Vi
prego per quanto so e posso: approfittatevi di quella scienza
divina che Gesù vi insegna alla scuola della sua Passione.
Fondate
sempre la vostra meditazione sopra i misteri della Passione di Gesù,
non la lasciate mai: vedrete miracoli della misericordia di Dio. È
qui che hanno imparato i santi.
Senza
l'esperienza della Croce non s'intendono le splendide meraviglie che
Dio opera nell'anima. (S. Paolo della Croce, Fondatore della
Congregazione dei Passionisti)
METODO
PER MEDITARE LA PASSIONE DI GESÙ
PREMESSA
Leggendo
questo libro non devi contentarti di sapere quanto ha sofferto Gesù.
Ti gioverà molto, dopo aver letto uno o più punti, fermarti
alquanto a meditare le sue strazianti pene: allora esse
penetreranno a fondo nella tua mente e nel tuo cuore, e il tuo
spirito sarà imbevuto del sentimento della Passione di Gesù. Forse
anche tu fai parte di quelle anime che potrebbero chiedere: Come
potrò meditare, se non ne conosco il modo? Per
meditare non si richiedono qualità straordinarie. "Per
ben meditare non si ricerca né grande capacità, né talenti, né
studio, né grandi ardori, né gusto sensibile sui misteri
e sulle verità che si vanno meditando; ma solamente un cuore retto,
una buona volontà, che desidera efficacemente la propria salvezza,
un'umiltà sincera, che conosce i suoi bisogni. In poche parole:
basta avere le qualità di un povero, penetrato intimamente dal
sentimento della sua estrema miseria". Quanto è facile
presentarsi a Dio con queste disposizioni! Il motivo, quindi, della
tua incapacità è un pretesto qualunque da cui non ti devi far
dominare.
(…)
Che cos'è la meditazione? Nient'altro
che l'esercizio, su qualche verità della fede, delle tre
potenze dell'anima: la memoria,
l'intelletto, la
volontà. Meditare la Passione del Signore è esercitare
le tre potenze su qualche punto di essa. La
memoria ricorda le sofferenze di Gesù, l'intelletto
le considera, la volontà suscita santi
affetti e buone risoluzioni. In quante parti si divide? Si può
dividere in tre parti: preparazione,
meditazione propriamente detta,
conclusione.
Preparazione.
Consiste nel disporre l'anima a ben meditare. È
preparazione remota quando l'anima, qualche tempo prima della
meditazione, durante le stesse occupazioni giornaliere, pensa e
stabilisce in anticipo il punto da meditare, il frutto che si
vuol ricavare, il tempo e il luogo più opportuni per raccogliersi.
Molti non riescono a meditare convenientemente perché
trascurano questo genere di preparazione. La preparazione prossima è
quella che impegna immediatamente prima di considerare il punto
prestabilito, e consiste nei seguenti atti: 1)
invocazione dello Spirito Santo;
2)
atto di fede;
3) atto
di umiltà; 4)
atto di adorazione;
5)
atto di pentimento;
6)
atto di preghiera.
La preparazione dev'essere breve, proporzionata al tempo che si
decide di impiegare nella meditazione. Generalmente basta
spendervi cinque o dieci minuti.
Meditazione.
È la parte più importante, che dà il nome all'orazione mentale.
Qui si mette in azione la memoria,
l'intelletto, la
volontà.
La
memoria ricostruisce
quel fatto della Passione che ti sei proposto di meditare,
presentando la cosiddetta composizione di luogo. Questo
libro ti facilita il compito, offrendoti la possibilità di
scegliere i brani della Passione che desideri. Non occorre
fermarsi molto: basta rappresentarsi il fatto con le principali
circostanze, senza perdersi nelle minuzie descrittive.
L'intelletto,
contemplando il fatto che sgorga dalla memoria, matura riflessioni
naturali e semplici. È utile, nel meditare la Passione, ricordare
le seguenti domande e ascoltare la risposta che viene dalla
fede: Chi patisce? Che cosa patisce? Per chi patisce? Come
patisce? Esse ti forniranno abbondante materia di riflessione e il
tuo intelletto sarà illuminato. Non basta. Dopo esserti concentrato
sui dolori di Gesù, devi occupare l'intelletto riflettendo
sulla tua condotta in relazione a quello che mediti. Esamina la
coscienza, fa l'applicazione a te stesso: "Questa è la parte
principale della meditazione: l'applicazione pratica a se stesso di
ciò che si medita. Rifletti se sei abituato a regolare i tuoi
pensieri, i tuoi giudizi, le tue operazioni sulle verità che
mediti". Qui fermati molto: tutto il tempo impiegato nel
conoscere te stesso sarà speso benissimo. Alla luce delle pene del
Salvatore da una parte, e delle tue imperfezioni dall'altra, il
tuo cuore si sentirà commosso e allora subentrerà la volontà. I
primi atti, che sorgono spontanei dalla materia meditata, sono di
compassione, di gratitudine, di pentimento, di amore, a cui devono
seguire i propositi. In ogni meditazione si formula un
proposito generale, di evitare i peccati e i difetti
volontari, e uno particolare, il frutto che si intende
ricavare dalla meditazione. Perché questo riesca efficace,
è bene stabilire nel proposito anche i mezzi a cui ricorrere
durante il giorno per mantenerlo. L'omissione di questi mezzi
impedisce di mettere in pratica il proposito particolare.
Conclusione. La meditazione si avvia alla conclusione,
che consiste in un atto di ringraziamento a Dio per le grazie
ricevute durante l'orazione, e di preghiera al Signore, alla
Madonna, ai Santi Angeli, ai Santi protettori. Chiedi la grazia della
fedeltà ai propositi, della perseveranza finale, dell'eterna
salvezza. Non dimenticarti mai di pregare per la Santa Madre
Chiesa, per i poveri peccatori, per le anime del Purgatorio.
Fa' il segno della croce e recati al tuo lavoro.
ESEMPIO
PRATICO
(LA
FLAGELLAZIONE DEL SALVATORE)
Preparazione
Remota.
Durante la giornata, attendendo alle tue incombenze,
recita di tanto in tanto, più con la mente che con le labbra, questa
espressione: O Gesù mio, domani mattina, in chiesa, o in casa,
nel luogo più appartato e più adatto, voglio meditare la tua
flagellazione, e intendo fare il proposito particolare di mortificare
i miei sensi. Gesù mio, aiutami a meditare bene. Maria SS.,
intercedi a tale scopo per me. Angelo mio custode, stammi vicino
perché mi prepari adeguatamente. Gesù mio, le tue sofferenze mi
spronino a mortificarmi.
Prossima.
Nel luogo che hai scelto per la tua meditazione, prendi una posizione
né troppo scomoda né troppo comoda, e inizia così: Invocazione
dello Spirito Santo. Nel nome del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Vieni, Santo Spirito,
riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del
tuo amore. Manda il tuo Spirito e tutto sarà ricreato. E rinnoverai
la faccia della terra. Preghiamo. O Dio, che con il dono dello
Spirito Santo guidi i credenti alla piena luce della verità,
donaci di gustare nel tuo Spirito la vera sapienza e di godere del
suo conforto. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Atto
di fede nella presenza di Dio. Mio Dio, eccomi qui al tuo
cospetto per ravvivare la fede nella tua divina presenza. Tu sei qui
presente, mi vedi, mi guardi, circondi e penetri tutto il mio essere.
Lo credo, mio Dio, più che se ti vedessi coi miei occhi. Sostieni
questa mia fede.
Atto
di umiliazione. Signore, non sono degno di parlare, di trattare
con Te, maestà infinita, alla cui presenza tremano i cieli e la
terra. Io sono una misera creatura, macchiata di innumerevoli
difetti, meritevole d'essere allontanata per sempre da Te. Mio Dio,
arrossisco e mi confondo.
Atto
di adorazione. Ti adoro, mio Dio, prostrato davanti a Te.
È questo il mio dovere, ma quanto poco so compierlo! Sento
perciò il bisogno di unire alle mie adorazioni quelle degli Angeli e
dei Santi del cielo. Ti adorino per me.
Atto
di pentimento. O Signore, tu non respingi un cuore
umiliato e contrito; perciò mi pento delle mancanze commesse. Mi
spiace tanto di averti offeso, mio Dio, che vorrei prima esser morto.
Perdonami per la tua misericordia.
Atto
di preghiera. Signore, col perdono dammi pure la grazia di
fare bene questa meditazione, a cui Tu stesso mi chiami. Fammi bene
intendere le pene di Gesù nella flagellazione. Maria SS.,
Angelo mio Custode, S... (si nomini il
Santo Protettore) intercedete per me presso Dio.
Meditazione
Composizione
di luogo. (È opera della memoria e della fantasia. Per aiutare l'una
e l'altra, giova leggere prima quanto è scritto in questo libretto
ai numeri 87, 88, 89, 90).
Ecco,
anima mia, il tuo Gesù, sottoposto al tormento della flagellazione.
Tolto
dal cospetto di Pilato, Gesù è condotto al luogo destinato a questo
supplizio, spogliato delle sue vesti, legato strettamente per le mani
alla bassa colonna. La sua sacra persona rimane curva, e subito
i carnefici, armati di crudeli strumenti, li scaricano su di lui con
ferocia inaudita. Nessuna parte del corpo rimane intatta dai
flagelli: petto, spalle, dorso, fianchi, braccia e gambe vengono
orribilmente percossi.
In
breve la sua pelle si fa livida, poi si rompe e ne sprizza vivo
sangue, che scorre sulla persona divina, intride i flagelli, le
vesti dei perfidi esecutori e il terreno. Brandelli di carne si
staccano per la violenza dei colpi. In alcuni punti si scoprono
le ossa. Gesù stenta a reggersi in piedi, esaurito di forze, e cade
immerso nel proprio sangue appena viene slegato.
Riflessione.
(È
opera dell'intelletto).
Anima
mia, avvicinati ora a Gesù ridotto in quello stato e domanda a te
stessa: chi è che così patisce? Un uomo qualunque, un servo,
uno schiavo? Dovresti averne pietà, anche se fosse un malfattore.
Invece è il Verbo Eterno, la Sapienza del Padre, il Creatore,
il Dominatore dell'universo, Dio fatto uomo per essere salvatore,
amico, padre, sposo. O Gesù, sei dunque tu quell'uomo disfatto dai
flagelli? Che cosa patisce? Getta uno sguardo, anima mia, e
rifletti se vi possono essere dolori più atroci. Gesù che è
purezza, santità per essenza, si vede vergognosamente spogliato
delle vesti; poi, dalla pianta dei piedi fino alla sommità del
capo, il suo corpo immacolato viene lacerato e scorticato. Non ha più
l'aspetto di un uomo, è una sola piaga, sembra un lebbroso. Gesù
mio, come potrò credere che sei il più bello tra i figli degli
uomini? E chi può dire quanto soffri nel cuore e nello spirito?
Per
chi patisce? Non per sé, non per le colpe che non ha, ma per le
colpe dell'umanità intera, di te in particolare. È spogliato con
tanta confusione per scontare i peccati di immodestia. È
coperto di piaghe per i peccatori disonesti. Il giusto patisce per il
peccatore, l'innocente per il colpevole. A te erano dovuti quei
flagelli. Riconosci almeno la gravità del peccato impuro. Come
patisce? Con una mansuetudine, con una pazienza che non conosce
limiti. Potrebbe facilmente vendicarsi: basterebbe un gesto, un
desiderio e i nemici perirebbero tutti. Invece soffre e tace, senza
dare il minimo segno di risentimento, lasciando indovinare
l'asprezza del dolore dal sangue e dalle piaghe di cui è ricoperto
il suo corpo, dalle lacrime che gli scorrono sul volto.
Soprattutto soffre con infinita carità. Per l'amore che ti porta sta
legato alla colonna e subisce quegli spietati flagelli. Se ti fosse
concesso di penetrare nel suo Cuore Divino lo vedresti acceso
del desiderio di patire ancora per liberare te dai flagelli dell'ira
divina. Ecco come soffre. Rifletti ed esamina la tua condotta. Gesù
è quel modello divino che devi ricopiare. Quanto sei dissimile da
Lui! Tu fuggi il patire inerente alla condizione umana. Costretto
a subirlo, ti lamenti, ti inquieti, di adiri, concepisci sentimenti
d'odio, di vendetta. Eppure hai meritato le sofferenze. Ricorda i
tuoi peccati e arrossisci. Tu sei la vera causa di quei flagelli,
perché ti abbandoni ai piaceri e alla sensualità. Dov'è la
tua attenzione per frenare gli istinti disordinati, per
mortificare i sensi interni ed esterni, per assoggettare il corpo
alla ragione e alla fede? Mio Dio, mi vergogno esaminando la mia
coscienza. Come sono diverso da Gesù.
Affetti,
propositi. (Sono opera della
volontà). Voglio, Gesù mio, mutar vita. Ti dono tutti i miei
affetti.
Affetti
di compassione. Ti compatisco, caro Gesù, nei tuoi
acerbissimi dolori. Poiché non posso offrirti altro, accetta almeno
questi miei sentimenti, queste mie lacrime di compassione.
Vorrei compatirti come i Santi, Maria Maddalena, la tua stessa
Madre.
Affetti
di gratitudine. Sii benedetto e ringraziato in eterno,
Signore! Le tue piaghe liberano l'anima mia dal peccato, il tuo
sangue mi purifica dalle colpe. Non me ne dimenticherò mai.
Affetti
di pentimento. Mi pento dei peccati, li detesto.
Fossi morto prima di averti offeso. Affetti
di amore. Ti amo tanto, Gesù mio, per quello che soffri
per me. Il mio povero cuore non conoscerà in avvenire altro amore
che il tuo, e spinto da questo dolce amore tutto soffrirò per
Te. Come segno della mia sincerità, accetta i miei propositi.
Proposito
generale: Prometto di stare
attento per evitare non solo qualunque peccato, ma anche qualunque
difetto avvertito. Sarò umile, paziente, obbediente, casto.
Proposito
particolare. In particolare, o Gesù, ti prometto di
mortificare la mia carne. Oggi a pranzo e a cena mi mortificherò due
volte nel bere e nel mangiare.
Conclusione
Che
cosa ti renderò in cambio, o Signore, per le grazie che mi hai
concesso durante questa meditazione?
Atto
di ringraziamento: Ti ringrazio di tutto cuore, e voglio
che ogni mio respiro sia un continuo atto di ringraziamento. Mi
unisco agli Angeli e ai Santi del cielo, e ai giusti di questa
terra, e ti offro i ringraziamenti che incessantemente ti fanno.
Accettali come se fossero miei.
Atto
di preghiera: Riuscirò a mantenere questi sentimenti e
questi propositi? Certamente no, se guardo alla mia debolezza.
Signore, assistimi e aiutami sempre, ho bisogno di Te. Nel
momento del pericolo accresci in me l'orrore del peccato e la forza
di evitarlo. Per i tuoi flagelli, per le tue piaghe, salva l'anima
mia, converti i peccatori, consola gli afflitti, assisti gli
agonizzanti, proteggi i miei parenti e benefattori, dona la pace alla
Chiesa, la perseveranza ai giusti. Venga il tuo regno. Ti
rendiamo grazie, o Dio Onnipotente, per tutti i tuoi benefici.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.
Nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Avvertenze
1.
Nell'Esempio pratico ho supposto che si mediti un solo punto.
Volendo dividere la meditazione in due o tre punti, rimane la
medesima prefazione e si cambiano in ogni punto le parti della
meditazione (cioè la composizione di luogo, le riflessioni, gli
affetti e i propositi), adattandole a quel che si medita.
2.
Il Metodo insegnato per meditare è utile per i principianti e per
tutte quelle anime che in altro modo non possono meditare. È
bene quindi che ognuno se lo ricordi, per servirsene quando ne
ha bisogno. Oltre l'orazione ordinaria vi è un'orazione
straordinaria o infusa che il Signore dona volentieri alle anime
che corrispondono alle grazie dell'orazione ordinaria. Gli
scrittori di Teologia Mistica fanno giustamente osservare
che il numero delle anime favorite dal dono dell'orazione è
superiore a quello che comunemente si crede. Mi basta aver
accennato all'orazione straordinaria perché nessuno creda che il
Metodo debba sempre e assolutamente essere seguito.
Preghiera
prima della lettura
Gesù
Crocifisso, illumina la mia mente e sprona al pentimento il mio
cuore mentre attendo alla lettura della tua dolorosa Passione.
Concedimi il desiderio e la forza di imitare i tuoi luminosi
esempi di virtù, per intercessione dell'Addolorata tua Madre,
Maria SS.ma.
Preghiera
dopo la lettura
Ti
ringrazio, o Gesù mio Crocifisso, dei buoni pensieri ed affetti che
hai suscitato in me durante la lettura della tua Passione. Ti
prego umilmente: accordami la grazia di conservare sempre il frutto
spirituale che ho ricavato.
I
- LA PASSIONE PREDETTA
1.
La Passione di Gesù Cristo predetta dai profeti
La
storia di Gesù Cristo è stata scritta prima che Egli nascesse.
I
profeti dell'antica alleanza tennero fisso in Lui il loro sguardo
fatidico, videro da lontano le sue meravigliose gesta, e le narrarono
ai popoli che credevano in Lui, Redentore futuro. Quel che si
dice della vita di Gesù in generale, si deve dire in particolare
della sua Passione. Tutto è stato predetto, dalla più grande alla
più piccola circostanza, e leggendo le profezie ci sembra di leggere
la storia evangelica della Passione. In particolare sono stati
predetti l'odio e la congiura dei nemici contro Gesù; il
traditore nella persona di un suo intimo; la vendita per trenta
monete d'argento; la flagellazione; la condanna a morte; il
fiele e l'aceto; la divisione delle vesti; la crocefissione; la
compagnia dei ladroni; la sepoltura; la risurrezione. Perché
tanti dolori al futuro Messia? I profeti si preoccupano di farcelo
sapere. "Egli è stato trafitto per i
nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità...
Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come
agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi
tosatori". Di sua spontanea volontà, per nostro amore,
per toglierci il peccato, per ridarci la grazia, il Messia si
assoggetta alla Passione, alla morte.
Considera.
I profeti predicevano la Passione di Gesù,
la vedevano e meditavano. Mettiti spiritualmente in loro
compagnia e rivivi i loro affetti verso le pene del Salvatore.
2.
Predizione di Gesù
Venuto
il tempo stabilito da Dio, il Verbo si fece carne ed abitò tra noi.
Cresciuto in sapienza ed età davanti a Dio e agli uomini, vide
avvicinarsi l'ora della sua immolazione. Conosceva minutamente
lo strazio che si sarebbe fatto di lui, e ne parlò ad amici e
nemici. Quando i sacerdoti ebrei e gli scribi gli chiesero con quale
potere scacciasse così imperiosamente i profanatori del tempio,
rispose predicendo la sua Passione: "Distruggete
questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere",
intendendo parlare del mistico tempio del suo corpo che doveva morire
sulla croce. Un giorno il sinedrio mandò alcuni seguaci perché
cogliessero l'occasione di catturare Gesù. Il Salvatore
disse loro: "Per poco tempo ancora
rimango con voi, poi vado da colui che mi ha mandato",
indicando che la sua morte era vicina. Fece la stessa predizione dopo
la guarigione dell'ossesso: "Mettetevi
bene in mente queste parole: Il Figlio dell'uomo sta per essere
consegnato in mano degli uomini". Si può dire che non
perdesse occasione di avvertire della sua prossima fine specialmente
i discepoli, allo scopo di togliere loro ogni motivo di scandalo
quando l'avrebbero visto morire sulla croce.
Considera.
Gesù parla volentieri della sua Passione
per farla conoscere prima ancora che avvenga. Ascolta volentieri la
lettura di essa e richiamala sovente alla memoria per piacere a
Lui.
3.
Circostanze della Passione
Il
Signore non si contentò di predire la sua Passione in modo generico.
Volle farla conoscere in precedenza nei minimi particolari.
Predisse e designò il traditore nella persona di un suo Apostolo.
Pietro infatti gli aveva detto: "Signore, da chi andremo? Tu hai
parole di vita eterna". Gesù rispose: "Non
ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!",
indicando con ciò chiaramente l'Apostolo Giuda Iscariota che
l'avrebbe tradito. Predisse i singoli tormenti che doveva subire dopo
il tradimento: "Ecco, noi saliamo a
Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi
sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo
consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo
flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni
risusciterà". Predisse la sua morte in croce: "E
lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato
e crocifisso". "E come Mosè innalzò il serpente nel
deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo".
Noi sappiamo che il serpente di bronzo, innalzato nel deserto,
era collocato sopra una specie di croce. Predisse che sarebbe stato
sepolto per circa tre giorni: "Come
infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del
pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel
cuore della terra". Infine, Gesù compendia tutto in
poche parole: "Ecco, noi andiamo a
Gerusalemme, e tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al
Figlio dell'uomo si compirà". I profeti, a cui si
riferisce Gesù, non avevano taciuto nulla delle principali
circostanze della sua Passione.
Considera.
Gesù conosce e predice i singoli tormenti
che dovrà subire. Tu adora la sapienza del Verbo Eterno, che tutto
vede, e medita la sua Passione con viva fede.
4.
Desiderio di patire
A
Gesù premeva soprattutto di far sapere ai discepoli che si
sottoponeva volontariamente alle sofferenze, per loro amore e
per quello di tutti gli uomini: "C'è un
battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non
sia compiuto!". Era il battesimo del suo sangue, che
doveva versare interamente per l'umanità. Soffriva perché gli
era alquanto ritardato il tempo della Passione. Si paragonò al
buon pastore: "Io sono il buon pastore,
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre
conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore...
Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere
di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo".
Molto significative, a questo proposito, sono le parole che
indirizzò all'Apostolo Pietro. Gesù aveva parlato apertamente
della sua vicina Passione ai discepoli; ma Pietro, dopo averlo
ascoltato, lo trasse in disparte, lo biasimò, lo riprese e terminò
dicendogli: "Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà
mai". Per l'affetto che portava al Maestro, Pietro non voleva
persuadersi che "il Cristo, il Figlio del Dio vivente" si
sarebbe sottomesso a tante umiliazioni. Gesù, che non voleva
malintesi, tolse ben presto l'Apostolo dal suo inganno con una parola
dura: "Lungi da me, Satana! Tu mi sei di
scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli
uomini!". In questo modo Gesù faceva capire chiaramente
che desiderava la sua Passione e la subiva volentieri per la
gloria del Padre e per la redenzione dell'umanità.
Considera.
Poiché Gesù desidera tanto patire per amor
tuo, impara a soffrire sempre per amor suo.
II
- LA CONDOTTA DEI NEMICI
5.
Scacciato dalla Sinagoga
Il
momento sacrificale della Vittima Divina non era lontano. Gli scribi,
i farisei e gli anziani del popolo odiavano Gesù, che aveva osato, a
più riprese, smascherare la loro ipocrisia nella pratica puramente
esteriore della legge. Non erano sempre riusciti a nascondere il loro
odio, e lo manifestarono in particolare quando inviarono dei servi
per catturare il Signore, impugnarono le pietre per lapidarlo e, dopo
la guarigione del cieco nato, tentarono di mettergli le mani
addosso per arrestarlo. L'odio e l'invidia crebbero smisuratamente
per la risurrezione di Lazzaro, l'ingresso trionfale in
Gerusalemme e le entusiastiche acclamazioni del popolo. "Vedete
che non concludete nulla? Ecco che il mondo gli è andato dietro".
Determinarono perciò di disfarsene e il primo atto, che doveva
servire come punto di partenza, era di scacciarlo dalla
Sinagoga, ossia di scomunicarlo. I pretesti non mancavano. Bastava
dare un senso diverso alle parole e alle azioni del Salvatore
relative al sabato, al tempio, alle tradizioni, alle prerogative
della nazione e al comportamento verso i peccatori. Si adunarono
e presero la loro decisione: Gesù doveva essere escluso dalla
Sinagoga. Nel giorno stabilito un sacerdote apparve sulla soglia
delle numerose Sinagoghe di Gerusalemme e, a voce alta, dichiarò
separato dal popolo, per la vita e per la morte, Gesù di
Nazaret, il seduttore, il falso profeta. Così l'Eterna Sapienza
fu imputata di errore, l'innocenza condannata come rea di delitti, il
Salvatore del mondo proclamato pericoloso per l'umanità. Mai, come
in questo momento, Egli apparve davvero il segregato dai peccatori, e
i suoi stessi nemici, senza volerlo, proclamarono ufficialmente
tale sua prerogativa.
Considera.
Gli Ebrei allontanano Gesù, perché riesce
loro di rimprovero. Rifletti che lo puoi scacciare dal tuo cuore con
una vita riprovevole.
6.
Il Cattivo Consiglio
Dopo
averlo espulso ufficialmente dalla Sinagoga, i nemici "tennero
consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire".
La sera del martedì prima di Pasqua, i pontefici e i farisei si
riunirono in segretissima assemblea, di cui potevano far parte
solo i più conosciuti e dichiarati nemici di Gesù. Per essere
sicuri della segretezza delle loro deliberazioni, scelsero, come
luogo di adunanza, una casa privata e solitaria di Caifa, situata
sopra un monte, detto oggi del Cattivo Consiglio, a sud di
Gerusalemme, verso Betlemme. Quando tutti furono presenti, si aperse
la discussione. "Che facciamo? Questo uomo
compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno
in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo
santo e la nostra nazione". La discussione si fece
animata, poiché tutti volevano suggerire qualche mezzo per
impedire a Gesù di operare prodigi e raccogliere seguaci. I
capi della congiura volevano ben altro; Caifa, che presiedeva
l'assemblea, disse apertamente: "Voi
non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un
solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera".
Ciò significava che era necessario far morire Gesù e tutti
acconsentirono. L'Evangelista aggiunge: "Questo
però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote
profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la
nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che
erano dispersi".
Considera.
I nemici sono convocati per decidere la
morte di Gesù. Tu, raccogliendo le potenze dell'anima,
stabilisci di farlo sempre vivere in te con la grazia.
7.
Astuzie di Giuda
La
morte di Gesù era decretata, ma non era facile trovare il modo e il
tempo per attuarla. I nemici "temevano il
popolo" e dicevano: "Non
durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo".
Ben presto Giuda, uno dei dodici Apostoli, si sarebbe fatto avanti e
li avrebbe tolti d'imbarazzo. In quella stessa sera, Gesù con i suoi
era uscito dal tempio e si era avviato verso il monte degli Ulivi,
dove era solito pernottare. Anche Giuda era con loro, ma presto si
era allontanato dalla comitiva con il pretesto, forse, di
provvedere a qualche necessità del gruppo apostolico. In
realtà il traditore aveva ben altri progetti. Destinato ad
amministrare i beni, offerti dalla generosità dei fedeli, era
divenuto, da qualche tempo, avaro e ladro, continuando a seguire Gesù
con la speranza di saziare la sua avarizia. Questa speranza dileguava
di giorno in giorno, per cui concluse che servire Gesù non gli
avrebbe fruttato più nulla. Decise quindi di lasciarlo col
tradimento, cercando di ricavare da questo la desiderata ricchezza.
Vagò per la città, rientrò al tempio, ascoltò i discorsi
che qua e là si tenevano sul conto del Maestro. Venne a sapere,
forse per qualche segreta confidenza, che quella sera stava
svolgendosi l'importante convegno e che sarebbe stato largamente
ricompensato chi avesse consegnato Gesù nelle mani dei nemici.
