Lc 11, 5-13
Non ho nulla da offrirgli
Poi disse loro. Loro erano i discepoli che seguivano Gesù; uno gli aveva chiesto: Signore, insegnaci a pregare.
Gesù risponde insegnando il Padre nostro, ma poi prosegue con un
discorso molto profondo che mostra ciò che accade a un discepolo che
prega. Una prima cosa inattesa e sorprendente è che quanti seguono Gesù
sono condotti prima o poi a scoprire la loro assoluta povertà, la loro
assoluta incapacità di rispondere all'amore. Un amico si presenta e io
scopro che non ho nulla da offrirgli. Mi scopro incapace di rispondere alle esigenze dell'amicizia perché non ho nulla da dare.
Il desiderio di rimediare in qualche modo a questa povertà ci mette in
moto, ci spinge a cercare aiuto, ci spinge a pregare. Ma è mezzanotte ed
è difficile trovare aiuto anche da un "amico" per un altro "amico".
Anche se Dio è Padre, anche se è nostro amico, chi prega avrà
inevitabilmente l'impressione che Dio resista e non risponda alle
preghiere: Non posso alzarmi per darti i pani. E per colui che chiede, che prega perché in uno stato di assoluta necessità è la crocifissione.
Da un lato è inchiodato dall'impossibilità di rispondere all'amore; all'amico che è giunto da un viaggio non ha nulla da offrire. Dall'altro è inchiodato dall'opposizione dell'amico a cui si rivolge per avere aiuto: Non mi importunare… non posso alzarmi per darti i pani.
Quindi, se nemmeno un amico lo aiuta, tanto meno potrà trovare aiuto da
altri che amici non sono. E così sono inchiodati anche i piedi perché
non si sa più dove andare, non si sa più a chi rivolgersi. La tentazione
a questo punto potrebbe essere quella di lasciarsi andare, di
scoraggiarsi, di cedere alla depressione, di rinunciare a lottare; ma
rinunciare a lottare è rinunciare all'amore, è rinunciare alla vita.
L'invito del Signore è senz'altro di insistere nonostante le difficoltà e
l'apparente rifiuto.
Ma le parole del Signore dicono anche che per chi prega è normale
sperimentare in un primo tempo un'impressione di ostilità e di
resistenza da parte di Dio. Vediamo infatti elencate una serie
impressionante di pretesti o motivazioni per non esaudire colui che
supplica: 1 - non mi importunare. 2 - la porta è già chiusa. 3 - io e i miei bambini siamo a letto. 4 - non posso alzarmi per darti i pani.
Perché non può alzarsi? Un amico non dovrebbe essere pronto ad
affrontare qualsiasi disagio e contento di sopportare qualsiasi cosa per
aiutare senza indugi un amico in difficoltà? Si se l'amicizia avesse
raggiunto lo stato di perfezione. Evidentemente, nella maggior parte dei
casi, l'amicizia dell'uomo con Dio non ha ancora raggiunto lo stato di
perfezione perché è in via di formazione. E allora sorgono spesso
difficoltà, incomprensioni, tensioni, delusioni… È inutile far finta o
illudersi che le cose stiano diversamente, perché si è smentiti sia dai
fatti sia dalle parole del Signore che mette in scena un uomo, in
assoluto stato di necessità, che non ha nulla per rimediare a tale stato e che incontra l'opposizione di colui a cui si rivolge per avere aiuto.
Un singolare amico
Prima di andare oltre conviene soffermarsi a riflettere su chi è
questo amico che improvvisamente arriva di notte e chi è colui che lo
ospita. Una possibile lettura della scena è: l'amico che un bel giorno,
senza preavviso arriva intorno a mezzanotte, rappresenta quelle
circostanze, quegli eventi, quelle situazioni esteriori ed interiori che
lungo il corso della vita vengono a manifestare la nostra assoluta
povertà, la nostra assoluta incapacità di rispondere adeguatamente sia
alle esigenze più profonde e vitali del nostro cuore, sia alle sorprese
che certi eventi ci riservano.
