Nel
più profondo del cuore dell'uomo sono iscritti il desiderio e la
nostalgia di Dio. Sant'Agostino, all'inizio delle Confessioni,
testimonia del carattere imperioso di tale desiderio: «Ci hai creati
per Te, o Signore, e il nostro cuore non ha pace fino a che non
riposi in Te» (Confessioni 1, 1, 1).
Alessandra
di Rudinì nasce il 5 ottobre 1876 a Roma, in una famiglia dell'alta
aristocrazia siciliana. Suo padre, marchese di Rudinì, sindaco di
Palermo a venticinque anni, dopo la spedizione del «condottiero»
Garibaldi nella Sicilia dei Borboni, sarà parecchie volte ministro.
Egli condivide l'ostilità del re Vittorio Emanuele II nei riguardi
della Chiesa. Maria de Barral, la madre di Alessandra, soffre per le
idee rivoluzionarie del marito; la salute cagionevole non le permette
di circondare la figlia di tutte quelle attenzioni che vorrebbe darle
il suo affetto. Alessandra ha un fratello maggiore, Carlo.
Un
vulcano costantemente in eruzione
«Sandra»
dimostra fin dall'infanzia un carattere testardo e indomabile.
Affascinata dai cavalli, diventerà ben presto un'ottima
cavallerizza. A dieci anni, viene messa in collegio al Sacro Cuore
della Trinità dei Monti, a Roma. Sua madre spera che le Suore la
aiuteranno a correggere il suo carattere indipendente; ma Sandra si
comporta come una ribelle, fa il diavolo a quattro nel convitto e
distrae le altre convittrici. Viene espulsa, alla fine dell'anno
scolastico. Suo padre la fa allora ammettere all'Annunciazione di
Poggio Imperiale; in quel collegio improntato al pensiero liberale,
la direttrice le dà la massima libertà affinchè segua la sua
inclinazione smodata per la lettura... Malgrado tutto, Sandra
diventa, in poco tempo, un'ottima alunna; tuttavia, fin dall'età di
tredici anni, influenzata da un insegnante miscredente, ha dubbi nei
riguardi della fede. «La sua intelligenza era come un vulcano,
costantemente in eruzione», dirà una delle sue compagne. D'altro
canto, ha un cuore d'oro e torna spesso in convitto senza un soldo,
avendo dato tutto ai poveri.
A
sedici anni, tornata nella dimora familiare, Sandra non vi trova la
madre, che, ammalata, è dovuta entrare in una casa di cura. Si
riavvicina allora al padre, che va orgoglioso di lei: alta, bella
quanto intelligente, Sandra è una che si nota. Assolve il compito di
padrona di casa e si lascia nello stesso tempo iniziare all'alta
politica da suo padre, che sarà parecchie volte Presidente del
Consiglio. Tuttavia, una profonda crisi spirituale sopraggiunge e le
turba l'anima. «Mi sembrava, dirà più tardi, che tutto crollasse
attorno a me, e cercavo disperatamente un punto d'appoggio fermo,
fuori di me. Ricordo certe notti d'angoscia e di sofferenza
indicibile. Non vi è dolore peggiore di quello dell'anima che cerca
e non riesce a raggiungere la verità». Conscio delle difficoltà
incontrate da coloro che cercano la verità, Papa Giovanni Paolo II
scriveva: «Non vi è preparazione più urgente della seguente
all'annuncio del messaggio evangelico: condurre gli uomini alla
scoperta della loro capacità di conoscere la verità e del loro
desiderio di avanzare verso il senso ultimo e definitivo
dell'esistenza» (Enciclica Fides et ratio, settembre 1998; n.
102).
La
lettura della Vita di Gesù di Renan, opera che nega il
soprannaturale e vede in Gesù soltanto un «uomo straordinario», è
fatale per la fede vacillante di Alessandra. Di quel giorno, dirà
più tardi: «fu uno dei più tristi della mia esistenza. Sentii
allora che la vita perdeva per me la sua unica ragione di essere».
Si apre per la ragazza una lunga strada di tenebre. Essa cerca di
distrarsi frequentando la società più facoltosa: parte in crociera
sullo yacht personale dell'imperatore di Germania Guglielmo II,
mantiene strette relazioni con la regina Margherita d'Italia... A
diciotto anni, Sandra sorprende il suo ambiente sposando Marcello
Carlotti da Garda, marchese di Riparbella, maggiore di lei di dieci
anni. Forse la decisione si spiega in parte per il desiderio della
ragazza di lasciare la famiglia: suo padre ha un'amante, che
diventerà sua moglie dopo la morte di Maria de Barral, sopravvenuta
nel 1896. I giovani sposi si sistemano nella lussuosa proprietà dei
Carlotti a Garda. Negli anni seguenti, la giovane sposa metterà al
mondo due maschi, Antonio e Andrea.
