«Preghiera
per la pace, il Rosario è anche, da sempre, la preghiera della
famiglia e per la famiglia. Una volta, questa preghiera era
particolarmente cara alle famiglie cristiane e favoriva certamente la
comunione. Non bisogna che questa preziosa eredità si perda... Mi
rivolgo a voi, fratelli e sorelle di ogni condizione...: riprendete
in mano la corona con fiducia... Che il mio appello non rimanga
lettera morta!» Così si esprimeva il Santo Padre nella Lettera
apostolica Rosarium Virginis Mariæ del 16 ottobre 2002, che
istituiva un anno del Rosario (n. 41). L'esempio di una santa che ha
saputo rispondere all'appello di Nostra Signora può incoraggiarci a
vivere con Maria, poichè la devozione a Maria forma autentici servi
di Gesù Cristo. Tale devozione può concretizzarsi per noi,
attraverso la recita del Rosario.
Il 20
settembre 1801, nell'antico monastero di Santa Chiara, a Carignano,
nel Piemonte (Italia), non lontano da Genova, alcuni operai
ispezionano le tombe sotto il pavimento, nella speranza di trovarvi
oggetti di valore o, quanto meno, piombo. In una bara, scoprono il
corpo di una donna, assolutamente intatto. L'iscrizione rivela che si
tratta di Virginia Centurione, moglie di Gaspare Bracelli, morta a 65
anni, il 15 dicembre 1651, vale a dire centocinquant'anni prima. Le
autorità civili, piuttosto anticlericali (il Piemonte è all'epoca
sotto il dominio di Napoleone) si sforza di temperare l'entusiasmo
che la meravigliosa scoperta suscita fra la popolazione genovese. Il
notaio Piaggio è incaricato di dimostrare scientificamente che la
conservazione del corpo è dovuta ad un'imbalsamazione. Ma quando
trova il cadavere morbido e flessibile, il Dottor Piaggio abbandona
l'ispezione ed avverte le Suore di Bisagno che i resti mortali della
loro fondatrice sono stati identificati. Quest'atto di sincerità,
considerato dal governo come un tradimento, gli varrà di esser
radiato dal collegio notarile. Non potendo più esercitare ormai la
sua professione, egli accetta di vivere nella massima povertà e si
adopera nella ricerca dei ricordi relativi alla defunta, in vista
della di lei glorificazione.
Nata l'8
aprile 1587, Virginia Centurione appartiene alla ricca nobiltà
genovese, tanto per parte di madre quanto per parte di padre.
Quest'ultimo ha esercitato responsabilità nella battaglia di Lepanto
(1571), poi alla Dieta di Ratisbona (1582); dopo aver coperto la
carica di ambasciatore a Madrid nel 1599, diventa doge di Venezia per
gli anni 1621 e 1622. Donna straordinaria per devozione, intelligenza
e bellezza, Virginia desidera consacrarsi a Dio nella vita religiosa,
ma, a quindici anni, la si obbliga a sposare un nobile diciannovenne,
Gaspare Bracelli. Malgrado la nascita di due figlie, Lelia ed
Isabella, il matrimonio è poco felice. Il marito pensa soltanto al
gioco ed al piacere, al punto di divenire vittima della propria vita
dissoluta. I medici lo mandano a curarsi ad Alessandria (Italia), in
un clima migliore.
Il padre di
Virginia consiglia allora alla figlia di separarsi dal marito, ma
essa rifiuta e va a raggiungerlo. L'abnegazione della moglie tocca il
cuore di Gaspare, che si converte e muore cristianamente, a
ventiquattro anni, lasciando una vedova di vent'anni. Nonostante le
insistenze della famiglia, Virginia rifiuta energicamente di
risposarsi. Si occupa dell'educazione delle due figlie. Isabella avrà
ventun figli, di cui dieci si consacreranno al servizio di Dio; essa
finirà la vita quale monaca di clausura. Quanto a Lelia, essa morirà
assai giovane e le sue due figliole si faranno suore.
Divertirsi,
o salvare le anime?
Una notte,
Nostra Signora dei Sette Dolori avverte Virginia che suo Figlio
desidera vederla soccorrere i poveri. Pertanto, con intrepidezza e
malgrado le recriminazioni dei suoi, essa si reca prima di tutto
sulle galere per riconfortare i forzati. È un grosso scandalo per
tutta la città e per la sua nobile famiglia, il fatto di vedere una
signora del suo rango abbassarsi così fino alla «feccia del
popolo». «Perchè, replica essa, salire sulle navi per divertirsi e
non salirci per salvare le anime?»
