Madonna dei sette dolori nella Chiesa di Sant'Antonio Abate (Servi di Maria) - Sassari
Due
feste della Madonna: Natività e Addolorata.
Dopo il
ricordo dell'infanzia di Maria, ecco che la Chiesa subito ci invita a
meditare sui dolori, che segnarono la vita della Madre del Messia,
Corredentrice del genere umano. Mentre il giorno della nascita
consideravamo la grazia, la bellezza della bambina che era nata, non
ci si presentava il pensiero del dolore, ma se ci fossimo posta la
domanda: "Che cosa sarà mai di questa bambina?", avremmo
veduto che se tutte le nazioni dovevano un giorno proclamarla beata,
Maria doveva prima soffrire con il Figlio per la salvezza del mondo.
La
sofferenza di Maria.
Maria
stessa ci invita, con la voce della Liturgia, a considerare il suo
dolore: "Voi tutti che passate per la strada guardate e vedete e
dite se vi è dolore simile al mio... Dio mi ha posta e come
stabilita nella desolazione" (Geremia, Lamentazioni,
1,12-13). Il dolore della Santa Vergine è opera di Dio.
Predestinandola ad essere Madre del Figlio suo, l'ha unita in modo
indissolubile alla persona, alla vita, ai misteri, alla sofferenza di
Gesù, perché fosse cooperatrice fedele nell'opera della redenzione,
e tra il Figlio e la Madre doveva esservi comunità perfetta di
sofferenze. Quando una madre vede che il figlio soffre, soffre con
lui e sente, per riverbero, ciò che egli prova e Maria ha sentito
nel suo cuore tutto ciò che Gesù ha sofferto nel suo corpo per gli
stessi fini, con la stessa fede e con lo stesso amore. "Il Padre
e il Figlio, disse Bossuet, dividono per l'eternità la stessa gloria
e la Madre e il Figlio dividono nel tempo le stesse sofferenze; il
Padre e il Figlio una stessa sorgente di gioia, la Madre e il Figlio
uno stesso torrente di amarezza; il Padre e il Figlio lo stesso
trono, la Madre e il Figlio la stessa croce. Se si crivella di colpi
il corpo di Gesù, Maria ne sente tutte le ferite, se si trafigge la
sua testa con le spine, Maria è straziata da tutti quegli aculei, se
gli presentano il fiele e aceto, Maria ne beve tutta l'amarezza, se
si stende il corpo sulla croce, Maria ne soffre tutto il tormento"
(Discorso per la Compassione. Opere oratorie, II, p. 472).
La
Compassione.
La
comunione di sofferenze tra il Figlio e la Madre ci spiega perché è
stato scelto il termine Compassione per esprimere i dolori di
Maria. Compassione è l'eco fedele, è il contraccolpo della
Passione. Patire è soffrire e compatire qualcuno è soffrire con
lui, è risentire nel proprio cuore, come se fossero nostre, le sue
pene, le sue tristezze, i suoi dolori. La Compassione fu così per la
Santa Vergine la comunione perfetta con le sofferenze e la Passione
del Figlio e con le disposizioni che lo animavano nel suo sacrificio.
Perché
Maria soffre.
Parrebbe
che Maria, concepita senza peccato, ignara di ogni male, non avrebbe
dovuto soffrire. Se Dio, che tanto ama il Figlio, gli diede la
sofferenza in eredità, bisogna che la sofferenza sia un bene
notevole, ma siccome, dopo il Figlio ama la Santissima Vergine più
che tutte le altre creature, anche a lei l'ha offerta come il più
ricco dei doni. Del resto unita come era al Figlio, era opportuno e
in certo modo necessario che Maria provasse la sofferenza e la morte,
perché noi imparassimo da lei, come dal Figlio, ad accettare la
sofferenza, che Dio permette per il nostro maggior bene. Maria si
offrì liberamente, unì volontariamente il suo sacrificio e la sua
obbedienza al sacrificio e all'obbedienza del Figlio Gesù, per
portare con lui tutto il peso della espiazione richiesta dalla
giustizia divina e non ha sentito i dolori del Figlio solo per
simpatia, ma è entrata nella Passione realmente con tutto il suo
essere, con il cuore, con l'anima, con l'amore più vivo, con la più
serena tranquillità, ha sofferto nel cuore quanto Gesù ha sofferto
nella carne e vi sono teologi che affermano che abbia sentito anche
nel corpo le stesse sofferenze provate da Gesù nel suo e, dato che
alcuni santi hanno avuto l'onore di tale privilegio, ci è permesso
pensare che anche Maria lo abbia avuto.