Non attendeva altro. Invaso dal dèmone dell'avarizia, Giuda si
reca nella casa di Caifa offrendosi di tradire Gesù per intascare la
somma stabilita.
Considera.
Giuda opera con la più fine astuzia per
entrare in possesso di pochi denari; sii santamente furbo per
guadagnarti la ricompensa eterna.
8.
Il contratto infame
Giuda,
col favore delle tenebre che coprono la faccia della terra, si dirige
verso l'abitazione di Caifa, dove si sta tramando contro il
Salvatore. Prende la strada di Betlemme. Non cammina, ma
corre, preso dal timore di non arrivare in tempo. Chi lo
incontrasse per via lo giudicherebbe un uomo che ha perduto la
ragione. Giunge finalmente dove si tiene l'assemblea, trova il mezzo
di farsi introdurre e si mette subito "a
discutere con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di
consegnarlo nelle loro mani". Il traditore domanda:
"Quanto mi volete dare perché io ve lo
consegni?". Alla sua proposta "essi
si rallegrarono... e gli fissarono trenta monete d'argento"
o sicli, somma che si pagava per l'acquisto di uno schiavo. Giuda
accetta l'offerta e l'infame contratto è stipulato. Da quel
momento egli si preoccupò soltanto di trovare "l'occasione
propizia" per consegnare Gesù ai Giudei. Intanto
conveniva dissimulare. Tornò frettolosamente alla solitudine sul
monte degli Ulivi, associandosi ancora a Gesù e agli altri
Apostoli e comportandosi con la massima disinvoltura. Ma la sua
malizia non poteva sfuggire all'occhio del divino Maestro, che
conosce le occulte trame del rinnegato discepolo.
Considera.
Giuda vende il Salvatore per un prezzo vile;
rifletti che quando pecchi, non apprezzando per nulla la grazia del
Redentore, lo vendi per un prezzo anche più vile.
III
- L'ULTIMA CENA
9.
L'addio alla Madre
Il
giorno seguente, mercoledì, il Salvatore si recò coi suoi a
Betania, non molto distante da Gerusalemme. Lontano dalla folla,
nascosto ai suoi nemici, in solitudine ed in intimi colloqui,
prepara i discepoli alla sua prossima morte. Inoltre, sapendo che la
sua fine era vicina, voleva dare un addio alle persone più
care, a Lazzaro, a Maria Maddalena, a Marta, e ad altri che gli
erano stati tanto devoti. Fra questi occupava certamente il
primo posto la sua benedetta Madre, Maria SS., a cui Egli aveva
riservato un particolare attestato del suo filiale affetto nell'addio
che stava per darle. Il Vangelo non ne parla, è vero; ma pensare
diversamente è come dimenticare il sentimento universale della
pietà cristiana. Gesù, inginocchiato dinanzi
a sua Madre, le dice che è giunto il tempo di sacrificarsi per il
genere umano, per riconciliarlo con Dio; le domanda la sua
benedizione prima di eseguire la volontà del Padre celeste.
Quale scena sublime! Quale momento solenne per Maria! Essa, non
badando ai suoi vivissimi sentimenti di Madre, immersa in un dolore
che non ha nome, e fra lacrime abbondantissime, pronuncia quel
fiat che aveva già espresso nell'Annunciazione e in mille
circostanze della sua vita, uniformandosi pienamente alla
volontà del Divin Padre. Così Gesù può andare alla morte,
sapendo che sua Madre è divinamente rassegnata al grande
sacrificio.
Considera.
Gesù e Maria, nel separarsi,
soffrono indicibilmente per la tua salvezza; impara a separarti
anche tu dalle persone care se così richiede la volontà di Dio.
10.
Da Betania a Gerusalemme
Soddisfatti
i doveri di affetto e di pietà verso parenti ed amici, Gesù non
pensa che all'esecuzione della sua grande opera. Ma prima Egli
vuol celebrare la Pasqua a Gerusalemme, nella cinta della città. La
mattina del giovedì chiama Pietro e Giovanni e dice loro: "Andate
a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare".
Essi gli chiesero: "Dove vuoi che la
prepariamo?". Rispose Gesù: "Appena
entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca
d'acqua. Seguitelo nella casa dove entrerà e direte al padrone di
casa: Il Maestro ti dice: Dov'è la stanza in cui posso mangiare la
Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà una sala al piano
superiore, grande e addobbata; là preparate".
I
due obbediscono e s'incamminano subito alla volta della città, dove
incontrano l'uomo, lo seguono, trovano tutto come aveva predetto
Gesù e incominciano a preparare. La preparazione
richiedeva del tempo. Volendo seguire in tutto le consuetudini della
nazione, dovettero lavorare quasi tutto il resto della giornata
e solo verso sera era tutto pronto. Dopo alcune ore,
sull'imbrunire, anche Gesù s'avviò lentamente con gli altri
Apostoli verso la città santa.
Considera.
Gli Apostoli, obbedendo a Gesù, preparano
il luogo dell'ultima cena. Tu prepara bene il mistico cenacolo
dell'anima tua per la S. Comunione.
11.
Cena legale
Vi
giunse quando scendeva la sera e quasi di nascosto, non volendo
essere disturbato in quella cena misteriosa ed intima, che stava
per consumare con i suoi Apostoli. Andò direttamente al cenacolo,
dove trovò ogni cosa bene apparecchiata, secondo gli ordini dati:
sala ampia, mensa adorna e imbandita, sedili, o
meglio una specie di letto che circondava la tavola, secondo il
costume degli Ebrei. L'agnello di un anno e immacolato, scelto da due
Apostoli, era stato immolato nel tempio, per mano del sacerdote, poi
arrostito e condito con erbe amare. I pani azzimi erano stati cotti e
il vino attinto dalle anfore. Tutto aveva un simbolo: il pane senza
lievito e il condimento amaro simboleggiavano le soffrenze della
schiavitù; l'agnello ricordava la vittima, il cui sangue era servito
a marcare le porte delle case giudaiche, per preservarle dalla
collera dell'Angelo sterminatore. Non mancava nulla, e il
misterioso rito, che ricordava la liberazione d'Israele
dall'Egitto, poté incominciare. Sappiamo dalla legge come
doveva svolgersi: si mangiava l'agnello stando in piedi, con il
bastone in mano, la tunica rialzata, i fianchi cinti, in
perfetto silenzio. All'ora del banchetto, Gesù si mise a tavola con
gli Apostoli e portò a termine la cena legale nel modo stabilito.
Considera.
Gesù, nell'ultima cena, commemora la
liberazione degli Ebrei dall'Egitto. Nella cena eucaristica,
impégnati a commemorare la tua liberazione dal peccato.
12.
Lavanda dei piedi
La
cena legale era sempre seguita dalla cena usuale, che permetteva ai
convitati di saziare la loro fame. Il piccolo agnello non poteva
bastare per tutti (non erano mai meno di dieci e spesso passavano la
ventina). Terminata la sacra cerimonia, anche Gesù e gli Apostoli si
misero a sedere e incominciarono la cena d'uso. All'inizio di essa
Gesù si alzò, "depose le vesti e, preso
un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua
nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli
con l'asciugatoio di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e
questi gli disse: 'Signore, tu lavi i piedi a me?'. Gli
rispose Gesù: 'Quello che faccio io tu
ora non lo capisci, ma lo capirai dopo'. Gli disse Simon
Pietro: 'Non mi laverai i piedi!'. Gli rispose Gesù: 'Se
non ti laverò, non avrai parte con me'. Gli disse Simon
Pietro: 'Signore, non solo i piedi, ma anche le
mani ed il capo!'. Soggiunse Gesù: 'Chi
ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è
tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti'. Sapeva infatti
chi lo tradiva; per questo disse: 'Non tutti
siete mondi'". Quest'incidente di Pietro aveva
persuaso tutti gli altri Apostoli a non fare opposizione al
Maestro. Tutti, Giuda compreso, si lasciarono lavare i piedi da Gesù.
Considera.
Gesù lava i piedi agli Apostoli, dicendo
loro che ciò è necessario. Rifletti che solo da Gesù Cristo puoi
essere purificato dalle tue colpe.
13.
Esempio da imitare
Lavati
i piedi agli Apostoli, il Salvatore indossò le sue vesti e si
rimise a tavola. Stando nel mezzo, al primo posto, aveva Pietro alla
sinistra e Giovanni alla destra; quest'ultimo inchinandosi
un poco, poteva posare il capo sul petto di Gesù. Giuda era coi
dodici, non molto distante. Il Signore disse loro: "Sapete
ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e dite bene, perché lo
sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a
voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho
dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.
In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del
suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha
mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in
pratica". Insegnamenti sublimi per i sudditi e per i
superiori. Sono soprattutto un preavviso agli Apostoli che fra
poco si metteranno a discutere tra loro chi sia il maggiore. Gesù li
previene: "Sarete beati se le
metterete in pratica". La cena intanto continuava.
Considera.
Gesù stesso t'invita ad imitarlo
nell'umiltà. Proponi di obbedirlo, comportandoti umilmente
con i superiori, con gli uguali e con gli inferiori.
14.
Ardente desiderio
Presso
gli Ebrei si usava, all'inizio dei pasti, servire una coppa
piena di vino, che tutti i commensali dovevano gustare. Toccava al
padre di famiglia, o a chi lo rappresentava, prendere la
coppa, dopo la preghiera, e passarla ai convitati. Gesù si attenne
alla tradizione, e in quell'occasione pronunciò ineffabili parole:
"Ho desiderato ardentemente di mangiare
questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi
dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di
Dio... Prendetelo (questo calice) e distribuitelo tra voi,
poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto
della vite, finché non venga il regno di Dio". Tutti
accostarono le labbra al calice, gustando il vino. Le parole di Gesù
avevano profondamente impressionato gli Apostoli che non
osavano parlare, pensando al doloroso significato di esse. Non
erano convinti, nonostante le molte predizioni, che Gesù
dovesse morire così presto. Temevano ciò che Egli ardentemente
desiderava. L'ultima Pasqua dava al Signore l'occasione di
donarsi nell'Eucarestia, per morire poi sulla croce; ma toglieva agli
Apostoli la presenza visibile del dolce Maestro.
Considera.
Gesù desidera intensamente trovarsi con i
discepoli per offrire il dono eucaristico. Tu desideri davvero
cibarti del pane celeste?
15.
Il traditore scoperto
La
cena produceva silenzio. Si capiva benissimo che tutti avevano
un peso nel cuore, un dolore segreto, dopo le ultime parole di Gesù.
Ciò si rifletteva particolarmente sul volto divino del
Salvatore. Egli aveva già detto: "Non
tutti siete mondi". Ora è determinato a parlare più
chiaro. Rompe il silenzio e dice: "Non
parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve
adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato
contro di me il suo calcagno. Ve lo dico fin d'ora, prima che accada,
perché, quando sarà avvenuto, crediate che lo Sono".
Detto questo Gesù si commosse e protestò: "In
verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà".
"...Colui che mangia con me", "uno dei Dodici,
colui che intinge con me nel piatto", "colui che ha
intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà".
Gli Apostoli si spaventano e tutti s'affrettano a chiedere a
Gesù: "Sono forse io, Signore?". L'unico che non vorrebbe
porre tale domanda è Giuda, evidentemente imbarazzato.
Avvicinandosi al Salvatore, disse a bassa voce: "Rabbi, sono
forse io?". Gesù gli rispose con voce fioca: "Tu
l'hai detto". Nessuno dei presenti intese la
risposta o chi l'udì non ne comprese il significato. Il Divin
Maestro voleva evitare al traditore una pubblica umiliazione e
dimostrargli che gli voleva ancora bene e sperava che si
pentisse.
Considera.
Anche il traditore Giuda, pur avendo la
coscienza sporca, domanda ipocritamente: Sono forse io? Anche
tu, talvolta, potresti fingere di essere senza colpa.
16.
La grande promessa
Frattanto
la cena volgeva al termine, e il Redentore aveva stabilito di
non terminarla prima di aver realizzato la sua grande promessa.
Sappiamo quali parole, fino allora inaudite, erano uscite dalla sua
bocca: " 'Io sono il pane della vita. I
vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo
è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia
non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di
questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne
per la vita del mondo'. Allora i Giudei si misero a discutere
tra loro: 'Come può costui darci la sua carne da mangiare?'. Gesù
disse: 'In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne
del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in
voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita
eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne
è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia
carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre,
che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche
colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal
cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi
mangia questo pane vivrà in eterno' .
Questa
era stata la promessa: solo nell'ultima cena si doveva
conoscerne l'adempimento. Considera. Solo
Gesù è il pane della vita. Risolvi di nutrirti sempre di lui
nell'Eucarestia, per partecipare un giorno dell'eterna vita.
17.
La mia carne è cibo
Il
momento unico nella storia dell'umanità è giunto. Non si può
descrivere, perché è al di sopra di qualunque intelligenza e di
qualunque linguaggio. Bisognerebbe saper leggere le pagine
evangeliche con la stessa fede di chi le scrisse e con la commozione
del momento in cui furono redatte. "Prima
della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora
di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano
nel mondo, li amò sino alla fine". Ecco l'introduzione
al mistero d'amore. Poi viene la narrazione del fatto.
Gesù, quasi assorto nella grandezza del mistero che sta per
compiere in favore dell'umanità, prende del pane azzimo, alza
gli occhi al cielo, rende grazie a Dio, benedice lo stesso pane
e lo spezza. Mentre lo dà ai suoi discepoli, dice: "Questo
è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me".
Dio Onnipotente non aveva bisogno di altre parole per operare il
prodigio. Con una sola parola, fiat, non aveva creato l'universo? La
sua parola opera ciò che significa, e perciò il pane non è più
pane, ma è mutato nel suo corpo. Lo sanno gli Apostoli che,
illuminati in quel momento sull'ineffabile mistero, prendono il
pane consacrato dalle mani di Gesù e se ne cibano con somma
riverenza. Gesù per primo si comunica, e nessuna comunione sarà
più accetta alla maestà di Dio.
Considera.
comanda loro di cibarsene. Lo stesso
comando ti fa Gesù dal sacro Gesù, porgendo agli Apostoli il
pane consacrato tabernacolo.
18.
Il mio sangue è bevanda
Con
la consacrazione del pane Gesù aveva eseguito una parte della sua
promessa, e aveva dimostrato che la sua carne era veramente cibo.
Non era possibile che non eseguisse anche la seconda parte, dando il
suo sangue in bevanda. Finito il pasto, quando il padre di
famiglia, secondo i riti, passava l'ultima coppa ai convitati,
Gesù prende il calice nelle sue sante e venerabili mani, lo
benedice, ringrazia il suo Divin Padre e dice, mentre porge il calice
ai suoi discepoli: "Prendete e bevetene
tutti: questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna
alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati".
Gli Apostoli, già illuminati e infiammati dal nutrimento del pane
celeste, comprendono ancor meglio la preziosità del vino che
viene loro offerto da Gesù, e si accingono a berlo con il maggior
rispetto possibile. La coppa fa il giro della tavola e tutti, dopo il
Signore, bevono il vino consacrato. Quando il calice arriva a Giuda,
il Redentore non riesce più a contenere il dolore ed esce in queste
espressioni: "Ma ecco, la mano di chi mi
tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell'uomo se ne va,
secondo quanto è stabilito: ma guai a quell'uomo dal quale è
tradito". Con queste parole Gesù intendeva spaventare il
miserabile discepolo e farlo desistere dal suo perfido proposito.
Giuda non si lasciò scuotere né convertire.
Considera.
Gesù afferma di spargere il suo sangue per
la remissione dei peccati. Solo per virtù di questo sangue puoi
purificare l'anima tua.
19.
Fate questo in memoria di me
Consacrando
il pane ed il vino, Gesù si era donato come cibo e bevanda agli
Apostoli. Ma la sua promessa non si restringeva solo a questi:
si estendeva a tutto il popolo che lo ascoltava, a tutti i suoi
seguaci, presenti e futuri. Bisognava provvedere perché tutti,
anche in avvenire, potessero nutrirsi del pane che elargisce la
vita eterna. Gesù, con la morte in croce, se ne sarebbe andato
al Padre. Chi avrebbe rinnovato il prodigio? Egli vi provvede in
modo mirabile con un comando solenne che indirizza agli Apostoli e,
per essi, a tutti i loro successori nella dignità fino alla
fine dei secoli. Dopo la consacrazione del pane, dice espressamente:
"Fate questo in memoria di me".
Quella stessa voce onnipotente che aveva consacrato il pane e il
vino, consacra ora gli Apostoli conferendo loro il divino potere
di fare quello che aveva fatto Gesù. Il comando divino è chiaro:
"Fate questo". A tale comando
l'uomo non può resistere, perché "è la
bocca di Dio che ha parlato". Gli Apostoli, obbedendo
al precetto di Gesù, dopo la Pentecoste, iniziarono a fare quanto
era stato loro ingiunto e diedero ai fedeli l'Eucarestia. I fedeli
"erano assidui nell'ascoltare
l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione
del pane e nelle preghiere". Così l'umile cenacolo
si moltiplicò sulla faccia della terra, divenne il tempio dei
cristiani e ora si trova dappertutto: In
ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura",
"l'agnello di Dio... che toglie il peccato del mondo".
Considera.
Il sacerdozio istituito da Cristo ti dona il
sacrificio della Messa e l'Eucarestia. Abbi somma venerazione per i
ministri di Dio, ascolta volentieri la Messa e visita spesso il SS.
Sacramento.
20.
Il discepolo prediletto
Le
ultime parole pronunciate dal Signore e indirizzate al traditore
ferirono gli Apostoli nel loro affetto verso il Maestro. Sembrava
loro impossibile che proprio là, durante l'ultima cena
pasquale, si potesse tradire. "I discepoli
si guardarono gli uni gli altri non sapendo di chi parlasse".
Soprattutto Giovanni, il discepolo prediletto, non sapeva
darsi pace e provava una pena immensa. Quasi per consolarsi e
per lenire il dolore di Gesù, chinò il capo e lo posò sul petto
del Redentore nell'atteggiamento di chi vuole riposarsi
dolcemente. Mentre si trova in questa posizione, Simon Pietro gi fa
un cenno e gli dice: "Di', chi è colui a
cui si riferisce?". Giovanni, che aveva alzato un
po' la testa per ascoltare Pietro, l'abbassa di nuovo sul petto di
Gesù e gli chiede con voce sommessa: "Signore,
chi è che ti tradisce?". Gesù non seppe resistere
all'accento affettuoso misto a dolore con cui gli era stata posta la
domanda e rispose a bassa voce: "È
colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò". "E
intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota,
figlio di Simone". Giuda lo prese e lo mangiò, e fu
questo l'ultimo atto della sua ipocrisia. Poi si recherà ad
eseguire il suo malvagio disegno.
Considera.
Chi ama e compatisce Gesù è ammesso alle
sue confidenze. Tu non godi di esse perché non ti curi di compatirlo
e di amarlo.
21.
Lezione di umiltà
Intanto,
col pretesto di manifestare fedeltà al Maestro, era sorta una
contesa fra i discepoli, "chi di loro
poteva esser considerato il più grande". La discussione
che nacque tra loro rivela tutto l'egoismo che si nasconde nel cuore
dell'uomo anche in certi momenti solenni in cui dovrebbe
scomparire del tutto. Gesù, sempre abile maestro, approfitta
dell'occasione per combatterlo e impartire sublimi lezioni di
umiltà. "I re delle nazioni le governano,
e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare
benefattori. Per voi non sia così; ma chi è il più grande tra
di voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che
serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non
è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come
colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle
mie prove; e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha
preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel
mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di
Israele". Tutto ciò significava che non dovevano
preoccuparsi delle dignità terrene, perché Egli riservava loro
onori ben più grandi nel regno del Padre suo, purché imitassero la
sua umiltà nella vita presente. Al dolce rimprovero unisce
appositamente il pensiero della grandezza del premio, per
distaccarli dalla terra e affezionarli al cielo.
Considera.
L'umiltà è la via indicata da Gesù per
raggiungere gli onori celesti. Pensa se stai percorrendo questa
strada, tu che desideri entrare nella gloria del cielo.
22.
Partenza di Giuda
Ormai
le parole del Maestro non avevano nessuna risonanza nell'animo del
traditore, troppo ossessionato dal pensiero del tradimento.
Capiva però che la sua posizione in quel luogo era diventata
insopportabile. Gesù aveva dimostrato chiaramente di conoscere
ogni cosa, e gli Apostoli facevano intendere che si sospettava
fortemente di lui. Bisognava uscire presto, altrimenti si sarebbe
compromesso il buon esito di ciò che era stato concordato coi
Giudei. A questo Giuda era anche spinto dal demonio che si era
impossessato di lui. "E allora, dopo quel
boccone, Satana entrò in lui". Da quel momento una forza
misteriosa interna agitò lo scellerato traditore e non gli
lasciò più quiete. Egli si alzò e si avviò all'uscita. Passò
accanto a Gesù e forse gli fece un cenno e gli indirizzò
qualche frase, quasi per ottenere il permesso di allontanarsi.
Gesù gli disse: "Quello che devi
fare fallo al più presto". "Nessuno
dei commensali capì perché gli aveva detto questo; alcuni infatti
pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto:
'Compra quello che ci occorre per la festa', oppure che dovesse dare
qualche cosa ai poveri. Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era
notte". Proprio in quell'istante Giuda dà inizio alla
passione di Gesù. Attuando la sua congiura, mette in moto le potenze
del male, e riserva al Signore una morte terribile, crudele
e rapida. Domani, prima che il giorno si concluda, il sangue di
Gesù sarà tutto sparso, e la Vittima Divina consumata sulla
croce.
Considera.
Giuda, abbandonato Gesù, si affretta a compiere il tradimento.
Quando abbandoni il Signore, puoi cadere in colpe maggiori.
23.
Sollievo generale
La
partenza di Giuda sollevò l'animo di tutti. Si sentivano finalmente
liberi di parlare e alleggeriti di un peso che premeva sul loro
cuore. Anche il volto di Cristo si illuminò di nuovo
d'indescrivibile splendore, e la sua bocca si aprì ai più soavi
discorsi. Non sembra più quello di prima, taciturno,
misteriosamente triste. Conversa con tutti e per tutti ha una parola
di affetto. Appena Giuda è uscito, il Salvatore esclama: "Ora
il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato
glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo
glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli,
ancora per poco sono con voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi
dò un comandamento nuovo: che
vi amiate gli uni gli altri; come
io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo
tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per
gli altri". Queste parole fanno da introduzione a
quella serie di discorsi in cui Egli si è diffuso come fontana
di vita, e in cui si notano abissi da far tremare.
Considera.
Gesù si sente sollevato alla partenza di
Giuda. Rifletti se la tua presenza è di peso o sollievo a Gesù.
24.
Gesù predice l'abbandono dei discepoli
Pietro,
prendendo spunto dalle ultime parole di Gesù, volle
interrogarlo: "Signore, dove vai?".
Gesù gli rispose: "Dove io vado per ora
tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi".
"Voi
tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto
infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del
gregge, ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".
"Simone, Simone, ecco Satana vi ha cercato per vagliarvi come il
grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu,
una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli". Pietro
riprese: "Signore, perché non posso
seguirti ora?". "Anche se tutti si scandalizzano di
te, io non mi scandalizzerò mai". "Signore, con te sono
pronto ad andare in prigione e alla morte". Gesù gli
fece osservare: "Darai la tua vita
per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo,
prima che tu m'abbia rinnegato tre volte". "E Pietro
gli rispose: 'Anche se dovessi morire con te,
non ti rinnegherò'. Lo stesso dissero
tutti gli altri discepoli". Evidentemente si ingannavano
sulla consistenza delle proprie forze e il seguito del racconto
ci svelerà quanto poco seppero mantenere le ripetute
dichiarazioni di fedeltà. Pietro, che più di tutti protestava, sarà
quello che cadrà più miseramente.
Considera.
Gesù predice che Pietro lo rinnegherà,
perché si fida troppo di se stesso. Impara a fidarti solo di
Dio, e non delle tue forze, se non vuoi cadere.
25.
È necessario prepararsi
Le
precedenti parole di Gesù erano un avvertimento per gli
Apostoli. Essi ormai non potevano più seguire il Maestro, ma
dovevano separarsene dolorosamente, restando abbandonati a mille
lotte e prove. I giorni tranquilli erano finiti e scomparivano
insieme a Gesù. Cominciavano giorni di dolore, a cui bisognava
che i discepoli si tenessero preparati. Perciò Gesù domanda loro: "
'Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi
è forse mancato qualcosa?'. Risposero: 'Nulla'.
Ed egli soggiunse: 'Ma ora, chi ha una borsa la
prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e
ne compri una. Perché vi dico: Deve compiersi in me questa
parola della scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti
tutto quello che mi riguarda volge al suo termine'. Ed
essi dissero: 'Signore, ecco qui due spade'.
Ma egli rispose: Basta!'".
Interpreterebbe erroneamente il pensiero di Gesù chi vedesse, in
queste immagini energiche, un ricorso alla forza materiale.
Com'era sua abitudine, spiega con parole vivaci lo stato di
ostilità che aspetta i suoi. Voleva che si tenessero pronti alla
durissima prova imminente.
Considera.
Usando immagini di armi materiali Gesù
intende preparare i suoi alle prove morali. La preparazione
spirituale ti è necessaria per essere vittorioso nei pericoli
dell'anima.
IV
- INEFFABILI DISCORSI
26.
Non sia turbato il vostro cuore
Gli
Apostoli si sentivano turbati ed afflitti in seguito alle parole
udite. Gesù volle consolarli con indicibile dolcezza: "
'Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede
anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se
no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò
andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con
me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado,
voi conoscete la via'. Gli disse Tommaso: 'Signore,
non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?'. Gli
disse Gesù: 'Io sono la via, la verità e la
vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me,
conoscerete anche il Padre; fin da ora lo conoscete e lo avete
veduto'. Gli disse Filippo: 'Signore,
mostraci il Padre e ci basta'. Gli rispose Gesù: 'Da
tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha
visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non
credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che vi
dico, non le dico da me; ma il Padre che è in me compie le sue
opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non
altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico:
anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà
di più grandi, perché io vado al Padre' ".
Considera.
Gesù consola gli Apostoli turbati ed
afflitti. Nelle tue interne afflizioni, solo da Gesù puoi
essere consolato.
27.
Non vi lascerò orfani
"
'Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre
sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio
nome, io la farò. Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.
Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore
perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il
mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce.
Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il
mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo
e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre
e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li
osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e
anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui'. Gli disse
Giuda, non 1'Iscariota: 'Signore, come è accaduto che devi
manifestarti a noi e non al mondo?'. Gli rispose Gesù: 'Se
uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi
verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non
osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia,
ma del Padre che mi ha mandato'„.
Considera.
Gesù consola gli Apostoli dicendo che non
li lascerà orfani. Egli mantiene anche oggi la sua promessa per
mezzo del SS. Sacramento dell'altare: prometti di stare sempre
vicino a Lui.
28.
Vi do la mia pace
"Queste
cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo
Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà
ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto. Vi lascio la
pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito
che vi ho detto: Vado e tornerò a voi, se mi amate, vi rallegrereste
che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho
detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi
crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il
principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me, ma bisogna
che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre
mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui".
