Dal quaderno n°1 del 1943 di Maria Valtorta - Dal giorno 10 giugno al giorno 11 giugno
10
giugno 1943.
Dice
Gesù: «Se la mia Carne è realmente cibo e il mio Sangue è
realmente bevanda, come mai le vostre anime muoiono di inedia? Come
mai non crescete nella vita della grazia? Vi sono molti per i quali
è come se le mie chiese non avessero ciborio. Sono coloro che mi
hanno rinnegato o dimenticato. Ma vi sono anche molti che si cibano
di Me. Eppure non progrediscono. Mentre in altri, ad ogni unione con
Me-Eucarestia, vi è un accrescimento di grazia. Ti spiegherò le
cause di queste differenze. Vi sono i perfetti che mi cercano
unicamente perché sanno che la mia gioia è di essere accolto nel
cuore degli uomini e che non hanno gioia più grande di questa di
divenire una sola cosa con Me. In questi l’incontro eucaristico
diviene fusione, ed è tanto forte l’ardore che da Me emana e che
da loro si sprigiona, che come due metalli in un crogiolo noi si
diventa una cosa sola. Naturalmente quanto più la fusione è
perfetta tanto più la creatura prende l’impronta mia, le mie
proprietà, le mie bellezze. Così sanno unirsi a Me quelli che voi
chiamate poi “Santi”, ossia i perfetti che hanno capito chi Io
sono. Ma in tutte le anime che vengono a Me con vero trasporto e puro
cuore Io porto grazie indicibili e trasfondo la mia grazia, di modo
che esse procedono sulla via della Vita e anche se non raggiungono
una santità clamorosa, riconosciuta dal mondo, raggiungono sempre
la vita eterna, perché chi sta in Me ha vita eterna. Per tutte le
anime che sanno venire a Me con l’ardore dei primi e con la fiducia
dei secondi a che mi dànno tutto quanto è in loro potere di dare,
ossia tutto l’amore di cui sono capaci, Io sono pronto a compiere
prodigi di miracoli pur di unirmi a loro. Il cielo più bello per Me
è nel cuore delle creature che mi amano. Per loro, se la rabbia di
Satana distruggesse tutte le chiese, Io saprei scendere, in forma
eucaristica, dai Cieli. I miei angeli mi porterebbero alle anime
affamate di Me, Pane vivo che dal Cielo discende. Non è del resto
cosa nuova. Quando la fede era ancora fiamma di amore vivo Io ho
saputo andare ad anime serafiche seppellite negli eremi o nelle celle
murate. Non occorrono cattedrali a contenermi. Mi basta un cuore che
l’amore consacri. Anche la più vasta a splendida cattedrale è
sempre troppo angusta e povera per Me, Dio che empio di Me tutto
quanto è. Opera umana è soggetta alle limitazioni dell’umano e
Io sono infinito. Mentre non m’è angusto e povero il vostro cuore
se la carità lo accende. E la più bella cattedrale è quella
della vostra anima abitata da Dio. Dio è in voi quando voi siete in
grazia. Ed è del cuore vostro che Dio si vuole fare un altare. Nei
primi tempi della mia Chiesa non vi erano le cattedrali, ma Io avevo
un trono degno di Me in ogni cuore di cristiano. Vi sono poi quelli
che vengono a Me soltanto quando il bisogno li spinge o la paura li
sprona. Allora vengono a bussare al Tabernacolo che si apre,
concedendo sempre conforto, spesso, se è utile, la grazia
richiesta. Ma vorrei però che l’uomo venisse a Me non soltanto
per chiedere ma anche per dare. Indi vengono quelli che si accostano
alla Mensa, dove Io mi faccio cibo, per abitudine. In questi i frutti
del Sacramento durano per quel poco di tempo che durano le Specie e
poi dileguano. Non mettendo nessun palpito nel loro venire a Me, non
progrediscono nella vita dello spirito che è essenzialmente vita di
carità.
