" Quali
sono oggi i bisogni più importanti della Chiesa? Che la nostra
risposta, che potreste trovare semplicistica, se non addirittura
superstiziosa o irreale, non vi stupisca: uno dei suoi più grandi
bisogni è quello di difendersi contro quel male che chiamiamo il
demonio" (Paolo VI, 15 novembre 1972). Infatti, il diavolo non è
un'invenzione del Medioevo, ma un «essere vivo, spirituale,
pervertito e pervertitore... Coloro che rifiutano di riconoscere la
sua esistenza, si allontanano dall'insegnamento della Bibbia e della
Chiesa» (Ibid.). Fra i numerosi interventi diabolici narrati
nelle vite dei Santi, eccone uno riferito da Sulpicio Severo,
discepolo di San Martino (IV secolo).
«Sono
Cristo»
Un
giorno, il diavolo, splendido d'aspetto, vestito regalmente, con il
volto sereno, sorridente, in modo tale che nulla lascia trasparire la
sua identità, sta in piedi, accanto a San Martino in preghiera. Il
santo, come stordito dal di lui aspetto, mantiene un profondo
silenzio. «Apri gli occhi, Martino, dice il demonio, sono Cristo;
avendo deciso di venire sulla terra, mi son voluto manifestare a te».
Il santo non risponde. Allora il diavolo continua: «Martino, perchè
esiti a credere ciò che vedi? Sono Cristo». Il santo, illuminato
dall'alto, gli risponde: «Gesù non ha affatto detto che sarebbe
venuto vestito di porpora e cinto di un diadema. Per quanto mi
riguarda, crederò a Cristo soltanto se Egli mi si mostrerà tale
quale ha sofferto per me e con le stimmate della sua Passione». A
queste parole, il diavolo sparisce come fumo e riempie la cella di un
odore insostenibile. «Ho saputo questo fatto da San Martino
medesimo», aggiunge il narratore.
Cerco
il tuo volto
Quale
è mai l'obiettivo del diavolo? Distogliere in suo favore
l'aspirazione dell'uomo verso il proprio Creatore, e far rendere a se
stesso gli onori dovuti a Dio solo. Perchè, come ha ricordato Papa
Giovanni Paolo II ai giovani riuniti a Parigi il 24 agosto 1997,
«l'uomo cerca Dio. L'uomo giovane capisce, in fondo a se stesso, che
questa ricerca è la legge interiore della sua esistenza. L'essere
umano cerca la propria strada nel mondo visibile; e, attraverso il
mondo visibile, cerca l'invisibile lungo il suo viaggio spirituale.
Ciascuno di noi può ripetere le parole del Salmista: Il tuo volto
io cerco, o Signore: non mi nascondere la tua faccia (Sal. 26,
8-9). Ciascuno di noi ha la sua storia personale e porta in sè il
desiderio di vedere Dio, un desiderio che si prova nello stesso tempo
in cui si scopre il mondo creato». Tale ricerca di Dio corrisponde
alla ragione d'essere della nostra vita terrena, perchè «Dio ci ha
creati per conoscerLo, servirLo ed amarLo, e così giungere in
Paradiso» (Catechismo della Chiesa Cattolica, CCC, 1721).
Amerai
il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta
la mente, prescrive il primo comandamento. Questo comandamento
«comprende la Fede, la Speranza e la Carità. Infatti, chi dice Dio,
dice un essere costante, immutabile, sempre uguale a se stesso,
fedele, perfettamente giusto. Ne consegue l'obbligo di accogliere le
sue Parole, e di avere in Lui una fede ed una fiducia illimitate. È
Onnipotente, clemente, infinitamente portato a beneficare. Chi
potrebbe non riporre in Lui tutte le sue speranze? E chi potrebbe non
amarLo, contemplando i tesori di bontà e di tenerezza che ha
riversato su di noi?» (CCC, 2086).
Una
tentazione permanente
L'uomo
riconosce la sovranità del suo Creatore, in primo luogo, attraverso
l'adorazione. Adorare Dio, vuol dire riconoscerLo come Dio, come il
Creatore e il Salvatore, il Signore ed il Padrone di tutto ciò che
esiste, l'Amore infinito e misericordioso... L'adorazione del Dio
unico libera l'uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù
del peccato e dall'idolatria del mondo.
