CINQUE
PIÙ CINQUE – Tratto da “ MONDO PICCOLO” di Giovannino
Guareschi
Le
cose si erano guastate forte per via della politica e, pur senza che
fosse successo niente di speciale, Peppone, quando incontrava don
Camillo, faceva una smorfia di disgusto e voltava la faccia da
un'altra parte. Poi, durante un discorso in piazza, Peppone aveva
fatto delle allusioni offensive a don Camillo e lo aveva chiamato «il
corvaccio del cancelliere». In seguito, avendo don Camillo risposto
per le rime sul giornaletto della parrocchia, una notte gli
scaricarono davanti alla porta della canonica un biroccio di letame,
sì che alla mattina dovette uscire con una scala dalla finestra. E
sul mucchio c'era un cartello: «Don Camillo, concimati la zucca».
Di qui cominciò una polemica verbale, giornalistica e murale così
accesa e violenta che c'era in giro sempre più un maledetto odor di
legnate. E dopo l'ultima replica di don Camillo attraverso il
giornaletto, la gente disse: «Se quelli di Peppone non rispondono ci
siamo».
E
quelli di Peppone non risposero, anzi si chiusero in un silenzio
preoccupante e pareva l'attimo che precede il temporale.
Una
sera don Camillo stava in chiesa assorto nelle sue preghiere, quando
udì cigolare la porticina del campanile e non fece neppure a tempo
a levarsi in piedi che Peppone gli stava dinanzi. Peppone aveva il
viso tetro e teneva una mano dietro la schiena. Pareva ubriaco e i
capelli gli ciondolavano sulla fronte. Don Camillo con la coda
dell'occhio mirò un candelabro che gli stava a fianco e, calcolata
bene la distanza, si alzò in piedi con un balzo all'indietro e si
trovò con la mano stretta attorno al pesante arnese di bronzo.
Peppone strinse le mascelle e guardò negli occhi don Camillo e don
Camillo aveva tutti i nervi tesi ed era sicuro che, appena Peppone
avesse mostrato quello che celava dietro le spalle, il candelabro
sarebbe partito come una saetta. Lentamente Peppone trasse la mano da
dietro la schiena e porse a don Camillo un grosso pacco stretto e
lungo. Don Camillo pieno di sospetto non accennò ad allungare la
mano e allora Peppone, deposto il pacco sulla balaustra dell'altare,
strappò la carta blu, e apparvero cinque lunghe torce di cera
grosse come un palo da vigna. «Sta morendo» spiegò con voce cupa
Peppone. Allora don Camillo si ricordò che qualcuno gli aveva detto
che il bambino di Peppone da quattro o cinque giorni stava male, ma
don Camillo non ci aveva fatto molto caso credendo si trattasse di
cosa da poco.
E
ora capiva il silenzio di Peppone e la mancata replica. «Sta
morendo» disse Peppone. «Accendetele subito.» Don Camillo andò
in sagrestia a prendere dei candelabri e, infilate le cinque grosse
torce di cera, si accinse a disporle davanti al Cristo. «No» disse
con rancore Peppone «quello lì è uno della vostra congrega.
Accendetele davanti a quella là che non fa della politica.» Don
Camillo a sentir chiamare «quella là» la Madonna strinse i denti
e sentì una voglia matta di rompere la testa a Peppone. Ma tacque e
andò a disporre le candele accese davanti alla statua della
Vergine, nella cappelletta a sinistra. Si volse verso Peppone.
«Diteglielo!» ordinò con voce dura Peppone. Allora don Camillo
si inginocchiò e sottovoce disse alla Madonna che quelle cinque
grosse candele gliele offriva Peppone perché aiutasse il suo
bambino che stava male. Quando si rialzò Peppone era scomparso.
Passando davanti all'altar maggiore don Camillo si segnò
rapidamente e tentò di sgattaiolare via, ma la voce del Cristo lo
fermò. «Don Camillo, cos'hai?» Don Camillo allargò le braccia
umiliatissimo. «Mi dispiace» disse «che abbia bestemmiato così,
quel disgraziato. Né io ho trovato la forza di dirgli niente. Come
si fa a fare delle discussioni con un uomo che ha perso la testa
perché gli muore il figlio?» «Hai fatto benissimo» rispose il
Cristo. «La politica è una maledetta faccenda» spiegò don
Camillo. «Voi non dovete avervene a male, non dovete essere severo
con lui.» «E perché dovrei giudicarlo male?» sussurrò il
Cristo. «Egli onorando la Madre mia mi riempie il cuore di dolcezza.
Mi spiace un po' che l'abbia chiamata "quella là".» Don
Camillo scosse il capo. «Avete inteso male» protestò. «Egli ha
detto: "Accendetele tutte davanti alla Beata Vergine Santissima
che sta in quella cappella là". Figuratevi! Se avesse avuto il
coraggio di dire una cosa simile, figli o non figli, lo avrei
cacciato fuori a pedate!» «Ho proprio piacere che sia così»
rispose sorridendo il Cristo «Proprio piacere. Però parlando di me
ha detto "quello lì".» «Non lo si può negare» disse
don Camillo. «A ogni modo io sono convinto che egli lo ha detto per
fare un affronto a me, non a Voi. Lo giurerei, tanto ne sono
convinto.» Don Camillo uscì e dopo tre quarti d'ora rientrò
pieno di orgasmo. «Ve l'avevo detto?» gridò sciorinando un pacco
sulla balaustra. «Mi ha portato cinque candele da accendere anche a
Voi! Cosa ne dite?» «È molto bello tutto questo» rispose
sorridendo il Cristo. «Sono più piccolette delle altre» spiegò
don Camillo «ma in queste cose quella che conta è l'intenzione. E
poi dovete tener presente che Peppone non è ricco e, con tutte le
spese di medicine e dottori, si è inguaiato fino agli occhi.»
«Tutto ciò è molto bello» ripetè il Cristo. Presto le cinque
candele furono accese e pareva che fossero cinquanta tanto
splendevano. «Si direbbe persino che mandino più luce delle altre»
osservò don Camillo.
E
veramente mandavano molta più luce delle altre perché erano
cinque candele che don Camillo era corso a comprare in paese facendo
venir giù dal letto il droghiere e dando soltanto un acconto
perché don Camillo era povero in canna. E tutto questo il Cristo lo
sapeva benissimo e non disse niente, ma una lagrima scivolò giù
dai suoi occhi e rigò di un filo d'argento il legno nero della
croce e questo voleva dire che il bambino di Peppone era salvo.
E
così fu.
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