In
attesa scruto l’anima come un dannato
Forse
è meglio non cercare, non riflettere, vivere senza problemi, senza
la tortura di questi eterni quesiti che non hanno risposta: meglio
vivere da bestia soddisfatta. Ho l’anima lacerata dall’incertezza.
Posso chiamare bianco il nero, ridermi delle cose sacre, prenderle in
ridicolo: nulla me Io impedisce. Mi compiaccio di questi cattivi
pensieri e vorrei possedere la purezza di un bambino. Quale tormento
non sapere a chi chiedere, dove trovare un medico per l’intelligenza
e per il cuore! Sciocchezze. La vita è un gioco da prendere
sorridendo. Ecco il solo mezzo per non disperare. Che cosa sono la
felicità, questo nostro bambino che cresce? Gran belle cose,
senz’altro: ci aiutano e ci danno forza. Ma perché non mi danno
tanta forza di modo che possa scacciare questa crudele inquietudine e
questo problema che continuamente mi tormenta? Perché Vivo? Non
accade nulla: nulla che mi interessi. Vivo nell’attesa. Da sempre,
la mia vita è attesa di qualcosa, d’una catastrofe, d’una
gioia, di qualcosa che sia grande e bello... Non ho avuto l’ambizione
o il desiderio di occupare una carica, un posto di responsabilità.
Vivo per qualcosa d’altro. Non so che cosa sia quest’altro, ma
vivo nell’attesa di qualcosa. Ho visto diversi amici, ho parlato
con persone di cultura, ma non ho imparato nulla. Io cerco le verità
fondamentali e queste persone invece accettano la vita in modo
passivo. Chi sono io? Io e tutti gli altri che, mai soddisfatti come
me, spingiamo sogni e desideri verso mondi sconosciuti? Cerchiamo
forse qualcosa che abbiamo perduto? Perché non mi accontento di
quanto sta davanti a me, vero, palpabile, reale? Perché il mio
spirito invoca l’Infinito, l’Eternità? È stupido cercare una
risposta, si perde tempo. Ma perché allora questi problemi mi
assalgono furiosi come una tempesta? La nostra vita non dura più di
un attimo, portiamo nel cuore la tempesta selvaggia delle passioni,
siamo torturati dai desideri e dalla speranza, vogliamo raggiungere
l’impossibile e tenerlo ben fermo tra le mani. Interroghiamo il
passato, leggiamo quello che gli uomini hanno scritto, ma non
comprendiamo. Interroghiamo la terra il cielo, gli astri, gli abissi
dello spazio e gli abissi dell’anima; piangiamo di nostalgia e di
compassione davanti ad ogni cosa bella, compiamo gesti di passione
ardente e poi, all’improvviso, restiamo freddi, immobili. Più
nulla, più nulla... Tutte le strade sono mie, ma sento in me
l’incertezza. Contemplo questa tragica bellezza di creatura
abbandonata, mi accorgo di vivere come un re in esilio cosciente
della sua forza e della sua debolezza, tremo di estasi e di spavento
quando guardo la Via Lattea, nutro la mia disperazione con la
certezza che non potrà mai liberarmi dalla materia che mi tiene
prigioniero, e tremo. Dove troverà la terra promessa della
felicità e della pace?
Una
lama di luce
Ho
visitato Notre-Dame: è tutta bella. Belli i portali pieni di ombra,
le torri potenti, la nobile magnificenza delle proporzioni armoniose
e audaci, la gravità di sapersi casa di Dio. Ogni forma
architettonica racchiude un’idea: ho capito in questa chiesa che
cosa è la dirittura interiore, il legame tra bontà visibile
e
mondo spirituale... Non c’era nessuno nella chiesa. Dall’alto
degli archi, già nascosti dall’ombra, scendeva sulla mia anima
inquieta una stranissima pace. Ora sono solo: mi siedo e penso. Non
capisco nulla della vita. Se Dio non esiste, se l’idea di Dio è
stata creata dall’uomo per il bisogno di vincere la solitudine,
ripudiare e calpestare le gioie della vita è ridicolo
e assurdo.