Adorerai
il Signore Dio tuo, e Lui solo servirai (Luca, 4, 8), dice Gesù,
citando il Deuteronomio (Deut. 6, 13). L'adorazione del solo vero Dio
esclude il culto di altri dei. Venerare altre divinità all'infuori
dell'Unico, significherebbe cadere nell'idolatria. L'idolatria non
concerne solo i falsi culti del paganesimo. Rimane una costante
tentazione della fede. Consiste nel divinizzare ciò che non è Dio,
per esempio i demoni (satanismo), il potere, il piacere, la razza,
gli antenati, lo Stato, il denaro, ecc. Non potete servire a Dio e
a Mammona, afferma Gesù (Matt. 6, 24). Non si può conciliare
l'idolatria con la vita della grazia. Molto spesso gli uomini,
ingannati dal Maligno, si perdono nei loro ragionamenti e scambiano
la verità di Dio con la menzogna. Servono la creatura piuttosto che
il Creatore, o allora, vivendo e morendo senza Dio in questo mondo,
si espongono alla disperazione ed alla perdita eterna.
Ma
il cristiano sa che conserva in sè la capacità di sventare le
astuzie del demonio: le verità della fede lo illuminano sul bene e
sul male. La vittoria di Gesù, attraverso la Croce e la
Risurrezione, comporta la disfatta definitiva di Satana. È vero che
il diavolo ha ancora una grande influenza su questa terra. Ma, come
dice San Cesario, sono «i tiepidi, i negligenti, coloro che non
temono veramente Dio, che egli domina. È legato come un cane
trattenuto da catene, che non può mordere nessuno, se non colui che,
in una sicurezza mortale, gli si avvicina troppo... Può abbaiare,
può eccitarsi, ma mordere, proprio non puó, a meno che uno non
voglia farsi mordere».
La
grazia di Dio fa partecipare l'uomo alla vittoria di Cristo e gli dà
il potere di vincere i demoni. Per fortificarci in questa
convinzione, Papa Giovanni Paolo II ha beatificato, il 26 ottobre
1980, Bartolo Longo «l'uomo della Vergine», che è stato, per
parecchi mesi, schiavo di Satana.
I
dieci Comandamenti, tranne uno
Nel
1841, vicino a Brindisi, nell'Italia meridionale, nasce un bambino
che viene battezzato con il nome di Bartolomeo, diminutivo Bartolo.
Il suo cognome è Longo. Molto presto, si rivela intelligente, pio,
pieno di vita. «Ero, dice, un diavoletto vivace e impertinente, un
po' birichino». Fino all'età di sedici anni, viene educato in un
convitto religioso. A scuola, le monellerie gli procurano numerose
punizioni, ed è per lui un supplizio dover restar fermo durante le
lezioni! Eccezionalmente, il giorno della prima comunione, rimane
immobile per un'ora e mezzo, rendendo grazie! Dotato di una memoria
stupefacente, Bartolo comincia a studiare Legge presso l'università
di Napoli, a sedici anni, con ottimi risultati.
Nello
stesso tempo, segue le lezioni di filosofia di uno spretato. Colpito
e abbagliato dallo spirito anticlericale, si allontana, a poco a
poco, dai sacramenti e non prega più. Una questione lo assilla:
«Cristo è o non è Dio?» Un amico, reso partecipe dei suoi
tormenti spirituali, gli propone allora: «Vieni con me. Ti condurrò
in un posto in cui tutti i tuoi dubbi saranno risolti». E il 29
maggio 1864, egli viene iniziato ai segreti del magnetismo e dello
spiritismo: tavolini parlanti, risposte e divinazioni dei veggenti.
Bartolo chiede allo «spirito»: «Gesù Cristo è Dio?» – «Sì»,
risponde il medium. «I comandamenti del Decalogo sono veri? – Sì,
tranne il sesto (Non commettere atti impuri). – «Quale
delle due religioni, cattolica e protestante, è quella vera? –
Sono entrambe false», proferisce sentenziosamente lo spirito.
Curiosità
malsana
Bartolo
sta perdendo la fede. Invece di ascoltare la voce della verità che
ci viene da Cristo e dalla Chiesa, si lascia abbindolare dal demonio
stesso, che sa mescolare il vero ed il falso, per ingannare le anime
e condurle al peccato. La ricusazione del sesto comandamento porta il
giovane a tutti gli eccessi dell'immoralità, mentre il dubbio sulla
verità del cattolicesimo, lo porta all'indifferentismo religioso.
Affascinato dalla magia, Bartolo si dà alla divinazione ed allo
spiritismo; diventa un medium di prim'ordine, e addirittura un «prete
spiritista».