Ma
Marcello presenterà ben presto i sintomi della tubercolosi. Fin
dall'inizio del 1900, sa di essere spacciato e si sforza di
affrontare la morte quale seguace delle teorie materialistiche. Sua
moglie, all'epoca, scrive: «Marcello fa tutti gli sforzi possibili e
immaginabili per mostrarsi sereno e direi quasi indifferente...
Tuttavia, sono quasi certa che tutto ciò è artificiale e l'infelice
soffre due volte, non volendo neppur mostrare che soffre». Per
questo, Sandra, a quell'epoca, torna un po' alla fede e si preoccupa
di non permettere al marito di lasciare la terra senza i soccorsi
della religione. Si rivolge ad un prelato di Verona, Monsignor
Serenelli; ma questi non può far altro che manifestare il proprio
interessamento alla coppia colpita dalla sciagura: il marchese
Carlotti rifiuta qualsiasi soccorso religioso. Si spegne il 29 aprile
1900, senza aver dato alcun segno di apertura alle realtà eterne.
Alessandra è vedova a 24 anni, con due bambini, e con il senso di
non aver saputo portare a buon fine la sua missione spirituale nei
riguardi del marito.
Un
vuoto che nulla può colmare
Tuttavia,
la marchesa si dedica all'educazione dei figli e sembra riprender
gusto alla vita. Nel novembre del 1901, scrive a Monsignor Serenelli:
«Risento profondamente l'assenza di un ideale; è un vuoto nella
vita che nulla può colmare, nessuna distrazione, nessuna pazzia,
nessuna occupazione. Che m'importa di aver la salute, una grande
agiatezza, un nome, se sono diventata odiosa a me stessa? Lei, che ha
consacrato la vita al sollievo di tante miserie, creda pure che la
mia, per quanto celata e sopportata con volto impassibile, non è
tuttavia fra le meno importanti». Nel corso dell'inverno del
1900-1901, Alessandra affida i figli ad una governante e parte,
assieme ad una Lady inglese, per un pericoloso viaggio di
esplorazione in Marocco. Alessandra nota la religiosità delle guide
mussulmane, che si prosternano cinque volte al giorno davanti
all'Eterno. Impressionata, si chiede se tutte le religioni non si
equivalgano: «Ho pensato per molto tempo che tutte le religioni
avessero un valore quasi uguale e dovessero di conseguenza esser
tutte considerate dal punto di vista dell'utilità sociale» (lettera
del 14 gennaio 1902).
Tale
mentalità è oggigiorno molto diffusa. La Chiesa vi risponde:
«Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola unica, perfetta e
definitiva del Padre, il quale in Lui dice tutto, e non ci sarà
altra parola che quella» (Catechismo della Chiesa Cattolica, CCC,
n. 65). «Bisogna riaffermare che la rivelazione di Gesù Cristo
è definitiva e completa. Infatti, si deve credere fermamente che la
rivelazione della pienezza della verità divina si realizza nel
mistero di Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, che è la via,
la verità e la vita (Giov. 14, 6)» (Dichiarazione Dominus
Jesus, della Congregazione per la Dottrina della Fede, 6 agosto
2000, n. 4). La Chiesa è autorizzata a diffondere tale insegnamento
con la massima certezza, perchè Gesù Cristo ha provato di esser Dio
attraverso le sue opere. Egli ha potuto dire a coloro che si
apprestavano a metterlo a morte: Se non compio le opere del Padre
mio, non credetemi. Ma se le compio, anche se non volete credere a
me, credete almeno alle opere, perchè sappiate e conosciate che il
Padre è in me e io nel Padre (Giov. 10, 37-38). Il più gran
miracolo di Gesù Cristo è l'evento storico, e in pari tempo
trascendente, della sua propria risurrezione. L'ha predetta lui
stesso pubblicamente, e gli Apostoli l'hanno comprovata a rischio
della loro vita.
Piena
di dubbi, Sandra si rivolge a Dio: «Talvolta pregavo, scriverà,
chiedendo insistentemente a Dio un raggio di luce e di grazia, e
soprattutto il dono della fede... Allora mi capitava di ripetere, ma
a gran distanza di tempo fra una volta e l'altra, la promessa di dare
la vita a Nostro Signore, nella forma più perfetta e completa che mi
fosse dato di concepire, se Egli si fosse degnato di farmi la grazia
richiesta».
