Con
una frase si può stroncare la vita di un uomo, ma se ne può anche
spiegare la vita. La frase è questa: “ Stillstand bedeutet
Ruckscritt: fermarsi nella vita spirituale significa tornare
indietro”. La frase è tedesca e la donna invece è italiana, è
milanese: Armida Barelli (1)
, una donna fra le più forti che l’Italia ebbe nella prima metà
del nostro secolo. Bella fisicamente, vivace di spirito,
intelligente, colta: sarebbe diventata un’ottima madre di famiglia.
Aveva del resto l’esempio della sua famiglia: laboriosa, ottimista,
serena, leale, retta, e poi aveva ricevuto un’eccellente formazione
cristiana dalle suore della Santa Croce di Menzingen nella Svizzera.
Da quelle suore aveva imparato questo proverbio: “Chi si ferma
nella vita spirituale torna indietro”. Ed essa in cuor suo decise
di andare sempre avanti. Ed ecco che nella preghiera, umilmente
obbedendo a chi la dirige nello spirito, scopre qual è la sua vera
vocazione personale. La sua segreta consacrazione a Dio nel fiore
della giovinezza scaturì dalla volontà precisa di progredire fino
alla perfezione con l’aiuto di quella grazia che non manca alle
anime di buona volontà. Dunque: non madre di famiglia, sia pure di
numerosa famiglia (apparteneva ad una famiglia di sei figliuoli, ma
essa ne avrebbe desiderato anche dodici, come diceva alle compagne) e
neppure suora col velo, ma laica nel mondo, nell’ambiente sociale
in cui la Provvidenza l’aveva posta, consacrandosi totalmente a Dio
per quell’apostolato che il Signore via via le avrebbe aperto; e
questo apostolato è stato immenso, gigantesco.
Le
opere
È
nota a tutti, in Italia, la Gioventù Femminile di Azione Cattolica
. Ebbene, per volontà di Benedetto XV la Barelli è stata l’audace
iniziatrice, la sapiente organizzatrice e, direi, l’affettuosa
guida (essa voleva farsi chiamare soltanto la sorella maggiore ) di
questa organizzazione così vasta, che oggi comprende 1.200.000
iscritte: bambine, adolescenti, giovani donne, che senza distinzione
di classi sociali, nel rispetto di quella che è la più squisita
femminilità, contro tutte le esagerazioni del femminismo, nell’amore
della patria, dei valori più alti, riceve una formazione religiosa
seria, profonda, che tenga conto del campo naturale e del campo
soprannaturale in cui vive il cristiano, e che si prepara così ad
essere domani la sposa e la madre di famiglia cristiana, per
lievitare così di bene la società. Ed è immenso il bene che è
venuto, che viene e che verrà da questo silenzioso esercito
giovanile. Tutti conoscono l’ Università Cattolica del Sacro
Cuore . Oh certo, questa è nata grazie alle energie riunite di un
Ludovico Necchi, di un padre Gemelli e di un mons. Olgiati: ho fatto
così tre nomi che sono tra i più cari al nostro cuore di
cattolici; questi sono stati, direi, la mente e il cuore dell’Ateneo,
ma la Barelli ne è stata il fuoco, la fiamma, l’apostola
instancabile, geniale, generosissima. Basterebbe pensare a quella che
è la “Giornata Universitaria” che essa ottenne da Pio XI, nella
quale tutti i cattolici fanno una generosa offerta per il loro
Ateneo.