Io sono Carità e porto carità, ma la mia carità viene
a languire in queste anime tiepide che nulla riesce a scaldare di
più. Altra categoria, quella dei farisei. Vi sono anche ora; è
una gramigna che non muore. Costoro fanno gli ardenti, ma sono più
freddi della morte. Sempre uguali a quelli che mi misero a morte
vengono, mettendosi bene in mostra, gonfi di superbia, saturi di
falsità, sicuri di possedere la perfezione, senza misericordia fuor
che per se stessi, convinti d’essere esempio al mondo. Invece sono
quelli che scandalizzano i piccoli e li allontanano da Me perché la
loro vita è una antitesi di quella che dovrebbe essere e la loro
pietà è di forma ma non di sostanza, e si tramuta, non appena
allontanati dall’altare, in durezza verso i fratelli. Questi
mangiano la loro condanna perché Io perdono molte cose, conoscendo
la vostra debolezza, ma non perdono la mancanza di carità,
l’ipocrisia, la superbia. Da questi cuori Io fuggo al più presto
possibile. Considerando queste categorie è facile capire perché
l’Eucarestia non ha ancora fatto del mondo un Cielo come avrebbe
dovuto fare. Siete voi che ostacolate questo avvento d’amore che vi
salverebbe come singoli e come società. Se realmente vi nutriste di
Me col cuore, con l’anima, con la mente, con la volontà, con la
forza, l’intelletto, con tutte insomma le potenze vostre,
cadrebbero gli odî, e con gli odî le guerre, non vi sarebbero
più le frodi, non le calunnie, non le passioni sregolate che creano
gli adulteri e con questi gli omicidi, l’abbandono e la
soppressione degli innocenti. I1 perdono reciproco sarebbe non sulle
labbra, ma nei cuori di tutti, e sareste perdonati dal Padre mio.
Vivreste da angeli passando le vostre giornate adorando Me in voi e
invocando Me per la prossima venuta. La mia costante presenza nel
vostro pensiero terrebbe voi lontani dal peccato, il quale sempre
comincia da un lavorìo del pensiero che poi si traduce in atto. Ma
dal cuore fatto ciborio non uscirebbero che pensieri soprannaturali e
la terra ne sarebbe santificata. La terra diverrebbe un altare, un
enorme altare pronto ad accogliere la seconda venuta del Cristo,
Redentore del mondo.»
11
giugno1943
Dice
Gesù: «Sei troppo afflitta per copiare quanto ti ho detto , molto
più che è argomento che ti costa trascrivere. Lascialo dunque per
oggi e ascolta Me che ti parlo. Hai tanta pena, povera anima! Ma Io
voglio sollevare la tua pena. Non “levare” la tua pena. Ma
sollevarla. Sollevarla consolandoti e sollevarla aiutandoti ad
alzarla ben in alto perché sia tutta meritoria. Se mi ascolti
vedrai che la ferita duole meno. Maria, non essere una che non sa
fare fruttare le monete che Io le do. Ogni evento della vostra
giornata d’uomini è una moneta che Dio vi affida perché la
facciate fruttare per la vita eterna. Della nuova moneta che Io ti do
servitene in modo da ricavarne il cento per cento. In che modo? Con
la rassegnazione per prima cosa, accettando di bere questo calice
senza torcere altrove la testa evitando di assestare all’amarissimo
orlo le labbra. Con riconoscenza sempre, verso di Me che te lo porgo
con la cognizione giusta, come solo Io la posso avere, di fare a te
del bene, di fare, ossia, per te un nuovo atto d’amore. Con
fiducia. Io ti aiuterò a portare la nuova croce e le altre che da
questa sgorgheranno. Non sei contenta d’avermi per Cireneo, Io, il
tuo Gesù che ti ama? Con vista superiore, soprattutto. Sì, non
avvilire l’oro di questa croce sporcandolo con retropensieri umani.
E che ti importa che il mondo non ti comprenda, neppure nei tuoi più
eletti sentimenti? E che? Ti preoccupi perché sei giudicata fredda,
egoista, senza amore verso tua madre?
E
che? Ti addolori di un povero giudizio umano? No, Maria. Male sarebbe
se Io ti avessi a giudicare colpevole verso i comandamenti della
Legge divina e umana per riguardo al tuo agire verso tua madre. Ma
degli altri non te ne curare.