Lavoro
leale ma inefficace
Di
ritorno in Italia, Alessandra si rituffa nel mondo; confida tuttavia
a certe persone il suo smarrimento e la sua ricerca spirituale. Il
cardinale francese Mathieu le consiglia di studiare con perseveranza
la filosofia e la teologia; le propone addirittura un piano di
studio. Purtroppo, invece di attenercisi, essa si butta febbrilmente
nella lettura di opere di critica filosofica o biblica di spirito
razionalistico. Confesserà di esserne uscita profondamente turbata.
Si immagina di poter risolvere la sua crisi spirituale attraverso un
lavoro leale e perseverante. Ma voler conquistare la fede con le
proprie forze, vuol dire dimenticare che essa è un dono divino:
Senza di me non potete far nulla, dice Gesù (Giov. 15, 5).
Pensando di poter leggere tutto senza discernimento, Sandra è
sballottata fra le onde mobili del dubbio. Monsignor Serenelli se ne
accorge e, in una lettera, le raccomanda di essere più umile nella
sua ricerca della Verità: «La fede pura e luminosa non è il frutto
di ragionamenti umani, bensì il dono di Dio... di conseguenza,
chiediamo al Signore il dono di questa fede». A seguito delle
esortazioni del prelato, nel febbraio del 1902, si confessa e si
comunica. Ma tale passo manca di profondità, ingenera soltanto una
pratica sacramentale intermittente, compiuta nel turbamento e
l'incertezza: non ha veramente ritrovato la fede. Si annuncia una
crisi più grave.
Il
26 maggio 1903, alla Scala di Milano, Alessandra viene presentata a
Gabriele d'Annunzio, amico di suo fratello. L'uomo alla moda, che si
dice sia il più grande poeta italiano della sua epoca, non piace di
primo acchito alla giovane signora, che conosce la sua fama di
seduttore. Lui, invece, concepisce una viva passione per quella
donna, tanto bella quanto intelligente. Non si scoraggia di fronte
alla sua freddezza, perchè sa rendersi irresistibile grazie al
fulgore incomparabile della parola. Alessandra confessa di esser
stata toccata dal «colpo di fulmine» il 12 novembre 1903, giorno
del matrimonio del fratello Carlo; in seguito, accetterà di ricevere
d'Annunzio parecchie volte e subirà il fascino del seduttore.
Tuttavia, Sandra prova a sfuggirgli, risponde con un rifiuto alle
lettere quotidiane che le manda. Prende addirittura in considerazione
la possibilità di un ritiro spirituale in un convento del Cenacolo
che le raccomanda Monsignor Serenelli; ma il ritiro non avrà luogo.
Allora, la trappola si chiude. Malgrado i rimproveri della famiglia,
nel maggio del 1904, va a raggiungere d'Annunzio nella villa della
«Capponcina», vicino a Pisa, rinunciando all'onore e abbandonando i
due figli. L'ebbrezza dei due amanti durerà un anno.
Nella
primavera del 1905, Sandra si ammala gravemente e deve esser
ricoverata in una clinica, dove subisce tre interventi chirurgici.
Teme di morire senza esser munita dei sacramenti, ma non ha il
coraggio di rompere la relazione con d'Annunzio. Quando viene dimessa
dalla clinica, guarita, la sua bellezza è in parte sfiorita ed essa
constata ben presto che il poeta non è più lo stesso con lei;
instabile com'è, ha già in vista un'altra conquista. Alla fine del
1906, le fa capire che è di troppo alla «Capponcina». L'anno
seguente è terribilmente doloroso per Alessandra. Tuttavia, la
penosa avventura la aiuta a capire di esser fatta per amare non una
creatura, ma il Creatore. La beatitudine alla quale Dio chiama l'uomo
«ci invita a purificare il nostro cuore dai suoi istinti cattivi e a
cercare l'amore di Dio al di sopra di tutto. Ci insegna che la vera
felicità non si trova nè nella ricchezza o nel benessere, nè nella
gloria umana o nel potere, nè in alcuna attività umana, per quanto
utile possa essere, come le scienze, le tecniche e le arti, nè in
alcuna creatura, ma in Dio solo, sorgente di ogni bene e di ogni
amore» (CCC, 1723).
«L'unico
oggetto dei miei pensieri»
Di
ritorno nella sua villa, a Garda, Alessandra, sul finire del 1907,
riallaccia i rapporti con Monsignor Serenelli, cui scrive: «So che
la mia preghiera è troppo indegna per salire fino a Dio. Eppure,
oserò dire con il re Davide: Abbi pietà di me, Signore; guarisci la
mia anima, perchè ho peccato contro di Te... Mi aiuti a trovare la
strada che mi conduca a Dio, perchè sono molto addolorata di essermi
allontanata da Lui, e questo è l'unico oggetto dei miei pensieri».