E
quando, nel 1943, sotto i terribili bombardamenti anche la “Cattolica”
fu schiantata, tra le macerie fumanti accorse inpianto, con altri,
Armida Barelli, ma subito disse: “Domani ricominceremo da capo e la
faremo più bella”. E quando negli ultimi mesi della sua vita,
ormai impedita da un male inesorabile a muoversi e a parlare, in una
adunanza della Giunta amministrativa si pensò di chiedere al
Signore che venisse finalmente l’attesissima Facoltà di Medicina
e si disse: “Faremo la Facoltà di Medicina se il Signore ridarà
la voce alla signorina Barelli”, essa prese la sua matita e scrisse
sul suo block-notes : “Rinuncio alla voce ma voglio la Facoltà di
Medicina”. Tutti conoscono l’Università Cattolica, ma forse non
tutti conoscono l’ Opera della Regalità di nostro Signore Gesù
Cristo , di cui la Barelli fu l’anima e l’animatrice per tanti
anni, opera che ha lo scopo di portare non solo alle classi alte ma
anche alle classi umili, a tutti gli uomini di buona volontà, la
conoscenza della liturgia, della vita religiosa: di qui
pubblicazioni, periodici, riunioni, Case di Esercizi Spirituali (le
famose “Oasi” disseminate un po’ qua un po’ là, in Italia),
che hanno riportato alla conoscenza della vita liturgica migliaia e
anche milioni di persone, soprattutto alla conoscenza della santa
Messa. Pochi, poi, conoscono quella grande famiglia spirituale della
quale essa è stata maestra e madre: quella delle Missionarie della
Regalità , cioè quelle anime che soltanto Iddio conosce (perché
hanno una consacrazione segreta), numerosissime in Italia e ormai
anche in molte nazioni del mondo, che vivono nel mondo e portano al
mondo il frutto di questa consacrazione in opere innumerevoli di
bene, di bontà in tutti i campi dell’attività nei quali si può
muovere oggi una donna, per lievitarli, per diffondere il regno di
Cristo. Il segreto della sua attività Se uno legge le biografie che
sono state scritte sulla Barelli, rimane colpito da un fatto
sbalorditivo: come ha fatto questa creatura a svolgere un’attività
così intensa? Viaggi, conferenze, riunioni, scritti, colloqui,
convegni! E ha saputo non soltanto operare (e tanto!) ma far
lavorare; anche questo è un grande segreto che pochissimi hanno:
saper suscitare delle energie in altri, sì che la seguano, la
imitino, qualche volta anche la sorpassino! Certo, si deve dire che
la Barelli ha avuto delle doti naturali eccezionali. Anzitutto il
senso del tempo, tutto saturo di attività, di preghiera, di bene; e
poi capacità organizzativa eccezionale, capacità nel campo della
finanza, costanza nelle imprese che assumeva fino a portarle
all’ultimo sviluppo e senza scoraggiarsi mai, anzi cercando e
riuscendo a cambiare in bene anche gli ostacoli che inevitabilmente
si incontrano, su questa povera terra, ad ogni opera di bene.
Soprattutto una fede d’acciaio ha avuto Armida Barelli ! Fede che
non è sentimento, emozione dell’anima, no; la fede è un atto di
volontà che, sotto la mozione della grazia, dice a Cristo: “Mio
Dio e mio tutto”. Perché questa èla fede cristiana, è
prevalentemente adesione al Cristo. Scrivendo alle sue sorelle
spirituali essa diceva così: “Breve è tanto la vita, sorelline
mie, spendetela bene, spendetela per Colui che solo ne è degno”.
E allora si spiega perché l’Università Cattolica di Milano
porti il nome del Sacro Cuore.Ma come ha potuto riempire di ore di
preghiera la sua giornata già così densa di attività? Ebbene,
direi che essa riassumeva tutto il suo anelito di colloquio interiore
con Dio in quella sua giaculatoria che essa chiamava “il talismano
della sua felicità” e consigliava a tutti come tale:“Sacro
Cuore di Gesù, io mi affido a te, io confido in te, io mi fido di
te”. La sorgente della fede Donde ha attinto Armida Barelli questa
fede così adamantina in Gesù? Certo dalla gran devozione alla
Madre di Gesù che essa invocava col titolo di “Immacolata”. E
poi dalla sua spiritualità francescana. Non dimentichiamo che fu
una Terziaria francescana, un modello di Terziaria francescana del
nostro ’900. Perché, è bene saperlo, il francescanesimo non è
soltanto distacco assoluto da tuttii
beni materiali e spirituali, non è soltanto umiltà abissale che
ci fa considerare nulla anche i posti di comando che Armida Barelli
raggiunse, ma è concretezza, realismo, è semplificazione della
vita. San Francesco è stato il grande semplificatore della vita
spirituale: basta guardare a Gesù, basta amare in Lui, ma
veramente, non a parole, tutti gli uomini. È realizzare quel grido
di san Bonaventura che la Barelli conosceva bene (perché aveva
approfondito anche lo studio di tutti gli autori francescani più
importanti): “Solutio omnium difficultatum Christus” : in Cristo
c’è la soluzione di tutte le difficoltà. Anima genuinamente
francescana, ha imparato dal Poverello di Assisi ad operare bene,
senza tregua, col cuore distaccato dal mondo e ricco unicamente di
amore a Dio e alle anime, sempre col sorriso sul volto.
È
stata una donna di sacrificio , che ha vissuto realmente la sua
consacrazione al Signore. Una donna che visse nel mondo, rinunciando
a farsi una famiglia perché aveva un grande ideale segreto nel
cuore: portare Gesù a tutte le anime.