Tutto ciò che l'uomo può sapere di Dio, del Figlio di Dio,
dello Spirito Santo, della religione, opera divina di Gesù, tutto è
riassunto in questi intimi colloqui del Salvatore, che sorpassano le
più alte concezioni della mente umana, senza che tuttavia
esauriscano i tesori dell'insegnamento del Maestro.
Considera.
Gesù distingue molto bene la sua pace da
quella del mondo. Rifletti di quale pace sei desideroso, e
impara a non fidarti della falsa pace del mondo.
29.
Il ringraziamento
Le
ultime parole scossero gli Apostoli che, udendo gli insegnamenti del
Maestro, erano assorti in soave estasi. Non avrebbero voluto
muoversi, ma si alzarono anch'essi quando videro che Gesù si
era levato in piedi. Recitarono insieme l'inno di ringraziamento
intitolato Alleluia. Dall'autorità dei libri della Sinagoga
risulta che un tale inno era composto dei seguenti salmi: 112.
Lodate, servi del Signore; 113A. Quando Israele uscì dall'Egitto;
114. Amo il Signore perché ascolta; 115. Ho creduto anche quando
dicevo; 116. Lodate il Signore, popoli tutti; 117. Celebrate il
Signore, perché è buono. Sono salmi che ricordano l'uscita
dall'Egitto, il passaggio del Mar Rosso, la promulgazione della
legge, la passione e la resurrezione del Messia. In essi Gesù vedeva
il proprio destino, le sue lotte, la sua morte e il suo trionfo.
Recitato l'inno, Gesù uscì dal cenacolo con gli undici,
discese dal monte Sion e si avviò verso la valle di Giosafat per lo
scosceso pendio dell'Ophel, dirigendosi al Monte degli ulivi.
Considera.
Gesù dopo la cena ringrazia pubblicamente
il suo divin Padre. Impara a elevare un fervoroso ringraziamento
dopo la Santa Comunione, con atti di fede, speranza, carità, dolore
e formulando propositi di bene.
30.
Io sono la vera vite
La
discesa non avviene in silenzio. Gesù desidera moltissimo lasciare
gli ultimi ricordi ai suoi Apostoli, ed essi desiderano ascoltarli.
Al chiaro di luna Egli vede i vigneti piantati sui clivi rocciosi del
monte e coglie l'occasione per dire: "Io
sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio
che in me non porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi
siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete
in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso
se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io
sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto
frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in
me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono
e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie
parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In
questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e
diventiate miei discepoli".
Considera.
Gesù si definisce vera vite e dice che i
suoi discepoli sono i tralci. Rifletti: solo da Gesù puoi avere il
buon succo della grazia e il vero cibo per l'anima tua.
31.
Questo è il mio comandamento
Un
amore infinito trabocca dall'anima di Gesù. Ispirato da questo
amore Egli continua a parlare: "Come il
Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio
amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore,
come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel
suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e
la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi
amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore
più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi
siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più
servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma
vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho
fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e
vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto
rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome,
ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri".
Considera.
L'amore fraterno è quel progetto che Gesù
chiama particolarmente suo. Se vuoi essere un autentico discepolo del
Signore, sforzati di osservare la carità come insegna il Vangelo.
32.
Il mondo vi odia
Gli
Apostoli, e tutti i seguaci di Gesù, saranno bersagliati
dall'odio del mondo. Il Divin Maestro lo dipinge chiaramente in
anticipo, e premunisce i credenti contro i suoi assalti perché
lo possano vincere, per quanto sia tremendo e devastante: "Se
il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste
del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non
siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi
odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è
più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me,
perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola,
osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del
mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. Se non fossi
venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora
non hanno scusa per il loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre
mio. Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che nessun altro
ha mai fatto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e
hanno odiato me e il Padre mio. Questo perché si adempisse la
parola scritta nella loro legge: Mi hanno odiato senza ragione.
Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito
di verità che procede dal Padre, egli mi renderà
testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché
siete stati con me fin dal principio".
Considera.
Chi ama Gesù odia il mondo e chi ama il
mondo odia Gesù. Esàminati bene per conoscere da quale affetto sei
dominato.
33.
Le persecuzioni
L'odio
dei nemici di Gesù non si esauriva nell'intimo del loro cuore, non
si manifestava soltanto con parole di minaccia; doveva invece
produrre una persecuzione crudele, violenta, sanguinosa, prima contro
lo stesso Signore e poi contro tutti coloro che seguivano la via da
Lui tracciata. Gesù prosegue, avvertendo i suoi discepoli anche di
queste persecuzioni: "Vi ho detto queste
cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle
sinagoghe; anzi, verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà
crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché
non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste
cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho
parlato. Non ve le ho dette da principio, perché ero con voi.
Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi
domanda: Dove vai? Anzi, perché vi ho detto queste cose, la
tristezza ha riempito il vostro cuore. Ora vi dico la verità: è
bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà
a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. E
quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al
peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, perché
non credono in me; quanto alla giustizia, perché vado al Padre
e non mi vedrete più; quanto al giudizio, perché il principe di
questo mondo è stato giudicato".
Considera.
Le persecuzioni sono il distintivo dei
seguaci di Gesù Cristo. Sei preparato ad esse? Come ti comporti
quando devi soffrire qualcosa nel nome di Cristo?
34.
Io vado al Padre
"
'Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di
portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi
guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé,
ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà.
Ancora un poco e non mi vedrete; un po' ancora e mi vedrete'.
Dissero allora alcuni dei suoi discepoli tra loro: 'Che
cos'è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete, e un po'
ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?'.
Dicevano perciò: 'Che cos'è mai questo un
poco di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire'. Gesù
capì che volevano interrogarlo e disse loro:
'Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi
vedrete e un po' ancora e mi vedrete? In verità, in verità vi
dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà.
Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.
La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua
ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più
dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo. Così anche voi,
ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore
si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia' ".
Considera.
Gesù se ne va al Padre, ma promette lo
Spirito Santo, che consolerà gli Apostoli nelle loro sofferenze.
Invoca spesso il Divino Spirito se vuoi avere sollievo nelle prove.
35.
Io ho vinto il mondo
"
'In quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità
vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la
darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e
otterrete, perché la vostra gioia sia piena. Queste cose vi ho detto
in similitudini; ma verrà l'ora in cui non vi parlerò più in
similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre. In quel
giorno chiederete nel mio nome e io non vi dico che pregherò il
Padre per voi; il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete
amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio. Sono uscito
dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e
vado al Padre'. Gli dicono i suoi discepoli: 'Ecco,
adesso parli chiaramente e non fai più uso di similitudini. Ora
conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che alcuno t'interroghi.
Per questo crediamo che sei uscito da Dio'. 'Adesso
credete? Ecco, verrà l'ora, anzi è già venuta, in cui vi
disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma
io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto queste
cose, perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazioni nel
mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!' ".
Considera.
Gesù vince il mondo con la sua Passione. Se
vuoi essere vittorioso nei pericoli, medita sulle sofferenze del
Redentore.
36.
Padre, glorifica il Figlio tuo
Gesù,
camminando con gli undici verso il Getsemani, arriva nella valle del
Cedron, si ferma in riva al torrente e rivolge al Padre una preghiera
che racchiude tutta la profondità del suo sacrificio. Continua
infatti il testo sacro: "Così parlò
Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: 'Padre,
è giunta l'ora: glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio
glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere
umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai
dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero
Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato
sopra la terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. E ora,
Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso
di te prima che il mondo fosse. Ho fatto conoscere il tuo nome agli
uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed
essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose
che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io
le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono
uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato' ".
Considera.
Gesù domanda al Padre quella glorificazione che gli è
dovuta. Anche tu glorificalo con una vita corrispondente ai suoi
insegnamenti.
37.
Padre, custodisci coloro che mi hai dato
Gesù
continua la sua preghiera con lo stesso impeto di affetti e con nuovi
e sublimi pensieri: "Io prego per loro;
non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono
tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io
sono glorificato in loro. Io non sarò più nel mondo; essi invece
sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome
coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.
Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato
e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il
figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io
vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo,
perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato
a loro la mia parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono
del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga
dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del
mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua
parola è verità".
Considera.
Gesù affida la custodia dei suoi discepoli al Padre. Impara a
vivere sempre abbandonato nelle mani del Padre Celeste, e a fidarti
pienamente di lui.
38.
Padre, tutti siamo una sola cosa
"Come
tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo;
per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi
consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche
per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché
tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te,
siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu
mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a
loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me,
perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi
hai mandato e li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che anche
quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io, perché
contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi
hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non
ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi
hai mandato. E io ho fatto conoscere il
tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai
amato sia in essi e io in loro".
Considera.
Gesù domanda che i discepoli siano una cosa
sola con lui e con il Padre. Ecco quello che devi domandare più
insistentemente nelle tue preghiere: l'unione del tuo spirito con
Dio.
V
- GETSEMANI
39.
Passaggio del Cedron
Sembrava
che Gesù non volesse più smettere di parlare, tanto il suo
cuore traboccava di affetto per i discepoli, che tra poche ore
sarebbero stati sottoposti a durissima prova. Ma il tempo
scorreva e i nemici non dormivano. Non conveniva farsi prendere alla
sprovvista, ciò non si addiceva alla sapienza divina. Gesù si
rimise in cammino con i suoi discepoli e sul ponte di pietra passò
il torrente Cedron, dirigendosi verso l'orto del Getsemani, dove
era solito ritirarsi da solo o con i discepoli, per pregare e
trascorrere la notte. Il sentiero che dalla valle del torrente sale
al Getsemani è scavato nella roccia; lascia da una parte la tomba di
Assalonne, sempre ingombra di sassi gettati dai passanti in
segno di disprezzo; poi si allunga tra due muriccioli di pietre a
secco. Gesù percorre questo sentiero, ma non sembra più lui. Ha
cambiato aspetto, è taciturno, meditabondo, mesto, precede di alcuni
passi gli Apostoli. Questi, colpiti dal mutamento di Gesù,
cominciano a temere che qualche cosa di molto doloroso stia per
verificarsi. Il loro timore è più che fondato e diverrà
presto una terribile realtà.
Considera.
Attraverso il Cedron, Gesù calca quel
sentiero che lo conduce al luogo dei dolori e della mortale agonia.
Impara a superare le difficoltà che incontri sulle strade della
vita, per fare la volontà di Dio.
40.
Nell'orto degli ulivi
Verso
le ore 22 Gesù giunse al cancello dell'orto, lo spinse e vi entrò.
Non volle che tutti assistessero da vicino alla sua ultima preghiera
e alla sua mortale agonia. Solo quelli che lo avevano contemplato
glorioso sul Tabor sarebbero stati ammessi a contemplarlo abbattuto
dal dolore nel Getsemani. Le intense gioie e gli intensi dolori
divini non sono confacenti a tutte le anime, ma solo a coloro che Dio
predilige. Il Salvatore si fermò all'inizio dell'orto e si
rivolse ad otto dei suoi discepoli, dicendo: "Sedetevi
qui, mentre io vado là a pregare". Presi con sé Pietro,
Giacomo e Giovanni, che erano stati testimoni della trasfigurazione
sul Tabor, si allontanò con loro. Gli altri otto, lontani dagli
sguardi del Maestro, dimenticarono presto le sue raccomandazioni.
Stanchi del cammino, affranti per le forti e differenti emozioni
provate in quella memorabile giornata e per l'ora tarda, vinti dalla
sonnolenza, si ritirarono in un vicino casolare, dove altre
volte avevano pernottato. Cominciava a crearsi attorno a Gesù
quell'isolamento che si sarebbe concluso con il totale abbandono da
parte dei discepoli, come Egli stesso aveva predetto.
Considera.
Per fare orazione, Gesù entra nell'orto del Getsemani, luogo di
solitudine e di silenzio. Impara a separarti, almeno
spiritualmente, dai rumori del mondo, se vuoi parlare con Dio.
41.
La mia anima è triste fino alla morte
Gesù
s'inoltra nel Getsemani, precedendo di alcuni passi i tre Apostoli,
in silenzio e col volto segnato dal dolore. Egli si ferma presso
un masso a fior di terra e con profonda mestizia si rivolge ai
tre amici: "La mia anima è triste
fino alla morte; restate qui e vegliate con me". A queste
parole i tre rimasero certamente addolorati, perché non avevano
mai udito simili espressioni dalla bocca del Maestro e non l'avevano
mai visto così prostrato. Tuttavia non osarono chiedergli il motivo
e, obbedienti, si fermarono nel posto indicato. Avrebbero voluto
vegliare, praticando l'esortazione di Gesù, ma la carne era inferma,
anche se lo spirito era pronto. Cedettero al sonno e alla stanchezza
dove si erano fermati. Gesù si allontana dagli Apostoli quanto un
tiro di sasso, una cinquantina di passi, e, oppresso da una
tristezza mortale, entra in una grotta per iniziare la sua
dolorosa orazione. L'isolamento è completo, perché nessuno gli
tiene compagnia come avrebbe desiderato; può ripetere con Giobbe: "I
miei fratelli mi hanno deluso come un torrente, sono dileguati
come i torrenti delle valli". E con Isaia: "Nel
tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me".
Considera.
Iniziando l'orazione Gesù prova un
fastidioso disgusto, eppure continua a pregare con insistenza.
Apprendi a non lasciarti sopraffare dalle difficoltà che
vorrebbero impedirti di pregare.
42.
La grotta dell'orazione
La
grotta dove si ritira Gesù è abbastanza ampia, illuminata appena da
uno spiraglio di luce filtrante dalla volta molto alta, che poggia
su colonne naturali. Sembra un tempio a più navate. Non è la prima
volta che il Signore vi entra. Spesso gli Apostoli l'avevano visto
penetrare in quell'antro per effondere il suo cuore nella preghiera,
durante la notte, prima di concedersi un po' di sonno. In questo
momento vi accede per innalzare la sua ultima dolorosa
orazione, a cui seguirà non il riposo, sia pure sulla nuda pietra,
ma il tradimento, lo strazio, la morte. È importante vedere come
prega. Arrivato quasi in fondo alla grotta, s'inginocchia, si
prostra con la fronte a terra, e incomincia a implorare il suo Divin
Padre con forti gemiti erompenti dal cuore, con abbondanti
lacrime, con un brivido per tutta la persona e con un sudor di sangue
che scorre fino a terra. Questa è la vera immagine di Gesù orante e
agonizzante nell'orto, anche se alcuni fenomeni appena accennati
non si sono manifestati subito, ma nel corso della preghiera. La
particolare situazione del Salvatore dovrebbe commuovere
ogni cuore.
Considera.
Gesù, pregando, assume il più umile e
commovente atteggiamento. Impara con quale riverenza ed umiltà
devi presentarti al cospetto di Dio per invocare le grazie che sono
necessarie alla tua salvezza.
43.
Il calice delle umane malvagità
La
preghiera di Gesù è delle più commoventi: "Padre
mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come
voglio io, ma come vuoi tu!". "Abbà, Padre! Tutto è
possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io
voglio, ma ciò che vuoi tu!". Egli parla delle umane
iniquità, che ora gli stanno tutte innanzi, lo circondano da ogni
parte, e minacciano come impetuoso torrente di sommergerlo. Ha voluto
sostituirsi all'uomo peccatore, prendendo su di sé tutti i
peccati e rendendosi responsabile davanti a Dio. Ora prova tutta la
pena di questa volontaria sostituzione. La sofferenza è
lacerante, perché tra lui e il peccato non vi può essere che
una ripugnanza invincibile, necessaria, infinita; eppure la deve
subire, perché così ha deciso per la salvezza dell'umanità. In
quell'istante discerne senza confusione, con estrema chiarezza,
"tutte le specie di peccati per i quali doveva soffrire: i
peccati dei re e quelli dei poveri; i peccati dei preti e quelli dei
laici"; i peccati di tradimento,
di perfidia, di impurità, di sacrilegio, d'imprecazione, di
bestemmia. Cumulo spaventoso! In qualunque parte Egli
volga lo sguardo vede solo fiumi di peccati che si scaricano sulla
sua persona, per cui Gesù può appropriarsi delle parole del
profeta: "Salvami, o Dio: l'acqua mi giunge alla gola.
Affondo nel fango e non ho sostegno; sono caduto in acque profonde e
l'onda mi travolge".
Considera.
L'anima di Gesù è atterrita alla vista di
tutti i peccati del mondo. Pensa che anche i tuoi peccati
rattristarono allora Gesù e proponi di piangerli e di farne
penitenza.
44.
I discepoli addormentati
Circondato,
oppresso, sommerso nell'indecenza delle scelleratezze umane,
Gesù, Agnello Immacolato, continuava nella sua preghiera al
Padre. Dopo un certo tempo si alzò dall'orazione e "andò
dai discepoli e li trovò che dormivano, sfiniti per la
tristezza". Disse allora a Pietro: "Simone,
dormi? Non sei riuscito a vegliare un'ora sola?".
Rivolgendosi anche agli altri due: "Perché
dormite?". "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora
sola con me?". "Alzatevi e pregate, per non entrare in
tentazione... Lo spirito è pronto, ma la carne è debole".
Che cosa intendeva fare Gesù con questa interruzione e con questa
visita agli Apostoli addormentati? Oppresso da tanti dolori, voleva
aprire ad essi il cordoglio del suo cuore, per rendersi nostro
modello di un legittimo sfogo nei momenti dolorosi della vita.
Egli non manifesta le sue pene interiori in pubblico, e nemmeno
a tutti gli Apostoli, anche se erano degli amici fidati. Si rivela
triste solo ai tre intimi confidenti, che già avevano assistito alla
sua gloria. Le parole da Lui rivolte ai tre prima di iniziare la sua
preghiera, ci indicano come dobbiamo parlare in simili circostanze:
"La mia anima è triste fino alla morte".
Non una parola aspra, non un cenno contro coloro che stavano per
togliergli la vita innocente: ma la semplice descrizione del suo
stato interiore. Ecco come dobbiamo confidare agli altri le nostre
sofferenze interiori.
Considera.
Gesù rimprovera dolcemente gli Apostoli
perché, invece di pregare, dormono. Forse anche tu meriti un simile
rimprovero per la tua negligenza nel fare compagnia a Gesù con la
preghiera.
45.
Il calice della passione e morte
Gli
Apostoli, sonnolenti e confusi, non seppero che rispondere al
richiamo di Gesù. Si rendevano conto del grave stato in cui si
trovava il loro Maestro, ma il sonno impediva loro di obbedire
alle sue raccomandazioni e di recargli conforto. Perciò Gesù,
senza attendere risposta, tornò alla grotta per riprendere la sua
orazione, che assumeva ora una modifica rilevante, pur rimanendo
sostanzialmente la stessa. In ginocchio, con la fronte a terra,
pregò una seconda volta: "Padre mio, se
questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia
fatta la tua volontà". Non domanda più che il calice si
allontani, ma solo che in Lui si compia la volontà del Padre. Nel
compiere quest'atto di sottomissione accetta di bere il calice della
sua passione e morte fino all'ultima goccia. Dinanzi alla sua mente
si svolge la serie di umiliazioni e di sofferenze, per cui la
sua anima e la sua carne devono giungere alla piena
soddisfazione della giustizia divina. Ha preso l'apparenza del
peccatore: paghi dunque come se lo fosse davvero. Tutti i
dolori cadranno su di Lui, che li vede e li sente prima ancora di
esservi sottoposto: il tradimento di Giuda, l'abbandono degli
Apostoli, la negazione di Pietro, le derisioni, gli schiaffi,
gli sputi, la condanna, i flagelli, la corona di spine, la
morte. Nell'orto subisce in anticipo tutti i dolori della
passione.
Considera.
Dinanzi alle pene, che gli verranno
inflitte, Gesù soffre, ma si rassegna per adempiere alla
volontà del Padre. Impara anche tu a rassegnarti alla volontà
di Dio nelle afflizioni presenti e in previsione delle future.
46.
Seconda visita ai tre discepoli
Dopo
aver pregato e sofferto a lungo, si alza una seconda volta e si reca
dai suoi discepoli: "Poi tornò dai
discepoli e li trovò che dormivano... perché i loro occhi si
erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli".
Questa seconda visita merita una riflessione. Non la fece solamente
per mostrare agli Apostoli i nuovi tormenti del suo cuore, ma
anche per rivelare il suo amore e la premura che aveva per il
loro bene. Forse temeva che fosse loro accaduto qualcosa.
Certamente desiderava sapere che cosa facessero e come stessero.
Per tre anni interi si era comportato così, prendendosi la più
affettuosa cura di loro, vegliandoli sempre, come una madre
amorosa verso il suo unico figlio. Non poteva trascurarli alcuni
istanti prima di lasciarli definitivamente. Anzi la sua premura, in
questa circostanza, doveva rifulgere di splendori più vivi, perché
la esercitava proprio quando Egli stesso era schiantato da un'agonia
di morte e i suoi più intimi seguaci si dimostravano indegni del suo
amore. Poveri noi se il Redentore si preoccupasse della nostra
vita solo quando gli siamo grati! Dovrebbe lasciarci forse in un
perenne abbandono. Gesù è venuto apposta per farsi nostro fratello,
anche quando noi ci dimentichiamo di Lui.
Considera.
Ai discepoli addormentati Gesù non rivolge nessun
rimprovero, ma soffre in silenzio. Impara a soffrire e tacere
anche quando le persone care si mostrano indifferenti nei tuoi
confronti.
47.
Il calice dell'ingratitudine
Questa
seconda volta, per compassione, Gesù non rivolge ai discepoli
neppure un dolce rimprovero. Poiché non spera di ottenere conforto,
ritorna sui suoi passi e rientra nella grotta, raggiungendo lo
stesso punto e assumendo lo stesso atteggiamento. "E
lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta,
ripetendo le stesse parole...: Padre,
se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta
la mia, ma la tua volontà". Ora si
presenta a Lui il calice di tutte le umane ingratitudini:
irriverenze, profanazioni, sacrilegi verso il sacramento
del suo amore (la SS. Eucarestia), calunnie, persecuzioni contro
il suo Corpo Mistico (la santa Chiesa), tradimenti orribili da parte
di persone da Lui maggiormente beneficate. Il
numero di quelle anime, che si danneranno nonostante il suo sangue,
lo spaventa. Le vede passare davanti
a sé, come portate via da un turbine di gemiti e di singhiozzi,
trascinate verso gli abissi, dove il perdono non scenderà mai;
stende loro invano le mani supplichevoli, con accento di
indescrivibile tenerezza. Perché non può aumentare all'infinito gli
spasimi e le torture della passione, pur di assicurare la salvezza
a queste anime stolte? Anche se potesse raggiungere il suo scopo,
queste anime non lo ascolterebbero e si dannerebbero ugualmente. È
questa dannazione, tenacemente voluta, che fa tanto penare Gesù.
Considera.
Il Signore soffre immensamente alla
vista di tante anime che si perdono eternamente. Pensa se
ti preoccupi veramente di salvare la tua anima.
48.
Agonia e sudore di sangue
I
peccati dell'umanità, i tormenti della sua passione, che già sente,
l'ingratitudine di anime acquistate a caro prezzo, stringono
così fortemente l'anima e il cuore di Gesù che egli comincia
ad entrare in una specie di agonia mortale. Allora un angelo
scende dal cielo e s'inginocchia accanto al martire divino per
infondergli la forza di sopportare l'ultima lotta. Prostrato con
la faccia per terra, il Salvatore moltiplica le invocazioni al
Padre, con maggiore insistenza, perché le sue suppliche
sembrano inascoltate. Prova la pena dell'abbandono da parte
degli uomini e di Dio. Il Padre celeste lascia il suo Figlio
prediletto, oggetto di tutte le compiacenze, nell'abbandono che
egli stesso aveva accettato in precedenza, quando aveva chiesto di
prendere il nostro posto. L'abbandono è per lui peggiore della
morte e "sarebbe morto
certissimamente, se una potenza divina non lo avesse sostenuto per
riservarlo ad altri supplizi". Se non muore, avverte però
le pene di una straziante agonia. Il sangue gli scorre
impetuosamente nelle arterie; sforzando i pori, esce a gocce
abbondanti dal corpo e bagna le vesti ed il terreno. La voce del
Signore non si ode quasi più e la sua sacra persona, curva sul
terreno, sembra priva di vita. Sudore, lacrime e sangue si
mescolano insieme e scorrono per terra. La lotta finisce. Il Maestro,
sentendosi esaurito, riprende le forze, si alza e raggiunge gli
Apostoli, ai quali dice: "Dormite ormai e
riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo
viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco,
colui che mi tradisce è vicino".
Considera.
Gesù, per amore tuo, soffre la pena del più
desolante abbandono. Per amore suo, prometti di stargli vicino nelle
sue terribili sofferenze.
49.
Giuda e i soldati
Giuda,
seguito dagli sgherri, non era lontano. Aveva raggiunto il suo
scopo. Dopo aver frettolosamente lasciato il cenacolo, era corso dai
principali avversari di Gesù, per annunciare loro che era
giunto il momento opportuno di catturarlo. Li pregava di
concedergli dei custodi ordinari del tempio e delle guardie
assoldate, munite di armi e bastoni, perché sapeva dove si trovava
Gesù. Fu subito esaudito. Il traditore, dopo aver costatato che il
Signore, con gli Apostoli, aveva abbandonato il cenacolo da
alcune ore, con i soldati discese la città alta, arrivò alla valle
di Giosafat, attraversò il ponte del Cedron e si diresse verso
l'orto del Getsemani, dove sapeva che Gesù, come al solito, si
sarebbe certamente rifugiato. Intanto rivolgeva a quegli
scalmanati mille raccomandazioni: "Accostatevi
al luogo in gran silenzio, rimanendo un po' indietro e lasciando che
io avanzi da solo, per non destare sospetti. Mi accosterò a lui
e lo bacerò: questo sarà per voi il segnale di avanzare.
Prendetelo e conducetelo via con precauzione". Tutti
promisero di osservare attentamente i suoi consigli.
Considera.
Giuda raccomanda l'osservanza di ogni minima
precauzione per riuscire nel tradimento. Tu, al contrario, impara ad
usare le stesse precauzioni per non perdere mai la grazia del
Signore.
50.
Salve, Rabbi!
Gli
inganni di Giuda non erano ignoti a Gesù, che aveva già tutto
predetto e ne vedeva chiaramente lo svolgimento. Sapeva che fra
poco il traditore sarebbe arrivato con gli sbirri per catturarlo.
Uscì perciò dalla grotta, andò dai suoi discepoli per l'ultima
volta e indirizzò loro le parole sopra riferite. Mentre i tre
Apostoli, spaventati, tentavano di svegliarsi, Gesù, precedendoli,
avanzò verso l'uscita dell'orto, dove aveva lasciato gli altri otto.
Era circa la mezzanotte. Giuda, arrivato al cancello, comandò
al suo drappello di aspettare fuori. S'inoltrò, credendo che il
Signore fosse molto più lontano. Gesù invece era ormai a
pochi passi. Vedendolo improvvisamente così vicino, Giuda si
trovò a disagio, piuttosto imbarazzato. Si tolse subito d'impaccio,
ricordandosi del segno concordato con gli avversari di Gesù. Si
accostò al Redentore e gli disse: "Salve,
Rabbi!". E lo baciò. Gesù esclamò, con un accento di
tenerezza e di dolore: "Giuda, con un
bacio tradisci il Figlio dell'uomo?".
Considera.
