La
vita di ogni uomo può essere guardata “da lontano”: si possono
conoscere le date principali e la storia delle opere da lui compiute,
avvicinare a sé le idee guida del patrimonio dei suoi scritti, se
sono rimasti, e ascoltare le opinioni di altre persone riguardo alla
sua vita. Un compito assai più difficile è conoscere qualcuno “da
vicino”, fare un tentativo di stringere con lui un’amicizia,
addentrarsi almeno un po’ nella storia del suo cuore. Lo scopo
della presente biografia, una tra le altre, del venerabile Servo di
Dio, P. Stanislao di Gesù e Maria Papczyński, Fondatore della
Congregazione dei Chierici Mariani, è avvicinarsi alla storia e
alla personalità di quest’uomo santo, proprio per conoscerlo “da
vicino”, per trovare in lui la guida spirituale nel cammino della
fede e un mediatore presso il trono di Dio. Gettiamo prima uno
sguardo alla sua vita e alla sua opera, per poi scrutare più a
fondo questa straordinaria storia di abbandono a Cristo e alla Sua
Immacolata Madre. Giovanni Papczyński (tale fu il nome di battesimo
del fondatore dei mariani), nacque il 18 maggio 1631 a Podegrodzie,
nei pressi di Nowy Sącz. Dopo aver terminato gli studi nei collegi
degli scolopi e dei gesuiti, nel 1654 entrò nell’ordine dei
Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie, a
Podoliniec nella regione Spisz. Durante il noviziato si distinse per
lo zelo nella preghiera e nell’adempimento dei doveri di religioso.
Presto si notò la sua maturità spirituale. Dopo due anni di
noviziato emise i voti religiosi a Varsavia, il 22 luglio 1656. Il 12
marzo 1661, ricevette gli ordini sacri a Brzozów, nei pressi di
Rzeszów, dalle mani del vescovo di Przemyśl Stanisław Sarnowski.
I superiori religiosi gli affidarono l’insegnamento della retorica
al collegio di Rzeszów. Nel 1663 venne trasferito a Varsavia, dove
continuò ad insegnare retorica e divenne famoso come eccellente
predicatore, esperto confessore e direttore spirituale. Padre
Stanislao, insieme ad alcuni confratelli desiderosi di realizzare in
modo radicale la loro vocazione, si adoperò per correggere la
qualità della vita nell’Ordine degli Scolopi. In gruppo
prendevano posizione contro i superiori che non osservavano la regola
con sufficiente zelo. Papczyński venne dichiarato un sobillatore,
cosa che acuì ancor più le tensioni all’interno della provincia
polacca dell’ordine. Di fronte ad una situazione del genere,
guidato dall’amore per la propria congregazione e dal desiderio di
riportare la pace nella provincia, divisa a motivo delle controversie
sorte, nell’anno 1669, P. Papczyński chiese la dispensa dai voti
e il permesso di abbandonare l’Ordine. Il 18 ottobre 1670 ricevette
il consenso del papa. Poco dopo, l’11 dicembre, soggiornando a
Kazimierz presso Cracovia, fece l’atto personale di offerta a Dio e
a Maria, la cosiddetta Oblatio, dichiarando di voler continuare a
vivere come religioso ed espresse l’intenzione di fondare l’Ordine
dei Mariani. Lo realizzò tre anni dopo, nel 1673, nella Foresta di
Korabiew (oggi Foresta Mariana), vicino a Skierniewice. La prima
comunità dei mariani fu approvata dal vescovo Jacek Święcicki,
durante la visita canonica della diocesi di Poznań, il 24 ottobre
1673. Il suo scopo era la diffusione del culto dell’Immacolata
Concezione della Beata Vergine Maria, l’aiuto ai defunti mediante
la preghiera, specialmente per coloro che erano deceduti per morte
improvvisa e senza preparazione, cioè i soldati caduti in guerra,
le vittime della peste, come anche l’attività apostolica, in modo
particolare tra il “popolo semplice” trascurato dal punto di
vista religioso. P. Stanislao racchiuse queste idee nella “Regola
di Vita”, che furono le prime costituzioni dell’Ordine dei
Mariani. L’approvazione ecclesiastica della nuova congregazione
ebbe luogo nel 1679, e il 24 novembre 1699, la Sede Apostolica
permise ai mariani di emettere i voti solenni.
Padre
Papczyński morì in concetto di santità il 17 giugno 1701 e
venne sepolto nella Chiesa del Cenacolo a Nowa Jerozolima (oggi:
Góra Kalwaria nei pressi di Varsavia). Esperienza dell’amore e
della Provvidenza di Dio La vita del Fondatore dei mariani fu
soprattutto l’esperienza del Dio vivente presente nella storia
degli uomini, vicino all’uomo; del Dio che si rivela nel mistero
dell’Incarnazione, e nell’opera della redenzione trasmette a
ciascuno il suo amore salvifico. Su questo argomento scrisse: L’amore
di Dio verso gli uomini [...] è così grande che nessuna lingua
umana, e nemmeno quella angelica è in grado di esprimere e la mente
non è capace di comprendere. Se tu infatti lasciassi fuori gli
altri atti d’amore e se non ci fosse manifestato nient’altro
all’infuori del fatto che Dio, per la salvezza di tutto il genere
umano, avesse deciso di offrire in olocausto il Suo unico Figlio, e
infatti lo fece, soltanto questo sarebbe certamente un’espressione
dell’infinito, gratuito e ineffabile amore (Inspectio cordis).
Quest’amore gratuito di Dio Padre, P. Papczyński lo constatava
negli eventi della sua vita attraverso i numerosi segni della Divina
Provvidenza. Le sue prime biografie, scritte dal P. Mansueto
Leporini, un francescano e da P. Kazimierz Wyszyński, mariano (la
loro credibilità basata sulle fonti è stata confermata nel corso
del processo di canonizzazione di P. Papczyński) esprimono la
convinzione dei testimoni della sua vita, che fu Dio stesso a
custodire il suo servo come la pupilla dell’occhio. Per confermare
tale fedeltà sono raccolte in esse numerosissime testimonianze
riguardanti i pericoli mortali, occorsi a Giovanni a causa di
incidenti o di malattie, e da cui fu salvato miracolosamente. Ciò
rendeva palese la grande bontà di Dio Padre che aveva cura del suo
figlio.
I
più antichi frammenti conservati degli scritti di P. Papczyński,
del periodo di noviziato dagli scolopi, e dunque dell’anno intorno
al 1656, esprimono la sua gratitudine verso Dio per i benefici
ricevuti, in modo particolare per le grazie spirituali. Nella
prospettiva della morte che si stava avvicinando, guardava nello
stesso modo la vita passata: Rendo grazie alla Maestà Divina per le
grazie, per la benevolenza, per i doni e i benefici, concessimi
generosamente (Primo testamento). Sin dall’infanzia portava
nell’intimo l’esperienza della vicinanza e della bontà di Dio
che si compiace nell’uomo puro di cuore. Nel periodo degli studi a
Nowy Sącz, Giovanni, resosi conto che uno dei suoi docenti –
d'altronde meritevole di riconoscimento a motivo della sua scienza –
conduceva una vita immorale, fuggì da quella scuola, per non
soccombere alla sua cattiva influenza. Gli avevano inculcato –
probabilmente nella casa paterna – che la salvezza dell’anima va
messa al di sopra del successo in questo mondo. Fu più grato a Dio,
proprio per averlo preservato dal peccato. Cercava di guardare con
gli occhi della fede la realtà temporale; per lui aveva il massimo
valore ciò che conduceva alla salvezza, e piacere a Dio era più
importante del godimento dei piaceri di questo mondo. La luce
dell’amore di Dio scendeva nel cuore di P. Papczyński anche
tramite i genitori: il padre Tomasz, retto ma esigente e la madre
Zofia, che si distingueva per la pietà e per la pazienza. Sarebbe
una diminuzione del loro ruolo limitarsi soltanto ad una
caratteristica così generica. Tomasz Papka (Padre Stanislao cambiò
il suo cognome in Papczyński durante gli studi) dovette essere
ritenuto un uomo onesto e degno di fiducia, dato che la società di
Podegrodzie lo elesse come capo della comunità locale. Saranno
proprio la schiettezza e l’onestà a caratterizzare P. Papczyński
in tutta la sua vita. Grazie alla sua ingegnosità e le sue
capacità amministrative, Giovanni dopo aver terminata la scuola
parrocchiale, poté continuare gli studi nei collegi lontani da
Podegrodzie. Tomasz infondeva anche nei suoi figli la virtù della
laboriosità. Quando il figlio, non facendo dei progressi a scuola
la abbandonò, venne immediatamente mandato ad occuparsi di un
gregge di pecore. Dopo anni, il Fondatore dell’Ordine dei Mariani
inculcherà ai suoi confratelli la necessità di dedicarsi al
lavoro, tuttavia mai lo antepose alla preghiera e alla formazione
spirituale: Due sono le doti, di cui si ornano e risplendono i santi
istituti [religiosi]: la virtù e l’istruzione. La virtù si
manifesta nell’osservanza della regola dell’ordine religioso,
l’istruzione viene raccomandata per il bene e l’utilità del
prossimo. [...] nessuno dunque si dispensi dalla preghiera sia
mentale che vocale e da altre nostre comuni pratiche e impegni di
studio (Lettera ai mariani nella Foresta di Korabiew, 19 aprile
1690). La predilezione per la vita di preghiera l’aveva certamente
attinta da sua madre, una donna raggiante di semplicità e di
pietà. L’appartenenza alle numerose confraternite fu certamente
segno della sua religiosità, trasmessa alla prole. La devozione di
Zofia Papka si esprimeva anche in un profondo atteggiamento di
perdono, menzionato da P. K. Wyszyński nella biografia del
Fondatore. Zofia, oltraggiata e malmenata dal suo vicino, gli
perdonò il torto, e con l’esempio del proprio atteggiamento seppe
anche placare l’impulsività del giovane Giovanni, il quale voleva
vendicare la madre. La sua pazienza ebbe un’influenza benefica sul
marito, uomo per un verso aggressivo e a volte perfino violento e che
Zofia indusse anche a perdonare a chi gli aveva recato torto. Il
giovane P. Papczyński crebbe dunque in un ambiente familiare dove
la pietà influiva sulle scelte concrete e gli atteggiamenti nella
vita. Anche la storia della “carriera scientifica” del giovane
Giovanni è piena di segni da parte della Divina Provvidenza.