Il prelato non rifiuta di ricevere il figliol prodigo, di cui
raccoglie ben presto la confessione; nella primavera del 1908, Sandra
fa un ritiro spirituale di sant'Ignazio. Gli Esercizi di sant'Ignazio
hanno prodotto, attraverso i secoli, abbondanti frutti di santità.
Papa Giovanni Paolo II, seguendo le orme dei suoi predecessori, li ha
raccomandati per tutti e specialmente per i giovani: «Sono
un'esperienza quasi necessaria, soprattutto in certi momenti delicati
della crescita, se vogliamo che i giovani rimangano cristiani» (17
novembre 1989).
Sandra
assume quale precettore un sacerdote francese, l'abate Gorel,
affinchè si occupi dell'educazione dei suoi due figli. Gli espone le
sue ultime obiezioni contro la fede. Convinta che la dottrina
cattolica sia in contraddizione con la ragione, stenta ad ammettere,
per esempio, la possibilità del miracolo. Non ha ancora capito che,
«anche se la fede è sopra la ragione, non vi potrà mai essere vera
divergenza tra fede e ragione, poichè lo stesso Dio che rivela i
misteri e comunica la fede, ha anche deposto nello spirito umano il
lume della ragione; questo Dio non potrebbe negare se stesso, nè mai
il vero contraddire il vero» (Concilio Vaticano I, Dei filius,
IV). Il miracolo è possibile, poichè Dio, che è l'autore delle
leggi della natura, ha altresì la potenza di derogarvi. Gesù Cristo
ha compiuto miracoli onde provare la propria missione e la propria
natura divina, ed attribuisce lo stesso potere a certi Santi, in
vista del bene delle anime.
L'abate
Gorel consiglia allora a Sandra di fare un viaggio a Lourdes. Essa vi
consente, non senza scetticismo, e, il 5 agosto 1910, si trova
provvidenzialmente presente nell'ufficio delle constatazioni mediche,
all'atto della guarigione miracolosa più notevole di quell'anno,
cioè quella di un paralitico colpito da una mielite incurabile.
Ormai, la sua convinzione sulla possibilità dei miracoli è
acquisita. In un profondo raccoglimento, si confessa all'abate Gorel,
che, dopo la di lei morte, dirà: «Tutte le esitazioni, tutte le
tergiversazioni, tutte le resistenze erano vinte, e, quella volta,
proprio per sempre». Alessandra preciserà: «Ho riflettuto molto
all'atto compiuto a Lourdes e sono lieta di riconoscere di non aver
agito spinta da un momento di emozione religiosa, ma di aver compiuto
un atto volontario e ponderato, preparato lungamente da anni di
studio e di meditazione».
Il
luogo del tuo riposo
L'idea
di farsi Suora non la lascia più. Rinnova a Dio l'offerta di se
stessa e Gli chiede lumi. Lei che, un tempo, esclamava, dopo aver
fatto visita ad una Religiosa: «Per quanto mi riguarda, potrei
sopportare la povertà, ma non rinunciare alla mia indipendenza nè
sottomettere la mia volontà a qualcuno», aspira ora all'obbedienza.
Si sente attratta dall'ordine delle Carmelitane, in gran parte
«perchè è un ordine di penitenza... Ho un'assoluta necessità di
una vita un po' dura; è una delle ragioni principali che mi hanno
fatto scegliere l'ordine delle Carmelitane». Nel luglio del 1911, la
marchesa parte alla volta di Paray-le-Monial, città nota per via
delle apparizioni del Sacro Cuore; l'abate Gorel le ha raccomandato
il convento delle Carmelitane. È preferibile che ciò avvenga in
Francia piuttosto che in Italia dove è troppo conosciuta. Appena
arrivata, sente una voce interiore che le dice: «Questo è il luogo
del tuo riposo». La Priora dà il suo assenso e l'ammissione viene
fissata all'autunno seguente. Prima di lasciare Garda, si reca presso
la parrocchia per chiedere perdono di tutti gli scandali dati. Il 28
ottobre 1911, la porta del convento delle Carmelitane di Paray si
richiude dietro di lei.
Il
noviziato di Alessandra, che ha assunto il nome di Suor Maria di
Gesù, è un periodo difficile: malgrado la sua generosità, incontra
difficoltà per abituarsi ad una vita povera, dipendente. Ha 35 anni
e non è assolutamente preparata all'austerità della vita delle
Carmelitane, nè all'ambito ristretto di un monastero di clausura.