Con un bacio Giuda tradisce il Signore. Esamina se non ti sei mai
servito della tua apparente devozione per nascondere le offese gravi
o leggere contro la bontà di Dio.
51.
La folla gettata a terra
Alle
parole di Gesù, Giuda rimase umiliato, confuso, e quasi
istintivamente indietreggiò, mentre dentro di sé cercava una frase
qualunque da indirizzare al Maestro, per nascondere
ancora,
se fosse stato possibile, la propria perfidia. Capì che con
Gesù erano inutili tutte le finzioni e che non gli si poteva
nascondere nulla, nemmeno il più segreto pensiero. Indietreggiando,
si trovò fuori dal cancello, dove la turba da lui guidata si era
fermata. "Gesù allora, conoscendo
tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro:
'Chi cercate?'. Gli risposero:
'Gesù, il Nazareno'. Disse loro Gesù:
'Sono io!'. Vi era là con loro anche
Giuda, il traditore. Appena disse: Sono io, indietreggiarono e
caddero a terra. Domandò loro di nuovo: 'Chi
cercate?'. Risposero: 'Gesù il
Nazareno'. Gesù replicò: 'Vi ho detto
che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne
vadano'. Perché s'adempisse la parola che egli aveva detto:
'Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai
dato' ". Con la seconda domanda Gesù faceva capire ai
nemici che non intendeva lasciarli per sempre a terra e che ora, dopo
aver dato momentaneamente prova della sua divina onnipotenza,
essi potevano rialzarsi. Si levarono subito in piedi, ma, per nulla
mutati, "si fecero avanti e misero le mani
addosso a Gesù e lo arrestarono".
Considera.
Gesù, con una sola parola, atterra la
turba dei nemici. Pensa al terrore degli empi, nel giorno del
giudizio, quando Egli si manifesterà in tutta la sua gloria e
maestà.
52.
Gli Apostoli tentano di difendere il Maestro
Dov'erano
gli Apostoli, mentre accadevano questi fatti? Pietro, Giacomo e
Giovanni, appena svegli, presentendo qualche cosa di grave,
erano corsi a destare gli altri otto che riposavano nel vicino
casolare. Anch'essi si alzarono prontamente, pieni di sgomento, e in
un attimo furono al cancello d'ingresso, vicini a Gesù. Assistettero
alla scena appena descritta, senza però capire bene come
sarebbe andata a finire. Quando videro che Gesù veniva brutalmente
catturato, compresero di che cosa si trattava e pensarono fosse
giunto il momento di agire. "Allora quelli
che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero:
'Signore, dobbiamo colpire con la spada?'... Ed ecco, uno di quelli
che erano con Gesù... Simon Pietro, che aveva una spada, la
trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò
l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco".
Ciò era avvenuto con fulminea rapidità, prima che il Maestro
potesse rispondere. "Ma Gesù intervenne
dicendo: 'Lasciate, basta così!'.
E toccandogli l'orecchio, lo guarì". "Gesù allora
disse a Pietro: 'Rimetti la tua spada
nel fodero... perché tutti quelli che mettono mano alla spada
periranno di spada. Pensi forse che io non possa pregare il Padre
mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?...
Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?... Ma tutto
questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti'
".
Considera.
Gesù non vuole che gli Apostoli lo
difendano con la forza delle armi materiali. Tu pensa a
difenderlo sempre con le armi morali di una vita intemerata,
di uno zelo illuminato.
53.
Questa è la vostra ora
Le
parole di Gesù agli Apostoli e, poco dopo, quelle ai suoi nemici,
non sarebbero possibili, se non si supponesse un cambiamento nel
contegno della turba. Probabilmente l'improvviso intervento
degli Apostoli aveva intimorito i nemici, i quali, secondo le
indicazioni di Giuda, credevano che Gesù fosse solo e che i suoi
discepoli, a quell'ora, fossero immersi nel sonno. L'oscurità,
rotta soltanto dalla fioca luce delle poche fiaccole, non permise
loro di rendersi conto che i discepoli erano pochi. Forse pensarono
addirittura che Giuda li avesse condotti là per tradirli. Il fatto è
che indietreggiarono e non si azzardarono a prendere immediatamente
il Signore. Egli approfittò di questa loro incertezza per
parlare agli Apostoli e invitarli alla calma e alla non violenza. Poi
ebbe il tempo di dialogare coi nemici: "In
quello stesso momento Gesù disse alla folla, a coloro che gli
erano venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del
tempio e anziani: 'Siete usciti con
spade e bastoni come contro un brigante, siete venuti a prendermi...
ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre'...
Allora tutti i discepoli, abbandonatolo,
fuggirono".
Considera.
L'ora dei malvagi è quella in cui compiono
opere peccaminose, l'ora invece dei giusti è quella delle opere
virtuose. Ti sei servito del tempo per fare il bene e prometti
attenzione per l'avvenire?
VI
- DAVANTI AI TRIBUNALI
54.
Come agnello in mezzo ai lupi
Gesù
faceva capire ai suoi nemici che non avrebbe opposto resistenza e si
sarebbe abbandonato al loro diabolico furore. Essi lo intesero
bene e, come cani rabbiosi, si avventarono contro di Lui.
"Allora il distaccamento con il
comandante e le guardie dei Giudei afferrarono Gesù, lo
legarono...". Non omisero nulla. Temendo che fuggisse,
gli legarono le mani dietro alla schiena stringendogli fortemente i
polsi, girandogli le corde attorno al collo e alla vita. Non c'era
assolutamente bisogno di queste precauzioni, perché il Signore, come
agnello mansueto portato al macello, non respinge la loro brutalità
e non pronunzia parole di lamento o di minaccia. Con
mansuetudine divina ascolta le espressioni della folla
inferocita, di gioia infernale, di derisione, di bestemmia,
d'imprecazione e di sfida. Sopporta ugualmente tutte le villanie, gli
urti e le percosse di quei lupi aggressivi, che si preparano a
rifare il cammino verso Gerusalemme. Che fanno intanto i
discepoli? Dopo che Gesù ebbe vietato loro di ribellarsi e di
percuotere, si spaventarono di fronte al numero dei nemici che
stavano per attaccarli e tutti, abbandonato il Maestro, se ne
fuggirono. "Un giovanetto però lo
seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma
egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo".
Considera.
Gesù è legato, trascinato, deriso, urtato,
percosso. Egli con questi lacci ha liberato te dai vincoli del
peccato e ti domanda perciò riconoscenza.
55.
Gesù cade nel torrente
Gesù,
tradito da Giuda, abbandonato dagli Apostoli, legato come un
malfattore, vigilato, circondato, trascinato da furibondi nemici,
ritorna sulla strada percorsa poche ore prima con gli amici. Il
viaggio in tali condizioni riesce penosissimo al Redentore,
indebolito dallo spargimento di sangue nell'orto. La condotta degli
sbirri verso di Lui ne aumenta le pene. La folla scomposta,
tumultuosa, frettolosa scende il sentiero che in certi punti è come
una gradinata, e intanto carica Gesù di ingiurie. Lo spinge a
destra e a sinistra, lo percuote. Si arriva così al ponte del
torrente Cedron. La tradizione ci fa assistere ad una scena
commovente. Gesù, spinto continuamente con insolenza, cade sul
letto sassoso del torrente, battendo con le ginocchia e con la testa
sulle pietre e giacendo immobile tra gli scherni di quei
crudeli. Forse vogliono sfogare la loro rabbia vendicativa per
essere stati gettati a terra nell'orto da una semplice sua parola.
Cadendo, Gesù volta le spalle a Giuda che, tormentato dal rimorso,
osserva ogni cosa da un'arcata del ponte. Sembra che il Messia abbia
orrore di mostrare la faccia al traditore, figlio di perdizione. È
il castigo dovuto a tutti gli empi ostinati.
Considera.
Il Cedron è simbolo del torrente delle
umane iniquità. Gesù cade in esso per dare a te la forza di
resistere alle tue malvagie passioni.
56.
Il pontefice Anna
Legato
com'era, il Signore non avrebbe certamente potuto alzarsi dal
luogo della caduta. Fu dunque rimesso in piedi dagli stessi nemici
che avevano fretta di arrivare alla città alta. Il cammino infatti
continuò per una salita faticosa, e, a tratti, molto ripida. "E
lo condussero prima da Anna: egli era infatti suocero di Caifa,
che era sommo sacerdote in quell'anno. Caifa poi era quello che aveva
consigliato ai Giudei: 'È meglio che un uomo solo muoia per il
popolo' ". I due pontefici, così strettamente uniti da
vincoli di parentela, abitavano forse nello stesso palazzo o in due
talmente vicini tra loro da sembrare uno solo. Benché non fosse più
sommo sacerdote, Anna, per la sua astuzia, per la pratica acquisita
in tanti anni di comando, e per l'ascendente che aveva sul popolo,
dirigeva indirettamente gli affari religiosi della nazione. La
questione di Gesù che si diceva il Messia atteso dagli Ebrei,
che aveva dimostrato questa sua qualità con miracoli di ogni
genere, era un problema eminentemente religioso, anzi vitale per la
nazione. Era quindi impossibile che Anna non se ne occupasse, sia
pure non ufficialmente. Del resto tutte le insidie tese, tutte
le trame ordite contro Gesù, avevano avuto come ispiratore ed
istigatore questo vecchio mascalzone. Con lui aveva preso
accordi Giuda prima di eseguire il tradimento. Non deve far
meraviglia che Gesù sia stato condotto da Anna.
Considera.
Anna impiega tutta la sua astuzia per
tendere insidie a Gesù. Rifletti se fai buon uso dei doni naturali
ricevuti dal Creatore.
57.
Domande e risposte
Era
circa l'una e mezza del mattino. Anna che, come gli altri nemici del
Salvatore, stava aspettando l'esito della congiura, fu ben presto
avvertito che tutto era riuscito bene, e che fra pochi minuti Gesù
gli sarebbe stato presentato. La gioia che provò a quella
notizia fu pari all'odio che lo divorava. Non vedeva l'ora di avere
il Messia davanti a sé, per rivolgergli alcune domande che
sarebbero servite a mettere in contraddizione il Signore e a farlo
condannare per qualche parola più che imprudente. Gesù,
circondato dalla turba, legato, vilipeso, in uno stato
compassionevole per il doloroso viaggio, entra nel palazzo del
pontefice e viene introdotto alla sua presenza. "Allora
il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e
alla sua dottrina. Gesù gli rispose: 'Io
ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e
nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto
nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che
hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho
detto' ".
Considera.
Con vera malizia Anna interroga Gesù
riguardo alla sua dottrina. Tu, al contrario, medita con semplicità
gli insegnamenti divini e impégnati a praticarli.
58.
Lo schiaffo
La
risposta di Gesù, che chiamava tutto il mondo a testimoniare la sua
innocenza, mise Anna in imbarazzo. Nessuno si aspettava che un
prigioniero rispondesse così. Mentre il furbo sacerdote sta
pensando come riprendere l'interrogatorio, un servo del pontefice
viene a togliere il padrone d'impaccio. Il servo, secondo la
tradizione, era lo stesso Malco, che fu guarito da Gesù dopo che
Pietro gli aveva amputato l'orecchio. "Aveva
appena detto questo, che una delle guardie presenti diede uno
schiaffo a Gesù, dicendo: 'Così rispondi al sommo sacerdote?'. Gli
rispose Gesù: 'Se ho parlato male,
dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi
percuoti?' ". Niente di più illegale ed ingiusto da
parte del servo; niente di più giusto delle parole del Salvatore.
Nessuna legge permette di maltrattare un accusato, che ancora
non ha ricevuto la condanna e potrebbe risultare innocente.
Tanto meno fu mai concesso ad un servo il diritto di schiaffeggiare
l'imputato, che difende se stesso nel processo. Le parole di Gesù
sono quelle della verità che non teme smentita davanti a qualunque
prova, e quelle della dolcezza che intenerisce i cuori più
insensibili. La tradizione ci dimostra questo servo profondamente
impressionato dal contegno mansueto del Signore. Si sarebbe
più tardi convertito ed avrebbe espiato il suo peccato con una vita
santa.
Considera.
Gesù viene pubblicamente percosso e
disonorato con uno schiaffo. Impara a sopportare per suo amore
le ingiurie che ti vengono inflitte.
59.
Prima negazione di Pietro
Mentre
avvenivano queste cose alla presenza di Anna, un altro fatto
importante si verificava nel cortile del palazzo. Pietro rinnegava
ripetutamente il suo Maestro. Dopo che gli Apostoli si erano
dati alla fuga, Pietro e Giovanni ritornarono in sé e, vergognandosi
della loro viltà, decisero di seguire Gesù almeno da lontano.
"Intanto Simon Pietro seguiva Gesù
insieme con un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto
dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo
sacerdote; Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta.
Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori,
parlò alla portinaia e fece entrare anche Pietro".
Qui dovevano incominciare le negazioni dell'Apostolo troppo
sicuro di sé. "E la giovane portinaia
disse a Pietro: 'Forse anche tu sei dei discepoli di quest'uomo?'".
Una risposta affermativa non avrebbe probabilmente portato a Pietro
nessun danno, essendo compagno di Giovanni, pubblicamente
conosciuto come discepolo di Gesù. Ma egli temette chissà
quali sciagure e, impressionato, rispose prontamente: "Non
lo sono". Era la prima negazione, tanto meno
scusabile in quanto la domanda veniva da una donna che lo interrogava
per pura curiosità.
Considera.
Pietro nega Gesù per paura di una donna.
Talvolta anche tu trascuri i tuoi doveri cristiani per un vano timore
umano.
60.
Seconda negazione
Chi
incomincia a cadere non si arresta facilmente alla prima caduta:
segue la seconda, la terza ed altre ancora, finché la mano
misericordiosa di Dio ferma il colpevole e lo aiuta a
ravvedersi. Così avvenne a Pietro. La prima negazione fu
l'inizio di altre. I servi stavano attorno al fuoco per scaldarsi,
poiché faceva freddo. "Anche Pietro stava
con loro e si scaldava". "Siccome avevano acceso un
fuoco in mezzo al cortile, e si erano seduti attorno, anche
Pietro si sedette in mezzo a loro". "Ed entrato anche lui,
si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione". "Una
serva gli si avvicinò... e vedendo che stava a scaldarsi lo
fissò e gli disse. 'Anche questi era con lui'. 'Anche tu eri con
Gesù, il Galileo'". Interrogato alla presenza di tanta
gente, Pietro sentì crescere lo spavento e, ormai accecato di
fronte alla gravità di ciò che stava per compiere, moltiplicò le
sue negazioni. "Ma egli negò dicendo:
'Donna, non lo conosco! Non so e non
capisco quello che vuoi dire'. Uscì quindi fuori dal cortile
e il gallo cantò. Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra
serva e disse ai presenti: 'Costui era con
Gesù, il Nazareno'. Ma egli negò di nuovo giurando: 'Non
conosco quell'uomo'. Poco dopo un'altra
lo vide e disse: 'Anche tu sei di loro!'. Ma Pietro rispose: 'No, non
lo sono!' ". Povero Pietro! Non si accorgeva che con la
paura e con le negazioni si rovinava sempre di più.
Considera.
Pietro nega la seconda volta Gesù perché
si fida di sé e si mette nelle occasioni. Pensa che questo è
anche il motivo delle ripetute tue mancanze, dei tuoi molti peccati.
61.
Davanti a Caifa
Frattanto
Anna, dopo che Gesù ebbe parlato con chi lo aveva schiaffeggiato, si
trovò maggiormente imbarazzato, e non sapeva come proseguire
l'interrogatorio per strappare al Signore qualche motivo di
accusa. Fu un momento di sollievo quando giunsero gli inviati di
Caifa a riferirgli che il Sinedrio era radunato e aspettava che Gesù
vi fosse condotto. Solo davanti a questo pontefice doveva svolgersi
il giudizio formale. Le guardie circondarono subito il Signore,
lo tolsero dal cospetto di Anna, gli fecero attraversare diversi atri
e il cortile, e in pochi minuti lo presentarono al Sinedrio.
"Allora Anna lo mandò legato a Caifa,
sommo sacerdote": ecco la breve espressione che ci narra
il fatto. È sufficiente per indicarci che Gesù si trovò davanti ad
un'assemblea formata dei soliti apparati esteriori, di cui è bene
farsi un'idea esatta. Caifa è seduto su un palchetto, una specie di
trono cesellato riservato al principe dei sacerdoti; gli altri
membri del Sinedrio, pontefici, scribi, anziani del popolo, sono
seduti in semicerchio su un gradino coperto di tappeti e
cuscini. Gesù viene condotto in mezzo a loro e lasciato in
piedi con le mani legate. Poco discosti vi sono i servi e la folla.
Ai lati estremi del semicerchio hanno preso posto i due segretari con
le loro tavolette in mano, per registrare le deposizioni.
Considera.
Caifa si serve degli apparati esteriori,
del fasto dell'autorità, per nuocere maggiormente a Gesù, per
rendere credibilmente legittima la sua condanna. Medita se non
ti sei mai servito delle tue buone apparenze per peccare più
liberamente.
62.
False accuse
Si
aprì formalmente il processo. Il primo atto del sommo sacerdote fu
di chiedere se, fra tanta gente, c'era qualcuno disposto a
testimoniare contro il Signore. L'accusa doveva essere molto grave,
in modo da giustificare una condanna a morte. I sacerdoti e gli
anziani si erano espressi molto chiaramente al riguardo. "I
sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa
testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte; ma non
riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti
testimoni". Molti infatti deponevano il falso contro di
lui, ma le loro deposizioni non concordavano. "Finalmente
se ne presentarono due, che affermarono: 'Costui ha dichiarato:
Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre
giorni'. Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: 'Non rispondi nulla?
Che cosa testimoniano costoso contro di te?'. Ma Gesù taceva",
e non rispondeva nulla. Perché infatti avrebbe dovuto replicare
ad accuse di individui che sicontraddicevano a vicenda e
con malizia stravolgevano il senso chiaro delle sue parole? I
calunniatori, e coloroche li assecondavano, non meritavano
nessuna risposta.
Considera.
Accusato falsamente, Gesù tace. Impara a
tacere umilmente quanto ti viene rimproverato un vero difetto.
63.
È reo di morte
Questo
silenzio di Gesù irritò maggiormente Caifa, che perse la sua calma
apparente e si decise a porgli una domanda in nome della
religione. "Di nuovo il sommo
sacerdote lo interrogò dicendogli: 'Ti scongiuro, per il Dio
vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio
benedetto'. Gesù rispose: 'Io lo sono,
tu l'hai detto;... anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio
dell'uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del
cielo'". Poiché la domanda gli è posta in nome di
Dio, Gesù risponde con sincerità, rispettando il Padre suo, e
conferma dinanzi ad una imponente assemblea la sua qualità di
Figlio di Dio. La risposta gli scatenò addosso una tempesta di
furore e di rabbia da parte dei presenti. Caifa si finse invaso da
religioso orrore e si preoccupò di dimostrarlo all'esterno. Gli
altri lo imitarono nell'ipocrisia. "Allora
il sommo sacerdote sistracciò le vesti dicendo: 'Ha
bestemmiato! Peché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora
avete udito la bestemmia; che ve ne pare?' ". La risposta
era scontata. "Tutti sentenziarono
che era reo di morte". "E quelli risposero: 'È reo di
morte!'.
Considera.
Gesù è dichiarato reo di morte, perché ha
sostenuto una verità provata con strepitosi miracoli. Impara a non
mentire mai alla tua coscienza a costo di qualunque pena temporale.
64.
Stolti furori
Appena
pronunciata la sentenza di morte, tutti i giudici, i servi e la
teppaglia che assistevano, furono pervasi da furore diabolico. I
giudici che sedevano sui loro cuscini balzarono in piedi; i
segretari, intenti a scrivere le deposizioni alle due estremità
del semicerchio, gettarono sdegnosamente le tavolette; tutti i
presenti si misero a schiamazzare lanciando villanie
all'accusato. E intanto si imita quello che si vede compiere dai
capi. Si sputa in faccia a Gesù, lo s'insulta in tutti i modi.
"Allora gli sputarono in faccia e lo
schiaffeggiarono; altri lo bastonavano...".
Smettono soltanto quando sono stanchi, lasciando Gesù nelle
mani di alcune guardie, che dal luogo dell'assemblea lo
conducono fuori nel cortile continuando ad insultarlo. Mentre lo
riempiono di percosse Gesù tace sempre e sopporta, e non esce
dalla sua bocca benedetta il minimo lamento. Erano circa le tre e
mezzo.
Considera.
Insultato, percosso, schiaffeggiato, Gesù
soffre e tace. Impara a patire e tacere per amor suo.
65.
Terza negazione
Mentre
succedevano queste cose davanti a Caifa, Pietro, che aveva cercato di
evitare altre domande indiscrete, veniva invece nuovamente
disturbato. "Passata circa un'ora, un
altro insisteva... uno dei servi del sommo sacerdote, parente di
quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio: 'Non ti ho forse visto
con lui nel giardino?. Certo, anche tu sei di quelli; la tua parlata
ti tradisce!'". Come se ciò non bastasse, altri si
aggiunsero all'interrogante e circondarono il timido e pauroso
discepolo. "Dopo un poco i presenti
dissero di nuovo a Pietro: 'Tu sei certo di quelli, perché sei
Galileo' ". A queste decise affermazioni Pietro si
credette perduto; la dolorosa scena della cattura di Gesù al
Getsemani gli si presentò nelle minime circostanze, ed ora i nemici
gli ricordavano ogni cosa: M'hanno visto nell'orto? Dunque hanno
visto il mio particolare ardore per difendere Gesù, la spada,
il colpo su Malco, tutto. Pensò che, per liberarsi dal grave
pericolo, doveva insistere nella negazione, anche con
imprecazioni e spergiuri. "Ma egli
cominciò a imprecare e a giurare: 'Non conosco quell'uomo che
voi dite' ". Così "in presenza dei servi del sommo
sacerdote Pietro negò di conoscere come uomo colui che, in
mezzo al collegio apostolico, aveva confessato per il Figlio di
Dio". Era il colmo della viltà e della debolezza umana!
Considera.
L'eccessiva paura degli uomini rende Pietro
ingrato, infedele, spergiuro. Esàminati seriamente per vedere
se il timore umano non ti ha mai indotto ad essere ingrato con Gesù.
66.
Pentimento di Pietro
Era
giunto il momento della misericordia di Dio: Pietro, secondo la
bellissima espressione di Gesù, doveva convertirsi, per poi
confermare i suoi fratelli nella fede. Stava ancora pronunciando
gli ultimi spergiuri, quando il gallo cantò. Quel canto risvegliò
l'Apostolo bugiardo dal letargo della sua colpa. "E
in quell'istante, mentre ancora parlava... per la seconda
volta un gallo cantò". Neppure questo sarebbe stato
sufficiente; ci voleva lo sguardo di Gesù per portare
definitivamente Pietro al ravvedimento. E lo sguardo misericordioso
non si fece attendere. Mentre Pietro terminava la sua terza
negazione, e il gallo cantava, Gesù, condotto fuori nel cortile in
uno stato pietoso, gli passò vicino e lo fissò in volto. Gli occhi
del Maestro si incontrarono con quelli del discepolo, e il suo
sguardo fu come una freccia che trapassò l'anima del rinnegato.
"Allora il Signore, voltatosi, guardò
Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli
aveva detto: 'Prima che il gallo
canti, oggi mi rinnegherai tre volte' ".
Il ricordo lo sconvolse e gli rivelò l'abisso in cui era caduto. Non
ne poteva più; le lacrime gli salivano impetuosamente agli occhi e
si affrettò ad uscire dal palazzo per dare libero sfogo al suo amaro
pianto. "E uscito, pianse
amaramente". Una pia tradizione ci dice che egli si
recò piangendo nella vicina casa dove abitava la benedetta
Madre di Gesù, le confessò la colpa commessa e le chiese
perdono. Poi si ritirò in una grotta non lontana per continuare a
piangere il suo peccato. Per tutta la sua vita, quando udiva il canto
del gallo, le lacrime gli scorrevano copiose dagli occhi e gli
rigavano le guance.
Considera.
Lo sguardo di Gesù intenerisce e converte
Pietro. Procura di stare sempre con la memoria sotto questo sguardo
divino per sentire un sincero dolore dei tuoi peccati.
67.
Scherni e percosse
Quando
tutti si furono ritirati, giudici, anziani e popolo, Gesù fu
consegnato ad alcune guardie, in attesa che si potesse raccogliere
un'altra adunanza per prendere l'ultima decisione. Nel frattempo
le guardie si credettero autorizzate a continuare gli insulti contro
il mansuetissimo Signore. Lo attorniarono infatti e gareggiarono
nello schernirlo e tormentarlo. "Frattanto
gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo
percuotevano". Una cosa riusciva a umiliarli: il silenzio
di Gesù e il suo sguardo, a volte fisso, a volte pieno di
lacrime, ma sempre dolce. Bisognava trovare il modo di fargli
rompere quel silenzio e impedirgli quello sguardo. La loro crudeltà
fu presto soddisfatta. Gli velarono la faccia, lo percossero
spietatamente e intanto lo interrogavano, con accenti di
derisione e con bestemmie. "Lo
bendavano e gli dicevano: 'Indovina, Cristo! Chi è che ti ha
percosso?'. E molti altri insulti dicevano contro di lui. I servi
intanto lo percuotevano".
Considera.
Per bastonarlo e schernirlo, i soldati
bendano il volto di Gesù. Il peccatore per abbandonarsi
liberamente alla colpa perde prima di vista l'amabile presenza di
Dio.
68.
In prigione
La
rabbia dei nemici, nonostante tutti i mezzi crudeli adoperati, non
riuscì a raggiungere lo scopo che essi desideravano. Gesù,
maltrattato, non fece sentire una parola, né di rimprovero né
di rammarico, e neppur diede segno di noia o d'impazienza. Le guardie
si stancarono di insultare il paziente e decisero di riposarsi fino
all'ora fissata per la seconda adunanza. Bisognava sorvegliare
strettamente il prigioniero perché non potesse fuggire e nessuno dei
suoi amici lo venisse a liberare. Al pianterreno, accanto alla stanza
del custode, esisteva un lurido bugigattolo, che forse serviva
da prigione per gli accusati durante la notte e gli intervalli del
processo. Per sicurezza vi trascinarono Gesù e lo chiusero
dentro. Così potevano riposarsi tranquillamente. Al Salvatore il
riposo è impedito dalla sporcizia del luogo, dalle corde che lo
stringono e dalla impossibilità di assumere una comoda posizione.
La sua sofferenza continua senza interruzione.
Considera.
Gesù, nell'oscuro ripostiglio, soffre e
prega. Unisciti spiritualmente a Lui per compatirlo e tenergli
compagnia.
69.
Dal palazzo di Caifa al Tribunale
Verso
le sei del mattino, i pontefici, gli scribi e gli anziani si
radunarono di nuovo, non più nel palazzo di Caifa, ma dove venivano
giudicate le cause più gravi di religione, probabilmente una
grande sala annessa al tempio. Troviamo infatti scritto: "Venuto
il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo
tennero consiglio contro Gesù per farlo morire... e lo condussero
davanti al Sinedrio". A quell'ora, tutti gli abitanti di
Gerusalemme conoscevano la cattura di Gesù, avvenuta durante la
notte. Chi non l'avesse saputo subito, ne venne informato il mattino,
e tutti si credettero in dovere di verificare coi propri occhi
un fatto di tanta importanza. Affluirono tutti al luogo
dell'adunanza, e anche i numerosi forestieri, che in quei giorni
si trovavano a Gerusalemme per la celebrazione della Pasqua,
fecero il possibile per intervenire. Le guardie, all'ora stabilita,
aprirono il bugigattolo, dove avevano rinchiuso Gesù, lo tirarono
fuori e lo condussero al tribunale indicato, nello stato
miserabile in cui si trovava dopo quella terribile notte. Intanto,
per le strade, la folla dei nemici e dei curiosi si andava
ingrossando.