PADRE
MARIANO DA TORINO(dalla commemorazione in TV del 13 marzo 1962)
(
1) Nata a Milano il 1o dicembre 1882, muore a Varese il 15
agosto 1952. Il processo di canonizzazione è iniziato nel 1960; il
1o giugno c.a. è stata dichiarata Venerabile da Benedetto XVI;
probabilmente verrà beatificata nel 2008, nel 140o anniversario
della fondazione dell’Azione Cattolica. Segnaliamo la bella
biografia, “Armida Barelli”, scritta da M.R. Del Genio, Lev,
Città del Vaticano 2002.
Alcuni
scritti di Armida Barelli
- È stato preparato dalle Missionarie
italiane per il 90° dell’Istituto . L’Istituto secolare delle
Missionarie della Regalità di
Cristo è costituito da donne laiche
consacrate a Dio che
testimoniano la possibilità di vivere, nella
condizione
secolare, il santo Vangelo alla sequela di Gesù
obbediente, povero e casto. L’Istituto ha avuto inizio in
Assisi,
a San Damiano, il 19 novembre 1919,
dall’esperienza spirituale di
Armida Barelli e
dall’intuizione di Padre Agostino Gemelli.
L’INTUIZIONE
...
1909:
Anno di grazia! Dopo tre anni di alti e bassi, di fervore e di
resistenza
alla grazia, di misericordia di Dio e di miseria mia, quando stavo
per disperare di me, persuasa della mia assoluta incapacità [...],
la grazia
mi investì. [...] Mi canta nell’anima l’amore del
Signore [...]. Sì, Dio mi
ha investita!
L’idea
del convento tornò a balenarmi ed ecco P. Gemelli scrivermi: “No,
non pensi al convento...”.
...
Nel febbraio del 1913 da Roma ribatte il chiodo: “Il Signore
l’assista e
faccia di lei una santa laica nel vero senso della
parola, non come le “suore
in casa”, ma com’erano le vergini e
martiri cristiane che hanno ingigantito
la missione della donna nel
mondo. E chissà quale parte hanno avuto nella
diffusione del
cristianesimo! Così deve fare lei, laica, ma santa”.
...
SI FA DOMANDA
Ida
partì da Roma felice. La sua preghiera dell’ottobre precedente
alla
Porziuncola: “Mi darai, Signore, delle sorelle che vogliano
dedicarsi
totalmente all’apostolato per farti conoscere ed amare
nel mondo?” stava
per essere esaudita...
...
E DIVIENE STORIA
Padre
Gemelli ... aveva chiamato a raccolta le prime reclute con una
lettera
personale, che fissava il convegno ad Assisi dal 17 al 20 novembre.
Il
piccolo manipolo si riunì a San Damiano, sotto la presidenza di
padre
Arcangelo Mazzotti e lì ebbe la rivelazione della
spiritualità francescana e
insieme della propria specializzazione;
l’ebbe in un’atmosfera da Fioretti,
tutta fragrante della
cedrina e del mirto, che Padre Bonaventura Marrani
aveva
cavallerescamente profuso sull’ammattonato sconnesso del coretto,
sotto i passi delle pellegrine arrivanti. Però atmosfera da Fioretti
autentici,
non romanzati! Vita scomoda, tavola da frati con verdura
all’olio, pietre
dure
sotto i ginocchi, camerette non riscaldate...
UNA
PICCOLA COMUNITA’ DI DONNE ACCOGLIE IL DONO ...
“La
mattina del 17 novembre 1919, verso le 10.30, le “chiamate”alla
nascente famiglia francescana si trovarono alla stazione di Assisi.
Tre
religiosi le guidavano: due Francescani, P. Gemelli e P.
Arcangelo
Mazzotti, ed un Oblato, P. Mauri.
L’Umbria
verde di presentava in precoce veste invernale: nevicava. Ma
una
ragazza milanese, scendendo dal treno, gridò a gran voce “Viva S.
Francesco! Viva Assisi!” con stupore di qualche altra che non
capiva come
si potesse urlare in quella terra di silenzio.
Giuseppina
Taddei, che veniva da Firenze, e Maria Bonaventura, che
veniva
da un paesetto umbro, s’incontrarono in treno col gruppo più
numeroso,
proveniente da Milano. La zia Beppina si agganciò al braccio
della
sua nipote d’adozione, perché gli occhi, le orecchie, le gambe la
servivano male e, avviandosi con lei verso S. Maria degli Angeli,
domandava:
-
Quante siamo? Maria Bonaventura contò: dodici.