La
divinazione ha la pretesa di predire l'avvenire, a partire da segni
tratti dal mondo della natura, o grazie a mezzi o arti particolari.
Ne fanno parte l'astrologia (pretendere di discernere negli astri o
nell'ordinamento delle stelle, l'avvenire libero degli uomini), la
cartomanzia (farsi predire il futuro per mezzo delle carte), la
chiromanzia (lettura delle linee della mano), ecc. L'espressione
peggiore della divinazione, e la più grave, è la negromanzia o lo
spiritismo, vale a dire l'evocazione degli spiriti dei morti per
entrare in contatto con essi e divinare il futuro.
Il
cristiano non può ammettere che la sua vita sia dominata da forze
occulte manipolabili a volontà attraverso riti magici, o che il suo
avvenire sia già scritto nei movimenti stellari o altre forme di
presagi. «Dio può rivelare l'avvenire ai suoi profeti o ad altri
santi. Tuttavia, il giusto atteggiamento cristiano consiste
nell'abbandonarsi con fiducia nelle mani della Provvidenza per ciò
che concerne il futuro, ed a rifuggire da ogni curiosità malsana a
questo riguardo» (CCC, 2115).
Culto
esclusivo
«Tutte
le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai
demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene
che «svelino» l'avvenire. La consultazione degli oroscopi,
l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei presagi e delle
sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium... sono in
contraddizione con l'onore ed il rispetto, congiunto a timore amante,
che dobbiamo a Dio solo» (CCC, 2116).
Il
battezzato rifiuta tutte le pratiche magiche, nella misura stessa in
cui esse sono contrarie alla fede in Dio Creatore e al culto
esclusivo che Gli è dovuto. Esse si oppongono al riconoscimento di
Gesù Cristo quale unico Redentore dell'uomo e del mondo, ed al dono
del suo Spirito. Sono pericolose per la salvezza eterna. «Tutte le
pratiche di magia o di stregoneria, con le quali si pretende di
sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed
ottenere un potere soprannaturale sul prossimo – fosse anche per
procurargli la salute -, sono gravemente contrarie alla virtù della
religione... Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali non
legittima nè l'invocazione di potenze cattive, nè lo sfruttamento
della credulità altrui» (CCC, 2117).
«Aprire
una porta»
Del
pari, gruppi esoterici ed occultistici, di antica origine o nati di
recente (Teosofia, New Age, ecc.), pretendono di «aprire una porta»,
per immettere nella conoscenza di verità occulte ed acquisire poteri
spirituali particolari. Essi ingenerano un grande smarrimento nello
spirito degli uomini, e particolarmente dei giovani, e conducono a
comportamenti gravemente pregiudizievoli dal punto di vista
cristiano. Al posto della ricerca di Dio e della vita sacramentale,
introducono sistemi di pensiero e di vita totalmente incompatibili
con la verità della fede.
La
ricerca di fenomeni straordinari, come le visioni a distanza, i
«viaggi» nell'aldilà o la produzione di «fluido», può essere
anch'essa un pericolo per il giusto equilibrio umano e per la vita
autentica della fede. Colui che ha scoperto Gesù Cristonon ha
bisogno di andar a cercare altrove la salvezza. «Dal momento in cui
Dio ci ha donato il Figlio suo, che è la sua Parola, ci ha detto
tutto in una sola volta in questa sola Parola» (San Giovanni della
Croce). Credere in Gesù, convertirsi alla sua parola e seguirlo, in
comunione con tutta la Chiesa, questa è la via la seguire, senza
lasciarsi fuorviare da false concezioni e da comportamenti inani
(ved. Lettera pastorale dei vescovi toscani sulla Magia e la
Demonologia, 15 aprile 1994; Documentazione Cattolica, n. 2104).
Penetrare
il mistero
Bartolo,
spossato ben presto dai digiuni prolungati che gli richiede il
demonio e da ogni specie di fenomeni allucinatori, perde la salute.
Scriverà: «Lo spirito maligno che mi assisteva, voleva
impossessarsi della mia anima formata alla pietà fin dai primi anni
di vita e chiedermi l'adorazione e l'ubbidienza cieca. Si spacciava
per l'arcangelo Michele, imponendomi la recitazione dei salmi e
digiuni rigorosi. Esigeva che il suo nome, quale segno di potenza e
di protezione, fosse scritto nell'intestazione di tutte le mie carte
e che lo portassi sul cuore, impresso a lettere rosse in un triangolo
di pergamena».