La sofferenza di Maria viene da Gesù.
La
sofferenza di Maria non comincia solo sul Calvario. La sua infanzia
fu senza dubbio tranquilla ed esente da pene. La sofferenza cominciò
con Gesù "questo bambino molesto, dice Bossuet, perché dove
entra, entra con la sua croce, porta con sé le spine, e le divide
con quelli che ama" (Panegirico di san Giuseppe, t. II, 137).
"Causa dei dolori di Maria, dice ancora Mons. Gay, è Gesù.
Tutto quello che soffre viene da Gesù, si riferisce a Gesù, ha la
sua ragione di essere, il suo fondamento in Gesù" (41.a
Conferenza alle Madri Cristiane, t. II, 199). La solennità di oggi,
che ci presenta Maria al Calvario, ci ricorda, insieme con il dolore
supremo, tutti gli altri noti ed ignoti, che riempirono la vita della
Santa Vergine. La Chiesa si è fermata a considerarne sette solo,
perché questo numero esprime sempre l'idea della totalità e
dell'universalità e, nel responsorio del Mattutino, richiama in modo
particolare i sette dolori che le procurarono la profezia del vecchio
Simeone, la fuga in Egitto, la perdita di Gesù a Gerusalemme, il
trasporto della croce, la crocifissione, la deposizione dalla croce e
la sepoltura del divin Figlio, dolori che fecero veramente di lei la
Regina dei martiri.
Regina dei martiri.
Con questo
bel titolo la saluta la Chiesa nelle litanie. "Che abbia
veramente sofferto, dice san Pascasio Radberto, lo afferma Simeone
quando le dice: Una spada trapasserà la tua anima. Di qui è
evidente che supera tutti i martiri, perché gli altri hanno sofferto
per Cristo nelle loro carni, ma non hanno sofferto nella loro anima,
che è immortale, mentre Maria ha sofferto in questa parte di sé,
che è impassibile, la sua carne ha sofferto, per così dire,
spiritualmente la spada della Passione di Cristo ed è così più che
martire. Avendo amato più di tutti, più di tutti ha sofferto e la
violenza del dolore trapassò la sua anima, ne prese possesso a
testimonianza del suo amore indicibile. Avendo sofferto nella sua
anima, fu più che martire, perché il suo amore, più forte della
morte, fece sua la morte di Cristo" (Lettera sull'Assunzione, n.
14, PL 30, 138).
Il suo amore, causa di sofferenza.
Per
misurare l'estensione e l'intensità della sofferenza della
Santissima Vergine, bisognerebbe capire quale fu il suo amore per
Gesù. Fu amore ben diverso da quello dei Santi e dei martiri. Questi
soffrono per Cristo, ma il loro amore addolcisce i tormenti e qualche
volta li fa dimenticare. In Maria niente di tutto questo: il suo
amore aumenta la sofferenza. "Natura e grazia, dice Bossuet,
concorrono a determinare nel cuore di Maria impressioni
profondissime. Nulla è più forte e più pressante dell'amore
naturale per un figlio e dell'amore che sa dare la grazia per Dio. I
due amori sono due abissi dei quali non si penetra il fondo, né si
comprende l'immensità... " (Discorso sull'Assunzione, t. III,
493).
La sofferenza è gioia per Maria.
Ma, se
l'amore è per Maria sorgente di sofferenza, è pure sorgente di
gioia. Perciò soffrì sempre con calma inalterabile e grande forza
d'animo. Meglio di san Paolo, Maria sapeva che nulla, neppure la
morte, l'avrebbe separata dall'amore del suo Figlio, suo Dio.
Il santo
Papa Pio X scriveva che "nell'opera suprema si vide la Vergine
ritta presso la croce, oppressa senza dubbio dall'orrore della scena,
ma tuttavia felice e gioiosa, perché il Figlio si immolava per la
salvezza del genere umano" (Encicl. Ad diem illum, 2
febbraio 1904). Più di san Paolo, Maria sovrabbondava di gioia in
mezzo al dolore. In lei, come in Gesù, salve le proporzioni, la
gioia più profonda sta insieme alla sofferenza più grande che
creatura di quaggiù possa sopportare. Maria ama Dio e la divina
volontà più di ogni altra cosa al mondo e sa che sul Calvario si
compie questa volontà, che la morte del Figlio offre a Dio il
riscatto che Dio esige per la redenzione degli uomini, i quali le
sono lasciati come figli suoi e li amerà e già li ama come ha amato
Gesù.
