Caro
Roberto, ogni volta che ci incontriamo mi confidi sempre la gioia che
provi per il tuo rapporto intimo con Dio: lo preghi tutte le mattine
e soprattutto in macchina quando ti sposti da casa per dirigerti sul
posto di lavoro. Sento che vuoi bene a Gesù e che desideri
conoscerlo sempre meglio per entrare il più possibile in sintonia
con lui. E questa sintonia, ti ricordo, avviene proprio attraverso la
preghiera, mezzo che Egli stesso usava per rimanere in stretta
comunione con il Padre celeste. Non faceva nulla Senza prima averlo
consultato. Ne hai prova quando nel Getsèmani, in preghiera, chiese
al Padre di allontanare da Lui quel calice amaro che gli sarebbe
stato offerto di lì a poco da bere: “Padre mio, se è possibile,
allontana da me questo calice; tuttavia non avvenga quello che io
voglio, ma quello che vuoi tu” (Mt. 26,39). Ti scrivo dunque, per
confermare la bontà della tua scelta e per aiutarti a proseguirvi,
alcune considerazioni che Sicuramente ti Serviranno a Solidificare il
tuo rapporto con il Padre. Ti dico subito che Gesù non è stato
tanto insistente con i suoi discepoli su comportamenti da tenere,
come la castità, la povertà, la giustizia e altro, quanto sulla
preghiera. E questa sua insistenza l'ha manifestata in due modi: con
l'insegnamento e la testimonianza. Con l'insegnamento: “Bisogna
pregare senza stancarsi” (Lc. 18,1-9); “Pregate in ogni tempo”
(Lc 21,36); “Pregate per quelli che vi perseguitano” (Lc 6,28);
“Pregate che la vostra fuga non avvenga d'inverno” (Mt. 24,20);
“Vegliate e pregate per non cadere in tentazione” (Lc. 22,40);
“Raccontò loro una parabola per mostrare che dovevano di continuo
pregare” (Lc. 18,1). Con la testimonianza: Prima di iniziare il Suo
ministero si ritirò nel deserto a pregare (Lc. 4, 1ss.); pregò
prima di scegliere i dodici apostoli (Lc 6,12-15); lo fece prima di
insegnare ai suoi discepoli a pregare (Lc. 11,1-4); pregò prima di
affrontare la passione (Lc. 22,41) e prima di morire (Lc 23, 46).
Dicono gli evangelisti che “all'alba, mentre tutti dormivano, Gesù
si ritirava in luoghi solitari a pregare” (Mc. 1,35); “la sera,
congedata la folla, si ritirava solo Sul monte a pregare, e pregava
tutta la notte” (Mt. 14,22-23). Era così importante per lui la
preghiera che spesso ignorava la folla che lo attendeva per essere
guarita dai mali da cui era afflitta: “Al mattino presto, si alzò,
uscì di casa e andò su un luogo deserto e là si mise a pregare. Ma
Simone, con quei che erano con lui, andò a cercarlo, e, trovatolo,
gli dissero; Tutti ti cercano (Mc. 1,35-37)”. Luca ci racconta che
“La sua fama si diffondeva sempre più e il popolo accorreva in
folla per ascoltarlo e per essere guarito dalle sue infermità. Ma
Gesù si ritirava in luoghi solitari e pregava” (Lc 5,15-16).
Affermava qualcuno che “la preghiera non è altro che accordarsi
con il respiro di Dio”. Da questo puoi capire perché Gesù,
davanti alla tomba di Lazzaro, prima di risuscitarlo da morte, alzò
gli occhi al cielo e disse al Padre: “Padre, ti ringrazio di avermi
esaudito. Sapevo bene che mi esaudisci sempre” (Gv 11,41-43):
respirava con la stessa frequenza del respiro del suo Padre celeste.
La preghiera dunque, caro Roberto, non è altro che un dimorare con
Dio, è renderlo presente nella propria vita, è introdursi
affabilmente nella vita di Dio ed acquisire la sua volontà, è
tenere per mano Dio durante il nostro cammino. Sono convinto che
avrai incontrato spesso amici e anche sacerdoti che, con
atteggiamenti da sufficienti, ti avranno detto che non si può stare
tutto il giorno a pregare, che oggi la vita è così frenetica che si
fa già fatica a trovare il tempo per stare in famiglia, figuriamoci
perciò trovare il tempo per dedicarsi alla preghiera. Ti avranno poi
detto che quello che serve al cristiano non è tanto il pregare,
quanto fare il proprio dovere, inteso come sovvenire alle necessità
della propria famiglia e andare incontro alle esigenze dei poveri.