-
Giovani?
-
Quasi tutte. Solo due hanno i capelli brizzolati.
-
Eleganti?
-
Qualcuna. Una più delle altre.
-
Che aspetto hanno?
-
Tre sono proprio belline; le altre discretocce.
-
Maria! – ammonì sorridendo la zia Beppina, - quando ti avvezzerai
a
guardare le cose con occhio soprannaturale? Dico che aspetto
hanno
religiosamente parlando.
Monacale
no, sta’ tranquilla. Molto disinvolte.
-
Bene. Dimmi tutto, mi raccomando! Io non vedo e non sento quasi
nulla.
-
Ti farò da occhi e da orecchie.
Entrarono
in S. Maria degli Angeli...
...
Le antiche pietre che avevano visto la rinuncia di Chiara e le sue
floride
trecce recise, ora vedevano quelle dodici oscure donne che,
senza il suo
eroismo, stavano come lei per gettarsi in una via non
battuta, in un
avvenire spirituale sconosciuto ed incerto, avendo
una sola idea ben chiara
nella mente: quella di voler essere
francescane, e la certezza che S.
Francesco non le avrebbe respinte,
sebbene parecchie di loro lo
conoscessero e lo amassero “come per
fama una s’innamora”.
Sull’antico
albero francescano stava per germogliare una nuova gemma:
sarebbe
stata vitale?...
...Quel
giorno S. Damiano non aveva nemmeno la ricchezza dell’azzurro.
Piccola
e grigia nel cielo di novembre, sotto il Subasio fasciato di nebbia,
tra gli ulivi pallidi appariva più umile e povera la chiesetta che
S.
Francesco restaurò con le sue mani. L’interno sarebbe stato
buio, senza il
fascio di luce che entrava dall’unica porta di
fondo a rischiarare l’altar
maggiore, piccolo sotto l’ogiva
affumicata che lo inquadra e lo divide dal
coro rustico. Si
intravedevano muri scortecciati, con avanzi di affreschi
qua e là,
altari minimi. La differenza tra la grandiosità delle basiliche da
cui le dodici venivano e quella nudità di catacomba faceva una
grande
impressione. Era veramente il volto della povertà
francescana. Qualcuna
ne fu ghermita al cuore per sempre...
...Penetrate
nella santità del luogo, le dodici presero posto negli ultimi
stalli che erano stati di S. Chiara e delle sue consorelle.
C’entravano per
l’appunto, come se anch’essi le aspettassero.
Il
predicatore parlava a sinistra dell’altare, presso l’uscio,
davanti a un
tavolinetto sormontato da un crocifisso. Una lampadina
nel centro del coro
illuminava fiocamente le pareti grigie e i visi
delle ascoltatrici, dando
l’impressione di una riunione nelle
catacombe. Padre Gemelli rievocò i
Santi e le Sante che erano
passati fra quelle mura e in nome loro invitò le
convenute alla
preghiera, al raccoglimento, al silenzio esteriore e interiore,
poiché il ritiro incominciava, ritiro specialissimo, inizio del
loro
probandato...
...
Dopo aver ricevuto in dono la corona francescana e averla recitata
insieme, le dodici tornarono in silenzio ad Assisi...
...
Quando furono sole nella camera preparata per loro, zia Beppina
disse
alla Maria:...
...
- E le sorelle?
Maria
gliene descrisse alcune a modo suo: quella dei capelli grigi e le
lenti
su e giù per il naso, che parla bruscamente ma serve tutte
provvedendo con
energia all’organizzazione pratica della comitiva,
è di Brescia; quella
brunetta col viso di Madonnina è di Reggio,
diplomata in francese, che
vive a Perugia con la famiglia; quella
sgrigiolino con gli occhi chiari e il
viso smunto è torinese
impiegata a Milano; quelle due piccoline che vanno
spesso insieme
parlando francese sono due laureate di Milano, tutte e due
oriunde
belghe...Quella biondina, snella, elegante, con un profilo da
cammeo
e la voce soave, è Argene Fati, impiegata a Roma, poi c’è Armida
Barelli che tu conosci benissimo, così bella e volitiva, e poi ci
siamo noi
due...
...
Il giorno dopo... le nuove Terziarie dovevano prendere il loro nome
religioso. Padre Bonaventura tolse dal leggìo del coretto l’elenco
delle
prime compagne di S. Chiara, perché ognuna scegliesse tra
quelle la
consorella ideale e la protettrice, ed ognuna seguì il
suo gusto, ovvero si
lasciò nominare dalle compagne, secondo le
caratteristiche che
riscontravano in lei...