Considera.
Per le vie di Gerusalemme Gesù è oggetto
di curiosità e d'insulti. Tu invece fissa sempre il tuo sguardo in
Lui con viva fede.
70.
Io sono il Figlio di Dio
Prima
che Gesù ricomparisse loro dinanzi, i principali capi dei Giudei,
nelle poche ore d'intervallo dalla seduta notturna, avevano già
concordato tra loro il metodo da seguire per consegnare il Salvatore
al tribunale civile e farlo condannare a morte. Era stato deciso
di non rivolgergli molte domande, ma di fargli solo ripetere che egli
era il Figlio di Dio, uguale al Padre. Ottenuta questa risposta,
avrebbero trovato il motivo di accusarlo come bestemmiatore, e
farlo condannare a morte secondo le prescrizioni della legge. Tutto
si svolse secondo i loro progetti. Quando Gesù, con le guardie
e la folla, arrivò al tribunale, erano già tutti al loro posto. In
fondo all'aula, in alto, il sommo sacerdote; seduti sui cuscini,
intorno, i giudici; in mezzo, con le mani legate, Gesù; ai lati le
guardie, e alle spalle il popolo. Caifa si alzò e domandò al
Signore: "Se tu sei il Cristo, diccelo".
Gesù rispose: "Anche se ve lo dico,
non mi crederete; se v'interrogo, non mi risponderete. Ma da
questo momento starà il Figlio dell'uomo seduto alla destra
della potenza di Dio". Allora tutti gli domandarono: "Tu
dunque sei il Figlio di Dio?". Il Signore rispose: "Lo
dite voi stessi: Io lo sono". Era proprio la risposta che
essi volevano. Si misero perciò a gridare: "Che
bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi
stessi dalla sua bocca". Senza procedere oltre si
alzarono e con la tumultuante moltitudine si avviarono alla Torre
Antonia, residenza del governatore della Giudea, Ponzio Pilato, da
cui doveva essere pronunciata la sentenza di morte.
Considera.
I Giudei vogliono la morte di Gesù perché
ha detto la verità, ha detto cioè di essere Figlio di Dio. Tu, al
contrario, rinnova la tua fede in Lui e, prostrato, adoralo
profondamente.
71.
Giuda segue Gesù
Prima
di assistere a ciò che avviene dinanzi a Pilato, dobbiamo meditare
sulla fine orrenda del traditore Giuda. Egli si abbandonò alla
disperazione dopo aver assistito alla seconda adunanza del
Sinedrio. Questo disgraziato Apostolo, dopo che ebbe tradito Gesù,
seguì la turba dal Getsemani ad Anna, vide tutti gli strapazzi a cui
fu sottoposto il Redentore, assistette alla sua caduta nel
torrente, al primo interrogatorio alla presenza di Anna, allo
schiaffo, alle negazioni di Pietro, alle domande di Caifa, alle
acclamazioni di morte, agli sputi, alle percosse, e
probabilmente conobbe pure i dolorosi ed indecenti scherzi delle
guardie nel resto della notte. Anch'egli, dopo una notte insonne,
il mattino raggiunse il tribunale delle cause gravi dove poté udire
ogni cosa e capire che per il Salvatore ogni speranza era ormai
perduta. La vista di tutti questi maltrattamenti inflitti al Maestro
precipitò Giuda nel baratro della disperazione.
Considera.
Poiché segue Gesù con cattive
disposizioni, Giuda non ne ricava alcun bene, anzi peggiora la
sua situazione. Esamina la tua disposizione nel seguire Gesù e
convertiti.
72.
Disperazione di Giuda
È
difficile indovinare lo stato d'animo del perdido traditore dopo il
misfatto. Provò senz'altro in modo intensissimo quel turbamento
di coscienza che sente il peccatore quando commette una colpa.
Seguendo Gesù maltrattato, trascinato, battuto, forse si
illudeva che i nemici non si sarebbero determinati a ucciderlo.
Sperava che il Maestro si sarebbe liberato da solo, con uno di
quei prodigi che tanto lo avevano reso celebre. Non li aveva
operati in altre circostanze, quando i nemici lo volevano
prendere e lapidare? Perché non dovrebbe fare altrettanto anche
ora? Ma gli avvenimenti stavano prendendo un'altra direzione.
Gesù soffriva e taceva, e quando parlava faceva capire
chiaramente che era giunta la sua ora e la morte gli era vicina. Non
manifestava nessuna volontà di liberarsi con un miracolo.
Allora Giuda conobbe l'enormità dell'atto compiuto e si
sentì come oppresso da questa conoscenza. Il suo turbamento si
mutò presto in vera disperazione e credette di non meritare più
perdono, né davanti agli uomini, né davanti a Dio.
Considera.
Giuda dispera del perdono di Gesù, pur
avendone più volte sperimentata l'infinita bontà. Non fare mai
quest'ingiuria al Signore, neppure leggermente, ma confida
sempre in Lui, pentendoti dei tuoi peccati.
73.
Muore impiccato
"Allora
Giuda il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si
pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e
agli anziani dicendo: 'Ho peccato, perché ho tradito sangue
innocente'. Ma quelli dissero: 'Che ci riguarda? Veditela tu!'. Ed
egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò...".
Abbandonando frettolosamente quel luogo, discese nella valle, passò
il Cedron e, quasi senza avvedersene, rifece quella via che aveva
percorso il martedì precedente, quando si era recato al solitario
palazzo di Caifa, verso Betlemme, e aveva stipulato l'orribile
contratto. A un certo punto si fermò, stanco del cammino e
tremendamente sconvolto nell'animo. Mirò un po' più in alto il
monte del cattivo consiglio, più in basso il Getsemani, e, al
di là del torrente, Gerusalemme con il suo tempio; tutto gli ricordò
la sua perfidia. Rammentò gli insegnamenti e i benefici ricevuti
da Gesù e le numerose espressioni della sua inesauribile bontà. Gli
risonavano ancora all'orecchio le ultime parole dell'orto:
"Amico, per questo sei qui!".
La sua ingratitudine, nei confronti di tanta carità, gli parve
mostruosa, imperdonabile. Lo sciagurato non volle pensare che
l'umiltà e il pentimento l'avrebbero potuto ancora salvare. Gli
sembrò che solo la morte lo avrebbe liberato da tanti rimorsi.
Sconvolto dalla disperazione fissò la corda al collo, si
arrampicò su un albero, vi attaccò l'altra estremità del
laccio, si lasciò cadere penzoloni e rimase strozzato. La
violenza dell'atto, i movimenti disperati dell'ultima stretta,
gli ruppero le viscere, che si sparsero sul terreno.
Considera.
Giuda richiama alla mente la propria
ingratitudine per meglio decidersi alla disperazione.
Riflettendo che sei un ingrato, decidi al contrario di pentirti,
abbandonandoti alla bontà di Dio.
74.
Il campo del vasaio
Come
sarebbero stati usati i denari gettati da Giuda nel tempio? I
sacerdoti li avevano rifiutati. Quando però li videro sparsi
sul pavimento e seppero che il loro possessore si era tolto
violentemente la vita, ordinarono di raccoglierli e dissero:
"Non è lecito metterli nel tesoro, perché
sono prezzo di sangue". Tennero quindi consiglio per
decidere l'uso a cui dovevano destinarsi". E, tenuto
consiglio, comprarono con essi il Campo del vasaio per la
sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu denominato
Campo di sangue fino al giorno d'oggi„. Si avverava così la
profezia del profeta Geremia che molti anni prima aveva
affermato: "E presero trenta denari
d'argento, il prezzo del venduto, che i figli d'Israele avevano
mercanteggiato, e li diedero per il campo del vasaio, come mi
aveva ordinato il Signore".
Considera.
Il prezzo del sangue di Gesù mette
scrupolo ai Giudei, i quali però non ne sentono alcuno nel
procurargli la morte. L'ipocrisia finge sempre delicatezza nelle cose
piccole, per meglio nascondersi quando commette gravi danni.
75.
Davanti a Pilato
Mentre
Giuda si abbandonava al suo gesto disperato, Gesù, con le mani
legate, con le catene al collo e in mezzo alla turba rumorosa e
insultante, veniva condotto dal governatore romano di tutta la
Giudea. Pilato era stato avvisato dell'arrivo dell'augusto
prigioniero. Quando giunsero al pretorio "era
l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi
e poter mangiare la Pasqua". Il governatore non poté
fermarsi al solito luogo delle sentenze, ma fu costretto ad
uscire e, facendosi avanti, si fermò vicino a Gesù. "Uscì
dunque Pilato verso di loro e domandò: 'Che
accusa portate contro quest'uomo?'. Gli risposero: 'Se non fosse
un malfattore, non te l'avremmo consegnato'. Allora Pilato disse
loro: 'Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!'.
Gli risposero i Giudei: 'A noi non è consentito mettere a morte
nessuno'. Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto
indicando di quale morte doveva morire". Continuando poi nelle
accuse dissero: "Abbiamo trovato costui che sobillava il
nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di
essere il Cristo re".
Considera.
Gli ingiusti accusatori vogliono essere
creduti senza prove. Hai anche tu questa pretesa, quando devi
riferire i difetti del tuo prossimo?
76.
"Io sono re"
Udendo
le ultime parole dei Giudei "Pilato allora
rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù... che comparve
davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: 'Tu
sei il re dei Giudei?'. Gesù rispose: 'Dici questo da te oppure
altri te lo hanno detto sul mio conto?'. Pilato rispose: 'Sono io
forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a
me; che cosa hai fatto?'. Rispose Gesù: 'Il
mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di
questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi
consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù'.
Allora Pilato gli disse: 'Dunque tu sei re?'.
Rispose Gesù: 'Tu lo dici; io sono re.
Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo; per
rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità,
ascolta la mia voce'. Gli dice
Pilato: 'Che cos'è la verità?'». E senza aspettare la
risposta, si mosse per uscire dal pretorio.
Considera.
Gesù è veramente il re di tutti, ma i
nemici della verità si rifiutano di assoggettarsi a Lui. Tu,
invece, sii amante del vero e sempre sottoposto al dominio di Gesù.
77.
"Io non trovo in lui nessuna colpa"
Questa
brusca interruzione del colloquio denotava chiaramente che il
governatore si trovava in uno stato di angosciosa preoccupazione
e in imbarazzo. Capiva che l'accusato era innocente e voleva
liberarlo. "E detto questo uscì di nuovo
verso i Giudei... i sommi sacerdoti e la folla e disse loro: 'Io
non trovo in lui nessuna colpa'. I sommi sacerdoti frattanto gli
muovevano molte accuse. E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti
e gli anziani, non rispondeva nulla. Allora Pilato gli disse:
'Non senti quante cose attestano contro di te?'. Pilato lo
interrogò di nuovo: 'Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti
accusano!'. Ma Gesù non rispose nulla, sicché Pilato ne restò
meravigliato. Ma essi insistevano: 'Costui solleva il popolo,
insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea
fino a qui' ". Il debole Pilato, fra il misterioso
silenzio di Gesù, le escandescenze e insulse accuse dei suoi
nemici, non sapeva che fare.
Considera.
Pilato riconosce l'innocenza di Gesù, ma è
debole nel difenderlo. Rifletti se sei zelante dell'onore di
Gesù con le parole e con l'esempio.
78.
Gesù mandato da Erode
Nella
mente di Pilato balenò improvvisamente un pensiero. Era Galileo
anche Gesù? Lo chiese subito ai vicini e gli fu risposto che
l'accusato apparteneva proprio a quella regione, non soggetta al
suo dominio ma a quello di Erode. Il re della Galilea, per una felice
combinazione, si trovava in quei giorni a Gerusalemme. Per
togliersi da quell'impiccio, Ponzio Pilato decise che Gesù fosse
condotto davanti a quel re per essere da lui giudicato. "Udito
ciò, Pilato domandò se era Galileo e, saputo che apparteneva alla
giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode, che in quei giorni si
trovava anch'egli a Gerusalemme". Il governatore romano
credeva così di potersi liberare da ulteriori fastidi e da ogni
responsabilità; sperava inoltre di ottenere, con quest'atto di
deferenza verso Erode, la cessazione della pubblica inimicizia
esistente fra loro. In questo modo, con un'unica azione, si
riprometteva di conquistare due vantaggi. In parte non
s'ingannò, perché "in quel giorno Erode
e Pilato diventarono amici; prima infatti c'era stata inimicizia tra
loro".
Considera.
Per liberarsi di un dovere increscioso,
Pilato si serve di un pretesto, sia pure fondato, e allontana
Gesù dal suo tribunale. Vedi se non lo imiti nel cercare pretesti
per esimerti dai tuoi doveri.
79.
Per le vie di Gerusalemme
L'ordine
di Pilato venne prontamente eseguito. Alle guardie e ai servi
che avevano catturato, legato e custodito Gesù, conducendolo da
un tribunale all'altro, subentrarono i soldati romani, probabilmente
gli stessi che avevano seguito Pilato nel sedare l'insurrezione
dell'isola di Ponza e dei Giudei, e che appartenevano alla legione
italica. Circondato da questi soldati e dalla solita folla, Gesù
lascia il pretorio e viene condotto alla residenza di Erode.
Passa per le vie di Gerusalemme con le mani legate, le vesti
insudiciate, il volto pieno di rossore e tumefatto dagli schiaffi, la
barba sordida di sputi. Non può asciugarsi in alcun modo, né
nascondere le lacrime che gli scorrono abbondanti alla vista
dell'odio di un popolo tanto beneficato, che tratta così
barbaramente il suo Salvatore. Per tanta ingratitudine dovette
piangere spesso nella sua Passione.
Considera.
Lo stato compassionevole di Gesù nel suo
viaggio da Pilato ad Erode non muove a pietù il cuore indurito
dei nemici. Tu, invece, inginocchiati spiritualmente davanti a
Lui, baciagli le mani legate e bagnale delle tue lacrime.
80.
Silenzio misterioso
Verso
le otto Gesù varcò le soglie del palazzo di Erode. Da molto tempo
il re desiderava vedere e sentir parlare il Redentore; pertanto
si rallegrò quando gli venne presentato. "Alla
vista di Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo
desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere
qualche miracolo fatto da lui". Osservandolo però
ridotto in quello stato, sordido, pallido, sfigurato, dovette
provare un senso di ribrezzo. Non si sarebbe potuto cambiargli
le vesti e presentarlo con un aspetto più decente? Dal momento che
era lì, bisognava interrogarlo. "Lo
interrogò con molte domande... C'erano là anche i sommi
sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza".
Non è difficile immaginare che genere di domande rivolgesse
Erode, e quali accuse ripetessero i Giudei; il primo interrogava
per sua personale curiosità, i secondi si accaloravano
ripetendo le accuse presentate davanti a Pilato con diabolica
malvagità. Tutti meritavano la medesima risposta: il silenzio.
E Gesù la diede, perché sta scritto: "Ma
Gesù non gli rispose nulla". Dimostrava di sapere
dinanzi a quale razza di gente si trovava: un re adultero ed omicida
e una corte che adulava e plaudeva gli scandalosi. Tali persone non
meritavano davvero di udire la voce di Gesù.
Considera.
Né i disonesti, né i calunniatori, né i
curiosi meritano di ascoltare la voce soave di Gesù. Cerca di
conoscere qual è il motivo per cui il Signore, in certi momenti, non
si fa sentire e non si rivela a te.
81.
Trattato da pazzo
Erode
restò deluso; neppure una sillaba poté udire dalla bocca di Gesù.
Era perciò molto indispettito e, quasi per rifarsi dell'offesa
subita, ordinò che il Salvatore fosse trattato come un pazzo. La
veste bianca era, a quei tempi, anche il distintivo dei poveri
dementi; Gesù venne costretto ad indossarla. "Allora
Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì
di una splendida veste e lo rimandò a Pilato". Fu
come un segnale di derisione universale. Erode, per primo, si
prese gioco del Maestro e lo derise in tutti i modi; a lui fece eco
l'intera corte con gli stessi soldati. I Giudei, che non aspettavano
altro, subito ne seguirono l'esempio e, mentre con le funi gli
stringevano i polsi, il collo e la vita, lo maltrattavano come
dettava loro la rabbia. Infine Erode ordinò che Gesù fosse
ricondotto a Pilato. Bisognò rifare la stessa via in mezzo ad
un popolo che andava crescendo di numero rispetto a questo nuovo
spettacolo di scherno.
Considera.
L'Eterna Sapienza è tacciata di pazzia
perché non acconsente alle pretese umane. Tu, prostrato, adora
questa Sapienza, e assoggettati umilmente ai suoi
imperscrutabili giudizi.
82.
Ritorno da Pilato
Dall'alto
della Torre Antonia, residenza del governatore romano, il centurione
di guardia vide una turba avanzare tumultuosamente attorno ad un
uomo biancovestito. Quando la folla si avvicinò e ne udì gli
schiamazzi e le ingiurie, comprese immediatamente di che cosa si
trattava. Corse quindi ad avvertire Pilato, che ne fu molto
meravigliato. Con finta calma uscì dalla sua abitazione e discese
nel Litostroto (che significa lastricato). La folla era arrivata e
Pilato credette fosse giunto il momento più opportuno per liberare
Gesù. "Pilato, riuniti i sommi sacerdoti,
le autorità e il popolo, disse: 'Mi avete portato quest'uomo
come sobillatore del popolo; ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma
non ho trovato in lui nessuna colpa di quello di cui lo
accusate; e neanche Erode, infatti ce l'ha rimandato. Ecco,
egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo
severamente castigato, lo rilascerò' ". A questa
proposta i Giudei tacquero, ma il loro silenzio indicava che
essa non piaceva affatto. Pilato lo capì subito, e andava
escogitando in che modo potesse ugualmente liberare Gesù.
Considera.
Pilato dichiara Gesù innocente, eppure lo
vuole castigare. Sono questi i mezzi termini a cui ricorrono coloro
che non vogliono compiere tutto il loro dovere: decidi, da parte tua,
di evitarli sempre.
83.
Gesù o Barabba?
Pilato
si ricordò in tempo della consuetudine che avevano gli Ebrei, per le
feste di Pasqua, di liberare un malfattore condannato a morte,
chiunque egli fosse. Disponeva proprio allora di un famoso
prigioniero chiamato Barabba; era stato incarcerato perché, durante
una sommossa popolare, aveva commesso un omicidio. Il popolo
cominciò appunto a chiedere al governatore ciò che sempre gli
veniva concesso in questa particolare circostanza. Si presentò a
Pilato l'occasione favorevole per liberare Gesù; l'astuto
romano se ne volle servire, proponendo al popolo la scelta fra i
due: Barabba o il Salvatore. "Quindi,
mentre si trovavano riuniti, Pilato disse: 'Chi volete che vi
rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?'. Sapeva bene infatti
che glielo avevano consegnato per invidia". Lasciando
loro il tempo di riflettere, Pilato salì al Tribunale da cui doveva
pronunciare la sentenza. Forse il popolo, davanti alla figura di
Barabba sedizioso ed omicida, non avrebbe avuto difficoltà a
reclamare la libertà di Gesù. Ma i capi dei Giudei, girando per la
folla, la eccitarono a chiedere la liberazione di Barabba.
Considera.
La proposta di Pilato ai Giudei è quella
che rivolge a se stesso il peccatore quando deve decidere tra il
peccato e la grazia. Rifletti se hai mai fatto simile proposta e
pèntiti di cuore.
84.
Il messo di Procla
Durante
questa breve attesa. Procla, moglie di Pilato, gli inviò un messo
speciale che recava alcune tavolette plasmate di cera, sulle quali
aveva scritto delle parole misteriose. Gli mandava a dire di non
impicciarsi delle cose di quel giusto, perché in sogno era stata
molto turbata a causa sua. In poche parole, non doveva sporcarsi
le mani in simile vicenda. Pilato rimase molto colpito dal testo di
quel messaggio e crebbe in lui il desiderio di liberare Gesù ad ogni
costo. "Ma i sommi sacerdoti e gli anziani
persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù".
Solo una volontà energica avrebbe potuto trionfare di queste
insidie, ma il governatore romano era un debole.
Considera.
Dio manda a Pilato un ammonimento
straordinario, perché si decida per la giustizia, ma egli non ne
tiene conto. Lo imiti forse nel respingere le ispirazioni al bene?
85.
"Vogliamo Barabba"
Lette
le tavolette e ripresosi dalla prima impressione di sgomento, il
procuratore lanciò uno sguardo alla turba e capì che era pronta a
rispondere. Rivolse loro la stessa domanda. "Allora
il governatore domandò: 'Chi dei due volete che vi rilasci?' ".
Un urlo feroce salì da quelle migliaia e migliaia di bocche. "Ma
essi si misero a gridare tutti insieme: 'A morte costui! Dacci
libero Barabba!'. Questi era stato in carcere per una sommossa
scoppiata in città e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo,
volendo rilasciare Gesù. Ma essi urlavano: 'Crocifiggilo!
Crocifiggilo!'. Ed egli, per la terza volta, disse loro: 'Ma che male
ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo
castigherò severamente e poi lo rilascerò'. Essi però insistevano
a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida
crescevano". Pilato non sapeva darsi ragione di questa
ostinazione della folla; per questo, temendo di essersi
espresso male, ripeté quasi la stessa domanda per ben tre
volte. La folla, suggestionata dai suoi capi, non era capace di
dare altra risposta. Povero popolo sempre ingannato dai
sobillatori!
Considera.
Fa paura l'ostinazione della turba nel
chiedere la morte di Gesù. Ma fa anche spavento quel cristiano che
rimane ostinato nella colpa.
86.
Pilato si lava le mani
Si
capiva che la folla era cocciuta nella sua incredibile
richiesta, per cui Pilato volle almeno compiere un atto pubblico che
indicasse la sua innocenza nella condanna del Giusto. Parlò in
segreto ad un ufficiale e gli ordinò di mandargli un servo con
una catinella d'acqua. Fu ben presto obbedito. Pochi minuti dopo
comparve un servo con l'oggetto richiesto e salì i gradini del
tribunale. Il popolo sottostante era curioso di sapere dove andassero
a finire quel breve silenzio, quel parlottare sotto voce, quel
gesto del servo. Sconvolto, alterato e indispettito Pilato si
rivolse al popolo. "Pilato, visto che
non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più,
presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: 'Non sono
responsabile - disse - di questo sangue; vedetevela voi!'". Uno
scoppio di rabbia e di imprecazioni fu la risposta di tutta la
turba. "E tutto il popolo rispose: 'Il suo sangue ricada sopra
di noi e sopra i nostri figli'. E Pilato, volendo dar
soddisfazione alla moltitudine, decise che la loro richiesta fosse
eseguita. Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa
e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro
volontà". Era finita per l'innocente Gesù!
Considera.
Il proclamarsi innocente e il lavarsi le
mani non impediscono a Pilato di essere colpevole. Una simile
dichiarazione non servirà neppure a te per liberarti da quelle colpe
di cui sei responsabile davanti a Dio.
VII
- FLAGELLAZIONE
87.
Diversi modi di flagellare
La
liberazione di Barabba significava la rovina di Gesù. Preludio
ordinario dell'esecuzione capitale era la flagellazione. Questo
tormento veniva inflitto agli schiavi per castigarli o ai
condannati a morte. Non era in tutto uguale presso gli Ebrei e presso
i Romani: gli Ebrei non potevano dare più di quaranta colpi al
castigato e solo in determinate parti del corpo; per i Romani
non vi era numero fisso e potevano colpire dappertutto. Gli
strumenti usati erano le verghe, o le fruste, rafforzate alle
estremità da almeno quattro staffili. Gli esecutori di questo
supplizio potevano essere i littori, o i carnefici stimati fra i più
ignobili. Ad essi era affidata la flagellazione quando veniva
adoperata la frusta. La tortura era orribile e poteva recare
anche la morte. Gli staffili solcavano il corpo del paziente e
stracciavano la carne, trasportandone dei brandelli fin dai
primi colpi. Se non recava la morte, lasciava però sempre il corpo
tutto pesto e lacerato.
Considera.
Per intendere lo strazio procurato a Gesù
nella flagellazione giova richiamare alla mente gli effetti che
producevano gli strumenti adoperati. Ricordati di essi quando
contempli il Signore flagellato.
88.
Quello usato con Gesù
Gesù
fu flagellato con la frusta, all'uso romano, come si sarebbe
flagellato uno schiavo giudeo. Il Salvatore fu prima condotto a
nordest del pretorio, verso una colonna fissata al terreno e
recante alla sommità un anello a cui si assicurava la vittima.
Pilato, sebbene a malincuore, pronunciò le parole consuete:
"Va, o littore, legagli le mani, velagli
gli occhi e colpisci con vigore e precauzione". Il
suo ordine fu subito eseguito, e il verginale corpo di Gesù fu prima
di tutto spogliato delle sue vesti. Bendarono poi il volto al
Salvatore, gli legarono le mani e lo assicurarono alla colonna che,
essendo bassa, costringeva il paziente a stare curvo. Anche gli
esecutori erano pronti, armati della frusta coi quattro staffili,
ritti in piedi e dietro la vittima. Mai come in questo momento Gesù
poté meglio applicare a sé le parole del profeta: "Sono
torturati i miei fianchi, in me non c'è nulla di sano. Poiché io
sto per cadere e ho sempre dinanzi la mia pena".
Considera.
Gesù soffre l'angoscia della nudità a
causa dei peccati contro la purezza. Compatisci il buon Gesù e
promettigli una modestia angelica.
89.
Come fu eseguito
Ad
un cenno del procuratore, i carnefici "cominciarono
a colpire con lentezza, spaziando i colpi sulla carne palpitante,
affinché nessun posto rimanesse privo di dolore. I solchi si
avvicinavano ai solchi, prima d'incrociarsi con arte
studiata, scotendo tutto l'organismo con spaventevole commozione. Ben
presto la pelle venne strappata e tolta a brani sanguinosi, e le
costole, scavate dalle acute estremità degli staffili, mostrarono le
ossa". Presto Gesù apparve come lo avevano predetto i
profeti: dalla pianta dei piedi fino alla sommità del capo non si
trovava una parte sana, sembrava un lebbroso, un percosso da
Dio, l'ultimo degli uomini. Il suo corpo viene ridotto ad una
sola piaga, ad una figura di sangue; il sangue scorre abbondante
in terra, intride i flagelli, le vesti, le mani, la faccia dei
carnefici.
Considera.
Gesù è pesto e lacerato dai flagelli per i
peccati d'impurità. Mira nelle sue piaghe la malizia del peccato
impuro e piangi sui dolori del Salvatore.
90.