Arriva per tutti il giorno in cui ci scopriamo incapaci di fronteggiare
gli eventi e i giorni che ci attendono, ci scopriamo incapaci di
comprendere il senso di ciò che ci capita, oppure non sappiamo come
rimediare agli errori commessi e ci vediamo sprofondare sempre più in un
abisso senza fondo. Tutti poi siamo assolutamente incapaci di saziare
la fame di amore e la sete di luce a cui, in modo più o meno
consapevole, il nostro cuore aspira. Allora anche noi dobbiamo
confessare: Non ho nulla da offrire a questo cuore inquieto e infelice. Non ho risorse di nessun tipo per reagire positivamente a quanto mi sta capitando.
Ora, il giorno in cui riconosciamo la nostra povertà e la nostra
impotenza è un giorno amico. È il giorno in cui ospitiamo l'amico che
giunge da un viaggio. Amico perché rivela verità profonde su noi stessi,
perché smaschera illusioni, presunzioni, false sicurezze…; amico
inoltre perché può orientare la nostra vita verso il suo vero bene,
ossia verso una ricerca più profonda e autentica di Dio, verso un più
perfetto abbandono alla sua volontà, verso la speranza di beni più
grandi.
Ma è importante considerare che tutta la scena si svolge di notte, ossia
quando non c'è molta luce, al massimo la luce riflessa della luna e
quella fioca di stelle lontane. Così nella situazione di impotenza, di
disagio, di crisi in cui ci troviamo è normale che le nostre reazioni
siano poco lucide, poco illuminate, incerte e scomposte. Non vediamo
bene dove andare, cosa fare, cosa non fare, a chi rivolgerci, da chi
sperare aiuto. Ma soprattutto, ciò che veramente ci scoraggia e ci butta
ancora più a terra, è che anche Dio non risponde, sembra indifferente o
addirittura ostile nei nostri confronti: Non mi importunare. Dette da un amico sono parole durissime.
Alcuni versetti del salmo 88 descrivono bene lo sconcerto di chi si
trova in queste situazioni. Ciò che il salmista dice di Davide ognuno lo
può applicare a sé: Hai fatto esultare tutti i 'miei' nemici. Hai
smussato il filo della 'mia' spada e non 'mi' hai sostenuto nella
battaglia. Hai posto fine al 'mio' splendore, hai rovesciato a terra il
'mio' trono… Fino a quando, Signore, ti terrai nascosto: per sempre? Il salmo dice che questo stato di desolazione, di abbandono, di impotenza - hai rovesciato a terra il mio trono - è positivamente voluto dall'alto. E lo dice anche il Signore con le parole: Non posso alzarmi per darti i pani.
Non può alzarsi perché non vuole, ma allora è come se volesse
necessariamente la situazione opposta, ossia che colui che supplica
rimanga nell'indigenza. Davvero grande è il mistero della nostra
relazione con Dio. Davvero i suoi pensieri non sono i nostri pensieri, le nostre vie non sono le sue vie (Is 55, 8).
Non ti scoraggiare
E così lo stato di desolazione, di abbandono e di tribolazione,
nonostante le nostre attese e la bontà di Dio, di solito dura a lungo.
Tanto a lungo da comportare a volte il rischio della disperazione, della
ribellione o della sterile rassegnazione. Una preghiera tipica di
questi momenti è: Fino a quando, Signore, ti terrai nascosto: per sempre?. Ecco perché il Signore ci incoraggia vivamente a non desistere dal chiedere, dal cercare, dal bussare perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Il che significa che il Signore vuole esaudirci, vuole rispondere alle nostre attese, vuole darci i pani.