Ma qui, in questo convento, trovo tranquillità e pace, sento che i
pensieri si volgono all’anima, capisco che la mia vita e quella di
uomini come me è un’esistenza caotica, cieca e senza meta: qui
capisco che fino ad oggi sono vissuto per cose effimere, che mi sono
accontentato di ciò che passa. Le parole non bastano a descrivere
quello che ho provato e quanto ancora brucia in me di luce forte e
dolce. Ho intravisto un abisso, un vortice luminoso e accecante.
Penso alla fede e capisco che essa è nemica del dubbio e delle
questioni inutili. Mi pare di udire una voce: tieni in alto i
pensieri e sii pronto. La luce può manifestarsi nel momento più
buio della disperazione e perciò conquistarci sull’orlo della
felicità. Sii vigilante. Ho paura; il palazzo della mia gioia trema
dalle fondamenta: questa mia emozione non è forse frutto della
bellezza? Non mi sono forse lasciato commuovere da un magnifico
poema? E se queste mie parole non fossero altro che il vestito
esteriore di un sogno bello ma vano e inutile? Questo mio spirito ha
sete di certezza, vuole una realtà che Io soddisfi in tutto. Potrà
Iddio appagarmi?... Dio è il desiderio che l’uomo ha
dell’infinito, del bello, del sublime. Dio esiste soltanto nella
mente dei sognatori e delle anime semplici. Ma perché allora
sentiamo la nostalgia di vette inaccessibili? Perché questo
interrogativo ci tortura? Chi ha posto nel nostro spirito questa
domanda, chi ci fa sentire il desiderio inderogabile d’una
risposta? Se il mondo è materia, di dove hanno origine
l’intelligenza e questa furiosa ricerca di una soluzione? Mi fanno
impressione la gioia e il rispetto con cui nostro figlio entra in
chiesa. I suoi occhi di fanciullo si posano su tutto e vogliono la
spiegazione di ogni particolare. Qualche giorno fa mi disse: «Papà,
perché noi non ci inginocchiamo mai?». Ciò che non è Dio non
dà gioia all’uomo: è passatempo, superficialità, menzogna;
non accontenta il nostro sentimento né il nostro desiderio di
Bellezza. Ho conosciuto in questo albergo una strana signora non più
giovane: viene dall’America e una sera, seduta al mio tavolo, m’ha
raccontato la sua vita. Non ha amici né parenti... ma s ì, un
amico Io possiede, ben prezioso, e me Io mostra: il libretto degli
assegni. Dice di annoiarsi... Viaggia senza meta, spinta
dall’inquietudine, senza gioia. Ecco perché ho speranza Non penso
al denaro, non desidero essere riverito, non bramo il piacere. Che
cosa voglio dunque? Il lavoro, la bellezza e quelle ore di calma
durante le quali, come bambino spaurito, cerco il significato del
mondo: sono le uniche realtà che fanno tacere la mia inquietudine.
Talvolta mi sento abbagliato da una luce improvvisa.
Ecco
perché ho speranza.
Mi
pare di contemplare l’anima in uno specchio e di camminare oltre
questa porta, verso l’eternità divina. Il mio cuore è un
incendio, soffro, eppure provo una grande gioia: il pensiero corre ai
miei morti, scruta la terra, la vita, gli spazi infiniti;
l’inquietudine si placa, posseggo per un attimo la certezza, ho
fiducia, mi sento vicino all’Assoluto. Chi ha ragione? Queste donne
che hanno rinunziato a quanto noi stimiamo indispensabile - amore,
libertà, figli, gloria -, che si sono consacrate a Dio, che
allontanano il desiderio che sempre rinasce, che pregano e cantano la
gloria dell’Essere invisibile? Oppure noi che nella dispersione di
ogni giorno gridiamo con pianto disperato, noi che attendiamo nel
domani il compiersi della nostra speranza, che soffochiamo l’angoscia
con gioie raffinate, che ci accechiamo alla luce cruenta del mondo
visibile?
Alcuni
giorni orsono, mentre ero nella. chiesa delle Benedettine, ho sentito
un tuffo al cuore: Dio esiste, immenso, eterno, principio e fine di
ogni cosa; in quel momento avevo la certezza che un giorno tutto
sarà armonia, sentivo fiducia e gioia. La vita è buia e
impenetrabile. Non posso liberarmi dal tormento che distrugge la
certezza, eppure sento che la forza della fede cattolica
s’impadronisce del mio cuore. Questa fede mi fa vedere Dio, mi
libera dalla materia, rompe le mie catene, porta Io spirito come
aquila verso la luce. Dio mio, non è possibile che tutto sia
inutile, che la vita sia un sogno della nostra fantasia: sì, Dio
esiste, Dio è il centro del mondo.