Mandato a scuola all’età di circa sette anni, presto interruppe
lo studio, non riuscendo a far fronte alle più elementari esigenze
di esso. Umiliato, tornò a casa per pascolare le pecore. In qul
tempo accadde qualcosa che risvegliò la sua mente e cambiò
totalmente il suo rapporto con lo studio. I biografi lo attribuiscono
ad un particolare intervento della Madonna, alla quale si era rivolto
nella preghiera per ottenere aiuto. Senza dir nulla ai genitori
tornò a scuola e senza difficoltà, in poche ore, apprese l’intero
alfabeto. In tre anni conseguì e con buoni risultati, la licenza
della scuola elementare, iniziò il corso di quella superiore, ma
all’improvviso cadde in uno stato di avversione allo studio e
tornò a pascolare le pecore. L’infanzia di P. Papczyński
permette di notare come la grazia di Dio lottò contro
l’instabilità del suo carattere. Il suo tirarsi indietro, i
ritorni, l’apatia e l’impegno, lo smarrimento, le decisioni
arbitrarie, mutevoli si intrecciavano in una storia addirittura
drammatica. Un alunno capace nello studio, per due volte tornava al
gregge, e dopo un tempo di riflessione riprendeva il tentativo. Da
queste “complicazioni” Giovanni ne uscì talmente formato da
poter, già all’età di 15 anni, lasciare la casa paterna, per
continuare gli studi nelle scuole superiori a Podoliniec, a Jarosław
e a Lviv, distanti centinaia di chilometri dalla nativa Podegrodzie,
dove la scuola non offriva possibilità di ulteriori studi. Avendo
superato le difficoltà interiori, dovette far fronte ad eventi da
lui indipendenti: per due volte si ammalò molto gravemente, lasciò
i collegi a Podoliniec e a Lviv a motivo sia della peste che si stava
avvicinando, sia per le operazioni belliche; si guadagnò la vita
con delle ripetizioni. Queste lotte contro se stesso e contro le
contrarietà esterne, ebbero per il futuro Fondatore della
Congregazione dei Chierici Mariani un valore inestimabile. Lo resero
un uomo di abbandono in Dio al quale doveva tutto per la grazia che
gli aveva elargito; fu anche un uomo intransigente che non
indietreggiava dinanzi alle più difficili sfide. M. Leporini, il
primo biografo di P. Papczyński, lo definì con una constatazione
generica, ma decisa: egli era solito porre la sua fiducia soltanto
nella Divina Provvidenza. Consacrato a Dio Attratto dall’amore di
Dio, Giovanni Papczyński decise di donare a Lui tutto. L’ultima
decisione riguardo all’entrata in convento la prese all’età di
23 anni, sebbene probabilmente ci pensasse già da alcuni anni.
Aveva alle spalle un difficile curriculum scolastico, un’esperienza
di malattia e di fame, di povertà e di lontananza dalla casa
paterna. Avendo superato queste difficoltà, poteva finalmente
guardare il futuro con fiducia. I successi negli studi (il
conseguimento del diploma di scuola superiore e lo studio di
filosofia) gli preconizzavano lavoro e cariche, una vita felice e
certamente agiata. La famiglia gli aveva trovata una buona ragazza
per moglie, contando che avrebbe trovato la tranquillità nel nido
di una famiglia, dopo i burrascosi anni di studio e di vita errante.
Egli, tuttavia, decise di donarsi al servizio di Dio nella vita
consacrata. Gli scritti successivi e le decisioni della vita di P.
Papczyński, indicano che egli riteneva la vita religiosa come la
più perfetta forma di mettere in pratica il Vangelo, anche se
vedeva la possibilità di tendere alla santità anche nella vita
laica. Desiderava comunque vivere l’ideale evangelico in modo
perfetto, per imitare così Gesù e Maria. Perciò prese la
decisione di entrare in una congregazione religiosa. Da giovane aveva
avuto la possibilità di conoscere più da vicino i due ordini, nei
quali riceveva l’istruzione: i gesuiti e gli scolopi. Scelse
quest’ultimo ordine che era agli inizi della fondazione; anzi, a
quell’epoca quest’ordine non era ancora in possesso dei pieni
diritti religiosi, in conseguenza di una decisione della Sede
Apostolica, del 1646. Questa limitazione e l’attesa alla
restituzione agli scolopi della possibilità di emettere i voti,
forse ritardò la decisione di Giovanni di entrare nella via
religiosa, quando tuttavia la decisione fu presa, entrò con grande
entusiasmo dagli scolopi; amò anche di un amore sincero e profondo
l’ordine che aveva scelto, che doveva formare spiritualmente la
gioventù povera e trascurata, dando testimonianza di povertà e di
pietà. Negli scritti successivi P. Papczyński chiamerà l’ordine
degli scolopi Congregazione santissima delle Scuole Pie,
Congregazione delle Scuole Pie più cara della vita, dilettissima
Società dei Poveri della madre di Dio (Fundatio domus
recollectionis). Desiderava rimanere in essa fino al termine della
sua vita. La Divina Provvidenza stava tuttavia preparando per lui
un’altra via – un altro compito importante. Vestito l’abito
degli scolopi, Giovanni Papczyński ricevette il nome in religione
di Stanislao di Gesù e Maria. Esso conferiva l’orientamento alla
sua vita. Il nuovo patrono di P. Papczyński divenne il santo
vescovo di Cracovia, Stanislao, martire per la fede e per la libertà
della Chiesa, intrepido difensore dei valori evangelici. Padre
Stanislao prese con consapevolezza la via della difesa dei valori,
anteponendola in seguito più volte alla propria vita. Nella
vocazione religiosa il predicato “di Gesù e Maria” si
esprimerà nell’amore a Cristo Crocifisso e all’Immacolata
Concezione di Maria. Stanislao Papczyński sin dall’inizio della
sua permanenza nell’ordine, si impegnò con tutto il cuore a
realizzare la propria vocazione. Nel 1675, descrivendo la vita nella
comunità delle Scuole Pie (e dunque 4 anni dopo averla
abbandonata), confessa: apprezzavo molto la mia vocazione proveniente
da Dio e non da qualche altra parte (Fundatio domus recollectionis).
Riteneva una grande grazia la chiamata ad una comunità fondata da
Giuseppe Calasanzio. Accettò come proprio, lo stile di vita di
quest’ordine. Si dedicò tutto alle opere affidategli dai
superiori, vedendo in ciò la via verso la santità per sé e per
i fedeli. Come annunzia il Decreto sull’eroicità delle virtù,
Stanislao Papczyński “durante il primo anno di noviziato fece
tali progressi nella vita religiosa, da poter, all’inizio del
secondo anno, essere mandato agli studi teologici a Varsavia. Lì
[...] Nell’anno 1656 emise i voti semplici: di castità, di
povertà e di obbedienza, e ricevette, dopo i quattro ordini minori,
il suddiaconato”. I primi anni del cammino sulla via dei consigli
evangelici annunciavano una vocazione bella e gioiosa. Prima di
emettere la professione, ponendo sopra ogni cosa l’aspirazione alla
santità, consapevole delle mancanze della vita passata, Stanislao
pregava Dio: Fa’, che nella mia vocazione, dopo tante opere cattive
io compia quelle buone. Delle sue “tante opere cattive” il Servo
di Dio scrisse in Secreta Conscientiae, per propria umiliazione. Era
una specie di confessione, nella quale confessava le mancanze e i
peccati della giovinezza commessi prima di entrare nell’ordine
degli scolopi, e lasciò quei ricordi, come un secondo Agostino,
perché gli altri potessero condannarlo (Atti del processo
informativo). Riteneva suo principale dovere compiere il bene. Non
gli mancavano delle occasioni per farlo. Presto divenne docente di
retorica. Dopo gli ordini di diaconato e di presbiterato, nel 1661,
si guadagnò inoltre l’opinione di ottimo predicatore e di zelante
pastore delle anime. Nonostante la sua giovane età, molte
personalità illustri – tra queste il nunzio Antonio Pignatelli,
futuro papa Innocenzo XII – si recavano da lui per la confessione,
in cerca di consigli spirituali.
Gradualmente
si perfezionava nel lavoro didattico. Scrisse un manuale di retorica,
in 6 volumi, il cui riassunto Prodromus reginae artium (Introduzione
alla retorica) raggiunse numerose edizioni. Un segno particolare
della vocazione religiosa di P. Papczyński, fu il profondo legame
spirituale con il fondatore dell’ordine degli scolopi – San
Giuseppe Calasanzio. Padre Papczyński vide in lui un testimone
vivente del Vangelo, e dunque la sua guida spirituale. Al giovane
sacerdote venne affidato l’incarico di vicepostulatore della causa
di beatificazione del fondatore dell’ordine. Gli venne dato come
compito di ottenere in mezzo all’élite della Chiesa e dello Stato
le lettere postulatorie a favore dell’inizio del processo a Roma.
L’entusiasmo e lo zelo di P. Stanislao fecero sì, che nel corso
di un anno numerose personalità illustri e le istituzioni della
Repubblica di Polonia appoggiassero il postulato di riconoscimento
della santità del fondatore dell’ordine degli scolopi. Grazie a
ciò la Sede Apostolica poté dare inizio al processo di
beatificazione a livello romano. Padre Stanislao Papczyński ottenne
il riconoscimento da parte dei confratelli e dei fedeli. Si potrebbe
parlare di un perfetto sacerdote-religioso. Con Cristo crocifisso
Nella vita di P. Papczyński, il desiderio sincero di una totale
consacrazione a Dio dovette incontrarsi con l’esperienza della
croce. Padre Stanislao l’accettò in unione con Cristo sofferente.
Nella vita del Fondatore della Congregazione dei Chierici Mariani
possiamo stabilire tre periodi di una più perfetta partecipazione
alla passione del Signore. La prima esperienza cadde su Giovanni
appena diciassettenne mentre si trovava a Lviv, per terminare il
corso di grammatica, nel collegio dei gesuiti. A motivo di una
insoddisfacente preparazione scientifica e della mancanza di lettere
di raccomandazione, non venne ammesso. Invece di dedicarsi
esclusivamente ad un’ulteriore istruzione, dovette guadagnarsi i
mezzi per vivere, facendo per un anno e mezzo ripetizioni ai due
figli di una famiglia borghese di Lviv. Come se non bastasse e le
esperienze fossero poche, nel 1667 si ammalò gravemente di una
malattia infettiva, in conseguenza della quale si trovò sul
lastrico. Per alcuni mesi condivise la sorte dei senzatetto e dei
mendicanti, dormì sulla strada su un giaciglio, sperimentò
numerose umiliazioni ed ebbe una tale debolezza fisica, che gli
impedì perfino di recarsi in chiesa nella solennità del Santo
Natale del Signore. Sembrava che Dio l’avesse abbandonato
completamente. I paragoni alla situazione del biblico Giobbe, fatti
dai biografi non sono esagerati. Di Giovanni, in preda alla febbre,
nel cuore dell’inverno, con il corpo ricoperto di ulcere, quasi
patendo la fame, prima si prese cura un uomo sconosciuto, e dopo di
lui, la famiglia Snopek di Lviv, la quale, nonostante la repellente
malattia della scabbia, l’accolse in casa sua assicurandogli la
cura e un graduale ritorno alla salute. Da allora Giovanni, che dopo
divenne P. Stanislao, Papczyński tratterà con un particolare
amore i poveri, i senzatetto e i perseguitati dalla sorte. Dopo oltre
dieci anni, P. Stanislao sperimentò un’altra croce e questa per
opera dei suoi confratelli. I primi anni della sua permanenza dagli
scolopi non annunciavano affatto il drammatico epilogo di questa
storia, cioè l’abbandono dell’ordine da parte di P.