Immerso nel sangue
Una
sofferenza così spaventosa sarebbe stata sufficiente a dare la morte
a Gesù, se Egli stesso, con la sua divinità, non avesse
sostenuto la debolezza della sua umanità nel momento in cui
poteva soccombere. Ma questo aiuto divino sosteneva l'umanità
solo a sopportare le pene, non a diminuirle. Esse furono immense,
peggiori della morte, superiori ad ogni umana immaginazione. Quando
la flagellazione ebbe termine, Gesù, privo ormai di forze, affranto,
si abbandonò al suolo, rosseggiante di sangue. Allora cessarono i
colpi e i flagellatori, staccando Gesù dalla colonna, gli
slegarono le mani e lo lasciarono steso a terra, finché riprendesse
un po' di forza. Non esce un lamento dalla bocca dell'Agnello Divino
nel luogo del suo macello, e lascia che le piaghe, il sangue, le
lacrime e l'affannoso respiro parlino dell'atrocità dei suoi
dolori. Appena sembrò che si riprendesse, gli stessi carnefici
lo rialzarono da terra, gli rimisero addosso le vesti (che si
bagnarono subito di sangue) e stettero ad aspettare gli ordini
del procuratore.
Considera.
L'Uomo-Dio vien meno sotto i flagelli per
dar forza alla tua debolezza. Inginocchiati vicino a Lui,
compatiscilo e fortificati nel suo prezioso sangue.
VIII
- CORONAZIONE DI SPINE
91.
Coronato di spine
Probabilmente
Pilato, ordinata la flagellazione, si assentò e lasciò
l'incarico al centurione. Quando finì il castigo, non era ancora
ritornato, e allora i soldati ebbero un'idea crudele, che si
accinsero ad attuare immediatamente. Si ricordarono che Gesù aveva
affermato di essere un re e pensarono che conveniva burlarsi di
lui consegnandogli una corona, uno scettro e un manto regale.
"Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel
pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte",
cioè circa cinquecento uomini. Lo spogliarono di nuovo, gli legarono
le mani e gli buttarono addosso un manto rosso. Intrecciata una
corona di spine, gliela posero sul capo, infilandogli nella mano
destra una canna, che doveva simboleggiare lo scettro. In tal
modo il re dei secoli, immortale e invisibile quanto alla sua
divinità, divenuto mortale e visibile per l'assunta umanità,
coperto da una clamide, coronato di spine, con la canna in mano, è
trattato come un re da burla.
Considera.
A Gesù si devono ogni onore e gloria,
perché è il vero re dell'universo: Riconoscendogli questo titolo,
pròstrati davanti a Lui, coronato di spine, e adoralo.
92.
Dolori, sangue e obbrobri
Le
spine penetrarono nel capo e nella fronte; da ogni parte si vedeva
scorrere vivo sangue, che discendeva per i capelli e per la barba,
macchiando il viso e velando gli occhi. Aggiungendo ai dolori la
derisione e lo scherno, i soldati fecero sedere Gesù sopra un
pezzo di colonna rovesciata, che doveva significare il trono.
Naturalmente si moveva, rotolava e faceva cadere il Salvatore, che,
con le mani legate, non poteva sostenersi. Ogni caduta era occasione
di risate da parte dei presenti, e intanto spostava la corona di
spine sulla testa. I soldati si affrettavano a rialzare il caduto e a
rimettergli a posto la corona; anzi, perché non si movesse
più, levandogli di mano la canna, battevano con questa
fortemente affinché le spine penetrassero meglio e non si movessero
più. Verso Gesù ogni crudeltà era lecita.
Considera.
Le spine pungono e penetrano l'adorabile
capo di Gesù, che in tal modo sconta tutti i peccati di pensiero.
Pèntiti amaramente se con essi hai coronato di spine il
Signore.
93.
Solenne derisione
Pensarono
inoltre di dare alla derisione una forma più solenne, per osservare
in tutto le più minute cerimonie che si usavano nell'incoronazione
dei re autentici. I soldati si misero in ordine di marcia e, passando
davanti a Gesù, si inginocchiavano e fingevano, sghignazzando,
di adorarlo, mentre gli rivolgevano il saluto e gli dicevano: Salve,
re dei Giudei. Alcuni, più abietti, per meglio attirare
l'attenzione dei commilitoni, pronunziate le parole di saluto,
sputavano addosso a Gesù. Altri lo urtavano e gli davano degli
schiaffi; altri, infine, gli toglievano la canna e lo colpivano
violentemente al capo. Lo stesso Vangelo ci narra tutti questi
atti di crudeltà, quasi per invitarci a riflettere ai molti altri
che probabilmente mise in atto simile gentaglia. Da parte di
Gesù, né una parola né un gesto d'impazienza. Si limitava a
lanciare qualche sguardo compassionevole a quegli sciagurati,
lasciando scorrere abbondanti lacrime mescolate al sangue, unico
segno del suo immenso dolore.
Considera.
I soldati passano davanti al Signore,
schernendolo e compiendo ogni sorta di crudeltà. Passando innanzi a
Lui spiritualmente, proclamalo il tuo vero re, e attestagli il tuo
amore.
94.
L'alto piano della Galleria
Era
ora che lo scherzo crudele finisse. Ricomparve finalmente Pilato
e ordinò che gli venisse condotto Gesù. Dovette in cuor suo sentire
viva la compassione nel vederlo ridotto in quello stato
miserando, ma tacque, nella speranza che la turba sarebbe rimasta
commossa a quella vista, e avrebbe così desistito dal chiedere la
morte di Gesù. Pilato avanzò sull'alto piano della Galleria,
verso la tribuna che sovrasta il grande arco di entrata, e dalla
quale si poteva scorgere tutta la folla sottostante. A pochi passi di
distanza lo seguiva Gesù, condotto dai soldati, quasi nudo,
coperto solo da quello straccio rosso, con le mani legate che
sorreggevano una canna, coronato di spine, sfigurato dalle
piaghe e dal sangue in tutto il resto della persona. Fu in tale
occasione che Egli salì e poi discese quella scala che rese santa
lasciando cadere il sangue che gli usciva da tutte le ferite.
Considera.
Nessun uomo, ridotto allo stato in cui si
trova ora Gesù, fu mai visto salire una scala per essere
mostrato al popolo. Nel tuo spirito accompagna Gesù e bacia quei
gradini che sono imporporati del suo sangue.
95.
"Ecce homo"
La
turba, che poco o nulla aveva veduto della flagellazione, e nulla
sapeva dell'incoronazione di spine e degli improperi dei
soldati, stava aspettando con impazienza la ricomparsa di Pilato per
udire da lui la formula rituale della definitiva condanna di Gesù a
morte. Finalmente la stessa turba notò il movimento che si era
creato sulla terrazza, poiché i soldati venivano ad occupare la
loggia e lo stesso governatore, avanzando verso la balaustra, si
disponeva a parlare. La calma si ristabilì da una estremità
all'altra della piazza, e tutti si disposero a prestare attenzione a
quello che sarebbe successo, ignari certamente dello spettacolo
che veniva loro riservato. "Pilato intanto
uscì di nuovo e disse loro: 'Ecco, io ve lo conduco fuori,
perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa'. Allora
Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora".
Terminato di parlare, Pilato fece avanzare verso la balaustra
Gesù, prima tenuto alquanto indietro in modo che la folla non
lo vedesse ancora. Presentandolo in quello stato compassionevole,
disse con voce forte e commossa: "Ecce
homo! Ecco l'uomo".
Considera.
Con le parole "Ecce homo" Pilato
invita la folla a riflettere se è possibile temere ancora un uomo
ridotto in quello stato. Ascoltando queste parole, fissa lo sguardo
nel Signore e considera il suo infinito amore.
96.
"Crocifiggilo"
Calò
un silenzio improvviso. Pilato contava su quel colpo di scena per
pacificare le collere ed approfittare della compassione. Chi avrebbe
potuto resistere alla subitanea apparizione di quello spettro
sanguinolento? Quel capo circondato di spine; quel volto solcato
dai colpi dello staffile, livido per gli schiaffi; quegli occhi
semispenti da cui scorrevano le lacrime; quelle labbra pallide pronte
ad esalare un ultimo respiro; quel petto ansante, dove la
porpora del manto lasciava vedere orride ferite; quelle mani
legate, tra le quali ondeggiava una canna; tutto quell'assieme di
dolori e di umiliazioni, misto di orrido e di ripugnante, eppure
improntato di una maestà che sfolgorava su tutti come un raggio
di sole che si posa sulle rovine: non era sufficiente per colpire gli
spiriti e commuovere i cuori?. Pilato s'illuse per un momento
che quel popolo non avrebbe più insistito nella sua ingiusta
domanda. Anche i membri del Sinedrio temettero in un cambiamento
della folla; si affrettarono perciò a rompere quel silenzio con alti
clamori. "Al vederlo, i sommi sacerdoti e
le guardie gridarono: 'Crocifiggilo, crocifiggilo!'".
Erano i soli capi che rispondevano così. La folla taceva ancora, e
Pilato volle approfittare di questo silenzio per replicare
con disprezzo e stizza: "Prendetelo voi e
crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa".
A questo punto la folla si riebbe dal suo stupore e, imbeccata dai
capi, ricominciò i suoi urli. "Gli
risposero i Giudei: 'Noi abbiamo una legge e secondo questa
legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio' ".
Considera.
I Giudei hanno perduto ogni senso di pietà
umana, perché si lasciano guidare dall'odio. Tu vigila su te stesso,
per non essere mai trascinato da questo vizio.
97.
"Tu non avresti nessun potere"
Udendo
dai Giudei che Gesù si era dichiarato Figlio di Dio, Pilato
"ebbe ancor più paura". Entrò
subito nel pretorio e si fece condurre Gesù. Da solo a solo lo
interrogò: "'Di dove sei?'. Ma Gesù non
gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: 'Non parli? Non sai
che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in
croce?'". Il governatore che così parlava e credeva di
avere pieni poteri sul Figlio di Dio, si ingannava, perché ignorava
i segreti consigli della giustizia e della misericordia divina verso
l'umanità. Il Signore lo volle disingannare. Rispose Gesù: "Tu
non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato
dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una
colpa più grande". Una tale risposta, data con calma e
maestà divina da uno che era legato, coronato di spine, ferito dai
flagelli, agitò maggiormente il governatore che, non sapendo
come proseguire, volle tentare ancora una volta di muovere a
compassione la folla. "Da quel momento
Pilato cercava di liberarlo".
Considera.
All'udire le parole di Gesù, Pilato teme ma
non risolve. Tu invece, al suono delle divine parole, prendi la
necessaria risoluzione per osservarle.
98.
"Ecco il vostro re"
Ritornò
alla tribuna, ma non ebbe neppure il tempo di aprire bocca perché la
gente si mise a gridare: "Se liberi costui
non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette
contro Cesare". L'astuzia dei capi dei Giudei aveva
trionfato. Mentre infatti Pilato parlava segretamente con Gesù,
essi avevano persuaso il popolo di gridare queste parole di minaccia
contro il procuratore romano, nel caso avesse persistito nella
volontà di liberare Gesù. Pilato, udendo che lo minacciavano,
"barcollò come colpito da folgore, e per
un istante non vide più nulla". Si prospettava l'accusa
di opporsi a Cesare: ciò significava cadere in disgrazia e
venire giustiziato. Indispettito, risalì immediatamente il
tribunale, si fece portare Gesù, rimasto indietro fra le mani dei
soldati, e, prendendo in senso ironico le parole pronunciate dal
popolo, lo mostrò dicendo: "Ecco il
vostro re!". Essi, comprendendo l'ironia, urlarono
arrabbiati: "Via, via, crocifiggilo!".
Disse loro Pilato: "Metterò in croce il
vostro re?". Gli risposero i sommi sacerdoti: "Non
abbiamo altro re all'infuori di Cesare". Il procuratore
comprese che era vana ogni speranza di salvare Gesù. Era
costretto a pronunciare la condanna, per non correre il rischio
di inimicarsi l'imperatore.
Considera.
Il timore di Cesare fa dimenticare a Pilato
il dovere della giustizia. Vigila per non lasciarti vincere dal
rispetto umano a scapito dei tuoi doveri.
IX
- CONDANNA A MORTE E VIAGGIO AL CALVARIO
99.
La condanna
Con
l'ultima risposta data dai Giudei a Pilato, il popolo di Dio
aveva cessato di esistere per ammissione degli stessi suoi pontefici.
Veniva abolita la loro vecchia teocrazia. Quei fieri patrioti,
che pochi giorni prima avevano decretato la morte di Gesù per
timore che venissero i Romani a impossessarsi totalmente del loro
regno, domandavano ora d'essere confusi con gli altri popoli, schiavi
dell'impero. Pur di sopprimere Gesù Cristo, dichiararono
ufficialmente di appartenere solamente a Cesare. Pilato
accettò questa dichiarazione e, nonostante i rimorsi di coscienza e
l'intima persuasione dell'innocenza dell'accusato e dell'odio
dei Giudei, si piegò a pronunciare la sentenza di morte
contro il re di Israele. Erano quasi le ore 11 del mattino e il
procuratore, rivolto al Signore, dal suo seggio di giudice
recitò a voce alta la formula usuale: "Ibis
ad crucem. Andrai alla croce". Poi, rivolto ai littori
presenti, disse allo stesso modo: "Va, o
littore, prepara la croce". E subito, disceso dai gradini
del tribunale, risalì lo scalone di marmo e si ritirò nei suoi
appartamenti, persuaso di aver condannato un giusto e di essere
complice nella sua morte.
Considera.
L'uomo doveva essere condannato, e invece
viene condannato Gesù. Ringrazialo di cuore e promettigli
riconoscenza.
100.
Il titolo
Pronunciata
la sentenza, Pilato consegnò Gesù nelle mani dei Giudei,
abbandonandolo alla loro volontà, perché fosse crocifisso. Allora
i soldati slegarono le mani a Gesù, gli tolsero la canna, la
clamide e la corona di spine, e gli rimisero le sue vesti, perché
tutti conoscessero bene, durante il viaggio, chi era il
condannato a morte. Poi gli fu rimessa in capo la corona di
spine, rinnovandone gli atroci strazi: "Dopo
averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue
vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo".
La croce era là vicino già preparata; mancava solo il titolo e
l'iscrizione indicante la causa della condanna. L'ufficiale andò
dal procuratore con la tavola dipinta in bianco, e gli chiese che
cosa vi doveva scrivere. Pilato rispose: "Scriveteci:
Gesù Nazareno, re dei Giudei". Allora l'ufficiale
per comodità delle genti d'ogni nazione, che in quei giorni si
affollavano a Gerusalemme per la Pasqua, scrisse quelle parole
in ebraico, greco e latino. Così tutto era pronto per il
viaggio al Calvario, luogo destinato al supplizio dell'Uomo-Dio.
Considera.
Nonostante l'odio dei nemici, il titolo dice
chiaro che Gesù è re. Sottometti a Lui tutto te stesso e
obbediscilo sempre.
101.
La croce
Rivestito
delle sue vesti, con la corona di spine in capo, la corda al
collo e attorno alla vita, Gesù venne condotto dov'era preparata la
croce, perché se la caricasse sulle spalle e la portasse
al luogo del supplizio. Le croci erano molto pesanti, dovendo
sostenere un corpo umano. Perciò il condannato non era costretto a
portare la croce intera, ma solo la parte trasversale. La croce
era composta di due pali: quello verticale raggiungeva l'altezza di
circa tre metri. Gesù fu caricato del legno trasversale, a cui gli
furono legate le braccia: i polsi, fissati al palo dalle corde, più
tardi sarebbero stati inchiodati allo stesso punto. Il Signore non
diede alcun segno di ripugnanza, anzi sembrò che non avesse mai
desiderato altro nella sua vita. Vide giunto il momento di dimostrare
coi fatti quanto aveva insegnato ai discepoli: era necessario che
prendessero la loro croce e lo seguissero. Prese con amore e con
gioia la sua croce, vedendo in essa il segno del suo trionfo e lo
strumento di salvezza eterna per innumerevoli anime.
Considera.
Gesù t'insegna che devi abbracciare
volentieri la tua croce. Vedi se ti sottoponi ad essa come vuole
il Maestro.
102.
Il luttuoso corteo
Portando
la sua croce, s'incamminò verso il luogo detto del Calvario, in
ebraico Golgota. Carico del pesante e ingombrante legno e curvo sotto
di esso, Gesù mosse lentamente i primi passi e arrivò sotto il
grande arco della Torre Antonia, sulla sommità del ripido pendio, da
cui poteva dominare tutta la moltitudine. Un grido di gioia
feroce uscì da quelle bocche, che tanto avevano insistito presso
Pilato perché condannasse Gesù. Finalmente lo vedevano
portare lo strumento del suo supplizio, ed esultavano crudelmente. Il
funesto corteo si fermò regolarmente e si avviò. Precedeva il
Centurione, come prescriveva la legge romana, seguito dalla sua
compagnia, che doveva stare attorno al condannato; poi veniva Gesù,
fiancheggiato da due ladroni, anch'essi condannati alla morte di
croce. Da una parte stava l'araldo che reggeva i cartelli sui quali
erano indicate le cause della condanna; dava fiato alla tromba
per farsi largo. In coda seguivano i sacerdoti, gli scribi, i
farisei e la folla tumultuante.
Considera.
Gesù muove i primi passi sulla via del
Calvario. Avvicinandoti a Lui, pensa di ascoltare le parole: "Chi
vuol venire dietro a me, prenda la sua croce e mi segua.
103.
Prima caduta
Bisognava
discendere per lo stesso pendio, che terminava sulla strada
costeggiante il fondo della valle del Tyropeon. Questa discesa
fu molto dolorosa per Gesù. Il Maestro, già indebolito da
tante sofferenze, si trascinava inciampando sui sassi. Gli urti
lo facevano barcollare, fra gli scherni, il fango e le pietre che la
folla lanciava contro di lui. Altre spinte gli venivano dalla
turba circostante, che i soldati non sempre riuscivano a tenere a
freno. Era facile prevedere una prossima caduta del paziente. Infatti
Gesù, giunto quasi in fondo al pendio, urtato in tanti modi,
estenuato dalla fatica, cadde miseramente a terra, rimanendo
sotto il peso della croce e bagnando del suo sudore, delle sue
lacrime e del suo sangue la polvere della strada. Le mani, legate al
palo trasversale, non gli permettevano di ripararsi e di attenuare
l'urto della dolorosa caduta. Apparve allora così indifeso,
così spossato, che si dubitava potesse continuare il cammino.
Tuttavia nessuno si mosse a compassione di lui. Dopo averlo
rialzato, lo costrinsero impietosamente a continuare verso il
supremo olocausto.
Considera.
Gesù cade, ma non si lamenta, e riprende
il cammine. Cerca di imitarlo in questa rassegnazione quando,
nella prova, ti sembra di non avere più la forza di sopportare.
104.
La casa della Madre
La
benedetta Madre di Gesù, dopo il commovente addio dato al
Figlio, lo aveva certamente seguito in spirito dovunque, dal
cenacolo fino alla via del Calvario, sulla quale ora si trovava.
Aveva spiritualmente assistito ai suoi singoli dolori, specie
all'agonia nell'orto, al tradimento, alle derisioni, agli
schiaffi, alle percosse, alla flagellazione, all'incoronazione
di spine, alla condanna. Aveva ricevuto nell'anima sua, in modo
misterioso e come di riverbero, tutte le pene che soffriva
l'amato Figlio, divenendo così, prima di ogni anima eletta, la
copia più fedele dell'Unigenito del Padre. Non si può pensare
diversamente, quando si rifletta all'unione naturale e divina che
sussisteva tra Maria e Gesù. Con tutta probabilità essa fu presente
anche di persona nei momenti più dolorosi della Passione, poiché
aveva la sua dimora in Gerusalemme, e per il titolo di donna e di
Madre non doveva esserle così difficile e pericoloso seguire Gesù.
Ad ogni modo, anche stando in casa sua, poté udire il formidabile
urlo dei Giudei, quando videro Gesù con la croce sulle spalle uscire
dall'arco della Torre Antonia e avviarsi al supplizio. Comprendendo
allora che per il suo amatissimo Figlio tutto era finito, si
preparò a incontrarlo lungo il tragitto per dargli un ultimo
addio.
Considera.
Maria Santissima, più di chiunque altro,
sente in sé riprodotta, per forza di amore, la passione di
Gesù. Pregala perché ti ottenga la grazia di imitarla nel compatire
sinceramente il Signore.
105.
L'incontro con la Madre
Aiutato
dai soldati, Gesù si alzò, continuando lentamente e
faticosamente il doloroso viaggio. Il corteo, finita la discesa,
svoltò a sinistra per una strada dritta e piana. Intanto il
Salvatore avanzava in silenzio e curvo sotto il peso, con le
vesti sporche e grondanti sangue. Ad un tratto, davanti ad una porta,
sorretta da alcune pie donne, Gesù vide sua Madre che piangeva
e tendeva le sue braccia materne verso di lui. Gli occhi del Figlio
si incontrarono con quelli della Madre, ma soprattutto si
incontrarono il cuore e l'anima. Nessuno potrà mai dire quale
dolore provassero entrambi in quel momento. Esso fu tale che
impedì loro di articolare parola. La benedetta Madre, non
potendo reggere alla vista dello stato in cui si trovava il
Redentore, svenne tra le braccia delle pie donne. Gesù, sotto il
peso di quest'altro dolore, dovette riprendere il cammino. Alla
folla e ai carnefici non importava niente delle sofferenze
dell'uno e dell'altra.
Considera.
Lo sguardo di Gesù ferisce il cuore di
Maria, e lo sguardo di Maria ferisce quello di Gesù. Domanda loro
che ti commuovano il cuore di compassione per essi e di dolore
per i tuoi peccati.
106.
Il Cireneo
Il
Calvario si faceva più vicino. A destra della strada, dove Gesù si
era incontrato con sua Madre, si apre un sentiero ripido, stretto,
sassoso, che sale fino alla porta Giudiziaria, la più importante
della città. Era la via obbligatoria per arrivare al luogo
della crocifissione. Gesù appariva agli occhi di tutti,
particolarmente del Centurione, così affranto e sfinito, che
giustamente si dubitava potesse percorrere con la croce
quell'erta salita. Per alleggerirlo del peso "costrinsero
un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla
campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce".
Il Salvatore poteva così camminare più speditamente, senza troppi
disagi. È facile immaginare la stizza e la rabbia del povero
Cireneo che lo seguiva, costretto dalla violenza dei soldati a
portare pubblicamente un peso tanto umiliante. Solo in seguito,
quando divenne cristiano, capì l'onore che gli era stato fatto,
e allora probabilmente ringraziò mille volte il Signore.
Considera.
Chi non conosce ancora la preziosità della
croce, la porta malvolentieri. Cerca di intenderne il prezioso dono e
di apprezzarlo.
107.
La pia Veronica
È
tale la strettezza della via per cui sale il corteo, che vi
possono passare appena tre o quattro persone insieme. La turba
si trova quindi a disagio, e avanza a spintoni, costretta in tal modo
a diminuire la sua attenzione verso il divin Redentore. È il
momento opportuno per qualche anima buona, che può liberamente
dimostrare compassione verso Gesù con le parole o con i gesti.
La tradizione ci fa appunto assistere ad uno di questi atti pietosi.
Una pia donna, chiamata Veronica (o Berenice), era uscita sulla
soglia della sua casa, mentre passava Gesù. Vedendolo sfigurato dai
dolori, fu presa da viva compassione per lui, e desiderò
asciugargli il sudore e pulirgli il volto. Senza indugio prese un
largo e bianco fazzoletto e lo porse a Gesù, che lo accettò con
gratitudine, se ne servì e lo restituì alla caritatevole donna. La
Veronica, ritiratasi subito in casa e chiuso l'uscio mentre
passava la moltitudine, spiegò il fazzoletto per osservarlo e, con
stupore e gioia, vide impresso su di esso il volto mansuetissimo
del Signore. Lo ripose religiosamente ed uscì per seguire il
Salvatore fino al Calvario.
Considera.
La Veronica, come premio della sua
compassione, ricevette in dono l'immagine del Volto Santo.
Meditando le pene del Signore, sforzati di imprimerle nel tuo cuore.
108.
Alla Porta Giudiziaria
Tutto
questo era avvenuto molto rapidamente, e gli stessi soldati se
ne accorsero a cose fatte. Si indispettirono, giudicando
sconveniente un gesto di compassione e di bontà verso quell'uomo,
ritenuto un pubblico seduttore e già condannato a morte. Pensarono
allora di trattarlo con maggiore brutalità, quasi per punirlo
del pietoso atto da lui volentieri accettato. Tolsero la croce
dalle spalle del Cireneo e la ricollocarono su quelle di Gesù,
lasciando libero Simone, che approfittò del momento propizio
per sfuggire rapidamente agli sguardi e agli scherzi ironici di
quella turba. Il corteo arrivò alla Porta Giudiziaria, dove era
necessario sostare per udire l'ultima lettura della sentenza di
morte. Si era sempre fatto così anche per gli altri condannati, e
non si volle certamente fare un'eccezione per Gesù e per i due
ladroni che lo fiancheggiavano. Era quello il luogo più adatto per
dare pubblicità alla condanna. Specialmente in quel giorno,
sotto la famosa porta, dovevano passare i viaggiatori provenienti
da Damasco, da Joppe (l'attuale Tel Aviv-Giaffa), da Betlemme e da
Gaza. Il corteo si fermò, e con la dovuta solennità si rilesse ad
alta voce la sentenza di morte, che Gesù ascoltò
nell'atteggiamento più mansueto, mentre la folla lo scherniva e
insultava.
Considera.
Quando si tratta di fare un dispetto a Gesù,
per i nemici ogni pretesto e ogni luogo sono buoni. Tu, al contrario,
serviti volentieri di ogni motivo per ossequiarlo.
109.
Seconda caduta
Terminata
la breve cerimonia, si proseguì il cammino. A un certo punto la
strada svolta a sinistra e, dopo un breve tratto, incomincia l'ultima
salita. Prima di giungervi, Gesù si seriti mancare e cadde
improvvisamente a terra, senza che i soldati si accorgessero in
tempo del pericolo. Invece di compassionarlo, si spazientirono e
lo spronarono a rialzarsi da solo. Appariva chiaro che non ne
aveva più le forze. Probabilmente si pentirono di aver lasciato
libero troppo presto il Cireneo ed avrebbero volentieri caricato
la croce ad un altro, se tutti i presenti non avessero preferito la
morte piuttosto che portare quello strumento. Dovettero
rassegnarsi a rialzarlo, prendendolo sotto le ascelle. Il doloroso
viaggio riprese. L'addolorata Madre e le pie donne avrebbero
volentieri preso la croce su di sé, se fosse stato lecito. Ma i
soldati non avrebbero mai permesso che il condannato fosse sostituito
da una donna, e tanto meno dalla madre.
Considera.
Gesù cade la seconda volta e nessuno ha
pietà di Lui. Avvicinati al Signore con fede e offriti di prestargli
aiuto.
110.
Le donne piangenti
Dopo
pochi passi la strada svolta verso il Calvario, e qui un gruppo
di donne caritatevoli si era fermato in attesa del passaggio di Gesù.
Avevano già visto quali crudeli maltrattamenti gli erano riservati;
quando il Signore si avvicinò ed esse videro in quale stato era
ridotto, furono incapaci di trattenere ancora le lacrime, i
singhiozzi e i lamenti, e li espressero liberamente, nonostante
la proibizione legale e il pericolo a cui si esponevano. "Lo
seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il
petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso
le donne, disse: 'Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma
piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei
quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e
le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a
dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! Perché se
trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?'".