Ma,
per il momento, il giovane, preoccupato dal soprannaturale e
dall'aldilà, è sempre spinto dal desiderio di penetrare il mistero
dell'altro mondo. Infatti, nessuno può evitare totalmente di
interrogarsi sull'enigma della vita e della morte. «L'uomo viene al
mondo, dice Papa Giovanni Paolo II, nasce dal seno materno, cresce e
diventa maturo; scopre la propria vocazione e sviluppa la propria
personalità nel corso degli anni di attività; poi, si avvicina il
momento in cui deve lasciare questo mondo. Più la sua vita è lunga,
più l'uomo sente la propria precarietà, più si interroga
sull'immortalità: che cosa c'è al di là dei confini della morte?»
(Parigi, 24 agosto 1997).
L'influenza
dell'angelo buono
Ma
l'angelo buono di Bartolo veglia su di lui. Gli fa incontrare un
vecchio amico, il Professor Vincenzo Pepe, di cui ha stima e
rispetto. Informato delle pratiche spiritiche di Bartolo, gli
consiglia di pentirsi e di confessarsi. «Vuoi per caso morire in un
manicomio, e, per di più, essere dannato?» gli chiede. Il colpo va
a segno. «Si parla raramente e poco, dice Papa Paolo VI, dei fini
ultimi (morte, giudizio, inferno, paradiso). Ma il Concilio Vaticano
II ci ricorda queste verità solenni che ci riguardano, ivi compresa
la terribile verità di un possibile castigo eterno che chiamiamo
l'inferno, di cui Cristo parla senza reticenze (ved. Matt. 22, 13;
25, 41)... C'è di che tremare. Ascoltiamo la voce profetica di San
Paolo:Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore (Fil.
2, 12). La gravità e l'incertezza della nostra sorte finale è
sempre stata abbondante oggetto di meditazione ed una fonte di
energie senza pari per la morale ed anche per la santità della vita
cristiana» (8 settembre e 28 aprile 1971). Fortificato dalle parole
del Professor Pepe, Bartolo si presenta al confessionale di don
Radente.
In
presenza di quello strano tizio, dalla faccia adorna di una barba da
moschettiere, il sacerdote pensa prima di tutto di aver a che fare
con un malfattore che sta preparando un tiro mancino! Ma quando, dopo
aver esitato a lungo, il giovane si avvicina e gli parla, il prete sa
trovare le parole che fanno aprire gli occhi al penitente. La
confessione è sincera e profonda. In seguito, Bartolo affermerà a
coloro che non credono all'azione del demonio nello spiritismo: «L'ho
sperimentato, ed è grazie ad un miracolo della Santissima Vergine
che ne sono stato liberato». Una nuova vita, al servizio della Santa
Vergine, comincia per lui. Si mette a recitare ogni giorno il
Rosario, preghiera cui rimarrà fedele fino alla fine della vita.
Bartolo entra a far parte del Terz'Ordine domenicano, con il nome di
«fratel Rosario» (fra Rosario). Ha 31 anni. Sotto la direzione di
don Radente, si accosta allo studio delle opere di San Tommaso
d'Aquino.
Pioggia
di miracoli
Durante
tutto questo tempo, continua ad esercitare la professione di
avvocato. Ma la salute rovinata non gli permette più un lavoro
regolare. Certe persone caritatevoli si preoccupano per lui. La
contessa Marianna de Fusco, diventata vedova, lo invita ad andare a
stabilirsi a casa sua in qualità di precettore dei suoi figli. Essa
possiede, accanto ai ruderi dell'antica Pompei, vicino a Napoli,
terre di cui non ha la possibilità di occuparsi. Per farle un
favore, «fratel Rosario» le propone di amministrarle. Si rende
allora conto della spaventosa miseria spirituale e materiale della
regione. Che fare di fronte a tante necessità? Comincia col fondare
una confraternita del Santissimo Rosario; percorre la campagna,
entrando nelle fattorie per insegnare alla gente a pregare,
distribuendo medagliette e rosari. A poco a poco, la pratica
religiosa riprende. Poi, seguendo i consigli del vescovo, costruisce
una chiesa, che fa consacrare a Maria. Pone sopra all'altar maggiore
un quadro della Santa Vergine, che non tarda a far cadere dal cielo
una vera pioggia di miracoli. Leone XIII dirà: «Dio si è servito
di quell'immagine per concedere innumerevoli grazie che hanno
commosso il mondo intero».