Riconoscenza verso Maria.
Disse
sant'Alberto Magno: Come il mondo tutto è debitore di nostro Signore
Dio, così lo è della Vergine per la sua Compassione"
(Questione Super Missus, 150). Conosciamo oggi meglio, o
Maria, che cosa hai fatto per noi e quanto ti dobbiamo. Tu ti
lamentasti perché "guardando gli uomini e cercando fra essi
quelli che ricordavano il tuo dolore e ti compativano ne trovasti
troppo pochi" (Santa Brigida, Rivelazioni, l. II c. 24).
Non vogliamo aumentare il numero dei figli ingrati e ci uniamo perciò
alla Chiesa nel ricordare le tue sofferenze e mostrarti la nostra
gratitudine.
Sappiamo, o
Regina dei martiri, che una spada di dolore ti trapassò l'anima e
che solo lo Spirito di vita e di consolazione poté sostenerti e
fortificarti nel momento della morte di tuo Figlio.
Sappiamo
soprattutto che, se tu hai salito il Calvario, se tutta la tua vita,
come quella di Gesù, fu un lungo martirio, ciò avvenne perché tu
dovevi compiere presso il Redentore e in unione con lui il ruolo che
la nostra prima madre, Eva, compì presso Adamo nella nostra caduta.
Tu con Gesù ci hai riscattati, con lui e in dipendenza da lui hai
meritato de congruo, per convenienza, la grazia che egli
meritò de condigno, in giustizia, per ragione della sua
dignità infinità. Ti salutiamo così, con amore e riconoscenza,
"nostra Regina, Madre di misericordia, nostra vita e nostra
speranza" e, sapendo che la nostra salvezza è nelle tue mani,
ti consacriamo tutta la nostra vita, perché, sotto la tua potente
protezione, con la tua materna guida, possiamo raggiungerti nella
gloria del Paradiso ove, con il Figlio, vivi incoronata e felice per
sempre. Così sia.
MESSA
Il
Sacrificio quotidiano della Messa è il Sacrificio del Calvario
vestito della magnificenza della Santa Liturgia. Il canto
introduttivo ci presenta alcune donne e un solo uomo insieme con la
Madre dei dolori ai piedi della Croce nel giorno della grande
offerta.
EPISTOLA (Gdt 13,22-25). - Il Signore t'ha benedetta nella sua potenza, e per mezzo di te ha annientato i nostri nemici. O figlia tu sei benedetta dal Signore Dio altissimo a preferenza di tutte le altre donne della terra. Benedetto sia il Signore, creatore del cielo e della terra, che diresse la tua mano nel troncare la testa del principe dei nostri nemici. Oggi Dio esaltò il tuo nome da essere lodato per sempre dagli uomini, che si ricorderanno in eterno della potenza del Signore. Per essi tu non hai risparmiato la tua vita, e, viste le angustie e le tribolazioni del tuo popolo, ne hai impedita la rovina davanti a Dio. Tu sei la gloria di Gerusalemme, la letizia d'Israele, l'onore del nostro popolo.
Maria corredentrice.
Oh,
grandezza della nostra nuova Giuditta fra le creature! "Dio,
nota il Padre Faber, pare scelga in sé le cose più incomunicabili
per comunicarle in modo misterioso a Maria. Vedete come già l'ha
posta nei disegni dell'universo del quale la rende quasi causa e
parzialmente tipo. La cooperazione della Santa Vergine alla salvezza
del mondo ci presenta un aspetto nuovo della sua magnificenza. Né
l'Immacolato Concepimento, né l'Assunzione ci danno un'idea più
alta di Maria del titolo di Corredentrice. I suoi dolori non erano
alla Redenzione necessari, ma nel pensiero di Dio ne erano
inseparabili e appartenevano alla integrità del piano divino. I
misteri di Gesù non sono forse i misteri di Maria e i misteri di
Maria non sono i misteri di Gesù? La verità sembra essere questa: i
misteri di Gesù e quelli di Maria sono per Dio un solo mistero. Gesù
stesso è il dolore di Maria sette volte ripetuto, sette volte
ingrandito. Nelle ore della Passione, l'offerta di Gesù e quella di
Maria erano una sola offerta e, sebbene diverse per dignità e
valore, erano simili per le disposizioni, avevano lo stesso ritmo, lo
stesso profumo ed erano consumate dallo stesso fuoco: oblazione
simultanea fatta al Padre da due cuori senza macchia, per i peccati
di un mondo colpevole del quale si erano liberamente addossati i
demeriti" (Il piede della Croce, ix, 1, 2). Uniamo le nostre
lacrime ai tormenti di Gesù e al pianto di Maria. Nella misura in
cui l'avremo fatto in questa vita, potremo poi, col Figlio e con la
Madre, godere in cielo.