L'intervento
della Santissima Vergine Maria in favore dei poveri ci mostra che la
sua funzione di «serva» del Signore non è ultimata. «Assunta in
cielo, la Santa Vergine non ha deposto la sua missione di salvezza:
con la sua molteplice intercessione, continua ad ottenerci i doni
della salvezza eterna... La maternità di Maria si estende ora ai
fratelli del Figlio suo, ancora pellegrini e posti in mezzo a
pericoli ed affanni, fino a che essi giungano alla beata patria»
(Vaticano II, Lumen gentium, 62). La Chiesa esprime la propria
fede in questa verità invocando Maria con i titoli di Avvocata,
Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice.
«Rimarrai
con me»
Una notte
d'inverno del 1630, mentre prega in casa, Virginia sente un grido
nella strada: manda subito uno dei domestici a vedere cosa succeda.
Il gemito proviene da una ragazzina, mezzo morta di freddo e di fame.
Virginia accoglie la piccola e, mentre questa si riscalda, le dice:
«Rimarrai con me, sarai mia figlia». Le appare la sua vera
missione: accogliere le ragazzine abbandonate o misere.
Immediatamente, se ne va a cercarle e, in pochi giorni, ne accoglie
quindici; ben presto, ne avrà quaranta. Per accoglierle, prende in
affitto dalla duchessa de Tursi il convento del Monte Calvario, e le
bambine si recano in processione, il 13 aprile 1631, nella loro nuova
casa, che porterà il nome di «Nostra Signora del Rifugio sul Monte
Calvario».
Il patrimonio
di Virginia non è tuttavia inesauribile: senza esitare, la
nobildonna va a mendicare per le strade, i negozi ed i palazzi onde
nutrire le sue protette. Nel 1633, quando sono più di duecento,
prende in affitto da suo genero, il marito di Lelia, un altro palazzo
che apparteneva un tempo a suo marito, in riva al torrente Bisagno:
di qui, il nome di «Figlie di Bisagno» dato alle ragazze che vi
abitano. Una terza casa, aperta in seguito a Carignano, diventerà,
in un certo modo, la Casa Madre. La fondatrice vi possiede una
cameretta ammobiliata con un vecchio armadio, un inginocchiatoio, due
sgabelli, una scrivania e, a mo' di letto, due cavalletti che
sostengono alcune assi.
Poichè il
numero di ragazzine accolte si eleva a quasi cinquecento, Virginia
non è in grado di amministrare da sola una simile comunità; il
Senato della Repubblica di Genova nomina protettori particolarmente
caritatevoli, prima tre, poi un quarto, Emanuele Brignole. All'epoca,
imitando santa Caterina da Genova (1477-1510), Virginia comincia a
mandare le ragazze più grandi a curare i malati all'ospedale
Pammatone. Più tardi, quando ci sarà un'epidemia, nel 1656-1657,
cinquantatré di esse moriranno, vittime della loro abnegazione.
Verso il
1644, Virginia redige per loro delle Costituzioni: esse osserveranno
il Vangelo alla perfezione, e opereranno per la conversione dei
peccatori attraverso la preghiera, la mortificazione e il servizio
dei malati. Ammiratore entusiasta della fondatrice, Emanuele Brignole
organizza la vita di lavoro, di studio, di educazione religiosa, di
cure domestiche della casa. Vi si dedica con tanto zelo, che le
«Suore di Nostra Signora del Rifugio sul Monte Calvario» vengono
chiamate dal popolo le «Brignoline».
Ritiratasi
nella casa di Carignano, Virginia Centurione lascia la terra per il
Cielo il 15 dicembre 1651, e viene seppellita il giorno seguente
nella chiesa del monastero di Santa Chiara. Quanto alle ragazze, esse
continuarono il loro apostolato caritatevole in vari ospedali di
Genova o in case di riposo per i poveri. All'inizio del terzo
millennio, sono quasi 200 suore, suddivise in più di 30 case in
Italia, in India, nell'Africa Centrale e nell'America latina.