...Tutte
adoravano l’immensa bontà di Dio che le chiamava a cose più
grandi di quanto avessero sognato...
...
La chiusura degli Esercizi si celebrò il 21 novembre, venerdì, là
dove
erano cominciati sulla tomba di S. Francesco...
...
Per quasi tutte le Terziarie, quegli Esercizi erano stati la
rivelazione di
un modo nuovo di vivere il cattolicesimo. Avevano
scoperto le fonti della
gioia. Nessun dolore le spaventava più,
tutte le creature apparivano con
volto di bontà, la vita intera si
illuminava nell’amore di Dio, la morte si
chiamava sorella. Erano
felici.
...
Nel pomeriggio alcune partirono, le altre – ed erano le più –
visitarono
le Carceri... qui, dopo una refezione provveduta dalle
sollecitudini di Frate
Jacopa, la piccola Maria Ortolana, pregata e
quasi forzata da Armida
Barelli, parlò delle impressioni di quei
giorni, così altamente che tutte
rimasero incantate. Nella pallida
impiegatina accesa e quasi trasfigurata
dall’eloquenza del cuore,
si rivelò l’anima dell’apostola. Perfino il
fraticello dal viso
di terracotta che dimorava alle carceri, l’ascoltò rapito e
non
la dimenticò mai più.
...
La nuova famiglia spirituale, con il nome di Terziarie Francescane
del
Regno Sociale del Sacro Cuore, non essendo ancora regolarmente
costituita sarebbe stata governata da un Consiglio provvisorio
formato dai
tre direttori spirituali e da due consigliere: la
signorina Taddei e la
signorina Barelli, e avrebbe tenuto le sue
adunanze a Milano ogni quindici
giorni...”
Fin
qui Maria Bonaventura. Ringraziamola con una preghiera per questo
suo dono a tutte noi attuali e future Missionarie della Regalità di
Cristo.
...
NELLA FEDE
Il
Signore non vuol darci la gioia della sicurezza, ma vuole che ci
affidiamo a Lui.
Quale
cumulo di dolori! Quale incertezza sull’avvenire! Quante
trepidazioni! Quali lutti! Quali terrori, quale povertà, quale
desolazione!
Quante
lacrime! Pare che tutto crolli, pare che Dio abbia abbandonato la
società in balia a se stessa! Pare di assistere ad uno spettacolo
simile a
quello della Torre di Babele. Si resta stordite ed
esterrefatte. Eppure, noi
che possediamo il dono della fede,
sappiamo che Dio permette il male, ma
solo per un fin di bene.
Sappiamo che esiste il filo d’oro della Sua divina
Provvidenza, il
quale può celarsi ai nostri sguardi, ma non può spezzarsi!
...
NELL’AMORE OPEROSO
Dare
e darsi è il bisogno dell’amore. O Gesù, quello che ho, quello
che
sono, eccolo. La mia attività tutta intera, prendila nella tua
e fai con essa
l’opera della Tua gloria. Dimmi quello che vuoi, lo
vorrò io pure;
mandami dove vuoi, ci volerò, caricami di lavoro,
mi ci dedicherò
interamente con gioia; il dolore stesso (con la Tua
grazia) lo trasformerò in
amore.
Sì,
Egli è soprattutto un Re d’amore e se ci ha detto che il suo peso
è lieve
e il suo giogo è soave ci ha proprio voluto dire che la
sua Regalità è una
regalità d’amore, che la pienezza della
legge è l’amore.
Con
Gesù pregheremo e soffriremo, gioiremo e lavoreremo, riposeremo e
vivremo. Ora per ora con lui! O come tutta intera la nostra vita si
trasformerà: se la vivremo minuto per minuto con lui!
...
FINO ALLA FINE
Chiederò
al Re d’Amore d’investirvi una per una col fuoco della sua
carità, perché possiate essere le sue Missionarie fedeli, amanti,
feconde!
Perché
possiate dimenticarvi e vivere per Lui e amarLo e farLo amare!...
...
Vivete nel mondo, sorelle mie, senza nulla concedere al mondo!
Lavorate
senza posa, pregate senza posa, ma soprattutto amate, amate,
amate!...
Grate
perché
il Padre, il Figlio
e
lo Spirito
ci
hanno sognate, pensate,
desiderate,
chiamate, accolte
ed
accompagnate
nella
storia tra i fratelli,
chiediamo
di sostare contemplando
e
testimoniando la bellezza
e
la pace
del
regno che viene!
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