«Verso
l'ideale della civiltà»
Con
l'affluire dei pellegrini al nuovo santuario, arrivano gli ex voto
per grazie ricevute ed anche le elemosine. Bartolo ne approfitta per
fondare un orfanatrofio, in cui accoglie orfani e figli di detenuti,
assicurando così loro un'educazione, un mestiere ed un'istruzione
religiosa. Tre anni dopo la fondazione, scrive ai criminologi
dell'epoca, secondo cui i figli di criminali diventeranno sicuramente
criminali: «Cosa avete fatto, voi, togliendo Cristo dalle scuole?
Avete prodotto nemici dell'ordine sociale, sovversivi... Al
contrario, cosa abbiamo guadagnato, noi, mettendo Cristo nelle scuole
dei figli di detenuti? Abbiamo trasformato in giovani onesti e
virtuosi quei disgraziati che voi volevate abbandonare alla loro
triste miseria o rinchiudere in un manicomio!».
«Non
vi è vera civiltà, senza civiltà morale, nè vera civiltà morale
senza vera religione, scriveva Papa San Pio X... Se si vuol
giungere al massimo benessere possibile per la società e per
ciascuno dei suoi membri, attraverso la fratellanza, o come si dice
anche, attraverso la solidarietà universale, è necessaria l'unione
degli spiriti nella verità, l'unione delle volontà nella morale,
l'unione dei cuori nell'amore di Dio e di suo Figlio, Gesù Cristo.
Ora, tale unione non è realizzabile se non attraverso la carità
cattolica, la quale, sola, di conseguenza, può condurre i popoli
nella marcia del progresso verso l'ideale della civiltà» (Lettera
sul Solco, 25 agosto 1910).
Tuttavia,
la collaborazione di Bartolo con la contessa de Fusco fa sparlare la
gente e provoca una vera campagna di calunnie contro l'uno e l'altra.
Consultano Leone XIII che risponde loro: «Sposatevi. E nessuno
avrà più nulla da ridire». Così, il 19 aprile 1885, l'Avvocato
Bartolomeo Longo sposa la contessa de Fusco. Tale matrimonio rimane
verginale, come quello di Maria e di Giuseppe, il che non impedirà
ai due coniugi di amarsi profondamente in Dio. Grazie ad essi,
l'opera di Pompei continua e si estende. Ben presto, una trentina di
case vengono costruite attorno al santuario, poi un ospedale, una
tipografia, una stazione, un osservatorio, un ufficio postale, ecc.
La miseria di una volta ha ceduto il posto ad una prosperità
laboriosa. «Si è ben costretti a parlare di miracolo», esclama un
giorno colui che aveva un tempo iniziato Bartolo allo spiritismo.
«Morire
tranquillo»
Ma
le rose non sono senza spine: nel 1905, il primogenito della
contessa, incauto negli affari, si trova sull'orlo del fallimento.
Viene sporta querela presso Papa San Pio X: «Le offerte delle messe
finiscono nelle tasche del figlio della moglie di Bartolomeo Longo».
Per aggiustare questa brutta faccenda, inventata di sana pianta,
Bartolo rinuncia spontaneamente a tutte le sue opere, in favore della
Santa Sede. «Santo Padre, dice al Papa, adesso, posso morire
tranquillo? – Oh, no! ribatte il Papa, voi non dovete morire, ma
lavorare, caro il nostro Bartolo!» Per ubbidienza, dunque, lavorerà
fino alla spossatezza.
Gli
ultimi giorni di Bartolo si svolgono nel raccoglimento e nella
preghiera. Colpito da una polmonite doppia, si spegne il 5 ottobre
1926, all'età di ottantasei anni. La Santissima Vergine accoglie
l'anima del suo servitore fedele: «Il mio unico desiderio è quello
di vedere Maria, che mi ha salvato e mi salverà dalle grinfie di
Satana». Sono queste le sue ultime parole.
«Con
il Rosario in mano, il beato Bartolo Longo dice a ciascuno di noi:
«Sveglia la tua fiducia nella Santissima Vergine del Rosario. Santa
Madre onorata, metto in Te tutta la mia afflizione, tutta la mia
speranza e tutta la mia fiducia!»» (Omelia della beatificazione).
Preghiamo
per Lei e per tutti coloro che Le sono cari, vivi e defunti.
Dom
Antoine Marie osb
"Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia (Website : www.clairval.com)"
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