La
luce di un messaggio
La domenica
22 settembre 1985, sua Santità Papa Giovanni Paolo II ha beatificato
Virginia Centurione Bracelli, a Genova; nell'omelia, diceva: «Se
uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti
(Marco, 9, 35)... Essere il servo di tutti, è la missione che il
Figlio di Dio ha abbracciato diventando il «Servo» sofferente del
Padre per la Redenzione del mondo. Gesù illustra con un gesto
ammirevole il senso che vuol dare alla parola «servo»: ai discepoli
preoccupati di sapere chi di loro sia il più grande, insegna
che è necessario, al contrario, mettersi all'ultimo posto, al
servizio dei più piccoli: Preso un bambino, lo pose in mezzo e
abbracciandolo disse loro: Chi accoglie uno di questi bambini nel mio
nome, accoglie me (Marco, 9, 36-37)... La vita di Virginia
Centurione sembra svolgersi tutta alla luce di questo messaggio:
rinunciare ai propri beni, per servire ed accogliere gli umili, i
mendicanti, consacrarsi a questi, alle persone più trascurate dagli
uomini... Un amore profondo per Cristo ed un amore autentico per i
poveri ed i bisognosi: ecco il messaggio che Virginia ripete in
questa circostanza alla città di Genova, quale essa è oggi...
Genova è una città consacrata alla Vergine, vera città della
Vergine, perchè Virginia Centurione ha voluto che Maria fosse
dichiarata e proclamata Regina della città...»
Come la Beata
Virginia Centurione, rivolgiamoci alla Santissima Vergine. Papa
Giovanni Paolo II ci invita a rivolgerci a Maria attraverso la recita
del Rosario. Già all'inizio del pontificato diceva: «La Chiesa ci
propone una preghiera semplicissima, il Rosario, la corona, che si
può scaglionare calmamente sul ritmo delle nostre giornate. Il
Rosario, recitato lentamente e meditato in famiglia, in comunità,
personalmente, vi farà entrare, a poco a poco, nei sentimenti di
Cristo e della di lui Madre, evocando tutti gli eventi che
costituiscono la chiave della nostra salvezza. Con Maria, aprirete
l'anima allo Spirito Santo, perchè Egli ispiri tutti i grandi
compiti che vi attendono» (6 maggio 1980).
Infatti, come
i bambini imitano i genitori, ne assimilano il linguaggio sentendoli
parlare, così coloro che recitano il Rosario e prendono seriamente e
devotamente in considerazione le virtù di Gesù Cristo nei misteri
della sua vita, diventano simili al divino Maestro, con l'aiuto della
grazia e per intercessione della Santa Vergine. «Dalla recita del
santo Rosario, praticata in modo da produrre tutto il suo effetto,
scaturiranno, non solo per i singoli individui, ma per tutta la
società cristiana, i più preziosi vantaggi», affermava Papa Leone
XIII (Enciclica Lætitiæ sanctæ, 8 settembre 1893). Lo
stesso Sovrano Pontefice chiariva i benefici che scaturiscono dalla
meditazione dei misteri gaudiosi: «I grandi esempi di modestia e di
umiltà, di pazienza nel lavoro, di benevolenza verso il prossimo, di
un compimento perfetto dei piccoli doveri della vita privata e di
tutte le virtù (della Sacra Famiglia di Nazareth) non possono esser
meditati e non si possono fissare a poco a poco nella memoria, senza
che, insensibilmente, non ne risulti una trasformazione salutare nei
pensieri e nelle abitudini della vita».
Testimoniare
le Beatitudini
Proponendo la
contemplazione dei misteri luminosi, Papa Giovanni Paolo II scriveva:
«Passando dall'infanzia di Gesù e dalla vita a Nazareth alla vita
pubblica, siamo portati a contemplare i misteri che si possono
chiamare, a titolo speciale, «misteri di luce». In realtà, tutto
il mistero di Cristo è luce. Egli è la luce del mondo (Giov.
8, 12). Ma questa dimensione è particolarmente visibile durante gli
anni della sua vita pubblica, quando annuncia il Vangelo del Regno...
Come si potrebbero seguire, nei misteri luminosi, i passi di Cristo
che rivela il Padre, senza impegnarsi a testimoniare le beatitudini
nella vita di ogni giorno?» (Rosarium Virginis Mariæ,
21, 40).