Papczyński. Il conflitto tra il giovane sacerdote ed alcuni dei
superiori iniziò nell’anno 1665, con un contrasto riguardante
l’elezione dei superiori. Padre Stanislao era convinto, in base
alle opinioni degli esperti del diritto canonico, che nella provincia
polacca degli scolopi i superiori dovevano essere scelti non dal
generale, ma dall’interno della provincia stessa, durante il
capitolo. Espose pubblicamente le proprie opinioni, cosa che generò
una certa tensione nell’ordine. Invece nell’anno 1665 il nuovo
superiore venne eletto, per l’ennesima volta, non nella provincia
ma a Roma, il che rese più acuta la situazione. Col tempo si
aggiunse un altro elemento di tensione: la protesta da parte di P.
Papczyński sull’osservanza della disciplina religiosa. Già dai
tempi del noviziato, il Servo di Dio si distingueva per lo zelo nella
pratica della vita religiosa e nella fedeltà quotidiana alla
regola. Ogni mitigazione o ogni infedeltà nei riguardi di questi
valori, incontravano la sua disapprovazione. Durante un capitolo
della provincia polacca, ciò venne definito come un “atteggiamento
provocatorio”. Per i suddetti motivi, i rapporti con i superiori
religiosi stavano divenendo sempre più tesi, non tanto a motivo
della sua disobbedienza quanto per la sua fermezza nel difendere le
proprie ragioni. Egli stesso si sentì incompreso, e chiamò questo
periodo della sua vita, semplicemente una “via crucis”. La storia
del contrasto potrebbe servire come un copione per un film
sensazionale: le lettere accusatorie di P. Papczyński inviate al
nunzio, al generale dell’ordine degli scolopi e alle autorità
civili, la sua chiamata a recarsi a Roma, il viaggio alquanto
faticoso, la riabilitazione e le ulteriori accuse, il rapimento e
l’imprigionamento, la domanda, più volte rinnovata, per ottenere
la dispensa dai voti semplici e infine la soluzione pacifica della
questione; l’11 dicembre 1670, la dispensa dai voti religiosi e dal
giuramento di perseverare nella congregazione degli scolopi.
Probabilmente durante questa prova nacquero le due raccolte di
prediche sulla Passione di cui l’autore era P. Stanislao: Orator
crucifixus e Christus patiens, che costituiscono la testimonianza del
cammino di fede che fece con lo sguardo fisso alla passione di
Cristo. Era proprio Cristo la sua guida sul cammino spinoso della
vita e della vocazione, il compagno nei momenti di dubbio e di
abbandono, il maestro nel perdonare chi gli recava torto e lo
accusava. Dalla meditazione della passione del Signore P. Stanislao
attingeva la forza per amare i nemici e per essere fedele alla
chiamata di Dio. Solo in Cristo vedeva la speranza della propria
salvezza: Mi pento dal profondo del cuore e desidero pentirmi nel
modo più perfetto possibile, per amore verso Dio, immergo tutti
nelle salvifiche ferite del mio Signore e Redentore Gesù Cristo
(Primo testamento). P. Papczyński stesso, nell’Apologia
dell’abbandono dell’ordine delle Scuole Pie [Apologia
wystąpienia z zakonu Szkół Pobożnych] diede come principale
motivo di questo fatto la volontà di riportare la pace nella
provincia, cosa che il Decreto sull’eroicità delle virtù
definì come un’espressione dell’amore di P. Stanislao per il
proprio ordine. Per lunghi anni, infatti, cercò il modo di chiarire
i malintesi e di placare gli spiriti. Amò la propria vocazione e il
proprio ordine, era affascinato dalla persona del Fondatore, S.
Giuseppe Calasanzio, amava il carisma dell’istruzione dei bambini e
della gioventù e quello della vita nello spirito di massima
povertà. Padre Papczyński lasciò l’Ordine dei Scolopi con il
cuore lacerato: il suo desiderio era infatti quello di continuare a
seguire la via dei consigli evangelici. Tuttavia ritenne come bene
supremo la pace nell’amata congregazione. Quella “via crucis”
vissuta con fede e nello spirito di carità portò il beato frutto.
I trent’anni successivi della vita di P. Stanislao dimostrarono che
l’amore, l’attaccamento e il rispetto verso gli scolopi non si
erano spenti nel suo cuore e assunsero concrete forme di contatti e
di collaborazione: egli usufruiva della direzione spirituale degli
scolopi, teneva per loro le conferenze spirituali, il cui frutto è
l’Inspectio cordis, sosteneva finanziariamente le loro opere
educative, e soprattutto ottenne, dietro sua richiesta, negli anni
1691 e 1696, l’affiliazione spirituale dell’Ordine dei Mariani a
quello delle Scuole Pie. La terza prova nella fede del Servo di Dio,
avvenne agli inizi della fondazione dell’ordine dei Mariani. Era
l’anno 1671. Nella Fundatio domus recollectionis, P. Stanislao
ricordava: Ero tormentato e quasi torturato da enormi complicazioni,
dai scrupoli, da dubbi, da angosce, da timori. Chi infatti avrebbe
potuto avere una coscienza così larga, di passare con indifferenza
attraverso questi turbamenti dallo stato di professione religiosa
anche semplice, a allo stato puramente laico? Convinto intimamente
della necessità di continuare una vita consacrata a Dio e della
chiamata a fondare una nuova comunità religiosa in onore
dell’Immacolata Concezione della B. V. M., dovette operare delle
scelte radicali, il cui prezzo era alto. Quando rifiutò di
accettare la dignità di canonico della cattedrale di Płock,
perdette l’amicizia di Mons. Jan Gembicki, all’epoca ordinario di
quella diocesi, e più tardi ordinario di Cracovia. Poco dopo, Mons.
Michał Oborski, vescovo ausiliare di Cracovia, fino a quel momento
molto ben disposto verso P. Stanislao, ritirò inaspettatamente il
suo appoggio all’idea di fondare l’Ordine dei Mariani. Il vescovo
di Poznań, Stefan Wierzbowski, nella cui diocesi P. Stanislao si
era stabilito, a sua volta, nonostante la sua benevolenza verso di
lui, volle l’approvazione della Santa Sede, cosa su cui P.
Papczyńki non poteva contare, come condizione per l’erezione
dell’Ordine dei Mariani nella sua diocesi. I confessori presso i
quali P. Stanislao cercò consiglio, espressero delle opinioni
divergenti. I pochi candidati all’ordine si dimostrarono non
idonei. Padre Papczyński, intimamente convinto dell’ispirazione
da parte di Dio a fondare un ordine dell’Immacolata Concezione,
perseverava nel suo proposito, senza vedere la possibilità di
attuarla. Nella Fundatio domus recollectionis confessò: Per quasi
due anni soggiornai dal nobile Signor Karski e cercai le vie per dar
inizio all’Associazione dell’Immacolata Concezione, che aveva
già formata nella mia mente dallo Spirito di Dio. Mancavano
tuttavia i compagni, necessari per iniziare un’opera di questo
genere. Attese per alcuni mesi. Voleva perfino tornare nell’ordine
degli scolopi. Una piccolissima luce di speranza fu accesa da P.
Franciszek Wilga, abate del convento dei camaldolesi a Bielany, a
Varsavia, amico e padre spirituale di P. Stanislao, suggerendogli di
iniziare prima la vita comunitaria con dei compagni qualsiasi, e di
cercare soltanto in seguito l’approvazione canonica per la nuova
comunità. Così decise di fare. Poco dopo si unì ad un gruppo di
cosiddetti eremiti, che vivevano nella Foresta di Korabiew. Già al
primo sguardo era un atto di fiducia in Dio veramente eroica. Le
settimane successive soltanto confermarono su quale grande povertà
umana P. Papczyński dovette porre le basi della congregazione
mariana. I suoi primi compagni, inizialmente ben disposti verso di
lui, si dimostrarono non inclini a trattare seriamente la propria
vocazione e l’osservanza della regola. Anzi, la visita canonica
fatta da Mons. Jacek Święcicki obbligò i mariani alla vita
eremitica, e ciò non era affatto l’originale intenzione del
nostro Fondatore. Col passar del tempo lasciarono l’eremo di
Korabiew Stanisław Krajewski e anche altri religiosi, in modo che P.
Papczyński rimase con un solo compagno. Coloro che abbandonarono la
comunità, iniziarono immediatamente a diffondere falsi
apprezzamenti sul Servo di Dio, come uomo severo e senza
misericordia. Padre Stanislao attraversò allora una crisi molto
profonda nella sua missione di fondatore di una nuova comunità
religiosa. I dubbi e le perplessità lo tormentarono fino al punto
di chiedere agli scolopi, nell’anno 1676, la possibilità di
tornare nel loro ordine. Accettò come segno definitivo per seguire
con coerenza la strada scelta cinque anni prima soltanto la risposta
negativa del superiore generale. Dopo anni parlerà dell’unione
dei discepoli con Cristo sofferente: Dio vuole, che i religiosi che
Lo servono Lo seguano nella sofferenza. Ogni croce, qualunque croce
debbano portare, essi dovrebbero abbracciarla non soltanto
coraggiosamente, ma anche con gioia. Cristo lo raccomanda dicendo:
“Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la
sua croce e mi segua” (Mt 16, 24). Dice giustamente: un servo
fedele, a cui è stata elargita una virtù non comune, si distingue
per il fatto che con lo stesso spirito persevera accanto al Signore,
sia nei momenti lieti, che in quelli tristi, sia nelle circostanze
favorevoli che nelle contrarietà. È indegno colui che segue il
Signore quando Egli si reca ad un banchetto e invece fugge quando
Gesù cade sotto il peso della croce (Inspectio cordis). Gli esempi
nominati prima ci permettono di vedere il Padre Fondatore nello
stuolo di quei fedeli servitori di Cristo sofferente. Innamorato di
Maria Immacolata Subito dopo la morte del Fondatore dei mariani
(scrive M. Leporini, 1705) e negli anni successivi (afferma K.