Era la prima ed unica volta che parlava durante il viaggio,
e per questo aveva dovuto alzare il suo capo coronato di spine e
fissare il suo sguardo affettuoso, triste, velato di lacrime e
di sangue, su quel gruppo di donne pietose. Le sue parole erano una
profezia, di cui le donne, e una parte dei presenti, avrebbero
visto il compimento dopo pochi anni.
Considera.
Gesù gradisce la compassione nei confronti
dei suoi dolori, ma desidera molto di più che si tolga la causa di
essi. Rifletti se, compatendo Gesù, ti riveli sollecito di
emendarti dei peccati, causa delle sue sofferenze.
111.
Terza caduta
Pronunciate
le parole alle pie donne, Gesù proseguì stentatamente il viaggio e
arrivò all'inizio dell'ultima e più erta salita, dove doveva
cadere molto più malamente per la terza ed ultima volta. Il
Calvario, nella sua forma primitiva, senza le modificazioni
apportate in seguito, era un poggio roccioso, alto pochi metri.
Formava nel suo insieme una specie di promontorio limitato, su
tre lati, da fossi di diversa misura. Vi si ascendeva per una
strada molto ripida, solo da sud-est. Quando Gesù stava per
incominciare quest'ultimo tratto in salita, le forze non gli ressero
più e con la croce cadde pesantemente per terra. Forse i soldati lo
credettero morto; ma quando videro che respirava ancora, pur non
cessando di insultarlo, capirono che non era il caso di esigere da
lui nuovi sforzi, per i pochi passi che ancora restavano. Lo
rialzarono, e, portando di peso lui e la croce, lo trascinarono sulla
cima. Il Dio della fortezza, vestito della nostra umanità, non
poteva più reggersi da solo.
Considera.
Gesù non ne può più, cade ma non si
lamenta. Ciò t'insegna a patire e a tacere fino al completo
sacrificio.
X
- CROCIFISSIONE
112.
Preparativi
A
sinistra della cima del Calvario esisteva una fossa, con una lunga
pietra nel fondo. Tale pietra presentava due buchi, in ciascuno dei
quali poteva passare un piede umano. Qui venivano calati i condannati
e quando i loro piedi si erano infilati nei buchi, venivano
assicurati con funi al di sotto della pietra. Era una
precauzione presa perché i condannati non scappassero mentre si
approntavano le cose necessarie per il loro supplizio? Non lo
sappiamo con certezza. Ad ogni modo quella precauzione non
si rivelava necessaria nel caso di Gesù, che era arrivato lassù
in uno stato di sfinitezza estrema. Eppure la tradizione ha
indicato quella fossa come il luogo dove il Salvatore fu posto,
mentre i carnefici preparavano il terreno in cui piantare la croce.
Nessuna crudeltà doveva essere omessa. Il Signore, intanto, dal
fondo di questa specie di prigione, udiva le grida dei soldati,
le bestemmie dei ladroni, e il tumulto della folla costretta
dalle guardie a fermarsi più in basso.
Considera.
Per tuo amore Gesù è calato in quella
fossa come in una prigione. Per amore suo sappi stare ritirato e
santamente imprigionato dai legami del dovere.
113.
Le donne sul Calvario
Le
pie donne, che poco prima avevano compatito Gesù, avrebbero
voluto, insieme con la Madre ed altre devote persone, essergli vicine
per confortarlo, almeno con il loro pianto. Furono tutte tenute
a distanza e dovettero fermarsi in gruppo separato, a mezza
strada tra il Calvario e il sepolcro di Giuseppe d'Arimatea. Ce
lo fa capire il testo evangelico, che nomina alcune di queste
caritatevoli donne. "Tutti i suoi
conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano
seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti. Tra esse
Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Joses, e
Salome, la madre dei figli di Zebedeo e molte altre che erano salite
con lui a Gerusalemme". Ma soprattutto c'erano la sua
benedetta Madre, la più addolorata di tutte, l'apostolo
Giovanni, Giovanna di Cusa e la laboriosa Marta, che non poteva
mancare in un momento così solenne in cui le anime affezionate
davano a Gesù l'ultimo attestato di ammirazione e di affetto.
Sebbene per la lontananza potessero vedere ben poco di quello che si
stava svolgendo attorno all'adorabile persona del Redentore, ne
indovinavano facilmente le sofferenze e tutte piangevano amaramente.
Considera.
La turba dei nemici è numerosa, ma il
Signore ha vicino la Madre e un gruppo di persone che lo amano e
lo compassionano. Il tuo posto è con queste: sappi versare con
loro lacrime di dolore.
114.
La bevanda di fiele
Appena
i carnefici ebbero terminato i preparativi per le tre
esecuzioni, e cioè i buchi per le croci, i chiodi, le corde ed altri
oggetti necessari, tolsero Gesù dalla fossa e lo condussero a
pochi passi di distanza perché fosse spogliato. Prima di procedere a
questo i Giudei avevano la consuetudine di offrire ai condannati
una bevanda, che aveva lo scopo di stordirli, una specie di
anestetico che permetteva loro di sopportare meglio i tremendi dolori
della crocifissione. Quest'atto di pietà veniva sempre compiuto
da donne misericordiose, che s'incaricavano di preparare la
bevanda e di offrirla ai giustiziati. Con Gesù si volle che l'azione
pietosa non fosse disgiunta dalla crudeltà. Non furono la Madre
o le pie donne a porgergli la bevanda, ma i soldati, sempre pronti a
beffarsi del paziente. La bevanda stessa era stata alterata con
amarissimi ingredienti. Troviamo infatti scritto: "E
gli offrirono vino mescolato con mirra. Gli diedero da bere vino
mescolato con fiele". Gesù non volle bere. "Ma
egli, assaggiatolo, non ne volle bere". Assaggiando
la bevanda, si amareggiò la bocca, e ne fu tutto disgustato;
rifiutandosi di berla, respinse il sollievo che essa poteva
procurare. Colui che era venuto per soffrire volontariamente per la
redenzione dell'umanità, non voleva morire in uno stato di sopore e
d'incoscienza. Gesù voleva compiere il suo atto sublime con
estrema lucidità.
Considera.
La bocca divina di Gesù è amareggiata dal
fiele per scontare i peccati di gola. Vigila su questo senso e
sappi mortificarlo.
115.
Spogliato dalle vesti
Il
condannato alla croce doveva esservi confitto nudo, privo di
ogni indumento. Gesù fu trattato come tutti, senza eccezione. I
carnefici afferrarono la vittima divina e la spogliarono
con la solita loro ruvidezza, senza alcun riguardo alle
molteplici piaghe di quel corpo immacolato. Gli tolsero dal capo
la corona di spine, per rimettergliela subito dopo; gli
sfilarono poi la veste esterna e quella inconsutile. Gesù apparve
agli occhi dei presenti nudo, scorticato dai flagelli, con le piaghe
sanguinolente, quasi tutte riaperte per lo strappo delle vesti. Il
suo indumento è veramente rosso e la sua veste è aspersa di sangue,
perché solo di sangue è rivestita l'assunta umanità. Egli patisce
immensamente vedendosi così umiliato e il rossore
verginale che si diffonde sul volto indica la sua interna afflizione.
Non è necessario pensare che gli venisse tolta anche la cintura
renale. Anche se i soldati gliela tolsero, la tradizione ci assicura
che una mano pietosa gli cinse un pannolino attorno alla vita e lo
ricoprì.
Considera.
Gesù si assoggetta nuovamente alla
tormentosa ignominia della spogliazione, per meritarti la veste
della grazia nella vita presente e quella della gloria nella vita
futura. Sii riconoscente a Lui, promettendo di conservare sempre
candida la veste della grazia, per meritare così quella della
gloria.
116.
Il supplizio della croce
Questa
tremenda e feroce condanna ha origine dalle sponde dell'Eufrate,
dove fu usata la prima volta e da cui si diffuse in molte nazioni. Ai
tempi dei Romani era conosciutissima e adoperata nei casi stabiliti
dall'uso o dalla legge. La forma della croce non fu sempre la
stessa. Prima era un palo o tronco a cui veniva inchiodato il
colpevole per le mani e per i piedi. In seguito si aggiunse alla
parte superiore del tronco una traversa, che più tardi venne
alquanto abbassata, dando origine alla croce latina, che
lascia la parte superiore dell'asta libera per attaccarvi la sentenza
di morte. Il supplizio della croce era riservato agli schiavi e ai
malfattori della peggiore specie, e infliggeva quindi al
condannato una particolare nota d'infamia, togliendogli quasi la
dignità di uomo e privandolo d'ogni diritto alla compassione
altrui. Contro di lui era lecito l'insulto anche nel momento
della sua agonia. Era il più crudele di tutti i supplizi e,
naturalmente, il più spaventoso. La storia non ne ricorda di più
atroci e la bestia umana non ne poteva concepire di peggiori. Il
condannato era prima spogliato delle sue vesti, poi adagiato sul
legno, con le braccia distese, tenuto fermo da lacci che
paralizzavano la sua resistenza. Ciascun polso e i piedi, che
venivano uniti, erano forati da un chiodo dalla testa larga, per
evitare gli sdrucciolamenti che il peso del corpo avrebbe potuto
produrre quando veniva innalzata la croce. La posizione del paziente
era intollerabile; le contorsioni e gli sforzi che ne seguivano
potevano procurare vaste lacerazioni ai polsi e ai piedi. Egli poteva
sopravvivere più giorni, a seconda delle sofferenze subite
in antecedenza. A volte veniva assalito dalle belve, che
ponevano termine ai suoi giorni divorandolo.
Considera.
Per meglio comprendere le pene di Gesù in
croce, richiama alla tua mente gli orrori del supplizio che è
stato appena descritto. Serviti di tale cognizione per piangere
sulla sorte di Cristo.
117.
"Là crocifissero lui"
Gesù
fu sottoposto ad un supplizio così crudele! Spogliato delle sue
vesti, e condotto vicino alla croce stesa per terra, Egli piegò
il fianco, si voltò supino, senza pronunciare un lamento o
una parola, stese le sue mani e i suoi piedi. La vittima era pronta
ad immolarsi e il boia poteva adempiere il suo compito. Allora la
mano destra venne appoggiata all'estremità della traversa, e un
carnefice la fissò d'un colpo secco con un chiodo a quattro
capi, lungo dieci centimetri, la cui vista fa ancora raccapricciare.
Il sangue sprizzò, le dita si contrassero, e dalle labbra della
vittima sfuggì un gemito. Con un secondo colpo la mano sinistra
venne fissata all'altra estremità dell'asse trasversale.
Un'orribile convulsione scoteva il suppliziato mentre si disponevano
le gambe, piegate a metà, sul tronco dell'albero maledetto, sul
quale Gesù venne issato, appena gli inchiodarono le mani. Mentre una
pressione brutale teneva fermi i piedi al posto indicato, i
martelli conficcarono l'ultimo chiodo. Tutto il corpo si
contorse in un supremo sforzo, cercando su quel letto funebre
una posizione meno dolorosa. Il petto si dilatò per aspirare
l'aria, mentre la testa si rovesciò con un movimento convulso,
che distese le braccia ed impresse loro a vicenda una terribile
scossa. Poi la convulsione fece abbassare le reni e ripiegare le
ginocchia. Il cuore batteva con violenza. La bocca emetteva rantoli e
singhiozzi. Grosse lacrime solcavano le guance, mentre gli occhi
spalancati invocavano un po' di compassione e di sollievo. Poi seguì
l'accasciamento. Il crocifisso sembrava svenire e perdere
coscienza del suo misero stato. Il capo si curvò, le lacrime si
inaridirono, le membra si distesero, per quanto era possibile.
Considera.
Quelle mani che ti hanno creato, quei piedi
che si sono stancati per cercarti, vengono confitti in croce.
Avvicinandoti al Salvatore, bacia con affetto quelle sante piaghe.
118.
Gesù innalzato sulla croce
Abbiamo
già detto che la vittima santa, appena gli furono fissati i
polsi al legno trasversale, venne issata sul palo verticale, già
sistemato in precedenza nel buco appositamente scavato. La rudezza
dei carnefici procurò al Signore altri urti ed altri strazi. Il
divino paziente fu a lungo tormentato prima che gli inchiodassero i
piedi al palo fissato sul terreno. Gesù batté più volte col capo
coronato di spine sul tronco principale della croce, mentre le ferite
delle mani, lacerate dalla violenza dei movimenti, lasciavano
scorrere rivoli di sangue. I gemiti insopprimibili del Salvatore non
commossero il cuore degli aguzzini, intenti a fissare bene
il corpo e a terminare la feroce esecuzione. Quando fu tutto
concluso, si permise alla folla di avvicinarsi a contemplare
comodamente i suppliziati. Anche il gruppo delle pie donne, con
la Madre di Gesù, si avvicinò, aspettando che la turba si
dileguasse per raccogliersi attorno al Signore.
Considera.
Gesù è innalzato sulla croce, dalla quale
chiama ogni creatura a sé. Ascolta la sua voce, avvicinati a Lui e
non staccarti mai più.
119.
Beffe crudeli
Era
circa mezzogiorno quando fu crocifisso Gesù. Il sole avrebbe
dovuto raggiungere il suo massimo splendore; invece, a poco a poco,
il cielo si andò oscurando, con la minaccia di mutare il giorno in
notte fonda. I membri del Sinedrio e la folla, avidi di osservare i
giustiziati, e particolarmente Gesù, inizialmente non diedero
importanza all'oscuramento, pensando solo a dare libero sfogo al
loro odio contro il Salvatore e prorompendo in insulti e beffe.
Riportiamo ciò che ci fu trasmesso dagli Evangelisti. "Il
popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano... E quelli che
passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: 'Tu che
distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso!
Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!'. Anche i sommi
sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: 'Ha salvato
gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora
dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio; lo liberi lui
ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!'. Anche
i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.
Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli
dell'aceto, e dicevano: 'Se tu sei il re dei Giudei, salva te
stesso'". Così ai piedi della croce era rappresentato
ogni ordine di cittadini (il religioso, il militare, il
popolano) e ognuno aveva un insulto particolare da lanciare
contro l'agonizzante Signore, che moriva per essi.
Considera.
Si uniscono ai nemici di Gesù per
insultarlo sulla croce tutti coloro che gli negano fede ed
obbedienza. Rifletti come tu stesso ti sei comportato, confonditi ed
emendati.
120.
"Ciò che ho scritto, ho scritto"
Altre
due croci erano state contemporaneamente erette vicino a quella
di Gesù. Vi erano stati inchiodati i due ladroni condannati allo
stesso tormento, uno a destra e l'altro a sinistra del
Redentore. Il posto centrale, stimato il più disonorante, era
occupato da Gesù, al cui riguardo si compiva la profezia di Isaia
che diceva: "E’ stato annoverato fra gli empi".
Sopra la testa di ciascun crocifisso era stata fissata la
tavoletta che indicava la causa della condanna. "Pilato
compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce... Al di sopra
del suo capo posero la motivazione scritta della sua condanna:
'Gesù il nazareno, il re dei Giudei'".
I membri del Sinedrio, intenti com'erano ad insultare Gesù, non
avevano notato subito quelle parole. Ma, una volta sotto la croce, ne
rilevarono il significato umiliante per la loro nazione, si
preoccuparono e decisero di far togliere quella scritta. "Molti
Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu
crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in
latino e in greco". I sommi sacerdoti inviarono allora
una delegazione a Pilato: "Non scrivere:
il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei".
Ma il procuratore, ancora angosciato per quello che gli avevano fatto
decidere contro coscienza, rispose seccamente: "Ciò
che ho scritto, ho scritto". E non volle sentir parlare
di cambiamento.
Considera.
I Giudei non vogliono che si dica che Gesù
è il loro re, e per questo sono riprovati da Dio. Tu, invece,
gloriati di essere suddito di Gesù e di obbedire sempre alla
sua volontà.
121.
Divisione delle vesti
Intanto
i soldati si erano fatti in disparte, a sud-est del Calvario, per
dividersi gli indumenti dei condannati, come permetteva l'uso
del tempo, o meglio il diritto allora vigente. Divise tra loro
le vesti dei due ladroni, si accinsero a fare lo stesso con
quelle di Gesù: la tunica, la veste esterna, la cintura, il
mantello, la fascia del capo, i sandali. "I
soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e
ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora
quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a
fondo. Perciò dissero tra loro: 'Non stracciamola, ma tiriamo a
sorte a chi tocca' ". E giocando ai dadi la sorteggiarono.
"Così si adempiva la Scrittura: Si son divise tra loro le
mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte. E i soldati fecero
proprio così". Poi il Centurione, seguendo le
prescrizioni, raccolse i suoi soldati e ne mise quattro attorno ad
ogni croce, con a capo un decurione, perché difendessero i
crocifissi dagli eccessi della folla. Precauzione non inutile,
poiché, se i ladroni avevano poco da temere, non era così per
il Redentore. Infatti su di lui i nemici non cessavano di
scaricare i loro oltraggi e di manifestare il loro odio, che andava
crescendo con il crescere delle sofferenze di Gesù.
Considera.
La fede, simboleggiata dalla veste
inconsutile, non deve mai dividersi. Vedi di custodirla sempre
viva ed intatta.
XI
- AGONIA E MORTE
122.
Prima parola: Padre, perdona
Fra
tanti insulti, la vittima divina taceva sempre. Si avveravano le
parole del Profeta che nella persona del Salvatore aveva detto:
"Tende lacci chi attenta alla mia
vita, trama insidie chi cerca la mia rovina e tutto il giorno medita
inganni. Io, come un sordo, non ascolto e come un muto non apro
la bocca; sono come un uomo che non sente e non risponde".
Ma quando vide che intorno a lui il tumulto si era alquanto placato,
il Maestro Divino, dalla sua cattedra di dolore, volle impartire gli
ultimi preziosi insegnamenti. Il primo doveva servire da solenne
conferma a quanto aveva detto precedentemente ai suoi discepoli:
"Ma io vi dico: Amate i vostri nemici,
fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi
maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano".
Infatti Gesù, vedendo i suoi nemici dominati dall'odio e udendo le
loro bestemmie, non ne mostrò risentimento, anzi li compatì, li
scusò e alzando come poté il suo languido sguardo al cielo chiese a
suo Padre che li perdonasse: "Gesù
diceva: 'Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno'".
Parole che avrebbero dovuto muovere al pianto gli stessi nemici, se
in essi non si fosse estinto ogni sentimento di umanità. Fecero
certamente piangere di commozione la Madre divina, il discepolo
prediletto e le pie donne, che stavano un po' discoste, non potendo
avvicinarsi di più.
Considera.
Gesù, con le parole e con l'esempio,
insegna il perdono dei nemici. Ascoltalo e perdona di cuore a
chi ti ha offeso.
123.
Seconda parola: Oggi sarai con me nel
Paradiso
Si
vide ben presto che la preghiera di Gesù al Padre non era rimasta
inascoltata. Fino a quel momento anche i due ladroni crocifissi si
erano uniti alla folla nel bestemmiare il Salvatore: "Anche
i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo".
Uno ripeteva le invettive del Sinedrio, l'altro gli diceva
schernendolo: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche
noi!". Dopo la preghiera del Signore che invocava
perdono, uno di essi, quello che stava a destra e si chiamava Disma,
fu colpito dalla pazienza e mansuetudine di Gesù e, illuminato dalla
grazia, cominciò a riflettere sul Redentore e su se stesso. La
luce divina si fece sempre più viva nel suo spirito ed egli,
rivolgendosi al compagno che continuava a bestemmiare, gli disse:
"Neanche tu hai timore di Dio benché
condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo
il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla
di male". Queste parole contenevano già il
riconoscimento delle proprie colpe, l'umile sottomissione al dovuto
castigo, e l'ammissione della purissima innocenza del Salvatore.
Era già molto, ma non bastava alla giustificazione dell'empio;
ci voleva l'aperta confessione della divinità del Messia, dopo
aver già creduto in Lui interiormente. Inondato di luce suprema
il buon ladrone vide in Gesù il Messia promesso, il Redentore
degli uomini, il Re dei re, il Signore dei dominanti, il Verbo
fatto carne, il Figlio del Dio vivente. Le umiliazioni, la
croce, le piaghe, l'agonia, non lo scandalizzavano, perché
erano segno dell'immenso amore di Dio per l'umanità. Vide,
credette, confessò: "Gesù, ricordati di
me quando entrerai nel tuo regno". Gesù, che non
aspettava altro, gli disse: "In verità
ti dico, oggi sarai con me nel paradiso". A una
confessione fatta in circostanze inaudite, si conveniva una promessa
inaudita.
Considera.
Una confessione sincera come quella del buon
ladrone merita il perdono. Imita questo penitente, se vuoi
essere perdonato.
124.
La Regina dei Martiri
Prima
di considerare la terza parola, che Gesù pronuncerà dalla
croce e che rivolgerà alla Madre, proprio sulla Madonna dobbiamo
fissare il nostro sguardo. In quei momenti si acquistava
per i secoli futuri il titolo di Regina dei Martiri. Essa era là!
Dopo il suo incontro con il Figlio lungo il viaggio, l'afflitta Madre
non lo aveva più lasciato e lo aveva seguito più da vicino che
le fosse possibile. Tutto vide, udì, osservò e sentì
ripercuotersi nel suo cuore immacolato le diverse cadute, il
fiele, la spogliazione, la corona di spine riposta sul capo, la
confittura dei chiodi nelle mani e nei piedi, la croce
innalzata, le prime parole di Gesù, gli insulti, le percosse, la
divisione delle vesti, le bestemmie, gli improperi. Tutto questo
aveva accumulato nel suo cuore di madre una sofferenza che
nessuno potrà mai esprimere con le parole o con gli scritti. Maria
pativa nell'anima quanto il Redentore nel corpo. "Mentre
Gesù veniva crocifisso, anche la Madre di lui era spiritualmente
confitta in croce". Il cuore della Vergine era
diventato uno specchio in cui si rifletteva al vivo la Passione
di Gesù. Avrebbe patito di meno se i tormenti del Figlio
fossero stati inflitti a lei stessa, al suo corpo. Quando, in quei
momenti, gli sguardi s'incontravano, la povera Madre veniva
mortalmente trafitta. Quel volto rigato di sangue e sfigurato dai
colpi, quella bocca divenuta nera e riarsa, quel petto gonfio e
lacerato, quelle mani, quei piedi aperti e schiantati dai chiodi,
quanto le avevano mutato il Figlio, il più bello di tutti, la
delizia degli angeli! L'afflittissima Madre geme, sospira, si sente
morire; non per questo vien meno alla più sublime rassegnazione, e
tiene intrepida ai piedi della croce il suo posto di corredentrice
dell'umanità.
Considera.
Maria, ai piedi della croce, soffre con
rassegnazione eroica. Sta sempre al suo fianco, falle compagnia
e imita la sua fortezza.
125.
Terza parola: Ecco il tuo Figlio
Il
cielo intanto continuava ad oscurarsi e la folla, temendo qualche
cosa di grave per quello strano fenomeno, era in gran parte discesa
dal Calvario, dopo aver diretto un ultimo insulto al Crocifisso.
Anche i soldati, inquieti per quello che vedevano, s'erano avvicinati
al gruppo del Centurione, sul poggio del Calvario, forse per farsi
coraggio. Gli amici di Gesù poterono allora avvicinarsi di più alla
sua croce per meglio udire le sue parole e attestargli il proprio
dolore ed affetto sincero. Il Salvatore gradì che si accostassero a
lui e lo dimostrò pronunciando la terza parola, piena di
profondi e consolanti significati. Gli era cara soprattutto la
vicinanza di sua Madre, a cui in particolare si rivolse.
"Gesù allora, vedendo la Madre e lì
accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla
Madre: 'Donna, ecco il tuo figlio!'.
Poi disse al discepolo: 'Ecco la tua
madre!'. E da quel momento il
discepolo la prese nella sua casa". Udendo tali
espressioni, i più vivi sentimenti di dolore e di amore verso
Gesù sgorgarono nel cuore di Maria santissima e di Giovanni.
Entrambi intesero quale doveva essere in futuro la loro missione per
disposizione di Gesù: Maria, mortale in terra, o immortale in cielo,
doveva comportarsi da madre verso tutti coloro che avrebbero creduto
nel Signore; i credenti, nella persona di Giovanni, avrebbero
dovuto comportarsi da figli verso questa incomparabile Madre.
Considera.
Dallo stesso Gesù moribondo Maria è stata
dichiarata tua madre e tu sei definito suo figlio. Cerca quindi di
amarla e di confidare in Lei con filiale affetto.
126.
Quarta parola: Dio mio....
Dopo
la terza parola seguì un lungo silenzio, durante il quale non si
fece che soffrire, da parte di Gesù che agonizzava sulla croce,
come da parte di Maria e delle pie persone che piangevano sotto
di essa. Nel frattempo l'oscuramento del cielo era
spaventosamente progredito, fino a non lasciar vedere quasi più
nulla. "Era verso mezzogiorno, quando il
sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del
pomeriggio". Quasi tutti avevano abbandonato il
Calvario ed erano rimasti soltanto gli amici di Gesù, i soldati e
qualche altra persona. Durante questa fitta oscurità Gesù tacque.
Nel suo misterioso silenzio pregava ed offriva le sue grandi
sofferenze al Padre, per la salvezza eterna delle nostre anime.
Quando le tenebre accennarono a diradarsi pronunciò la sua
quarta parola con angoscioso lamento, alzando al cielo lo sguardo
morente. "Verso le tre, Gesù gridò
a gran voce: 'Eli, Eli, lemà
sabactàni?' che significa: 'Dio
mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'
". Tali parole, pronunciate in lingua sirocaldaica, non
furono comprese da alcuni circostanti, che dicevano: "Costui
chiama Elia". Altri aggiunsero: "Lascia, vediamo
se viene Elia a salvarlo". Uno di loro, infatti, era
corso a prendere una spugna, imbevuta di aceto, l'aveva fissata
su una canna e tentava di dar da bere al Signore. La loro curiosità,
fondata sull'ignoranza, rimase delusa. Gesù continuò sottovoce la
recita del salmo 21 che inizia appunto con le parole che abbiamo
riportato.
Considera.
La preghiera confidente, anche se gridata
come un lamento, è accetta a Dio. Nei momenti di angoscia unisciti a
Gesù e prega con le sue parole.
127.
Quinta parola: Ho sete
Un
momento dopo, Gesù fece udire di nuovo la sua voce. Tutti i
condannati alla morte di croce sentivano, in modo speciale e
sensibilissimo, il tormento della sete. Le sofferenze fisiche,
la perdita progressiva di sangue, la tensione del corpo, erano
le cause principali che la producevano. Alle volte era così viva che
da sola poteva provocare la morte; in confronto ad essa sembravano
piccoli gli altri tormenti. Per Gesù la sete doveva essere terribile
a causa della notte passata insonne, degli strapazzi ricevuti,
dei viaggi da un tribunale all'altro, del copioso sudore sparso,
delle lacrime e del sangue versato nell'orto, nella
flagellazione, nell'incoronazione di spine e nel faticosissimo
viaggio al Calvario. Doveva quindi provare un'arsura indicibile e
chiese infine refrigerio, dicendo con flebile voce: Ho
sete. I soldati avevano accanto un vaso di aceto. Udito il
lamento del moribondo, inzupparono una spugna, vi avvolsero
attorno dell'issopo (pianticella legnosa e aromatica da cui si estrae
un olio impiegato in liquoreria e in farmacia), la posero in cima ad
una canna e gli diedero da bere. Si adempiva così un'altra profezia
riguardante il Salvatore: "Hanno messo nel mio cibo veleno e
quando avevo sete mi hanno dato aceto".