Dei misteri
dolorosi, Papa Leone XIII diceva: «Chiunque contemplerà
frequentemente, non solo con gli occhi del corpo, ma con il pensiero
e la meditazione, così grandi esempi di forza e di virtù (quali
quelli di Gesù e di Maria durante la Passione) come non arderà dal
desiderio di imitarli?... Ma quando parliamo di pazienza, non
sentiamo affatto la vana ostentazione di un'anima temprata al
dolore... bensì la pazienza che prende come modello colui che, in
cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla
Croce, disprezzando l'ignominia (Eb. 12, 2)».
Quanto ai
misteri gloriosi, aggiungeva: «Nei misteri gloriosi, apprendiamo che
la morte non è una rovina che non lascia nulla dietro di sè, ma il
passaggio da una vita ad un'altra, e che la via del cielo è aperta a
tutti. Quando vi vediamo salire Gesù Cristo, ci ricordiamo la
promessa di prepararvici un posto (Giov. 14, 2). Il santo Rosario ci
fa ricordare che ci sarà un tempo in cui Dio asciugherà tutte le
lacrime dei nostri occhi, in cui non ci saranno più lutti, nè
gemiti, nè nessun dolore, in cui rimarremo sempre con il Signore,
simili a Dio perchè lo vedremo quale Egli è; saremo inebriati dal
torrente delle sue delizie, concittadini dei santi, e dunque della
beata Vergine, nostra Madre... Come un'anima, che si nutre di simili
pensieri, non si consolerebbe, pensando che una leggera tribolazione
momentanea produce in noi un peso eterno di gloria (ved. 2 Cor. 4,
17)? In verità, lì soltanto è il segreto di unire, come si
conviene, il tempo all'eternità, la città terrena alla città
celeste, e di forgiare caratteri nobili».
In tal modo,
attraverso la contemplazione dei misteri, il Rosario sviluppa in noi
la fede. Papa Leone XIII scriveva: «Il Rosario offre un mezzo
pratico per inculcare e far penetrare negli spiriti i principali
dogmi della fede cristiana... Il cristiano è talmente preoccupato
dai vari crucci della vita e tanto facilmente distratto dalle cose
futili, che, se non viene avvertito sovente, dimentica a poco a poco
le cose più importanti e necessarie, e capita che la sua fede
languisca e addirittura si spenga... Il Rosario porta a contemplare
ed a venerare successivamente i misteri principali della nostra
religione... Per questo, si può affermare senza esagerazione che
nelle persone, nelle famiglie e fra i popoli in cui la pratica del
Rosario è rimasta in onore come un tempo, non c'è da temere che
l'ignoranza e gli errori avvelenati distruggano la fede» (Enciclica
Magnæ Dei Matris, 7 settembre 1892).
Rigenerare
i popoli
Perchè la
recita del Rosario abbia tutta la sua efficacia spirituale, san Luigi
Maria Grignion de Montfort ci ricorda quali disposizioni portarvi.
Prima di tutto, è necessario che la persona che recita il Rosario
sia in stato di grazia o quantomeno nella risoluzione di uscire dal
peccato, se ha commesso qualche peccato grave. Tuttavia, il santo
Rosario è consigliato a tutti: ai giusti, per perseverare e credere
nella grazia di Dio, ed ai peccatori per uscire dai loro peccati. La
Santa Vergine disse un giorno al beato Alano de la Roche (1428-1475):
«Come Dio ha scelto il saluto angelico (Ave, piena di grazia;
ved. Luca 1, 28) per l'Incarnazione del suo Verbo e la Redenzione
degli uomini, così, coloro che desiderano riformare i costumi dei
popoli e rigenerarli in Gesù Cristo devono onorarmi e salutarmi
nello stesso modo... Sono, aggiunse, la via attraverso la quale Dio è
venuto agli uomini, e dopo Gesù Cristo, essi ottengono la grazia e
le virtù tramite me».
Ma non basta
esprimere le nostre domande attraverso il Rosario; è il caso di
portarvi una grande attenzione, perchè Dio ascolta piuttosto la voce
del cuore che quella della bocca. Pregare Dio con distrazioni
«volontarie» sarebbe, infatti, una grande irriverenza. In verità,
si può difficilmente recitare il Rosario senza avere qualche
distrazione «involontaria»; è addirittura molto difficile dire una
sola Avemaria senza che l'immaginazione ci distolga un po'
dalla nostra attenzione: «Siccome non c'è preghiera più meritoria
per l'anima e più gloriosa per Gesù e Maria del Rosario recitato
bene, afferma san Luigi Maria, così non ce n'è una che sia più
difficile da recitare bene e in cui sia più difficile perseverare, a
causa particolarmente delle distrazioni che appaiono come
naturalmente nella ripetizione tanto frequente della medesima
preghiera» (Il segreto del Rosario). Notiamo che l'abitudine
di guardare la ridda di immagini scaricate dalla televisione e dai
mass media fa perdere molto tempo, moltiplica le distrazioni ed
intralcia la recita del Rosario.