Voglio
trovare Dio oltre le parole
Mi
piacciono gli uomini che cercano, quelli che indagano, gli uomini che
non si accontentano delle cose comuni, che gridano verso Dio. So che
cos’è questa follia di grandezza. Non mi accontento della vita di
tutti i giorni. Io voglio Dio. Ecco la salvezza: credere che la vita
ha un senso, credere che è basata su di un solido fondamento. Colui
che vive nel raccoglimento e che non si lascia stordire dalle cose e
dagli uomini, colui che guarda al di là delle apparenze deve
convincersi dell’esistenza di un Principio, deve accettare
l’ordine, la presenza dello Spirito di Dio. Io ho provato la calma
di questi momenti di certezza; sento, sulle rovine del cuore, il
grido di questa indistruttibile speranza. Quanto deve essere profonda
la gioia di colui che, all’improvviso, dopo aver camminato a lungo
e cercato la pace inutilmente, capisce che lui pure è figlio di un
Padre che Io conosce e che Io ama, e non un atomo sperduto
nell’immensità dello spazio! Quest’uomo camminava disperato nel
vuoto, e ora la coscienza gli dice con parole di fuoco che la sua
vita non è inutile, che Dio Io vede, che Gesù Io ama, che la sua
angoscia è compresa e amorevolmente seguita da una mano divina.
Accetto. Voglio la verità. Il mio spirito è conquistato da queste
cose meravigliose. Come uomo non capisco, ma l’anima sente. Mi
abbandono a Dio. Mi pare di destarmi da un sogno: dopo lungo errare
attraverso la notte vuota e oscura, ho ritrovato l’anima. Recito il
Pater, e al suo confronto tutta la scienza dell’uomo mi pare vuota
e assurda. L’anima ha fame, e la semplice preghiera insegnata da
Gesù ha il potere di saziarla. Traccio il segno di Croce, e sento
in me la pace. Non capisco, non so spiegare, ma questa .è la
realtà. Mi sento infinitamente debole
e immensamente grande. Ero
arido al pari della terra bruciata, ed ecco che la pioggia benefica
mi irrora. Che cosa ho fatto per meritare questo dono? Perché è
stato concesso a me e alla mia famiglia e non ad altri? Ho cercato a
lungo una risposta ai problemi e non ho capito questa semplice
verità: basta mettersi in ginocchio, offrire il cuore a Dio e ogni
mistero si fa luminoso come il sole. Tutto è mutato in me. Quello
che prima giudicavo degno di grande attenzione ora non mi interessa
più. Ripenso al tempo passato e non mi riconosco: ero io
l’infelice, l’inquieto che cercava con ansia e che giocava con la
sua angoscia perché non trovava pace? Ero io l’ignorante che
tentava di saziare la sua fame di Dio con cibi terreni e che
ingannava se stesso con menzogne nutrite d’orgoglio? Si, ero
proprio io. La disperazione mi faceva sanguinare, gli uomini che
incontravo mi davano la sensazione del caos, eppure giudicavo la
religione come il sogno fatuo, sorpassato e inutile, di uomini fuori
tempo, e mi credevo generoso e sapiente perché ero disposto ad
accordare diritto di cittadinanza a tutte le idee. Ero ridicolo e
cieco. Ora invece vedo. Sono in ginocchio e inizio così la mia
nuova vita.
PIETER
VAN DER MEER (1880-1970) è stato una delle più forti figure della
rinascita cattolica olandese contemporanea. Dopo una giovinezza
scettica, ma nella costante ricerca di valori autentici, l’ansia di
superare le sue inquietudini e il desiderio di una completa certezza
lo spinsero alla fede cattolica e alla conversione. La sua
straordinaria avventura spirituale è proposta in intense pagine di
amore e di fede che costituiscono la numerosa raccolta dei suoi
scritti, tra,i quali sono stati pubblicati dalle Edizioni Paoline: La
verità vi renderà liberi (1973); Diario di un convertito (1975 –
7ed); Uomini e Dio (1975 – 7ed); Il paradiso bianco (1975 – 2ed);
Tutto è amore (1974); La Terra e il Regno (1975).
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