Wyszyński, 1754), era vivo tra essi il ricordo del suo particolare
legame con l’Immacolata Concezione di Maria. Entrambe le fonti
confermano che in varie circostanze della vita era solito ricorrere
alla Sua protezione, ripetendo spesso la breve preghiera: Immaculata
Virginis Conceptio, sit nobis salus et protectio [L’Immacolata
Concezione della Vergine sia per noi salvezza e protezione]. Sembra
che proprio attraverso il prisma della relazione con la Madre di Dio
i mariani vedessero il profilo spirituale del loro Fondatore. Padre
Wyszyński riassunse il proprio racconto sulla nascita dell’ordine
con una affermazione molto sorprendente e significativa: aveva
infatti una devozione molto ardente verso l’Immacolata Concezione
di Maria Santissima, diventandone uno zelante propagatore e in
seguito fondatore della congregazione sotto il titolo dell’Immacolata
Concezione di questa straordinaria Madre di Dio, Maria. Gli anni
dell’infanzia e dell’adolescenza consolidarono nel futuro
Fondatore della Congregazione dei Chierici Mariani, la convinzione
dell’amore che Maria aveva sia per lui che per tutti gli uomini. Da
giovane sacerdote ne parlò – nella forma caratteristica della sua
epoca - in un discorso ai membri della congregazione mariana:
È
vero che in molte occasioni si erano manifestate numerose altre
virtù della Vergine Santissima, tuttavia in quel tristissimo
periodo della passione del Figlio, il Suo amore per noi e l’intrepida
fortezza di spirito si rivelarono in modo particolare. Se si tratta
dell’amore, non dubito, che ardeva di un tale desiderio di salvare
gli uomini, che se fosse stato necessario, per la nostra salvezza,
avrebbe Lei stessa fornito i chiodi per inchiodare il Suo Figlio alla
croce (Prodromus reginae artium). Certamente non l’unico, ma un
motivo essenziale della scelta dell’ordine degli scolopi, poteva
essere la devozione mariana di P. Papczyński, espressa nel nome
della congregazione: “Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio
delle Scuole Pie”. Padre Stanislao era addirittura affascinato
dalla bellezza spirituale della Madre di Dio. Espresse questo
sentimento nell’opera Inspectio cordis: Anima mia, finora hai
usufruito dei libri che trattano diversi campi del sapere, sfoglia
oggi un Libro nuovo, fresco, mai visto, la Santissima Madre di Dio,
il Libro cioè realizzato, scritto e adornato da Dio stesso. Saresti
capace di trovare altrove qualcosa che non avresti in Maria? Ci
sarebbe qualcuno in grado di procurarti qualcosa in più di ciò
che possiede Maria? In questo poetico paragone è espresso il
fondamentale principio della mariologia del nostro Fondatore, il
quale proclamava che Maria è il capolavoro di Dio e il più
perfetto riflesso della Sua bellezza e bontà. Sullo stesso
principio P. Stanislao baserà la sua convinzione sul mistero della
Sua Immacolata Concezione come una grazia particolare concessa alla
Madre di Dio, la prima salvata. Dio, elargendo a Maria questa
irripetibile grazia, voleva dimostrare di poter salvare il mondo
senza alcuna partecipazione umana! Perciò Maria dovrebbe godere di
una particolare ammirazione e venerazione. Nell’Inspectio cordis,
P. Papczyński dirà che Lei va onorata più con l’amore che con
la lingua. In chiave d’amore bisogna interpretare sia la sua
offerta pubblica a Maria, il cosiddetto voto, incluso quello del
sangue, cioè la disponibilità a dare la propria vita per
difendere la verità sulla Sua Immacolata Concezione (Oblatio), come
anche l’esercizio di ogni attività che si proponga di diffondere
la venerazione alla Madonna. Sebbene P. Stanislao stesso ritenesse
insufficiente onorare Maria con le parole, egli stesso sfruttava ogni
circostanza, per cantare le lodi della Madre di Dio. Si è
conservata la sua predica intitolata Lode alla Vergine Madre di Dio
Maria, tenuta ai membri della Congregazione dei Chierici Mariani. Si
intrecciano in essa la bellezza del linguaggio con l’ardore
dell’amore per Maria, il richiamarsi all’autorità dei Padri
della Chiesa con i frutti della meditazione personale sui misteri
della vita della Madre di Dio, il cantare la Sua santità con una
chiara esortazione ad imitare la Sua fede e la Sua vita. Non si
illuda di vedere Maria nella dimora dei cieli colui che non L’ha
imitata qui, nell’esilio terreno, chi non L’ha sempre servita con
sommo fervore (Prodromus reginae artium). Il segno esterno del voler
proclamare la santità e la purezza senza macchia di Maria era anche
l’abito bianco indossato da P. Stanislao nel settembre 1671, unito
al segno più grande della fondazione dell’ordine intitolato
all’Immacolata Concezione. Quest’atto di venerazione a Maria non
scaturiva dalla sola devozione mariana di P. Papczyński. Egli era
convinto, che era stato Dio stesso a volere che la Madre di Dio fosse
onorata nel suo mistero dell’Immacolata Concezione attraverso una
nuova fondazione religiosa con uno specifico segno. Scrive
direttamente: della divina visione, impressa nel suo animo,
riguardante la fondazione della Congregazione dell’Immacolata
Concezione della BVM (cfr. Fondatio domus recollectionis). In tal
modo, P. Stanislao in un certo senso partecipa all’amore di Dio Uno
e Trino per Maria Immacolata, cerca di guardarla secondo gli intenti
di Dio che superano la misura dell’amore umano. Così, la
fondazione dell’Ordine dei Mariani fu prima di tutto il compimento
della divina volontà e la formazione di una comunità che avrebbe
reso possibile la santificazione a coloro che desideravano
consacrarsi a Dio, e che avrebbe dato anche la somma espressione
d’amore all’Immacolata Concezione di Maria . Amico di coloro che
soffrono nel purgatorio Nella formazione della spiritualità di P.
Papczyński si intrecciano: la dottrina con la storia della vita, la
luce del sapere con il mondo delle esperienze interiori. In
gioventù, durante la permanenza a Lviv, egli si trovò
personalmente in pericolo di morte. Nel suo testamento tornava
tuttavia ad un altro evento, accaduto nel periodo della guerra tra la
Svezia e la Polonia, chiamata comunemente il “diluvio svedese”:
Ero pronto a versare il sangue per la fede cattolica romana, durante
la guerra svedese, quando, mentre insieme a un compagno tornavo dalla
città, vicino alla [chiesa] dei Padri Domenicani, mi assalì -
tirando fuori la spada, un soldato eretico; mentre il mio compagno si
salvava con la fuga [...], io inginocchiatomi, presentai il collo per
subire il taglio, però grazie alla Divina Provvidenza avvenne che
non riportai alcuna ferita, anche se avevo ricevuto un colpo molto
violento (Secondo testamento). Il novizio Stanislao – come vediamo
– era pronto non soltanto ad accettare la morte, che sarebbe giunta
in effetto di una malattia, ma con coraggio si era messo faccia a
faccia con essa, in considerazione di un bene maggiore quale egli
riteneva che fosse il martirio per la fede cattolica. Questi due
eventi indubbiamente lo resero sensibile sia all’inevitabilità
della morte, che all’imprevedibilità di essa nel tempo. Non solo
nessuno può evitare la morte, ma neppure può fare in modo che la
sua vita venga prolungata in modo naturale neppure di un brevissimo
istante [...] chiunque sia, dovrebbe tener presente che ogni istante
può essere l’ultimo della sua vita (Inspectio cordis). La realtà
circostante confermava una tale verità. Nel XVII secolo nella
Repubblica di Polonia la morte raccoglieva un’abbondante messe a
causa di numerose guerre, di epidemie dilaganti e della povertà
della gente, che spesso soffriva la fame ed era priva di qualsiasi
aiuto medico. Molti morivano impreparati all’incontro con Dio. La
morte era un segno specifico del tempo, riconosciuto da P.
Papczyński come una sollecitazione ad agire. Nel suo cuore e nel
suo insegnamento ebbero un posto speciale i fratelli e le sorelle
sofferenti nel purgatorio, i più poveri dei poveri, ai quali non
rimane che contare sulla misericordia di Dio, e che da soli non sono
in grado di migliorare la propria sorte in nessun modo. Padre
Papczyński ricevette il carisma di un eccezionale amore per questi
defunti. La sua sensibilità naturale della fede e del cuore fu
intensificata dalle esperienze mistiche concessegli da Dio come la
grazia di vedere e di comprendere le sofferenze del purgatorio. Si
può dire che era il Padre Celeste stesso a chiedergli l’aiuto per
i suoi figli e le sue figlie adottivi. Così come era stato con “la
visione dell’ordine dell’Immacolata Concezione”, P. Stanislao
venne sollecitato interiormente ad aiutare i defunti. Sono state ben
documentate le sue tre esperienze mistiche che si riferiscono ai
sofferenti nel purgatorio. Nel 1675 – servendo come cappellano
dell’esercito della Repubblica di Polonia, a fianco del comandante
in capo Giovanni Sobieski, durante la guerra contro i Turchi in
Ucraina – ricevette una visione dei soldati defunti che gli
chiedevano l’intercessione presso Dio. Ritornato alla Foresta di
Korabiew esortava i suoi compagni alla preghiera, alla penitenza e a
compiere opere di misericordia per i defunti, in modo particolare per
le vittime della guerra. Un successivo evento accadde nel palazzo dei
Karski, dopo che ebbe iniziato la vita nella comunità di Korabiew.
Padre Stanislao ebbe la visione del purgatorio durante il pasto, dopo
la S. Messa. Alla presenza di numerose persone cadde in estasi (lo
confermano i testimoni che hanno deposto nell’Inchiesta diocesana),
dopo la quale, profondamente sconvolto, fece immediatamente ritorno
in convento e disse ai confratelli sorpresi dal suo inatteso ritorno:
Vi imploro, fratelli, pregate per le anime del purgatorio poiché
soffrono terribilmente. Poi, rimase per alcuni giorni nella propria
cella, innalzando preghiere e digiunando per i defunti. Infine la
terza esperienza del mistero del purgatorio gli venne concessa nel
santuario della Madonna di Studzienna, nell’anno 1676, dove si era
recato in pellegrinaggio per impetrare per se stesso la grazia della
salute. Mentre soggiornava nel locale convento dei padri filippini,
lo stato della sua salute peggiorò. Si temeva per la sua vita.
Proprio allora – in estasi – venne trasportato nel purgatorio.
Vide lì anche la Madonna in preghiera per lui, affinché
ricuperando la salute potesse continuare a sostenere le anime dei
defunti. Terminata la visione, riacquistò in breve tempo le forze e
nella chiesa di Studzianna tenne una lunga predica ai fedeli sulla
necessità di aiutare i fratelli e le sorelle defunti. Alla fine,
l’11 febbraio dello stesso anno, assunse come uno dei fini del suo
ordine quello di aiutare “con somma diligenza, devozione e zelo”
le anime del purgatorio, specialmente i soldati e le vittime della
peste. Le frequenti esortazioni e l’esempio personale di P.
