza dar loro le armi
indispensabili per combattere i nemici che trovano in sè e fuori di
sè, e che li attendono in massa. I filosofi cristiani hanno risposto
da tanto tempo, in modo molto chiaro, a un gran numero delle domande
che ogni giovane si pone febbrilmente, senza sospettare che la
risposta esiste, luminosa e limpida, a due passi da lui!» Egli
esigerà che i nipotini siano istruiti da insegnanti cristiani: «Non
ho nessun cattivo insegnante; ma la gioventù ha bisogno di essere
istruita non da persone neutre, ma da anime credenti e sante, e
inoltre da uomini che sappiano rispondere delle loro convinzioni e
ispirino ai giovani una ferma fiducia nella verità della fede...»
Assolutamente
empio, assolutamente desideroso del male
Ottenuto
il diploma di scuola media superiore, curioso di tutto, deciso a
godersi la vita e tuttavia triste, Charles se ne va a Parigi per
prepararsi alla scuola militare di Saint-Cyr. Dirà di se stesso che
era assolutamente egoista, assolutamente vanitoso, assolutamente
empio, e assolutamente desideroso del male... La sua pigrizia è tale
che, durante il secondo anno, viene escluso dai corsi... Eppure, sarà
ammesso alla scuola nel 1876, fra gli ultimi. Nel 1878, passa alla
scuola di cavalleria di Saumur, dove conduce, dice un amico,
«un'esistenza di dolce filosofo epicureo»: Charles fa vita da gran
signore, si veste in modo estremamente ricercato, organizza una festa
dopo l'altra. Suo zio se ne preoccupa e gli affianca un consigliere
giudiziario, con grande rabbia del nipote. Nel 1880, il sottotenente
de Foucauld parte alla volta dell'Algeria con il suo reggimento. Una
giovane signora lo raggiunge, presentandosi come moglie legittima.
Quando i superiori scoprono la verità, lo pregano di rimandare la
compagna in Francia. Charles si rifiuta assolutamente. La sanzione
non si fa attendere: sospeso dall'attività per indisciplina e
cattiva condotta. Si produce, in Algeria, l'insurrezione del capo
musulmano Bou-Amama. De Foucauld non può rassegnarsi al pensiero che
i compagni si batteranno, saranno esposti al pericolo ed a fatti
d'armi senza di lui. Ottiene l'autorizzazione di raggiungere il
reggimento. «In mezzo ai pericoli ed alle privazioni delle colonne
di spedizione, dirà uno dei suoi amici, il generale Laperrine, si
rivelò soldato e capo...»
Ha
ventiquattro anni. È sedotto dal silenzio abituale dei paesi
dell'Africa del nord, dalla vastità, dall'imprevisto e dallo stato
primitivo della vita, dal mistero degli abitanti... Si dimette
dall'esercito e si lancia in una spedizione particolarmente
difficile: l'esplorazione del Marocco, paese all'epoca molto chiuso,
soprattutto ai Cristiani. In compagnia di un rabbino, nativo del
paese, Charles, che si fa passare anche lui per rabbino, attraversa
la frontiera nel giugno del 1883. Durante undici mesi, percorre il
Marocco; vari strumenti di misura, nascosti nelle pieghe dei vestiti,
gli permettono, pur rischiando continuamente di farsi sorprendere, di
fare osservazioni e di prendere delle note sul paese, che è ancora
sconosciuto. Nel maggio del 1884, torna in Francia, carico di dati
scientifici che registra nel suo Ricognizione del Marocco,
libro che lo fece apprezzare ben presto negli ambienti scientifici.
La
famiglia lo accoglie con gioia e affetto; i famigliari conoscono i
suoi eccessi ed il suo stato d'animo. Eppure, non gli fanno nessun
rimprovero; al contrario, si congratulano con lui per il successo
della sua avventura e lo introducono nella migliore società dal
punto di vista qualità d'animo e convinzioni cristiane. Charles
rimane scosso da quel che ha visto nell'Africa del nord e in
particolare la perpetua invocazione di Dio. Tutto l'apparato
religioso della vita musulmana lo porta a dire a se stesso: «Ed io
che sono senza religione!» Pensa addirittura a convertirsi
all'islamismo; ma, dopo averla esaminata, si accorge che la religione
di Maometto non può essere quella vera, «essendo essa troppo
materialistica». Malgrado la vita piacevole che conduce, la sua
tristezza non fa che aumentare. Apre, nei momenti di libertà, i
libri dei filosofi pagani: le loro risposte gli sembrano povere...