Ma, soprattutto, è l'aridità spirituale che la tormenta fin
dall'inizio del 1912: «Impossibile pregare, pensare, leggere. Non
vedo la fine di questa prova. Non so se sia divina, o se io non sia
caduta in un abisso senza fondo», scrive nel suo diario. Solo
rimangono intatte la fede, conquistata tanto laboriosamente, e la
certezza della sua vocazione religiosa. Tuttavia, a partire dal 1914,
le consolazioni e le grazie mistiche succedono allo stato di
abbandono interiore.
Il
demonio, molto turbato dalla novizia, la assilla in mille modi, ivi
incluse persecuzioni fisiche, sovente avvertite dalle altre
Carmelitane: strani frastuoni, rumore di passi che seguono Suor Maria
di Gesù... Ma lei non si lascia intimidire. La sua attrattiva per la
sofferenza riparatrice e la penitenza è molto profonda; deve
addirittura esser frenata dalla Priora. Nominata infermiera, si
occupa di una Carmelitana colpita da tubercolosi. Mentre fa
un'iniezione all'ammalata, a causa di un falso movimento, si punge
con la siringa e si inocula il microbo. Qualche giorno più tardi, la
malattia comincerà a manifestarsi nell'infermiera improvvisata:
accessi di febbre, enormi ascessi che si riproducono a brevi
intervalli per quattro anni. Eppure, non muore; il Signore ha ancora
bisogno di lei. Il 26 aprile 1913, durante una tregua della malattia,
Suor Maria di Gesù pronuncia i voti. Un anno dopo, la Priora nomina
Istruttrice delle Novizie la giovanissima professa.
Nel
1916, perde i due figli, colpiti anch'essi da tubercolosi. Poi, nel
marzo del 1917, sopravviene il decesso della Priora di Paray. Suor
Maria di Gesù viene eletta alla di lei successione. Essa dà
un'impronta profonda al suo Convento, attraverso una spiritualità
esigente, ed insiste sulla funzione delle contemplative, incaricate
da Dio e dalla Chiesa di ottenere, a forza di preghiere e di
sacrifici, le grazie di conversione di cui il mondo ha bisogno. Pensa
a tante anime che, come lei un tempo, cercano la luce.
Grazie
alle numerose vocazioni che affluiscono al convento delle Carmelitane
di Paray, Madre Maria di Gesù può intraprendere tre fondazioni: nel
1924, quella dell'ordine delle Carmelitane a Valenciennes; nel 1928,
quella di Montmartre, a due passi dalla Basilica del Sacro Cuore, a
Parigi. Questa seconda fondazione viene realizzata fra numerose
difficoltà materiali e politiche. Infine, a partire dallo stesso
anno 1928, avviene il ripristino dell'ex Certosa del Reposoir,
situata in una grande solitudine in Savoia. Madre Maria di Gesù si
sente infatti spinta a installare un «Convento di Carmelitane sulla
montagna», per glorificare Gesù Cristo nel mistero della
Trasfigurazione. Totalmente in rovina, la proprietà deve esser
restaurata pazientemente; Madre Maria di Gesù vi passa tutte le
estati. L'istituzione della clausura è privista per il 1931.
Facile
e bello
Ma
nel marzo del 1930, la Madre è colpita da una malattia del fegato e
dei reni; vuole tuttavia partire alla volta del Reposoir, per
sorvegliare gli ultimi lavori. La malattia si aggrava in novembre.
Trasferita in una clinica di Ginevra per ordine dei medici, essa
subisce quattro interventi chirurgici infruttuosi. Riceve gli ultimi
sacramenti e si spegne il 2 gennaio 1931, pronunciando le ultime
parole di Gesù sulla croce: Signore, nelle tue mani consegno il
mio spirito. Mentre la sua reazione abituale di fronte alla morte
era il terrore, aveva confidato qualche giorno prima: «Ho provato
qualcosa che non avevo mai provato all'avvicinarsi della morte: il
fascino di Dio, la sete di Dio; ed ho capito quanto fosse facile e
bello andare verso di Lui... Mentre fisicamente provavo le sofferenze
più angosciose, l'anima era in una pace, in una letizia indicibile,
grazie a quella presenza che appaga totalmente».
Incoraggiati
dall'esempio della conversione di Alessandra, chiediamo allo Spirito
Santo di guidare anche noi, secondo la promessa di Gesù, alla verità
tutta intera (ved. Giov. 16, 13) per andare verso Dio, in cui
si trovano la letizia e la pace per le quali siamo creati.
Dom
Antoine Marie osb
"Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph,
F. 21150 Flavigny- Francia (Website :www.clairval.com)"
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