Papczyński intensificarono, nei suoi confratelli la sollecitudine
per i defunti e conferirono ad essa una dimensione completamente
nuova. Come eremiti – i mariani – ebbero infatti l’obbligo
della recita quotidiana dell’ufficio dei defunti, prescritta loro
da Mons. Jacek Święcicki durante la visita canonica, che dava
inizio all’erezione giuridica dell’ordine; tuttavia soltanto il
carisma personale del Fondatore fece di essa l’elemento costitutivo
della spiritualità dei mariani. L’ardente amore di P. Papczyński
per i defunti, aveva infatti – non dobbiamo temere di notarlo –
origine divina. Un uomo dal cuore sensibile P. Papczyński aveva un
cuore grande non soltanto per i più poveri tra i poveri –
i
defunti. Lungo tutti gli anni del suo ministero sacerdotale, i poveri
e le persone discriminate socialmente ebbero in lui il loro
protettore e amico. Scrisse in Prodromus reginae artium: Dio non
dimostra particolare benevolenza a nessuno; ritiene che bisogna
punire tutti coloro che hanno commesso delle colpe, indipendentemente
dalla loro origine e posizione sociale. E tu ritieni che se un uomo
appartenente ad un ceto basso alza la mano contro uno della nobiltà,
bisogna farlo a pezzi; non sopporti invece che si tocchi un nobile,
anche se questi avesse assassinato crudelmente numerose persone di
ceto più basso [...]. Polonia, non è questa la tua libertà? Mi
vergogno di questa tua infamia [...]. Questo grido per la giustizia
l’aveva rivolto agli alunni dei collegi degli scolopi, molti dei
quali appartenevano ai ceti privilegiati. Padre Papczyński non
auspicava una rivoluzione, ma voleva destare la sensibilità nelle
coscienze verso coloro che subivano dei torti e coloro che erano
indifesi. Egli stesso era di origine contadina, perciò conobbe il
prezzo della fatica e dei sacrifici che un figlio di contadino doveva
sopportare, per conseguire il sapere. Per questa ragione apprezzava
molto il carisma originale degli scolopi: l’istruzione e
l’educazione dei bambini provenienti dai più poveri strati della
società. Ancora dopo aver lasciato l’ordine degli scolopi –
nonostante i pochi mezzi finanziari, di cui disponeva – per molti
anni elargì del denaro per i loro collegi, affinché i figli dei
poveri potessero conseguire l’istruzione. Numerose persone lo
chiamavano: il “padre dei poveri”. Nelle prime biografie –
basate sulle testimonianze di coloro che hanno deposto sulla vita di
P. Stanislao – vennero elencate molte manifestazioni della sua
magnanimità: mai mandava via un povero senza averlo aiutato, aveva
cura degli orfani e degli orfanotrofi, aiutava le ragazze povere
affinché potessero entrare nel convento femminile di Nowa
Jerozolima, provvedeva al riscaldamento invernale del convento dei
francescani osservanti. Dando l’elemosina era solito dire: “Dò
questo a Dioperché Egli me lo renda con l’interesse” (la
biografia scritta da K. Wyszyński). Padre Stanislao visse in un
momento molto drammatico della storia della Repubblica di Polonia.
Durante quel periodo furono combattute le guerre contro la Russia e
contro la Turchia. Il paese sperimentò la sventura
dell’insurrezione di Chmielnicki, in Ucraina, e la distruttiva
invasione da parte della Svezia; Papczyński fu testimone di diverse
tensioni interne e di lotte fratricide nella propria Patria. Conobbe
la tragedia e l’umiliazione del popolo, vide la miseria materiale,
la desolazione provocata dalle guerre, le malattie e le epidemie che
decimavano la gente. Perciò più volte fece appello per migliorare
la sorte dei più poveri e dei più indifesi. Gli effetti delle
guerre, dei saccheggi e il conseguente peggioramento delle condizioni
di vita colpivano nel modo più doloroso proprio essi. Un segno
molto concreto della sua sollecitudine per i bisognosi fu il portare
a termine la costruzione, a Góra Kalwaria, di un ospedale per gli
anziani. Dopo la morte del vescovo Wierzbowski, mancarono i fondi per
continuare la costruzione iniziata. Vedendo che nessuno aveva
intenzione di assumersi la responsabilità di portare a termine
quest’opera, si misero a farlo P. Papczyński stesso, insieme ai
confratelli. Nonostante numerose vessazioni e difficoltà da parte
degli abitanti della città, l’ospedale venne completato, offrendo
così un rifugio agli anziani e ai malati. Ancor più che per la
miseria materiale, Padre Stanislao, si affliggeva per i vizi dei suoi
connazionali, per la trasgressione della legge di Dio e di quella
umana, per i peccati di egoismo e d’indifferenza. Durante le
conferenze tenute a Góra Kalwaria insegnava: Se qualche sventura
occorsa a qualcuno ci fa a volte sgorgare le lacrime dagli occhi,
tanto più dovrebbe provocarle la caduta spirituale di qualcuno.
Quale maggiore disgrazia infatti, può accadere ad un uomo di quella
di diventare, a causa del peccato, nemico di Dio? Queste sono le
persone che bisogna rialzare e sostenere con ogni mezzo (Inspectio
cordis). Poiché molti peccati provengono dalla mancanza di
un’adeguata conoscenza religiosa, si rivolgeva prima di tutto a
coloro che venivano trascurati dal punto di vista religioso, ai
semplici, ai privi di istruzione, insegnando loro le basi della fede
e della morale. Trattava con una premura particolare le persone
immerse nei vizi, specialmente le persone preda dell’alcolismo, che
già allora costituiva un serio problema sociale nella Repubblica di
Polonia. L’apostolato della sobrietà di P. Papczyński si
manifestava soprattutto attraverso l’esempio della sua vita e
dell’intera comunità dei mariani. Poco prima della morte annotò
nel Secondo testamento: Grazie alla misteriosa misericordia di Dio,
[l’acquavite] è qualcosa di estraneo alla nostra congregazione.
Riteneva un dono eccezionale della grazia divina per la congregazione
l’astinenza dall’alcol, e non soltanto come una delle pratiche
ascetiche. In mezzo ad una società minacciata dal problema
dell’ubriachezza, i mariani dovevano essere “sobri” maestri di
una sana dottrina e testimoni di una vita libera, non coinvolta nei
vizi. L’apostolo della santità del laicato Padre Stanislao
Papczyński considerava una particolare missione della divina
misericordia anche la salvezza degli altri e il loro impegno
nell’opera della Chiesa. Illustra questa sua convinzione l’elogio
dei pastori dediti alla formazione spirituale dei fedeli: Come sono
ammirevoli quei collaboratori di Cristo, che soltanto per amore di
Lui, sinceramente e con fervore annunziano quanto è necessario alla
salvezza condurre una vita cristiana [...]. È la più grande e la
più fruttuosa opera di misericordia (Templum Dei mysticum). Egli
stesso voleva appartenere a tali collaboratori di Cristo, perciò
durante la sua permanenza presso la famiglia Karski, scrisse il
libro: Templum Dei mysticum, che può senz’altro essere chiamato
il manuale della santità anche per i fedeli laici. Doveva servire
ad aumentare la conoscenza di se stessi e di Dio, a trovare una
sicura via alla salvezza e indicare quale fosse il modello della
perfezione cristiana. Secondo gli storici, il trattato di P.
Papczyński fu – se non la prima – una delle prime opere
polacche che parlavano della vocazione dei laici alla santità,
un’opera tanto importante in quel periodo, da raggiungere un vario
numero di edizioni. Padre Stanislao nel Templum Dei mysticum,
espresse la profonda convinzione che i laici, non soltanto i
religiosi e i sacerdoti, sono chiamati alla santità, e volle
ricordare questa verità fondamentale agli uomini della sua epoca.
Scrisse: L’uomo, creato da Dio e dal sacramento del battesimo a Lui
consacrato è il suo tempio mistico. [...] Perciò ciascuno con
grande diligenza noti la magnificenza del suo stato originale e
riconosca in se stesso l’immagine della Santissima Trinità, degna
di venerazione e tenda a raggiungere la dignità della somiglianza
con Dio mediante l’integrità dei costumi e la pratica delle
virtù [...] affinché, quando si manifesterà come egli è si
dimostri simile a Colui che in modo miracoloso racchiuse la propria
somiglianza nel primo Adamo, e la rinnovò ancor più mirabilmente
nel secondo Adamo. Secondo Padre Stanislao, la vita di ogni uomo, se
questi offrirà a Dio sull’altare del cuore tutti i pensieri e
tutte le opere e seguirà l’insegnamento del Vangelo, diventerà
egli stesso il percorso da seguire per rendersi gradualmente simile a
Cristo, per partecipare alla Sua gloria. Voi, cristiani, “siete
tempio del Dio vivente”. Come è grande la vostra gloria! Quale
dignità! Questa visione della chiamata alla santità, è unita
allo stupore del Fondatore della Congregazione dei Chierici Mariani
per il mistero dell’Immacolata Concezione – ossia la grazia di
una nuova creazione, destinata ad ogni uomo redento da Cristo – e
per la santità personale di Maria, da lui chiamata il primo
Santuario eretto in mezzo alla Chiesa e dimora di Dio (Inspectio
cordis). Padre Papczyński desiderava che tutti gli uomini
raggiungessero la pienezza della felicità, perciò propose a tutti
i credenti la via della santità, adoperandosi allo stesso tempo per
la salvezza dei defunti. Divenne così promotore della chiamata
universale alla santità, un messaggio proclamato in modo così
chiaro ai nostri tempi dal Concilio Vaticano II. Vale la pena notare
che per molti anni il campo dell’attività apostolica di P.
Papczyński, furono le numerose confraternite alle quali
appartenevano molti fedeli laici. Seguendo la storia del [suo]
impegno in una pastorale di questo genere, non è difficile
osservare, che esso pervase tutta la vocazione sacerdotale del
Fondatore dei mariani. Nel periodo in cui stava dagli scolopi, negli
anni 1663-1667, P. Papczyński fu il promotore della confraternita
della Santissima Vergine Maria delle Grazie, presso la chiesa degli
scolopi a Varsavia, che secondo alcuni fondò lui stesso, e secondo
altri, che egli rese molto popolare. Nell’anno 1671, e dunque nel
momento della scelta definitiva della propria vocazione religiosa,
per mezzo anno ebbe cura dell’arciconfraternita dell’Immacolata
Concezione della B. V. M., presso la chiesa di San Giacomo, nel
quartiere Kazimierz di Cracovia. Come Fondatore dell’Ordine dei
Mariani, nel 1681, cioè molto prima di ottenere l’approvazione
pontificia per il proprio istituto, ricevette dalla Sede Apostolica
il Breve pontificio che fu interpretato (almeno così intesero Mons.