Nessuno
ha potuto toglierglielo...
Ed
ecco che, provvidenzialmente, una sera del 1886, Charles incontra don
Huvelin, in casa della zia Moytessier. La tenerezza di quell'uomo di
Dio per i peccatori commuove i più indifferenti; pensa a quella che
sarà la loro ora definitiva, quando saranno giudicati, condannati
per sempre. Quella sera, la conversazione dei due uomini è banale;
ma la Provvidenza ne fa la causa prossima della confessione che
opererà un cambiamento totale nella vita di de Foucauld. Nel
novembre del 1888, Charles s'imbarca per la Terra Santa, che percorre
durante quattro mesi. Nazareth, soprattutto, lo seduce: gli ispira un
amore che non si spegnerà più per la vita celata, l'obbedienza, la
condizione umile, scelta volontariamente. Poichè pensa a Colui che
vi è vissuto per trent'anni, e di cui don Huvelin diceva: «Nostro
Signore ha preso talmente l'ultimo posto, che mai nessuno ha potuto
toglierglielo». Dopo esser tornato in patria, tre ritiri spirituali
lo aiutano a discernere la propria vocazione: Dio lo chiama a farsi
monaco trappista. Abbandona i suoi beni e parte, alla fine del 1889,
alla volta della Trappa di Nostra Signora delle Nevi, in Ardèche. Il
26 gennaio 1890, il Padre Abate gli rimette l'abito, con il nome di
Fra Alberico.
I
suoi trentadue anni si adattano senza sforzo al regime del monastero;
la sola cosa difficile per la sua natura altera, è l'obbedienza.
Nelle lotte, è sostenuto dalla sua intenzione iniziale: «Volevo
farmi monaco per tener compagnia a Nostro Signore nelle sue pene...
Gesù mi tiene in mano, mettendomi nella sua pace, cacciando la
tristezza non appena essa vuole avvicinarmisi». Il 27 giugno 1890,
Fra Alberico realizza un progetto di cui aveva parlato al Priore fin
dal suo arrivo: recarsi in un monastero poverissimo, sito in Siria,
la Trappa di Akbès, per viverci in incognito, ancora più povero, e
per essere vicino alla Terra Santa, dove il Figlio di Dio ha sofferto
e lavorato. Ivi, i monaci vivono in mezzo ad una popolazione composta
di Curdi, Siriani, Turchi, Armeni, che costituirebbero, scrive, «un
popolo coraggioso, laborioso ed onesto, se fosse istruito, governato,
soprattutto convertito... Tocca a noi forgiare l'avvenire di tali
popoli. L'avvenire, il solo vero avvenire, è la vita eterna: la vita
terrena è soltanto la breve prova che prepara l'altra... La
predicazione nei paesi musulmani è difficile, ma i missionari di
tanti secoli passati hanno vinto ben altre difficoltà... Diamo loro
l'esempio di una vita perfetta, di una vita superiore e divina».
Nel
1892, qualche mese dopo aver pronunciato i voti, fra Alberico riceve
l'ordine di cominciare studi teologici, in vista del sacerdozio.
Malgrado l' «estrema avversione» che risente per tutto quello che
lo allontana dall'ultimo posto che è andato a cercare, si mette allo
studio. In pari tempo, espone al Padre Abate generale l'attrattiva
persistente che prova per un genere di vita ancora più umile, fuori
dell'ordine cistercense. Il Padre Abate lo fa andare a Roma perchè
vi compia due anni di studi. Obbediente, fra Alberico vi giunge
nell'ottobre del 1896. Eppure, fin dal gennaio seguente, il Priore
generale gli dà la facoltà di lasciare la Trappa e di seguire la
chiamata di Dio.
«Gioisco
infinitamente»
Fra
Charles di Gesù – è il nome che ormai assumerà – torna allora
a Nazareth. Le Clarisse lo accolgono in qualità di domestico:
«Gioisco infinitamente di esser povero, vestito da operaio, nella
bassa condizione che fu quella di Gesù...» Passa lunghe ore in
adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Un giorno, lascia che il
cuore gli detti i seguenti accenti di riconoscenza: «Dio mio, noi
tutti dobbiamo cantare le tue misericordie, noi che siamo stati tutti
creati per l'eterna gloria e riscattati dal Sangue di Gesù, dal tuo
Sangue, Signore mio Gesù, che sei accanto a me in questo
tabernacolo; ma se tutti noi lo dobbiamo fare, quanto lo devo far io!
io che sono stato, fin dall'infanzia, circondato da tante grazie,
figlio di una santa madre, ho appreso da lei a conoscerti, ad amarti
ed a pregarti, non appena sono stato in grado di capire una parola! E
i catechismi, le prime confessioni...esempi di pietà ricevuti in
famiglia... e dopo una lunga e buona preparazione, la prima
Comunione!...