E
guarda Me una volta ancora. Non fui Io forse vilipeso dall’insulto
che Io ero bestemmiatore, un ribelle al Dio d’Abramo, un ossesso,
un figlio senza cuore? Nessun discepolo è da più del Maestro,
Maria, e ogni discepolo deve perciò essermi uguale nelle offese che
riceve e nelle opere che compie. Alle offese ci pensano gli altri i
quali “non sanno quello che fanno e che dicono”. Perciò
perdonali. Alle opere pensaci tu, continuando la tua via e alzando
tanto in alto il tuo spirito fin dove le pietre della maldicenza,
della corta vista umana, non possono arrivare. Sono Io che vedo e
giudico e che ti premio e benedico. Gli altri sono polvere che cade.
Va’ in pace, Maria. Ecco che ti tocco per sollevare dal tuo capo la
corona spinosa. Oggi la porterò Io per te. E non cercare mai altri
cuori fuorché il mio per consolare il tuo soffrire. Anche
percorressi tutta la terra non troveresti nessuno che ti capisse con
verità e giustizia come lo può fare Gesù, tuo Maestro e Amico.
Va’ in pace. Ti do la mia pace.» «Per capire le cose voi uomini
avete bisogno di mettere meticolosamente tutte le cose in chiaro.
Punti, virgole, esclamativi, interrogativi, e spesso non servono. Ma
Dio non ha bisogno di sofisticare tanto per capire. Egli vede nel
profondo e giudica il vostro profondo. È per questo che Io vi ho
detto: “Quando pregate non dite tante parole. Il vostro Padre sa di
che abbisognate”. Il vostro Padre capisce, Maria, vede, giudica,
con vera giustizia e con grande misericordia. Non misura col vostro
centimetro. Non condanna secondo il vostro codice, e non guarda coi
vostri occhi miopi. Anche quando una colpa c’è realmente, ma il
colpevole ne è così umiliato da giudicarsi da sé meritevole di
condanna, Io, Misericordia, dico: “Non ti condanno. Va’ e non
più peccare”, come ho detto all’adultera. Che il prossimo non
capisca mai con vera giustizia ne hai continue prove. L’ultima è
di ieri sera. Sono stati feriti il tuo cuore di figlia a la tua
suscettibilità di donna con un unico colpo. E da chi avrebbe potuto
conoscerti a fondo. Questo ti dimostri una volta di più che non
c’è che Dio che sia infinitamente giusto. Lascia cadere tutto
quello che non sia Dio. Voglio che tu viva di Dio solo. Vuoi un
esempio di come sia limitata la perspicacia umana? Tu, nel
trascrivere una frase, hai omesso, parendoti già chiaro il pensiero
mentre Io te lo dettavo, due parolette: in lei. Due microscopiche
parolette. Ma dopo né tu né altri avete più capito il
significato vero della frase. “Era anzi in lei (Maria) la Grazia
stessa”, cioè era pienamente in Maria Dio, Grazia stessa.
Un’inezia di omissione, ma che ha fatto sì che non afferraste
più bene il senso della frase . Così è di tutto. La limitata
vista intellettuale umana vede alla superficie e spesso malamente
anche alla superficie. Per questo vi ho detto: “Non giudicate”.
A
persuadere te e altri che quanto scrivi non è cosa tua, lascio
apposta delle lacune nella tua mente, come quella dei dieci giusti
che avrebbero potuto salvare quella antica città . L’hai dovuto
chiedere al Padre . Oppure lascio che tu commetta una piccola
modificazione per mostrarti che da te sbagli subito e ti levo la
voglia di riprovartici. In tal modo ti tengo bassa e persuasa che
nulla è tuo e tutto è mio. Tutto il bene che voi fate, anche se
molto vasto, è una piccolezza trascurabile se confrontata
all’infinito Bene che è Dio, e anche le vostre opere più
perfette, di una perfezione umana, sono piene di mende agli occhi di
Dio. Ma se voi le offrite unite ai miei meriti, ecco che esse
prendono le caratteristiche che piacciono a Dio, acquistano in
perfezione, in estensione, e divengono capaci di redenzione. Bisogna
sapere fare tutto in Me e imitando Me e nel mio Nome. Allora il Padre
mio vede nelle vostre opere il mio segno e la somiglianza mia e le
benedice e fa fruttare. Per una sbagliata umiltà non devi mai dire:
“Io non posso fare ciò”. Io l’ho detto: “Farete le stesse
opere che faccio Io”. Appunto perché rimanendo in Me con la
vostra buona volontà divenite dei piccoli Cristi capaci di seguire
Me, Cristo vero, in tutte le contingenze della vita.»
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