Stefan Wierzbowski, il Padre Fondatore e le generazioni successive
dei mariani) come autorizzazione a fondare presso le chiese dei
mariani la confraternita dei fedeli; P. Stanislao stesso la definì
come confraternita dell’Immacolata Concezione per il Sostegno dei
Defunti. Nella diffusione di quest’idea, seguì la comune prassi
della Chiesa della sua epoca, vedendo in essa non soltanto una forma
per la santificazione personale del laicato, ma, probabilmente
l’unica occasione per sollecitare i laici ad esercitare un influsso
spirituale sugli altri fedeli e inserirli nell’apostolato della
Chiesa. L’amor patrio La biografia spirituale di P. Papczyński
non sarebbe completa se si tralasciasse di parlare dell’amore per
la sua Patria. Nel suo primo Testamento del 1690 egli annotò: Offro
a Dio mio Signore [...] ogni fatica, ogni sofferenza, ogni disagio,
ogni dispiacere, ogni azione, ogni lavoro e ogni sventura, e perfino
la stessa morte, se dovesse giungere, per i miei peccati ... e per
allontanare dalla mia Patria ogni sventura. Padre Stanislao viveva
molto dolorosamente le sorti della Repubblica di Polonia e la sua
situazione socio-politica; sentiva la necessità di soccorrerla.
L’esigenza di riforme politiche e sociali in quel periodo di caos
morale dello Stato era estremamente necessaria. Padre Papczyński
non esitò a scrivere sulla necessità di questo cambiamento con
chiarezza e senza diplomazia, il che gli attirò un’ondata di
persecuzioni. Si tratta prima di tutto dei passi dell’opera
Prodromus reginae artium, nella quale egli stigmatizzava il
malcostume dell’élite della nazione. Scriveva: Ribolle la
Repubblica per il fatto che per ogni spavaldo diventa campo di
perfidia, sorgono contro di essa le congiure e le sobillazioni, dal
sangue e dalla sventura umana si conquistano le ricchezze, mancano lo
spirito d’amore e la virtù, si manifesta invece l’inchinarsi
umilmente dinanzi al nemico. [...] il Senato si macchia di corruzione
e la nobiltà è debole. Nella prefazione alla quarta edizione, P.
Stanislao ricordò che a causa di questo libro si scatenò una
tempesta. Perciò fu costretto ad eliminare alcuni frammenti
contenenti la critica delle dannosissime istituzioni che portano la
Polonia alla rovina. Si trattava prima di tutto del liberum veto –
disastroso nei suoi effetti – un’istituzione ritenuta, dalla
grandissima parte della nobiltà, il preziosissimo, intoccabile
gioiello della sua “dorata libertà”. Soltanto durante la vita
di P. Papczyński, in virtù di questo privilegio della nobiltà
furono interrotte circa 20 legislature. Non stupiscono perciò le
parole di questo grande patriota: Chi chiamerà libertà il fatto
che viviamo in modo più spensierato di quello dei barbari? Poiché,
cosa dire, quando un cittadino disonesto, nemico della Patria, dopo
aver deliberato una legge, pur essendo la più necessaria di tutte,
la respinge esclamando: non permetto? (Prodromus reginae artium).
Padre Papczyński biasimava i vizi, esortando contemporaneamente ad
assumere degli atteggiamenti degni dei cittadini. Riteneva che
l’impegno nelle cose pubbliche era segno di uno spirito nobile,
perciò egli stesso si mobilitava in molteplici modi a favore della
Patria. Non si trattò per lui di occuparsi attivamente di politica,
ma di un atteggiamento civico attivo e responsabile, obbligo di
ciascuno. L’autentica nobiltà – scrisse in Prodromus reginae
artium – non consiste nell’avere una buona origine, non nei
famosi ritratti degli avi, non nel numero dei titoli, ma nella
virtù, nella scienza, nell’anima ricca di queste insigni doti. La
nobiltà dunque – secondo l’opinione di P. Stanislao – deriva
più dall’ordine morale che da quello della nascita. Raccomandava
di valutare i criteri per l’elezione delle autorità dello stato a
vari livelli nella virtù e nell’istruzione. Di fronte alle
numerose divisioni interne e violazioni del valore del bene comune
attraverso atteggiamenti di tutela degli interessi privati e di
rissosità – nel suo insegnamento, il posto centrale era occupato
dalla questione del consenso sociale come condizione di prosperità
e di sviluppo dello stato e della nazione: O anime forti, o uomini
che vivete nella concordia, che avete una mente sola e una sola
volontà, potrà qualcuno resistere a voi? Prendiamo come esempio
un grandissimo impero, ma interamente lacerato e in discordia.
Prendiamo una repubblica potentissima, ma disunita, prendiamo una
città circondata da mura di grandissimo spessore, ma piena di
divergenze, prendiamo una società umana, retta e pia, ma in
continue polemiche, vedremo che la fama di pietà perde lo splendore
in seguito ai dissidi interni, che la fortezza di spirito dei
cittadini si indebolisce a causa dei disordini, che gli abitanti
della repubblica si indeboliscono in conseguenza delle divisioni, e
la grandezza dell’impero, a causa della discordia tra le
popolazioni che vivono in esso o diminuirà o si indebolirà
(Prodromus reginae artium). Come sacerdote, il Fondatore dei mariani
si assunse più volte l’iniziativa di pregare per la prosperità
dei destini della patria, per ristabilire la pace, specialmente in
tempi di spedizioni armate dell’esercito della Repubblica di
Polonia sotto il comando di Giovanni Sobieski. Seguendo
l’insegnamento tradizionale della Chiesa, basato sull’insegnamento
di S. Tommaso d’Aquino, P. Papczyński era contrario alle guerre
offensive, e un ardente partigiano di quelle difensive come modo per
riportare la pace. Racchiuse questo pensiero in una bella frase: La
più degna di lode è la gioia causata dal trionfo dei salvatori
della patria, e il più grande trionfo è quello che riportano i
salvatori della patria. Intendeva la pace come una coesistenza
armoniosa delle nazioni e nell’ambito della stessa nazione – il
comune operare dei gruppi sociali
e
degli individui. La più speciale espressione dell’amore per la
Patria si dimostrò essere l’”opera della vita” di P.
Stanislao Papczyński, cioè la Congregazione dei Chierici Mariani,
la prima comunità religiosa maschile polacca, fondata da un
Polacco, con la sua storia unita profondamente con la sorte della
Repubblica di Polonia. Padre Fondatore Il venerabile Servo di Dio,
Stanislao Papczyński ricevette da Dio molti doni, ma sembra che
l’appellativo di Padre Fondatore denoti nel modo più completo e
definitivo la sua identità spirituale. Il carisma di fondatore
appartiene a quei rari doni dello Spirito Santo, attraverso i quali
Egli edifica la Chiesa e la rende capace di leggere i segni dei tempi
e di dare una risposta alle sfide dell’epoca. P. Stanislao, sin
dall’inizio, seguendo la chiara illuminazione dello Spirito Santo,
riteneva che la più importante missione dell’istituto che stava
fondando, era la diffusione del culto dell’Immacolata Concezione
della Santissima Vergine Maria. L’idea di fondare un ordine
religioso maturò in lui probabilmente nell’anno 1670. Per la
prima volta espresse il desiderio di iniziare un’opera di questo
genere, alla presenza di P. Michał Kraus, viceprovinciale degli
scolopi, l’11 dicembre 1670, nella cosiddetta Oblatio: Nel nome di
nostro Signore Gesù Cristo Crocifisso. Amen. Io, Stanislao di Gesù
e Maria Papczyński [...] offro e consacro a Dio Padre Onnipotente e
al Figlio e allo Spirito Santo e alla Madre di Dio sempre Vergine
Maria, concepita senza peccato originale, il mio cuore, la mia anima,
la ragione, la memoria, la volontà, gli affetti, tutta la mente,
tutto lo spirito, i sensi interiori ed esteriori, il mio corpo, nulla
lasciando per me stesso, per essere d’ora in poi totalmente servo
dell’Onnipotente e della Santissima Vergine Maria. Prometto loro di
servire in castità fino al termine della mia vita e con zelo
nell’Associazione dei Sacerdoti Mariani dell’Immacolata
Concezione (che per grazia divina voglio fondare), di conformare la
mia condotta alle sue leggi, alle sue norme e ai suoi riti [...].
Vale la pena notare che l’Oblatio, oltre che rivelare il carisma
fondatore di P. Papczyński, contiene anche in un certo senso la
sintesi della sua spiritualità. Fece quest’atto nel nome di
Cristo Crocifisso sommamente amato. L’essenza di esso era
l’Oblatio, dunque il dono totale di sé a Dio e a Maria Concepita
Immacolata, che si ricollega all’offerta dei doni durante la S.
Messa. Il Padre Fondatore lo fece in completa libertà, mosso
soltanto – come confessò più tardi nella Fundatio domus
recollectionis – da una chiara ispirazione divina. Indubbiamente si
stava preparando a questo atto pubblico da molto tempo. L’Oblatio,
infatti, ebbe una forma scritta, che è la prova che P. Papczyński
non fece una professione così seria sotto l’impulso del momento.
Consapevole di iniziare un nuovo periodo della sua vita – con
l’accettazione del decreto della dispensa dai voti semplici emessi
dagli scolopi – confermò dinanzi alla Chiesa, la volontà di
seguire ulteriormente la via dei consigli evangelici, e consacrò il
proprio avvenire all’opera della fondazione dell’Ordine dei
Mariani dell’Immacolata Concezione. Quest’atto di totale
abbandono di sé a Dio Uno e Trino e alla Madre di Dio, costituisce
il fondamento della comunità religiosa dei mariani.
È
opportuno osservare qui che P. Papczyński non voleva essere un
riformatore della vita religiosa. Se così fosse stato – seguendo
la prassi piuttosto comune di quel tempo – avrebbe tentato di
fondare un braccio riformato degli scolopi, opera per la quale
probabilmente avrebbe potuto ottenere il consenso della Sede
Apostolica. Abbandonando l’Ordine delle Scuole Pie, lasciandosi
guidare da un vero amore per ristabilire la pace nella Provincia
divisa a causa della controversia sorta (Decreto sull’eroicità
delle virtù), rinunciò soltanto alla forma della vita religiosa
degli scolopi. Volle invece continuare a vivere come religioso,
poiché riteneva questa forma di vita la più vicina a quella
evangelica, imitando Cristo crocifisso e Maria Immacolata ai quali
aveva fatto il dono totale di sé. Per comprendere bene la più
importante opera del Padre Fondatore, vale la pena di rendersi conto,
che tale intento poteva sembrare una pazzia. Prima di tutto fino ad
allora non c’era stato alcun ordine maschile polacco, non c’era
dunque né un precedente, né un modello da imitare. Inoltre, P.