«Quando,
malgrado tante grazie, cominciavo ad allontanarmi da te, con quale
dolcezza mi richiamavi a te attraverso la voce del nonno, con quanta
misericordia mi impedivi di cadere negli estremi eccessi,
conservandomi in cuore la tenerezza per lui!... Ma malgrado tutto
questo, ahimè, mi allontanavo, mi allontanavo da te sempre di più,
da te, mio Signore e mia vita... e così la mia vita cominciava ad
essere una morte, o piuttosto era già una morte ai tuoi occhi... E
anche in quello stato di morte, continuavi a conservarmi: la fede era
totalmente sparita, ma il rispetto e la stima della religione erano
rimasti intatti...
«Per
forza di cose, mi hai obbligato alla castità, e, ben presto,
avendomi, alla fine dell'inverno del 1886, riportato nella mia
famiglia, a Parigi, la castità divenne per me una dolcezza ed un
bisogno del cuore. Tu hai fatto questo, mio Dio, tu solo; io non
c'entravo, ahimè! Era necessario, per preparare la mia anima alla
Verità; il demonio è troppo padrone di un'anima non casta, per
lasciarvi entrare la Verità... Tu non ci potevi entrare, mio Dio, in
un'anima in cui il demonio delle passioni immonde la faceva da
padrone... Mio Dio, come canterò le tue misericordie!...
«Un'anima
bella ti assecondava, ma con il silenzio, la dolcezza, la perfezione;
essa si lasciava vedere, era buona e spandeva il suo profumo
attraente, ma non agiva. Tu, mio Gesù, mio Salvatore, facevi tutto,
all'interno ed all'esterno. Tu mi hai allora fatto quattro grazie. La
prima fu quella di ispirarmi questo pensiero: poichè quest'anima è
tanto intelligente, la Religione, in cui crede tanto fermamente, non
può essere una follia come penso io. La seconda fu quella di
ispirarmi quest'altro pensiero: poichè la Religione non è una
follia, si trova forse lì la Verità, che sulla terra non è da
nessuna parte altrove, nè in alcun sistema filosofico? La terza fu
quella di dirmi: studiamo dunque tale Religone; assumiamo un
professore di Religione cattolica, un sacerdote istruito, e vediamo
cosa dà. La quarta fu la grazia incomparabile di mandarmi da don
Huvelin... E da allora, mio Dio, non c'è stato che un susseguirsi di
grazie... Un flusso, sempre più forte!»
Una
Messa di più, ogni giorno
La
fama di santità di fra Charles si propaga a sua insaputa. La Badessa
delle Clarisse di Gerusalemme lo esorta a prepararsi al sacerdozio.
Per vincerne la resistenza, gli fa osservare che, se accettasse, vi
sarebbe ogni giorno nel mondo una Messa di più sulla terra. Se ha
ricevuto doni, è per se medesimo? L'argomento lo scuote; una
risposta di don Huvelin fa il resto. Fra Charles torna in Francia, a
Nostra Signora delle Nevi, dove si prepara all'ordinazione che avrà
luogo il 9 giugno 1900. Che farà adesso? Con l'accordo del vescovo
di Viviers e di don Huvelin, andrà a portare il Vangelo ai popoli
del Sahara, che figurano fra i più abbandonati...
La
vita di Padre Charles di Gesù si svolge ormai nel deserto: prima a
Beni-Abbès, a Sud della regione di Orano, poi a Tamanrasset, nel
massiccio dell'Hoggar, a 1500 km. a sud di Algeri. È conscio di
essere probabilmente il primo sacerdote della storia a risiedere ed a
celebrare la santa Messa in questi luoghi. Lo scopo è quello di
aprire il cuore dei musulmani – Arabi, poi Tuareg – offrendo loro
il contatto con la civiltà cristiana e con un sacerdote, per
permettere, più tardi, la loro evangelizzazione da parte di
missionari veri e propri. Esercita nei loro riguardi una carità
generosa e disinteressata, parla loro di Dio e insegna loro i
precetti della religione naturale.