Allora ti racconto cosa successe tanti anni fa all'entrata dello
stadio di Milano. Era il 23 aprile del 1977 e Madre Teresa di
Calcutta, conosciuta in tutto il mondo per la sua dedizione ai
poveri, fu invitata per rendere testimonianza della Sua vita davanti
a migliaia di giovani. L'accompagnava padre Mario Meda, un sacerdote
che era stato tanti anni missionario in Birmania. Prima di entrare,
Teresa di Calcutta chiese a padre Mario: “Quante ore preghi ogni
giorno?”. Il missionario rimase sorpreso da una simile domanda e
cercò di difendersi dicendo: “Madre, da lei mi aspettavo un
richiamo alla carità, un invito ad amare di più i poveri. Perché
mi chiede quante ore prego?”. Madre Teresa gli prese le mani e le
strinse tra le sue quasi a volergli trasmettere ciò che possedeva
nel suo cuore, e gli confidò: “Figlio mio, senza Dio siamo troppo
poveri per aiutare i poveri! Ricordati: io sono solo una povera donna
che prega. Pregando, Dio mi mette il suo amore nel cuore e così
posso amare i poveri!”. Tu, caro Roberto, come pensi di amare la
tua sposa, i tuoi figli, gli amici che ti circondano se Dio non ti
riempie il cuore del suo amore? E come pensi di ottenere questo amore
da Dio se non gli dimostri che lo ami respirando con il suo stesso
respiro, quel respiro che Gesù sintonizzava di continuo con quello
del Padre attraverso la preghiera? Si racconta che un giorno un
bambino, che cercava di sollevare una grossa pietra, non riuscisse a
muoverla. Suo padre, che lo osservava, alla fine gli disse: “Sei
certo che stai usando tutta la tua forza?”. “Sì!”, gridò il
bambino. “Non è vero - gli disse il padre -, non mi hai chiesto di
aiutarti”. A questo punto ti chiederai: qual è allora il giusto
modo per pregare? Il fondatore dei monaci camaldolesi di Monte
Corona, il beato Paolo Giustiniani, a tale tua domanda così rispose:
“Non si troveranno mai due uomini che pregano nella stessa maniera,
ed anche per ogni uomo il modo di pregare varia quasi ogni volta. E'
perciò vano e superfluo ricercare un metodo di orazione: il metodo
migliore è quello di pregare senza metodo. Ciascuno dunque si
attenga al modo di pregare al quale si sente inclinato”. Infatti
san Francesco, definito “uomo tutto preghiera”, era molto libero
nel suo colloquiare con il Signore. Racconta frate Leone che una
notte, vedendo che Francesco non era nella sua cella, lo andò a
cercare per la selva di La Verna dove insieme si erano ritirati in
solitudine. E trovatolo “lo vide stare ginocchioni in orazione con
la faccia e le mani levate al cielo, e in fervore di spirito sì
dicea: “Chi sei tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo
verme e disutile servo tuo? E queste medesime parole pure ripetea, e
non dicea niuna altra cosa” (cf. L. Ignacio “Nostro fratello di
Assisi”, Ed. Messaggero Padova, pag.293-294). E a conferma di
quanto sia valido questo modo di pregare, ti trasmetto la
testimonianza data dal vescovo vietnamita Francesco Ngu yen Van
Thuan, per tredici anni rinchiuso in prigione dal partito comunista,
per cui ora è stata aperta la causa di beatificazione. Egli
racconta: “Mi viene alla memoria una storia, quella del vecchio
Jim. Ogni giorno, alle 12, Jim entrava in chiesa, per non più di due
minuti, poi usciva. Il sacrestano era molto curioso e un giorno fermò
Jim e gli domandò: -Perché vieni qui ogni giorno? -Vengo per
pregare. -Impossibile! Quale preghiera puoi dire in due minuti? -Sono
un vecchio ignorante, prego Dio a modo mio. –Ma che cosa dici?
-Dico: Gesù, eccomi, sono Jim. E me ne vado. Passano gli anni. Jim,
sempre più vecchio, malato, entra in ospedale, nel reparto dei
poveri. In seguito, sembra che Jim stia per morire, e il prete e la
religiosa infermiera stanno vicino al suo letto. -Jim, dicci: perché,
da quando sei entrato in questo reparto, tutto è cambiato in meglio,
e la gente è diventata più contenta, felice e amichevole? -Non lo
so. Quando posso camminare, giro di qua e di là, visitando tutti, li
saluto, chiacchiero un po' ; quando sono a letto, chiamo tutti, li
faccio ridere tutti, li rendo tutti felici. Con Jim sono sempre
felici. -Ma tu, perché sei felice? -Voi, quando ricevete una visita
ogni giorno, non siete felici? -Certo. Ma chi viene a visitarti? Non
abbiamo mai visto nessuno -Quando sono entrato in questo reparto, vi
ho chiesto due sedie: una per voi, una riservata per il mio ospite,
non vedete? -E chi è il tuo ospite? -E' Gesù. Prima andavo in
chiesa a visitarlo, adesso non posso più; allora, alle 12, Gesù
viene. -E che cosa ti dice Gesù? -Dice: Jim, eccomi, sono Gesù!...
Prima di morire, lo vediamo sorridere e fare un gesto con la mano
verso la sedia vicina al suo letto, invitando qualcuno a sedere.
Sorride di nuovo e chiude gli occhi. E così, quando le forze mi
mancano e non riesco neanche a recitare le mie preghiere, ripeto:
“Gesù, eccomi, sono Francesco”. Vengono gioia e consolazione, ed
esperimento che Gesù risponde: “Francesco, eccomi, sono Gesù”.
Caro Roberto, spero con questo breve scritto di aver dato risposta a
tutte le domande che mi poni spesso durante i nostri incontri. Ti
auguro di gustarti la dolce compagnia che sa offrire il nostro comune
Fratello. E ti chiedo, quando lo incontri, di esortarlo ad avermi
presente nel suo colloquio con il Padre, e di aiutarmi, come ha
aiutato Jim, ad avere tanta confidenza e fede nella sua presenza. Ti
saluto e benedico la tua cara sposa e i tuoi figli.
Con
affetto padre Basilio Martin
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