Papczyński vedeva il suo futuro istituto come una comunità aperta
all’apostolato, che allo stesso tempo avrebbe condotto uno stile
ascetico di vita, e la situazione presso gli scolopi aveva mostrato,
che nella società della Repubblica di Polonia di allora, c’erano
poche persone disposte ad acconsentire a una vita di questo genere.
Probabilmente un serio ostacolo era anche l’origine contadina e non
nobiliare di P. Papczyński. Da varie parti veniva “tentato”
dalle proposte di assumere importanti incarichi nella Chiesa, ma
soltanto nell’ambito delle istituzioni diocesane o religiose già
esistenti; i rappresentanti di altri ordini l’avrebbero visto
volentieri tra i propri membri. Si può dire che sia all’inizio
del cammino della vocazione religiosa, che dopo aver abbandonato gli
scolopi, la vita era aperta davanti a lui, gli si presentava
specialmente la possibilità di far “carriera” ecclesiastica. In
P. Stanislao, tuttavia, prevalse la convinzione che Dio stesso voleva
compiere qualcosa di più per mezzo di lui: proclamare la gloria di
Maria Concepita Immacolata dedicando a Lei la nuova congregazione
religiosa. Malgrado la grandezza dell’opera e il senso della
propria piccolezza e inutilità – sollecitato tuttavia dalla voce
di Dio – P. Papczyński prese il coraggio di iniziare le pratiche
per fondare l’Ordine dei Mariani, avendo posto la fiducia soltanto
nella potenza di Dio. Ecco la toccante testimonianza di tale
abbandono: Nonostante le innumerevoli difficoltà che ostacolano, la
bontà e la sapienza divine iniziano e compiono ciò che vogliono,
perfino quando i mezzi, secondo il giudizio umano, sono inadatti. Per
l’Onnipotente infatti, nulla è impossibile. In modo chiarissimo
ciò si è dimostrato in me, peccatore, il più misero e il più
degno di disprezzo, uno strumento buono a nulla e inadatto [usato da
Dio] per fondare la più indegna e la più piccola Congregazione di
Sacerdoti della Santissima Vergine Maria Immacolata Concezione
(Fundatio domus recollectionis). Al fine di prepararsi alla nuova
opera lasciò la diocesi di Cracovia recandosi alla cappellania da
Jakub Karski, a Lubcza. Lì elaborò il progetto delle costituzioni
per il futuro ordine, intitolato Norma vitae. In cerca di candidati,
nel settembre 1673 si recò nella Foresta Korabiewska, dove
Stanislao Krajewski, un ex soldato, conduceva da oltre dieci anni
“vita eremitica” insieme ad alcuni compagni. Sul terreno ricevuto
da Krajewski, costruì ed organizzò la prima casa del proprio
istituto, che chiamò “Casa di raccoglimento” (Domus
recollectionis). Il 24 ottobre 1673, a Foresta di Korabiew arrivò
per la visita canonica, Mons. Jacek Święcicki. Egli approvò la
comunità che viveva secondo la “Regola di vita”, come germe
dell’Ordine dei Mariani, alle dipendenze del superiore P.
Papczyński. Conferì alla comunità anche gli “Statuti” di
carattere strettamente eremitico e penitenziale, il che esulava dal
carattere della vita religiosa intesa dal Servo di Dio per i mariani.
Padre Papczyński accettò tuttavia in spirito di obbedienza
religiosa la decisione del vescovo. Sin dall’inizio dell’esistenza
della congregazione, il paterno amore per la piccolissima comunità
dei mariani sollecitava il Fondatore a svolgere le pratiche onde
ottenere per essa l’approvazione pontificia, poiché la Sede
Apostolica aveva giudicato che i mariani non avevano bisogno della
sua approvazione. P. Papczyński – già dopo essersi trasferito a
Nowa Jerozolima (attualmente: Góra Kalwaria) – per ottenerla, si
rivolse tuttavia al vescovo Stefan Wierzbowski, il quale il 21 aprile
1679, la approvò come congregazione di diritto diocesano, istituto
composto di due comunità. Nello stesso anno il re Giovanni
Sobieski, conferì dei privilegi alla piccola congregazione, cosa
che indubbiamente rafforzava la sua posizione, ma lo status di un
istituto diocesano continuò a rendere dipendente il suo futuro
dalla benevolenza del vescovo. P. Papczyński sperimentò ciò
dolorosamente dopo la morte di Mons. Wierzbowski, nel 1687, perdendo
il suo protettore e amico. Su di lui e sulla sua congregazione giunse
una nuova ondata di accuse e di calunnie, che misero in dubbio il
diritto di esistenza di un istituto di voti semplici. Purtroppo a
queste accuse credette il nuovo pastore della diocesi e poco mancò
che non sopprimesse l’Ordine dei Mariani. Ciò fece vacillare la
vocazione della maggioranza dei membri. Il Fondatore stesso
sprofondò nei dubbi riguardo alla giustezza della sua iniziativa.
Si rivolse allora al superiore generale degli scolopi chiedendo
consiglio: continuare la nuova vita religiosa oppure tornare
all’Ordine delle Scuole Pie? La terza richiesta di P. Papczyński
indirizzata al suo ordine precedente, mostra come la missione di
fondare l’ordine dell’Immacolata Concezione era per P.
Papczyński colma di tenebre spirituali e di contrarietà esterne.
Quanto dolorosa fu la fatica di portare la responsabilità di questa
opera nascente! Soltanto la convinzione che a volere questo era Dio e
l’obbedienza alle guide spirituali gli permisero di proseguire. Nel
1690, segnato molto dalle malattie e indebolito dall’austerità
della vita che conduceva, intraprese il tentativo di ottenere
l’approvazione pontificia per l’Ordine dei Mariani. A questo
scopo, avendo ormai quasi 60 anni, si recò, a piedi, a Roma.
Proprio in questo drammatico e difficile pellegrinaggio del
Fondatore, intrapreso durante l’autunno e continuato nell’inverno,
e dunque in una stagione estremamente sfavorevole, si manifesta con
maggior chiarezza il suo grande amore per la sua comunità
religiosa. Sfortunatamente, capitò a Roma proprio per la morte del
papa Alessandro VII. Assicuratosi che la Sede Apostolica non era
propensa ad approvare nuovi ordini con la loro propria regola (a dir
il vero si conoscono delle eccezioni, ma poche), cercò sostegno
nell’Ordine dei Francescani Osservanti, il quale si sarebbe assunto
la cura spirituale dell’Ordine dei Mariani. Tra le regole esistenti
approvate, gli parve la più appropriata – in considerazione del
nome e della spiritualità mariana – la regola dell’Ordine delle
Monache dell’Immacolata Concezione della B. V. M. (le cosiddette
concezioniste). Occorreva ottenere soltanto l’approvazione
pontificia, ma il cattivo stato di salute non permise a P. Stanislao
di rimanere a Roma fino all’elezione del nuovo Pontefice. Tornato
in patria, P. Papczyński non cessò gli sforzi per il
consolidamento giuridico dell’ordine. Perciò, nel 1692, per tre
volte scrisse alla Sede Apostolica la domanda per l’approvazione
dell’Ordine dei Mariani, in base alla regola delle concezioniste.
Tali tentativi non portarono l’effetto desiderato, poiché,
secondo il parere della Congregazione per i Vescovi e per i
religiosi, ai mariani, per esistere giuridicamente nel seno delle
Chiesa, bastava l’approvazione del vescovo ordinario.
Ciononostante, il Fondatore stesso, ormai seriamente deperito nella
salute, nell’anno 1699, rinnovò la richiesta dell’approvazione
dell’Ordine e inviò a Roma il suo procuratore P. Joachim
Kozłowski. Questi, incontrando delle difficoltà nell’approvazione
dell’Ordine dei Mariani sulla base della Norma vitae di P.
Papczyński, si rivolse ai francescani per avere la “Regola delle
dieci virtù della Santissima Vergine Maria”. Papa Innocenzo XII,
il 24 novembre 1699, nella lettera indirizzata al nunzio apostolico
in Polonia, approvò il documento del generale dei francescani
osservanti, concedendo ai mariani il permesso di vivere secondo
quella regola. Sebbene la regola venisse accettata senza previ
accordi con P. Papczyński, non violava però sotto nessun aspetto
le caratteristiche specifiche dell’istituto e venne accettata da
lui con gioia. Da allora l’Ordine dei Mariani divenne una
congregazione di voti solenni, svincolata dalla giurisdizione dei
vescovi, cosa che si univa con la liberazione dell’ordine dal
restrittivo status giuridico di comunità eremitica. Il 6 giugno
1701 ebbe luogo il coronamento di quasi trenta anni di sforzi
veramente eroici del Fondatore dell’Ordine dei mariani per ottenere
l’approvazione pontificia. Quel giorno, P. Papczyński emise la
solenne professione religiosa nelle mani del nunzio Francesco
Pignatelli, prestando il giuramento di osservare la regola Istituto
nostro non contrariantem (Scripta historica), e successivamente,
nella chiesa del Cenacolo, a Nowa Jerozolima, la ricevette dai suoi
confratelli. In questo modo coronò l’opera della fondazione della
Congregazione dei Chierici Mariani. Omnia apud vox in charitate fiant
– Tutto si faccia tra voi nella carità Conviene domandarci: in
che cosa P. Papczyński vedeva l’essenza sia della propria
vocazione religiosa, che dell’Ordine dei Mariani da lui fondato? La
risposta viene data dal secondo capitolo della Norma vitae e dagli
altri suoi scritti. Secondo il Fondatore, il principio centrale della
vita cristiana e di quella religiosa è l’amore di Dio e degli
uomini. Considera il fatto – fa notare nelle conferenze raccolte
nel libro Inspectio cordis - che la misura delle grazie dipende dalla
grandezza dell’amore. Di conseguenza, chi riesce ad avere un amore
più grande verso il Bene Supremo, riceve maggiori grazie e più
numerosi premi d’amore. Anima mia, che cosa odi? Che cosa riesci a
comprendere di questo? Continuerai ad essere così sciocca e pazza,
da non dedicarti completamente ad amare Dio, per possederLo
interamente? Continuerai a fare la tua volontà andando verso la
perdizione, piuttosto che compiere la volontà dell’Amato per
ottenere la tua salvezza? Non lascerai ogni cosa, per ricevere tutto?