Si
è detto che Padre de Foucauld non predicava affatto la fede e si
limitava ad una presenza muta in mezzo ai Musulmani. Il generale
Laperrine si era già indispettito a questo proposito: «E le sue
conversazioni! Ed il suo abito!» aveva annotato nel suo diario.
Quando qualcuno si presenta alla porta dell'eremo, fra Charles si fa
avanti, con gli occhi pieni di serenità, con la mano tesa, avvolto
in una gandura bianca, sulla quale è applicato un cuore rosso
sormontato da una croce. L'immagine del Sacro Cuore proclama la fede
di quell'uomo bianco; e tutta la sua vita manifesta il Vangelo. Gli
indigeni lo sanno benissimo. In una relazione al Prefetto apostolico
del Sahara, fra Charles scrive: «Per gli schiavi (la schiavitù era
pratica corrente nel deserto), ho una cameretta in cui li
riunisco...; a poco a poco, insegno loro a pregare Gesù... Anche i
viaggiatori poveri trovano presso la Fraternità un asilo umile ed un
pasto povero, con una buona accoglienza e qualche parola, onde
indurli al bene e a Gesù...» Scrive ad un amico: «Sono molto
rattristato quando vedo i fanciulli del paese vivere alla giornata,
senza niente da fare, senza istruzione, senza educazione religiosa...
Alcune suore di Carità darebbero in poco tempo, con l'aiuto di Dio,
tutto questo paese a Gesù».
Una
ricetta contro la tristezza
Da
molto tempo, anela di riunire attorno a sè una comunità: i «Piccoli
Fratelli del Sacro Cuore di Gesù», missionari che avrebbero fatto
conoscere ed amare Gesù attraverso una vita di preghiera, di carità
e di povertà, assunta fra quei popoli immensi che non conoscono
l'unico Salvatore. Eppure scrive: «In questo momento, sono in una
grande pace. Durerà quanto vorrà Gesù. Ho il Santissimo
Sacramento, l'amore di Gesù; altri hanno la terra, io ho il buon
Dio... Quando sono triste, ecco la mia ricetta: recito i misteri
gloriosi del Rosario e dico a me stesso: che importanza ha, tutto
sommato, che io sia misero e che il bene che auspico non si realizzi?
Tutto ciò non impedisce il prediletto Gesù – che auspica il bene
mille volte più di me – di essere beato, eternamente ed
infinitamente beato!...»
Quando
scoppia in Europa la guerra del 1914-18, Padre Charles è insediato
nell'Hoggar da nove anni. Delle sei tribù tuareg in mezzo alle quali
egli vive, tre hanno fatto atto di sottomissione alla Francia e le
rimangono fedeli; ma le altre tre approfittano del conflitto europeo
per infondere lo spirito della rivolta. Esse conoscono l'influenza
preponderante dell'eremita sui Tuareg-Hoggar: «Il grande interesse
di Tamanrasset, scrive nel gennaio del 1914 un medico francese, è la
presenza di Padre de Foucauld. Ha acquisito una gran fama fra la
popolazione con la sua bontà, la sua santità ed il suo sapere». Il
Padre diventa il bersaglio dei rivoltosi, che organizzano una
spedizione punitiva. Il 1° dicembre 1916, si avvicinano senza far
rumore al fortino in cui egli risiede, e bussano alla porta che
l'eremita socchiude senza sospetto: viene allora afferrato e legato.
Comprendendo tutto, si aspetta di morire. Finalmente è giunto il
momento di raggiungere il Prediletto! «Sopportiamo tutti gli
insulti, aveva scritto, i colpi, le ferite, la morte, pregando per
coloro che ci odiano... seguendo l'esempio di Gesù, senza nessun
altro motivo nè altra utilità se non quelli di dichiarare a Gesù
che lo amiamo».
Sorpresi
da due soldati ligi alla Francia, i congiurati perdono la calma.