Ma
la sete di Gesù, più che naturale era soprannaturale: non si
sarebbe mai lamentato dell'arsura del suo palato, se non fosse stato
divorato dalla cocente sete della nostra eterna salvezza. Sembra che
con quella parola ci voglia dire: La
causa della mia sete è la vostra salvezza.
Considera.
Gesù ha sete dell'anima tua. Con uno
slancio d'amore offriti a Lui ed estingui la sua sete.
128.
Sesta parola: Tutto è compiuto
L'ultima
ora si avvicinava a grandi passi. Gesù, dando uno sguardo
all'opera da lui svolta fino a quel momento, vide che tutto era
compiuto. Poteva ripetere quello che aveva detto poco prima
della sua passione: "Sono uscito dal Padre
e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al
Padre". Con il suo sguardo divino vedeva allora la
giustizia del Padre celeste pienamente soddisfatta, il peccato
cancellato, l'uomo riconciliato con Dio, chiuso l'inferno, aperto il
paradiso a tutte le umane creature di buona volontà. La missione
ricevuta era stata assolta fedelmente in tutte le sue parti, secondo
quello che avevano predetto i profeti: non rimaneva più nulla da
fare, e dalla bocca stessa del Signore poteva uscire la
dichiarazione solenne del compimento di ogni cosa. Pronunciò
pertanto la sua sesta parola: "Consummatum
est! Tutto è compiuto!". Era il grido della sua
vittoria, poiché in quel momento poteva invitare tutti gli antichi
profeti a salire il Calvario e a riconoscervi l'esatto
adempimento delle loro predizioni. Isaia poteva vedere l'Agnello
divino condotto al macello; Zaccaria poteva contemplarne le
molteplici ferite; Davide poteva osservarlo trafitto nelle mani e nei
piedi, dissetato con fiele ed aceto. Che cosa gli restava da fare?
Nulla. Si raccolse nello spirito, mentre fino a quell'istante aveva
pensato solo a noi, suoi diletti figli.
Considera.
Alla fine della sua vita Gesù può dire:
Tutto è compiuto. Rifletti se, continuando nella tua attuale
condotta, potrai ripetere altrettanto in punto di morte, circa
l'esecuzione dei tuoi doveri.
129.
Settima parola: Padre, nelle tue mani...
Nel
suo profondo raccoglimento, il Redentore comprese che gli
restava ancora un impegno da svolgere: doveva affidare il suo spirito
alle mani del Padre. Prima che il Verbo eterno si facesse carne,
in cielo era stata posta questa domanda: "Chi
manderò? Chi andrà per noi?". La Sapienza eterna aveva
risposto: "Eccomi, manda me", "per
questo è apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli uomini".
La Sapienza si è incarnata in Cristo, che ha pellegrinato da
Nazareth a Betlemme con la Madre; da Betlemme in Egitto;
dall'Egitto di nuovo a Nazareth; e a trent'anni ha iniziato a
percorrere la Galilea e la Giudea, predicando il regno di Dio,
sanando gli infermi, facendo del bene a tutti. Ma venuta l'ora delle
tenebre, donò la vita per la salvezza del mondo, e attrarverso
indicibili sofferenze giunse a quella croce sulla quale ora si trova
in agonia. Il dolore ha distrutto la sua umanità, ma egli non vuole
che lo spirito abbandoni il corpo e lasci il mondo, senza il
beneplacito del suo divin Padre. Alza dunque gli occhi al cielo, e
come per chiedere il permesso di tornare in seno al Padre, con voce
commossa e prodigiosamente forte, esclama: "Padre,
nelle tue mani consegno il mio spirito". Poi chiuse
definitivamente quella bocca, che aveva sempre proferito
parole di vita eterna, e attese la morte che non doveva tardare.
Considera.
Chi si abitua in vita a mettersi nelle mani
di Dio, lo farà facilmente anche in prossimità della morte. Se
vuoi essere sicuro per quel momento, renditi ora familiari le parole
di Gesù.
130.
Gesù muore
Verso
le tre quasi tutta la folla aveva abbandonato il Calvario;
appena possibile si riversò nel tempio di Gerusalemme per
assistere all'apertura delle feste pasquali. I Leviti sonavano
le sacre trombe per annunciare che l'agnello pasquale stava per
essere immolato nel tempio. A quel segno, il popolo doveva
prepararsi a celebrare la festa della sua liberazione. All'ora
fissata le trombe tacquero e, nell'universale silenzio, il
sacerdote colpì la vittima e la folla si prostrò a terra per
adorare il futuro liberatore, di cui l'agnello era una semplice
figura. Ma il liberatore non era più futuro: era là sul
Calvario, morente, Agnello di Dio, venuto per cancellare i peccati
del mondo. La figura non significava più niente, e doveva cedere il
posto alla realtà. Mentre si immolava l'agnello, Gesù Cristo, dopo
aver pronunciato le ultime parole, chinò il capo, quasi per
concedere alla morte il permesso di avvicinarsi, e consegnò la sua
anima nelle mani del Padre. La benedetta Madre si sentì schiantare
dal dolore e le pietose donne proruppero in amari pianti e forti
lamenti. La morte aveva fatto la sua più nobile preda, che
segnava il principio della sua sconfitta. Infatti, col
sacrificio di se stesso, Gesù "ha vinto
la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità....".
Considera.
Gesù muore e muore sulla croce! Te
felice se un giorno la morte ti troverà su quella croce sulla
quale ti ha messo la misericordia e la giustizia di Dio.
XII
- SEPOLTURA
131.
Geme l'universo
Non
era conveniente che la morte dell'Uomo-Dio, il Creatore
dell'universo, sulla croce, avvenisse senza che le creature dessero
un segno di orrore e di spavento. Lo diedero, infatti, con una
paurosa armonia, cielo e terra uniti insieme. Il cielo, il sole, la
luna e le stelle già avevano pianto nell'agonia del Signore e le
tenebre si erano distese, come un immenso drappo funebre, per
invitare tutti al lutto. Toccava ora alla terra dare i suoi
segni di dolore. Li diede appena spirato Gesù: essa tremò
spaventosamente, i macigni si spezzarono, si aprirono i sepolcri,
risorsero alcuni corpi di santi che riposavano nelle tombe e
percorsero la città apparendo a molti; le basi del monte Moria
crollarono, si aprì da sé la pesantissima porta di Nicanore e il
velo del tempio, che nascondeva il "Sancta Sanctorum",
si lacerò da cima a fondo, dividendosi in due. Delle voci misteriose
furono udite nel tempio santo ripetere atterrite: "Usciamo
di qua"; e intanto si sentivano i passi di gente invisibile che
scappava. La folla, presa da terrore, uscì dal tempio. I pochi
Giudei, che erano rimasti sul Calvario, fuggirono per la paura. Il
Centurione, che era di guardia, smarrito e ansioso, glorificando Dio
esclamò: "Veramente quest'uomo era
giusto". Anche i soldati che erano con lui dicevano:
"Davvero costui era Figlio di Dio!".
Perfino nella lontana Atene, un dotto pagano nell'Areopago,
vedendo i segni terrificanti e non conoscendone la causa,
affermò: "O è il Creatore che soffre, o è il mondo che va in
frantumi".
Considera.
Tutto l'universo piange in qualche modo la
morte di Gesù. Osserva se il tuo cuore rimane insensibile e
duro dinanzi a questo spettacolo.
132.
Lanciata al costato
Dopo
questi segni, che non furono di lunga durata, le tenebre si
dissolsero e il sole ricomparve all'occidente, illuminando con i
suoi raggi la croce insanguinata e il corpo esangue del
Salvatore. Allora i Giudei si riebbero dal panico e pensarono
che non era opportuno lasciare degli esseri umani appesi al patibolo
nell'imminenza della Pasqua. Pregarono dunque Pilato che
facesse spezzare le gambe dei tre crocifissi, per accelerarne la
morte e dare la possibilità di toglierli alla vista del
pubblico. Probabilmente non sapevano ancora che Gesù era già
morto. Anche gli ultimi rimasti sul Calvario erano scappati prima di
constatarne il decesso, e il Centurione non aveva ancora potuto darne
a Pilato l'annuncio ufficiale. I soldati vennero per eseguire
l'ordine ricevuto, e spezzarono le gambe anzitutto ai due ladroni,
che evidentemente apparivano ancora vivi; quando s'avvicinarono
a Gesù capirono che era già spirato. Allora non gli spezzarono le
gambe (per cui il condannato, col corpo completamente afflosciato,
non avrebbe più potuto sollevarsi ogni tanto con lo sforzo delle
braccia per respirare agevolmente), ma uno di essi, chiamato
Longino, per assicurarsi della sua morte reale, vibrò la sua
lancia contro il lato destro del costato di Gesù, con tanto impeto
che arrivò al cuore e glielo aprì. "E
subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e
la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero,
perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si
adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E una
altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a
colui che hanno trafitto".
Considera.
Dal costato aperto di Gesù vien formata la
Chiesa, come Eva da Adamo. Rifletti se ami questa tua madre
spirituale e se ti comporti da figlio.
133.
Giuseppe d'Arimatea
Tanto
gli amici quanto i nemici avevano fretta di togliere alla vista
del pubblico i cadaveri dei giustiziati. Sarebbe stata però una
disgrazia se a questo pietoso compito avessero posto mano i
persecutori di Gesù. Gli amici lo capirono e, disprezzando ogni
timore umano, si fecero coraggio e si misero all'opera. Fu
soprattutto Giuseppe d'Arimatea, uomo buono e giusto, nobile giudeo,
molto ricco, membro del Sinedrio (nel quale non aveva dato il suo
consenso per la condanna di Gesù), discepolo dello stesso
Salvatore, ma occulto per timore dei Giudei, a comprendere che doveva
ormai vincere i suoi eccessivi timori e mostrarsi seguace del
Signore. Servendosi della sua autorità e posizione sociale, si
presentò arditamente a Pilato e chiese il permesso di rimuovere
dalla croce e di seppellire il corpo di Gesù. A Pilato non era
stata ancora annunciata la morte del Redentore, e si meravigliò che
fosse giunta così presto. Chiamò il Centurione, lo interrogò e ne
ebbe la conferma. Allora comandò che il corpo di Gesù fosse
consegnato a Giuseppe. "L'uomo buono e giusto"
diveniva, con quell'ordine, il padrone della salma, e poteva
autorevolmente disporne come voleva.
Considera.
Giuseppe domanda coraggiosamente il corpo di
Gesù e l'ottiene. Impara a superare sempre ogni difficoltà per
possedere Gesù.
134.
Giuseppe e Nicodemo al Calvario
Non
c'era tempo da perdere, se si voleva terminare la sepoltura
prima che calassero le tenebre della notte. Perciò Giuseppe
uscì in fretta dal pretorio e, accompagnato dai servi, in un
vicino negozio comperò lenzuola di finissimo lino per avvolgere il
corpo del Salvatore, fasce per fermarle, e sudario speciale per il
capo, secondo il costume dei Giudei. Poi acquistò tutti gli
arnesi necessari alla schiodatura e alla sepoltura del cadavere, e si
avviò al Calvario. Nel frattempo un altro uomo importante, amico
di Giuseppe e da lui avvertito, faceva provvista di cento libbre
(poco più di trenta chilogrammi) di un profumo speciale
composto di mirra e àloe, per collaborare al pietoso incarico della
sepoltura. Era Nicodemo, dottore della legge, uno dei principali fra
i Giudei, quello stesso che nel primo anno della predicazione di
Gesù, nottetempo, era andato dal Maestro impegnandosi in un
lungo dialogo e ricevendone i più sublimi insegnamenti. Terminati
gli acquisti, giunse ben presto al Calvario, dove Giuseppe già
lo attendeva.
Considera.
I profumi sono un simbolo delle preghiere e
delle buone opere. Procura di rendere con esse il debito onore a
Gesù.
135.
La deposizione
I
due personaggi dovettero rimanere quasi inorriditi nel vedere quello
strazio sul corpo del Signore. Forse, non avendo assistito alla sua
passione, non supponevano che si fossero usate tante crudeltà, e
piansero di commozione e di dolore. Poi si avvicinarono
all'addolorata Madre, la cui vista e il cui dolore erano
sufficienti a spezzare il cuore umano, e le chiesero il permesso
di deporre Gesù. L'ottennero facilmente più coi cenni che con
le parole, e cominciarono il loro lavoro, quasi in silenzio,
versando lacrime. La Madre assisteva e non distoglieva mai
lo sguardo dal Figlio amato. Tolsero prima la corona di spine
dal capo ripiegato sul petto, per evitare di pungersi durante
l'operazione. Poi, con mille riguardi e non senza gravi
difficoltà, levarono i chiodi dalle mani, usando una particolare
attenzione per non allargare maggiormente le piaghe. Era necessario
far reggere il corpo dell'estinto perché non cadesse, prima di
cavare i chiodi dai piedi. A ciò si prestarono volentieri Giuseppe,
Nicodemo e Giovanni, che forse si servivano di lenzuola piegate e
passate sotto le ascelle; intanto i servi estraevano i chiodi.
Terminata la schiodatura, posarono a terra il corpo del
Redentore.
Considera.
Quali sentimenti dovettero provare i
discepoli nel toccare quel sacro corpo del Signore! Unisciti
ai loro sentimenti e mischia insieme le tue lacrime.
136.
In braccio alla Madre
Era
giunto il momento in cui Maria santissima avrebbe potuto dare
sfogo al suo dolore e all'affetto materno, stringendo al seno e al
cuore l'adorato Figlio. Poiché questo le era stato impedito
durante la passione e perfino nell'agonia del Getsemani, le sia
concesso almeno ora che questo Figlio estinto viene deposto dalla
croce. Ne ha pieno diritto. La tradizione che ci mostra la Madonna
con in braccio il defunto Figliolo, non fa che assicurarci di un
fatto basato sull'istinto della natura umana, specialmente
materna. Maria fece capire a quegli uomini caritatevoli che
desiderava riabbracciare suo Figlio; ed essi, ben conoscendo la
fortezza morale sovrumana di quell'ammirabile donna, finita la
deposizione, glielo adagiarono delicatamente in grembo.
Impossibile descrivere i pensieri, gli affetti, i baci, le lacrime
della Madre in quella dolorosa circostanza. Nessuna penna,
nessun pennello, nessuno scalpello ha mai potuto descrivere,
dipingere, scolpire adeguatamente questa scena di dolore. Solo le
anime sante, ammesse nell'intimità dei cuori di Gesù e Maria,
poterono formarsi, nelle loro contemplazioni, un'idea esatta di
quello strazio materno. Davanti a questo spettacolo di dolore, noi
non possiamo far altro che ammutolire, ammirare, compatire.
Considera.
Vedendo la desolata Madre stringere a sé il
Figlio deceduto, domandale di partecipare ai suoi dolori e di saper
piangere le tue colpe, che ne furono la causa.
137.
"La pietra dell'unzione"
Dopo
la Madre, anche i discepoli e le pie donne vollero esprimere il
proprio dolore baciando e bagnando di lacrime il corpo del
Salvatore. Ma era necessario affrettarsi, perché il tempo
stringeva e la notte non era lontana. Avvolsero in un lenzuolo
il corpo di Gesù e, discendendo alquanto, lo sistemarono sopra
un sasso, che esiste tuttora e viene chiamato "la pietra
dell'unzione", per lavarlo e purificarlo. I discepoli, con
ogni precauzione, cancellarono ogni sozzura dalle benedette
carni, mentre Maria santissima gli puliva il volto e gli
ordinava i capelli. Non ci dobbiamo meravigliare se l'asprezza
del dolore le faceva interrompere più volte l'atto pietoso. Finita
la pulizia, il corpo fu avvolto in una sindone monda, in modo
che del trapassato si vedesse solo il viso, che veniva baciato
l'ultima volta da tutti i presenti. Era l'usanza che lo
richiedeva, ma la Vergine santa, i discepoli e le donne avrebbero
compiuto ugualmente quest'atto di devozione verso la venerata salma,
guidati dal proprio sentimento interiore. Legarono infine le fasce
attorno al corpo per tenere insieme le lenzuola e la Madonna di
sua mano coprì l'amato volto col sudario.
Considera.
Assistendo spiritualmente al misericordioso
ufficio che viene svolto sul corpo di Gesù dalla Madre e dai
discepoli, vedi di partecipare al loro dolore e di baciare con
affetto le sacre spoglie del Signore.
138.
Il sepolcro nuovo
Si
procedette presto al trasporto della salma verso il sepolcro. Una
legge proibiva di seppellire un giustiziato nel sepolcro di
famiglia, ma Giuseppe d'Arimatea, divenuto padrone legale del corpo
di Gesù, non si riteneva più obbligato a tale legge, e avrebbe
portato volentieri il defunto al Getsemani, dove stavano i
sepolcri di Gioacchino e Anna, genitori di Maria, se non ne
fosse stato impedito dalla notte che incombeva e dalla imminente
festa di Pasqua. Bisognava rassegnarsi a inumarlo nel sepolcro
più vicino. "Ora, nel luogo dove era
stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro
nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto". Il
sepolcro era stato fatto scavare nella pietra dallo stesso Giuseppe,
che fu lietissimo di cederlo al Maestro. Sollevando il divino
cadavere dalla pietra dell'unzione, lo sistemarono sulla bara,
formarono un devoto corteo e, scendendo, presero la via ad occidente
del Calvario, attraversando una valletta. In breve arrivarono al
sepolcro nuovo. Era un monolito (grosso masso di pietra) "nel
quale si era scavata una cella funebre, preceduta da un
vestibolo e destinata a ricevere una sola persona". Intanto
erano calate le ombre della sera e alcuni servitori rischiararono con
le fiaccole la mesta cerimonia.
Considera.
Giuseppe è lieto di poter donare a Gesù il
suo sepolcro nuovo. Offri volentieri al Salvatore il tuo cuore
rinnovato dalla penitenza.
139.
Deposto nel sepolcro
Giunti
al sepolcro, adagiarono la bara davanti all'ingresso e diedero
inizio alle ultime pratiche liturgiche in uso presso gli Ebrei.
Cantarono il salmo 90 ("Tu che abiti al riparo
dell'Altissimo") e girando mestamente in bell'ordine
attorno al defunto esprimevano piangendo l'intensità del loro
dolore. Poi alcuni rialzarono il cadavere, entrarono nel vestibolo e,
abbassando la testa e le spalle, penetrarono, attraverso
l'angusta porta, nella celletta sepolcrale. A destra c'era la
panchina scavata nella parete, a pochi centimetri da terra; su di
essa distesero il defunto Signore, componendolo religiosamente.
Camminando all'indietro, uscirono dalla tomba e quindi fecero
scorrere verso l'imboccatura la pesante pietra che doveva servire da
porta. Le pie donne stavano dirimpetto al sepolcro, seguendo con lo
sguardo dove veniva collocato il corpo di Gesù e piangendo
amaramente. La più addolorata era sempre la Vergine Madre e qui
avrebbe voluto fermarsi sempre per non separarsi dal Figlio adorato.
Le convenne cedere alle preghiere dei discepoli e delle donne,
intraprendendo con essi la via del ritorno per ritirarsi a casa.
Considera.
Il dolore di Maria, durante la sepoltura di
Gesù, fu immenso. Compatisci questa buona Madre e rinnovale i
sentimenti della tua fedeltà.
140.
Guardie e sigillo ufficiale
La
mattina seguente, cioè il sabato, in cui ricorreva la grande
solennità della Pasqua degli
Ebrei,
i principi dei sacerdoti e i farisei andarono da Pilato e gli
dissero: " 'Signore, ci siamo ricordati
che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.
Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno,
perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al
popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura
sarebbe peggiore della prima!'. Pilato disse loro: 'Avete la
vostra guardia, andate e assicuratevi come credete' ".
Quelli andarono, si assicurarono della presenza del cadavere e
della consistenza della porta d'ingresso alla cella sepolcrale, vi
apposero il sigillo ufficiale e lasciarono delle sentinelle intorno
al sepolcro perché nessuno osasse avvicinarsi. Poi se ne
tornarono in città, sicuri che l'odiato seduttore non avrebbe più
dato loro alcun fastidio. Morto e sepolto quanto alla vita
corporale, sarebbe ben presto scomparso anche dalla memoria
degli uomini. Nessuno si sarebbe più ricordato di Lui. Così
ragionavano quegli sciagurati, accecati dalla loro malizia. Ma non vi
è sapienza, non vi è prudenza contro il Signore. Gesù risorgerà e
confonderà i suoi nemici per sempre.
Considera.
I nemici vorrebbero rendere inefficaci le
parole di Gesù, ma non ci riescono. Credi sempre alla parola
del Signore e non agire mai contro di lui.
141.
Anime addolorate
Intanto
le anime affezionate a Gesù sono immerse nel dolore. I nove
Apostoli fuggiti qua e là dopo la cattura del Maestro sono ancora
spaventati per quello che hanno udito, forse anche un po'
veduto, circa la morte di Lui. Pietro sta ancora piangendo il suo
grave dolore; Giovanni ha la mente e il cuore pieni di ricordi
delle sofferenze del Redentore; la Maddalena e le altre pie
donne sono inconsolabili e cercano un po' di sollievo provvedendo i
necessari aromi, per ritornare, dopo il sabato, e spargerli nel
sepolcro e sulla salma del caro Maestro, ignorando il
sigillo e le guardie del corpo messe a custodia della tomba.
Maria santissima, col cuore trapassato dalla spada del più vivo
dolore, si era ritirata con Giovanni in quella casa da cui era uscita
quando incontrò il Figlio che saliva al Calvario. Vegliava nel
pianto, nella preghiera e in un continuo atto di rassegnazione alla
volontà di Dio. Il dolore di questa Vergine d'Israele, di
questa figlia di Sion, non poteva paragonarsi ad alcun altro.
Era immenso come il mare e non ammetteva umano conforto. Il cuore di
tutte queste anime era chiuso nella tomba, dove giaceva insanguinata
la spoglia mortale di Gesù.
Considera.
Maria gradisce avere attorno a sé delle
persone che capiscono i suoi dolori e vi partecipano. Sta sempre
vicino alla Madre addolorata e sii un suo compagno indivisibile.
142.
Andiamoci anche noi!
Uniti
a tante anime addolorate, penetriamo con lo spirito in quella cella
funebre; leviamo delicatamente quei veli che ricoprono
l'insanguinato corpo del Salvatore, inginocchiamoci,
contempliamo e baciamo con viva fede quelle santissime piaghe,
bagnandole con le lacrime della nostra compassione e del pentimento.
Quanto è bello, quanto è utile, quanto è commovente
prorompere intanto in queste affettuose espressioni che la
Chiesa mette sulle labbra dei suoi figli adunati intorno al
sepolcro di Gesù: "O Gesù, mio dolce amore, a Te mi accosto
con fede, come se ti vedessi coi miei occhi, e Ti contemplo con
affetto, ricordando devotamente le tue sante piaghe. In quale
stato ti vedo, Gesù mio, avvolto nel funebre lenzuolo, irrigidito,
piagato, sformato! Salve, o Capo lacerato dalle spine, il cui
Volto ha perso il suo divino splendore, dinanzi al quale tremano gli
angeli! Salve, o sacro Costato del mio Salvatore, o mite
apertura di amore, più rubiconda della stessa rosa, medicina di ogni
nostro male. Voi pure, o sante Mani e santi Piedi, trapassati da
chiodi crudeli, accettate il mio tributo di affetto! O divin
Salvatore, possa stare sempre qui in tua compagnia e non allontanarmi
mai più!".
XIII
- CONCLUSIONE
143.
Egli risorgerà e trionferà
Gesù
non deve rimanere là. Il sepolcro, domicilio della morte, non
dev'essere l'abitazione dell'autore della vita. La corruzione,
conseguenza del peccato, non deve impossessarsi di Colui che è
senza peccato ed è venuto al mondo per cancellarlo. Il vincitore del
mondo e del demonio non può essere pascolo dei vermi della
terra. Egli risorgerà. Ciò era stato predetto molti secoli prima, e
la tradizione doveva avverarsi: "...Non
abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo
veda la corruzione". Gesù stesso si era preoccupato di
avvisare prima amici e nemici, paragonandosi a Giona profeta,
dicendo e ripetendo chiaramente in diverse circostanze: "Il
Figlio dell'uomo... il terzo giorno risorgerà". Anche i
nemici si sono ricordati di queste parole e le hanno ripetute a
Pilato, perché venissero prese le più severe misure di sicurezza e
si evitasse un inganno peggiore. Facciano pure: ma Gesù Cristo,
nonostante tutte le loro astuzie, risorgerà, dopo che l'anima
sua avrà visitato gli inferi e la sua carne avrà riposato nella
tomba parte del venerdì, tutto il sabato e parte della domenica.
Allora, accompagnato dai giusti dell'antica alleanza, riprenderà il
suo corpo esangue, lo rivestirà di gloria, uscirà senza ostacoli
dal sepolcro, vincitore della morte e dell'inferno. Un angelo
discenderà dal cielo, rimuoverà la pietra d'ingresso, farà tremare
la terra, e dirà a chiunque, guardie, donne, discepoli: È risorto,
non è qui. Gesù stesso, per quaranta giorni, starà in compagnia
della Madre e dei discepoli, ragionerà, converserà, si
intratterrà familiarmente con loro, darà ordini precisi sulla
formazione della sua Chiesa e la predicazione del Vangelo, salirà al
cielo alla vista di tutti e manderà agli Apostoli lo Spirito Santo
promesso. A loro volta i dodici di spargeranno su tutta la faccia
della terra allora conosciuta, Europa, Asia e Africa, e vi
predicheranno Gesù Crocifisso, unica salvezza del mondo,
parlando tutte le lingue e operando prodigi. Il mondo si
convertirà, e le anime rette, amanti del vero, a qualunque classe
appartengano, si rifugeranno all'ombra della croce,
sottoporranno se stessi al giogo soave del Redentore,
vivranno per Lui, sapranno morire per Lui. Passeranno i secoli.
L'opera di Gesù Cristo, la Chiesa, travagliata dalle persecuzioni
più crudeli, dalle eresie, dagli scismi, dai nemici, dai falsi
amici, dagli scandali interni, da tutte le malizie umane e
diaboliche, continuerà a compiere la missione ricevuta dal suo
divin Fondatore, assisterà al sorgere e allo scomparire degli
imperi, procederà sempre combattuta dai malvagi, ma risulterà
sempre vittoriosa e arriverà fino al termine dei secoli. Allora Gesù
Cristo, giudice dei vivi e dei morti, sarà visibile a tutta
l'umanità adunata, ed apparirà "unico Sovrano, il Re dei
regnanti e Signore dei signori", il fattore di ogni cosa,
il padrone dei secoli che per Lui si aprirono e per Lui solo ora si
chiudono, il trionfatore eterno. I giusti, che con Lui perseverarono
nel momento della prova, trionferanno allora con Lui nella vita
eterna. I reprobi, che lo abbandonarono per seguire la via del male,
peneranno lontano da lui nel fuoco eterno.
144.
Vieni, o Gesù!
"Vieni,
Signore Gesù" e per amore degli eletti abbrevia i giorni della
tribolazione e svela presto ad essi le gioie del tuo finale trionfo.
Amen!
Dal
sito http://www.preghiereagesuemaria.it/
Nessun commento:
Posta un commento