Noi però constatiamo ogni momento che i Signore non ci concede ciò che
gli stiamo chiedendo. Chiediamo il pane, il pesce e l'uovo, ossia
qualcosa di buono per nutrire la nostra vita, per darle gusto e vigore, e
invece vediamo che tutto si cambia in amarezza, in veleno, in disgusto,
orrore e spavento. Ma la parola del Signore rimane la stessa: "Continua
a chiedere, continua a cercare, continua a bussare".
Non conosciamo noi stessi
Poi, il Signore conclude il suo insegnamento in modo sconcertante: Se
voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli,
quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che
glielo chiedono! Il discorso, iniziato con uno che va in cerca di
tre pani, termina con la chiara indicazione che bisogna chiedere lo
Spirito Santo, e chiederlo con insistenza senza stancarsi e senza
scoraggiarsi.
Noi, come i cristiani di Efeso, potremmo rispondere: "Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo (At
19, 2), come possiamo chiederlo al Padre con insistenza?". Questo
contrasto, questa sfasatura fra ciò che noi chiediamo: il pane, il
pesce, l'uovo, e ciò che non chiediamo ma che Dio vuole donarci: lo
"Spirito Santo", indica che non conosciamo bene noi stessi, non
conosciamo ciò di cui abbiamo veramente bisogno, non ci rendiamo conto
del mistero che siamo. Dio solo può rivelare noi a noi stessi e darci le
cose che ci faranno davvero felici, perché lui solo conosce
adeguatamente noi e il progetto in cui vuole inserirci.
Possiamo scorgere qui uno dei motivi per cui Dio resiste alle nostre
preghiere. Quando ci troviamo in uno stato di assoluta necessità,
impotenti a comprendere e a risolvere il guaio in cui ci troviamo,
andiamo da Dio a chiedergli tre pani, ossia di risolvere il nostro
disagio e i nostri problemi secondo le indicazioni e le attese che a noi
sembrano buone e giuste, e ci stupiamo che Dio non risponda prontamente
a richieste così buone e così giuste. Allora insistiamo, ma Dio
resiste. Insistiamo ancora, ma Dio non cede alle nostre richieste.
Allora non capiamo più niente: che Dio buono è se non risponde a
richieste così ragionevoli e sensate?
Ora, ci possono essere diversi motivi per cui ciò che è ragionevole e
sensato secondo noi, non è così ragionevole e sensato secondo Dio.
Oppure, secondo Dio ci potrebbe essere qualcosa di ancora più
ragionevole e sensato ma per il momento noi non siamo in grado né di
vederlo né di comprenderlo. Non ci rendiamo mai abbastanza conto che ci
muoviamo in modo incerto, stentato e poco illuminato perché è notte,
mentre solo Dio vede bene come in pieno giorno.
Chi può dire di comprendere in maniera lucida e soddisfacente ciò che si
agita nel nostro cuore? Le tensioni, le paure, i desideri, le passioni,
i contrasti, i pericoli della lotta fra il bene e il male, fra le
schiere di Dio e le schiere del demonio che misteriosamente agiscono sui
nostri giorni? Che ne sappiamo delle medicine amare che dobbiamo
prendere per guarire piaghe, ripiegamenti, deformità, cecità, rigidità,
insensibilità… che nemmeno sospettiamo di avere? Non ci rendiamo conto
di essere degli ammalati in grave pericolo di morte e di morte eterna.
La situazione si fa ancora più misteriosa se consideriamo la complessità
delle relazioni che ognuno di noi ha con persone vicine e lontane;
inoltre siamo condizionati dalle persone e dalle esperienze passate, e
anche da ciò che di bello il Signore vorrebbe fare in noi e attorno a
noi secondo un progetto che comprende dall'inizio alla fine tutta la
storia degli uomini e anche quella degli angeli…
Dopo secoli e secoli di studi siamo ora consapevoli di non conoscere
bene come funziona un granello di sabbia. Non è così chiaro agli
scienziati più prestigiosi quali siano le leggi che lo governano,
figuriamoci se sappiamo come funzionano fino in fondo le leggi che
governano il corretto funzionamento della nostra anima, o come dobbiamo
funzionare noi nel disegno che governa l'universo intero.