Non rinnegherai te stesso per conquistare te stesso e Colui che ti ha
creato? La via verso Dio è quella di aprirsi al Suo amore,
l’accettarlo e permettergli che esso ci attiri verso di Lui,
seguendo la strada dell’obbedienza, della povertà spirituale e di
rinnegamento di sé. P. Stanislao interpretava in chiave d’amore
sponsale ogni sacrificio che l’uomo deve affrontare. Soltanto al
Dio amato vale la pena di donare tutto. O immensa ricchezza
dell’amore di Dio! Per mezzo tuo si raggiunge Colui che si ama! È
veramente cosa buona amare l’Infinito ed essere amato
dall’Infinito! Mentre leggiamo questa frase ci sembra di avere tra
le mani i passi delle Confessioni di Sant’Agostino. P. Stanislao
concluse il suo “inno sull’amore” con le parole della
preghiera: O Dio, fa’ sì che amandoTi veramente e servendoTi per
puro amore, possa una volta finalmente, nel felicissimo luogo dove ci
si può estasiare della Tua visione, cantarti il più dolce canto
d’amore: “Trovai l’amato del mio cuore, lo stringerò
fortemente e non lo lascerò” (cfr. Ct 3, 4). Qui si tratta di
un’intima relazione personale con lo Sposo Divino, dove l’unione
scaturisce dall’amore e comprende ogni istante della vita.
All’amore di Dio dovete dedicare tutte le azioni e le esperienze
della vostra vita, e specialmente quellei di ogni giorno, ogni
istante, le circostanze [...] tutte le comuni o le singole attività
ed esperienze. Dovete offrire tutto questo con [...] fiducia e pietà
sull’altare dell’amore, con il cuore puro uniti ai meriti di
Cristo Signore e della Sua Madre Immacolata (Norma vitae). Da se
stesso l’uomo non sarebbe capace di un tale amore, se non gli fosse
concesso dallo Spirito Santo, nel quale P. Papczyński vedeva la
fonte di un vero, cioè spirituale amore (amor spiritualis). Lo
Spirito Santo trasforma le anime dei peccatori in anime colme d’amore
[...], come fece con gli Apostoli; quando apparvero sopra di essi le
lingue di fuoco e interiormente divennero ardenti i loro cuori
(Inspectio cordis). Un posto ugualmente importante nell’insegnamento
di P. Stanislao riguardo al cammino della perfezione, occupa
l’esortazione all’amore fraterno: Per quanto riguarda l’amore
reciproco, colui tra voi che più si distingue nell’amore
vicendevole, sappia di essere più caro alla Maestà Divina.
Ricordi ciascuno che l’amore è l’anima del suo Istituto e più
egli si allontanerà da esso più si allontanerà anche dalla vita
(Norma vitae). Questa raccomandazione si riferisce prima all’amore
dei confratelli dati da Dio. L’esempio di un tale amore
misericordioso lo vediamo in P. Papczyński stesso, specialmente nei
riguardi di Stanislao Krajewski, uno dei suoi primi compagni. Basta
prendere in mano il testo Fundatio domus recollectionis, per
convincersi delle gravi difficoltà, che Krajewski causò al
Fondatore. Nel 1675 si era arrivati ad una situazione drammatica:
Krajewski picchiò P. Stanislao, e poi fuggì dal convento di
Korabiew. Rimanendo fuori dell’ordine, diffondeva false accuse
riguardanti il Fondatore e la sua piccola comunità, in modo
particolare quando P. Papczyński si trasferì a Nowa Jerozolima.
Dopo un certo tempo Krajewski fondò la comunità religiosa di
Sant’Onofrio ed intraprese il tentativo di creare un convento nella
località Wygnanka presso Lutków. In poco tempo tuttavia il suo
progetto fallì ed egli chiese la possibilità di tornare dai
mariani. In spirito di perdono e di riconciliazione il Padre
Fondatore lo ammise nuovamente nella comunità. Questo
atteggiamento, pieno di misericordia e di bontà, cambiò talmente
fra’ Stanislao Krajewski che trascorse gli ultimi anni della sua
permanenza dai mariani (morì prima dell’anno 1685) in completa
armonia con P. Papczyński, anzi fece del suo superiore l’unico
esecutore del suo testamento. Nell’Inspectio cordis scrisse ancora
più esplicitamente: Un uomo senza la carità, un religioso senza
la carità, è un’ombra senza sole, un corpo senz’anima
semplicemente è un nulla. Ciò che l’anima è nel corpo, nella
Chiesa, negli ordini religiosi e nelle case religiose, è la
carità. Giustamente dunque ha detto qualcuno, raccomandando questa
virtù: “Togli dal mondo il sole e avrai tolto tutto; togli
all’uomo l’amore e gli avrai lasciato il nulla”. La carità è
l’anima, la luce, la vita degli ordini religiosi e di ogni società
umana. Queste parole si potrebbero ritenere come il testamento
spirituale del Fondatore, lasciato ai suoi confratelli. Nella
prospettiva delineata sopra, vale la pena considerare l’opinione,
abbastanza diffusa, sul Servo di Dio come uomo e religioso conosciuto
per la sua eccessiva severità nell’applicare delle pratiche
ascetiche esagerate, un rigorista esigente per un’assoluta
osservanza delle regole religiose. Alcuni dei suoi superiori scolopi,
dipingevano con questi tratti P. Stanislao anche alle persone esterne
e agli inizi del cammino dei mariani nella Foresta di Korabiew,
facevano la stessa cosa i suoi compagni. Questo aspetto di severità
potrebbe emergere anche da una lettura superficiale degli scritti
lasciati da P. Papczyński. Uno sguardo più da vicino sulla
visione della via verso la santità di P. Stanislao, rende tuttavia
possibile scoprire la fonte profondamente evangelica del programma
ascetico che proponeva specialmente ai consacrati. “Nessuno può
servire a due padroni” (Mt 6, 24). Tieni presente che ci sono due
padroni: Dio e il mondo, i desideri spirituali e quelli carnali;
l’amor proprio e l’amore di Dio. Entrando nel convento ti sei
donato ad un Padrone migliore. A quell’altro dovresti dunque
dichiarare guerra. Sii certo, che per condurla felicemente a termine
ti verrà concesso l’aiuto celeste, sotto condizione però che
combatterai da forte. Nella lotta libera, Dio benedice coloro che ha
chiamato a combattere. Sferra dunque l’attacco a ciò che è
mondano, a ciò che appartiene alle concupiscenze, a tutto ciò che
in te è amor proprio, oppure ciò che di nuovo tenta di rientrare
in un cuore consacrato ormai ad un altro Signore: sradica tutto
questo o respingilo con fermezza (Inspectio cordis). In questa
prospettiva la vita della fede e la realizzazione della vocazione
divina appaiono come un campo di combattimento spirituale, un
conflitto tra ciò che è divino e ciò che è diabolico, tra
ciò che è santo e ciò che è “mondano”. Tutti i mezzi e le
pratiche ascetiche devono aiutare il religioso a purificarsi dalle
brutture del peccato e conservare dentro di sé la bellezza divina.
Padre Stanislao digiunava più dei suoi confratelli, più spesso di
quanto lo prescriveva la regola, praticava la flagellazione e
dedicava maggior tempo alle veglie notturne, senza tuttavia imporlo
ai suoi compagni. Le prescrizioni penitenziali racchiuse nella Norma
vitae, non superano affatto i generali principi ascetici degli
eremiti di quell’epoca (eccezione fatta per la categorica
proibizione dell’uso di acquavite, cioè per gli alcolici forti!).
Esse non erano fine a se stesse, ma il mezzo per santificare se
stessi, e nel caso di P. Papczyński, frequentemente, la forma di
intercedere per gli altri, specialmente per coloro che soffrivano nel
purgatorio, servivano dunque per poter amare di più. Vediamo dunque
che né le pratiche ascetiche, né la pietà, e neppure la regola
dell’istituto si trovano al centro delle meditazioni sul cammino
della perfezione religiosa, ma l’amore di Dio e degli uomini. Nel
Primo testamento (1692) P. Stanislao scrisse: Ai miei dilettissimi
fratelli in Cristo raccomando in modo particolare e ardentemente
l’amore di Dio e del prossimo, l’unità degli intenti,
l’umiltà, la pazienza, la sobrietà, la modestia, il fedele
compimento della propria vocazione e l’immutabile perseveranza in
essa, l’incrollabile devozione alla Vergine concepita senza
macchia, il sostegno zelante ai defunti, l’osservanza delle
[nostre] regole, la disciplina e la perfezione religiosa e il
continuo fervore dello spirito; si ricordino che per ciò che hanno
giurato a Dio e all’elettissima Vergine, è riservato per loro il
premio più sicuro e più affidabile. Conclusione Guardando la vita
di P. Stanislao Papczyński, notiamo in essa l’incontro
dell’azione di Dio con la fiducia e l’abbandono dell’uomo,
spesso eroico. Più dei miracoli attribuiti a P. Stanislao e delle
grazie mistiche (la visione del purgatorio, la predizione del futuro
o la guarigione dei malati, e perfino la resurrezione dei morti),
presenti già nelle sue prime biografie, ci stupisce la fortezza nel
seguire l’ispirazione divina e nel combattere contro le difficoltà
della vita. Quello che rende più visibile l’azione dello Spirito
Santo stesso nella vita del Fondatore della Congregazione dei
Chierici Mariani, sono le sue lotte e i suoi dubbi. Il cammino della
fede e della vocazione si unisce ad una continua chiamata di P.
Stanislao a rinnegare se stesso, ad aver fiducia nel compimento di
ciò che sembra impossibile, alla fedeltà fino alla fine. Come P.
Papczyński è simile in questo a Colei che amava e venerava tanto
– a Maria Immacolata, la Donna Credente. La sua santità si
maturò nel cammino della fede, e il suo coronamento fu l’eroica
opera della fondazione della nostra Congregazione. P. Papczyński
subordinò ogni cosa alla realizzazione del carisma divino:
rinunciò alla carriera ecclesiastica, accettò la fatica di
educare dei candidati poco adatti all’ordine, sperimentò la
dolorosa ondata di scherni, di accuse, di calunnie e perfino di
sofferenze fisiche, più di una volta malmenato dai suoi nemici e da
quelli del nuovo ordine, per esso espose al rischio la fama del suo
buon nome, affrontò anni di fatiche e di attesa. Richiamandosi alle
parole di San Paolo Apostolo, possiamo dire che P. Papczyński
generò nei dolori la Congregazione dei Chierici Mariani. Nel suo
ultimo testamento attribuì al Signore Gesù stesso e alla Sua
Madre Immacolata la gloria che derivava da tutto questo: Come indegno
Superiore di questa piccolissima Congregazione, la raccomando per i
secoli, con grandissima pietà, al mio Signore Gesù Cristo e
all’elettissima Vergine Maria Sua Madre, come ai veri e unici
Fondatori, Direttori, Protettori e Patroni di essa che si reputa
onorata di chiamarsi: Congregazione dell’Immacolata Concezione che
è il Sostegno dei Defunti (Secondo testamento, 1699/1701).
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