Senza
vedere nè sentire nulla
San Luigi
Maria ci esorta dunque a continuare con coraggio, «benchè, dice,
durante tutto il Rosario, l'immaginazione sia stata riempita solo da
pensieri stravaganti che avete cercato di cacciare come meglio avete
potuto, non appena ve ne siete resi conto... Se dovete combattere,
durante tutto il Rosario, contro le distrazioni che vi assalgono,
combattete strenuamente con le armi in pugno, vale a dire continuando
il Rosario, anche senza nessuna voglia nè consolazione sensibile...
Non tralasciate mai la minima parte del Rosario nelle vostre aridità,
disgusti e abbandoni interiori: sarebbe un segno d'orgoglio e di
infedeltà; ma, come valenti campioni di Gesù e Maria, senza vedere,
nè sentire, nè apprezzare nulla, recitate seccamente i Padrenostri
e le Avemarie, contemplando i misteri come meglio potrete.
Non desiderate i confetti e le marmellate dei bambini per mangiare il
vostro pane quotidiano; ma, per imitare più perfettamente Gesù
Cristo nella sua agonia, prolungate talvolta il Rosario, quando
proverete più difficoltà a recitarlo, affinchè si possa dire di
voi quel che si dice di Gesù Cristo, quando si trovava nell'agonia
della preghiera: Pregava ancora più intensamente (Luca 22,
43)» (Ibid.).
Si può
recitare il Rosario mentre si compie un lavoro manuale, perchè il
lavoro manuale non è sempre contrario alla preghiera vocale. Se non
si può trovare il tempo necessario per recitare il Rosario tutto in
una volta, è possibile recitarne una posta qua ed una là, in modo
che, nonostante tutte le occupazioni e le faccende, sia recitata,
prima di andare a letto, almeno una corona completa. Ma la recita
della corona in famiglia o con altri è ancora migliore.
La preghiera
del Rosario richiede umiltà, fede e molta fiducia, secondo le parole
di Gesù Cristo: Abbiate fede di ottenere da Dio tutto quello che
domandate e vi sarà accordato (Marco 11, 24). Il più gran
desiderio del Padre eterno nei nostri riguardi, è quello di darci le
acque salutari della sua grazia e della sua misericordia. È essere
graditi a Gesù Cristo il fatto di chiedergli grazie, e se non lo si
fa, Egli se ne lamenta amorosamente: Finora non mi avete chiesto
nulla... Chiedete e vi sarà dato; cercate, e troverete; bussate, e
la porta vi sarà aperta (Giov. 16, 24 – Matt. 7, 7). Inoltre,
per incoraggiarci ancora di più a pregarLo, ha impegnato la sua
parola affermando che il Padre eterno ci avrebbe concesso tutto
quello che Gli avessimo chiesto nel suo nome (Giov. 16, 23).
Ma alla
fiducia, aggiungiamo la perseveranza nella preghiera. Solo colui che
persevera nel chiedere, nel cercare e nel bussare, riceverà, troverà
e entrerà (ved. Matt. 24, 13). Non basta chiedere qualche grazia a
Dio per un mese, un anno, dieci anni, vent'anni; non bisogna
stancarsi, ma chiedere fino alla morte. Dio fa talvolta cercare e
chiedere a lungo le grazie che vuol concedere, per aumentarle ancora
di più, affinchè la persona che le riceverà ne abbia una grande
stima e si guardi dal perderle dopo averle ricevute, perchè non si
apprezza molto quel che si ottiene in un attimo e con poca spesa.
Chiediamo
alla Beata Virginia Centurione di aiutarci a pregare la Santa Vergine
per mezzo del Rosario, e ad abbandonarci a Dio, secondo la sua
formula: «Rimettermi in tutto e per tutto nelle mani di Colui che mi
ha creata, di Colui che mi aiuterà più di quanto io non possa
pensare».
Dom
Antoine Marie osb
"Lettera
mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia(Website
: www.clairval.com)"
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