Se poi quest'anima, ferita e ammalata, è solidale con altre anime ferite
e ammalate che spesso non sospettano di essere tali: chi può presumere
di conoscere adeguatamente i rimedi e le terapie del caso? San Paolo,
che qualcosa capiva, ci avverte: Se qualcuno crede di sapere qualche cosa, non ha ancora imparato come bisogna sapere (1 Cor 8, 2). Un baratro è l'uomo e il suo cuore un abisso (Sal 63, 7), inoltre è difficilmente guaribile (Ger 17, 9).
Chiedere il dono dello Spirito Santo
Che dire, che fare, allora? Ciò che ci suggerisce il Signore:
chiedere il dono dello Spirito Santo. Chiederlo con insistenza,
chiederlo senza stancarsi. Ma io ho un problema di salute, un problema
di lavoro, un problema affettivo, sono stato raggiunto e sconvolto da
questa disgrazia… I problemi affettivi, di lavoro, le disgrazie… vanno
inquadrati e risolti secondo una luce e secondo modalità più grandi di
quello che noi riusciamo a vedere e a immaginare; solo lo Spirito Santo
può illuminarci e condurci su una via che deve diventare sempre meno una
nostra via e sempre più una via di Dio. In altre parole verso un
abbandono sempre più profondo e docile alla sua volontà.
Ancora san Paolo ha parole profondamente vere e consolanti per coloro che le vogliono accogliere: Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio (Rm 8, 26-27).
La verità profonda su noi e su quanto ci accade è che siamo immersi in
un mistero che ci sconcerta e ci supera da tutte le parti. L'eccesso di
luce e di vitalità di questo mistero ci rende ciechi e impotenti, ma
qualcuno, con immenso amore, si occupa di noi e ci invita ad entrare nel
Mistero, qualcuno che vuole renderci partecipi della sua gloria al di
là di ogni nostra attesa. Tutto questo deve avvenire secondo i disegni di Dio e non secondo i nostri corti pensieri e le nostre limitate aspirazioni.
Se Dio si alzasse per darci i pani che gli chiediamo, ci darebbe
qualcosa di meno di quello che vuole darci. Ci darebbe un bene che noi
siamo in grado di comprendere, di valutare di apprezzare, in una parola
ci darebbe qualcosa secondo i nostri pensieri. Ora, il guaio e il bello
della faccenda è che Dio vuole darci qualcosa di molto più grande e di
molto più bello di quello che gli stiamo chiedendo. Se tu conoscessi il dono di Dio…
(Gv 4, 10). Quindi, paradossalmente, quando Dio resiste alle nostre
richieste è anche per farci comprendere che ci vuole dare qualcosa di
immensamente più grande e prezioso di quello che noi vorremmo ottenere
da Lui.
Questa educazione che tende a farci entrare sempre più nei disegni di Dio,
che tende a modificare ciò che noi ci aspetteremmo da Lui per aderire a
ciò che Lui si aspetta da noi, ossia che stacchiamo il nostro affetto
dai beni da cui otteniamo vita, ricchezza e gloria per accogliere il suo
dono che ci procurerà una vita, una ricchezza e una gloria dell'altro
mondo, comporta necessariamente tempi lunghi, situazioni sconcertanti,
momenti di dolore e di smarrimento. Tutto questo, a imitazione di Gesù,
comporta una morte e una risurrezione.
Piano di desertificazione
Il profeta Isaia illustra la situazione con le seguenti immagini: Renderò aridi monti e colli, farò seccare tutta la loro erba;
trasformerò i fiumi in stagni e gli stagni farò inaridire. Farò
camminare i ciechi per vie che non conoscono, li guiderò per sentieri
sconosciuti; trasformerò davanti a loro le tenebre in luce, i luoghi
aspri in pianura. Tali cose ho fatto e non cesserò di farle (Is 42, 15-16).