Quello che è incaricato di sorvegliare il Padre, gli spara a
bruciapelo una pallottola nella testa. Padre Charles de Foucauld
scivola lentamente lungo il muro e si accascia al suolo: è morto...
vittima del suo zelo d'amore per quei popoli in cui la luce della
fede non aveva mai brillato. Ha consacrato la vita a far conoscere
loro il vero Dio incarnato in Gesù Cristo, a far sperimentar loro la
misericordia di cui lui medesimo ha beneficiato in modo tanto
manifesto e di cui ha voluto, per gratitudine, essere l'araldo! Solo
il 21 dicembre il capitano de La Roche, comandante il settore
dell'Hoggar, potrà recarsi a Tamanrasset. Sulla tomba del Padre,
pianterà una croce di legno. Poi, penetra nell'eremo fortificato che
i banditi hanno saccheggiato. Ritrova la corona del Padre, una via
crucis che egli aveva abilmente disegnato a penna su tavolette, una
croce di legno, recante anch'essa una bellissima immagine di
Cristo...
Ostensorio
nella sabbia
Smuovendo
il suolo con il piede, il giovane ufficale scopre nella sabbia un
piccolissimo ostensorio, che racchiude ancora l'Ostia consacrata. Lo
raccoglie rispettosamente, lo pulisce e lo avvolge in un panno.
Quando giunge il momento di lasciare Tamanrasset, lo mette davanti a
sè, sulla sella del mehari, e compie così i 50 km. che separano
Tamanrasset da Fort-Motylinski: nel Sahara, è la prima processione
del Santissimo Sacramento! Strada facendo, l'ufficiale de La Roche si
è ricordato di una conversazione che aveva avuto con Padre de
Foucauld: «Se le capitasse una disgrazia, aveva chiesto, cosa
bisognerebbe fare del Santissimo Sacramento? – Vi sono due
soluzioni: fare un atto di contrizione perfetta e fare lei la
Comunione; o allora mandare per posta l'Ostia consacrata ai Padri
Bianchi». Egli non può risolversi a scegliere la seconda soluzione.
Avendo quindi chiamato un sottufficiale, ex seminarista e cristiano
fervente, l'ufficiale infila guanti bianchi, di cui non si era mai
servito, per aprire la custodia dell'ostensorio. L'Ostia è lì,
quale il sacerdote l'aveva consacrata e adorata. I due giovani si
chiedono l'un l'altro: «Chi di noi due dovrà riceverla?»
Finalmente, è il sottufficiale che si inginocchia e fa la Comunione.
A
Beni-Abbès, Charles aveva stabilito un regolamento di vita in cui la
preghiera occupava il primo posto: Santa Messa e azione di grazia,
Breviario, Via Crucis, Rosario... Ma l'adorazione della Santissima
Eucaristia prevale nettamente: vi consacra tre ore e mezzo al giorno,
ripartite in tre pause di silenzio. Nel suo diario, si legge: «Maggio
1903 – Sono trent'anni oggi che ho fatto la prima Comunione, che ho
ricevuto il Buon Dio per la prima volta... Ed ecco che tengo Gesù
fra le mie miserabili mani! Lui, mettersi nelle mie mani! Ed ecco
che, giorno e notte, godo del santo tabernacolo, Gesù è per così
dire un mio bene personale! Ecco che ogni mattina consacro la Santa
Eucaristia, che ogni sera do con essa la benedizione!»
Con
il suo amore ardente per Gesù-Ostia, fra Charles anticipava la
chiamata che un secolo dopo il Servo di Dio Giovanni Paolo II
lanciava a tutta la Chiesa: «Carissimi fratelli e sorelle, qui si
trova il tesoro della Chiesa... Nell'Eucaristia, abbiamo Gesù,
abbiamo il suo Sacrificio redentore, abbiamo la sua risurrezione,
abbiamo il dono dello Spirito Santo, abbiamo l'adorazione,
l'obbedienza e l'amore per il Padre! Se trascuriamo l'Eucaristia,
come potremo rimediare alla nostra indigenza? Sotto le umili specie
del pane e del vino, transustanziati nel suo Corpo e nel suo Sangue,
Cristo cammina con noi, essendo per noi forza e viatico, e fa di noi,
per tutti i nostri fratelli, dei testimoni di speranza» (Ecclesia
de Eucharistia, 17 aprile 2003, nn. 59, 60, 62).
Charles
de Foucauld, beatificato a Roma il 13 novembre scorso, ha amato
l'Eucaristia come se vedesse in essa, con i suoi propri occhi, Cristo
presente. Chiediamogli di accendere nelle nostre anime un amore
sempre più ardente per Colui che vuol rimanere in mezzo a noi per
essere il nostro confidente, il nostro sostegno, il nostro Amico vero
e fedele.
Dom
Antoine Marie osb
"Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny
Francia (Website : www.clairval.com)"
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