Nella
Messa, al graduale segue il toccante lamento attribuito al beato
Jacopone da Todi, francescano, lo Stabat Mater, che sarà per
noi un bella formula di preghiera e di omaggio alla Madre dei dolori.
SEQUENZA
In piedi, presso la Croce, cui era appeso il figlio, la Madre dei dolori piangeva.
L'anima sua, che gemeva per la tristezza e la desolazione, era stata trapassata da una spada.
Quanto era triste, quanto era afflitta quella benedetta Madre di un figlio solo.
Gemeva e sospirava la tenera Madre, assistendo alle pene del suo augusto figlio.
Chi non piangerebbe, se vedesse la Madre del Cristo, straziata da pene così acerbe?
Chi non potrebbe essere triste al vedere la Madre di Cristo con lui in preda al dolore?
Vide Gesù in mezzo ai tormenti, sottoposto ai flagelli, per i peccati del suo popolo.
Vide il dolce suo figlio morire senza conforto, ne colse l'ultimo sospiro.
Orsù, Madre, sorgente di amore, fa' che io senta la violenza della pena e pianga con te.
Fa' che arda il mio cuore nell'amore di Cristo, Dio, perché io possa piacergli.
Madre santa, imprimi fermamente nel mio cuore le piaghe del figlio tuo.
Dividi con me le pene del tuo Figlio straziato, che si degnò di soffrire per me.
Fa' che finché avrò vita, pianga piamente con te e compatisca al Crocifisso.
Desidero stare presso la Croce con te e unirmi a te nel pianto.
Vergine, tra le vergini la più nobile, non essere severa con me, fa' che mi unisca al tuo pianto.
Fa' che io porti in me la morte di Cristo, che io partecipi alla sua passione, che ne mediti le sofferenze.
Fa' che le sue ferite siano le mie ferite, che io mi inebrii della croce e del sangue del tuo figlio.
Le fiamme non mi tormentino: nel giorno del giudizio, sii tu, o Vergine, la mia difesa.
O Cristo, quando dovrò morire, fa' che la Madre mi conduca alla palma della vittoria.
Quando il corpo morirà, fa' che l'anima raggiunga la gloria del Paradiso. Così sia.
VANGELO (Gv 19,25-27) - In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre e la sorella di lei, Maria di Cleofa, e Maria la Maddalena. Or Gesù, vedendo sua madre e, vicino a lei, il discepolo che gli era caro, disse alla madre: Donna, ecco il tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre. E da quel momento la prese il discepolo in casa con sé.
In piedi presso la Croce.
"Stabat
iuxta crucem". Bisogna mettersi ben vicini alla Croce e bisogna
essere in piedi. In piedi, perché questo è l'atteggiamento del
coraggio e perché si resta così più vicini al Signore.
Unico modo
per fare questo è essere con la Santa Vergine. Non si potranno mai
unire le due prime parole alla terza senza il tecum, se ciò
non avviene con Maria e in Maria. La Croce è troppo spaventosa.
Lo stabat
di Maria è dominato da quello di Gesù, elevato sopra la terra, che
tutto attira a sé, appunto perché elevato sopra la terra.
Maria è in
piedi per essere il tratto di unione... la Mediatrice. La sua testa e
il suo cuore sono alti, per essere vicini al Figlio, i suoi piedi
toccano la nostra terra, per essere vicino a noi, che siamo pure suoi
figli. È in piedi, perché è nostra Madre: "Ecco, tua Madre".
e Maria può dire come Gesù: "Trarrò tutto a me, come madre".
Per il mistero della Cr0oce, tutta l'umanità è attirata a Gesù e a
Maria... (P. Dehau, La
Compassione della Vergine).
da: dom Prosper Guéranger, L'anno
liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad.
it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1076-1083 - Dal sito www.unavoce-ve.it/
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