In queste scene sono descritti due momenti: un primo momento in cui a
poco a poco tutto inaridisce e la nostra vita perde gusto, splendore,
vigore; veniamo allora condotti come ciechi su una via e verso una meta
che non conosciamo, ma poi c'è anche il momento in cui le tenebre si
trasformano in luce e le asprezze in consolazione. Queste cose Dio ha
fatto, fa e farà fino alla fine dei tempi. Non ci sono scappatoie o
percorsi alternativi, siamo prigionieri dell'infinito amore di Dio.
Prima ci decidiamo ad adeguarci ai suoi disegni, prima troviamo la pace,
prima raggiungiamo la meta.
Ma cosa succede in questo processo di inaridimento totale, in questo
programma di desertificazione? Succedono un certo numero di cose, alcune
paradossali e sconcertanti. Paradossalmente quando la nostra vita
inaridisce, perde vigore e senso, siamo condotti a scoprire sia la
nostra povertà sia la nostra grandezza e, in un certo senso, più
diventiamo poveri più diventiamo grandi, e il più povero di tutti è il
più grande di tutti: Ha guardato l'umiltà della sua serva, d'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata (Lc 1, 48).
Immaginiamo una vita nel pieno del suo vigore e del suo splendore.
Matrimonio ben riuscito, figli che non danno problemi, lavoro pieno di
soddisfazioni e ben retribuito, ampia gamma di interessi e di relazioni
sociali impreziosite dalla stima di parenti e amici, prospettive di
sviluppo in tutti i campi, salute di ferro… Poi, un bel giorno, veniamo
coinvolti nel programma di desertificazione e a poco a poco tutto ciò
che dava gusto e valore alla nostra vita incomincia a perdere sapore,
senso e splendore; alla fine del processo ci ritroviamo nel deserto e
nell'aridità totali. Niente regge, tutto crolla, siamo nudi e indifesi
alle soglie della morte.
Naturalmente, durante il processo cerchiamo di reagire, tentiamo con
ogni mezzo di sfuggire a questa desolazione che avanza e ci spaventa. Ci
mettiamo pure a pregare insistentemente per chiedere a Dio di evitarci
una simile umiliazione, un simile orrore. Ma è proprio lì che Lui vuole
condurci ed è come se dicesse: "Non posso alzarmi per darti i pani fino a
quando non avrai compreso bene la tua povertà, la tua nudità, la tua
cecità, il tuo egoismo, la tua assoluta impotenza a darti la vita e la
felicità che desideri. Non posso alzarmi per darti i pani se non impari
ad accettare di stare nella situazione in cui ti trovi fino a quando
così piacerà a me. Non posso alzarmi per darti i pani fino a quando non
avrai imparato ad accogliere con docilità la mia volontà".
Fatti per un altro mondo
Questo stato di desolazione è tanto più acuto e profondo quanto
più acuta e profonda è la consapevolezza che nessun bene di questo mondo
ci ha dato né ci potrà mai dare la pace, la vita, la gioia che
cerchiamo. Ma da qui, da questa profonda desolazione, possiamo anche
intravedere o intuire la nostra grandezza; perché, se nemmeno tutte le
ricchezze di questo mondo possono renderci felici, significa che forse
siamo fatti per qualcosa che non è di questo mondo, e i gemiti inesprimibili
che lo Spirito Santo suscita in noi ci orientano proprio verso questo
"qualche cosa" che non vediamo né sappiamo desiderare, ma che sarà la
nostra beatitudine perché per questa siamo stati pensati.
Di questa cosa il Signore nel Vangelo ci propone diverse immagini:
"l'acqua viva", "la perla preziosa", "il tesoro nascosto", "il banchetto
nuziale"… Qui ce ne offre una particolarmente sorprendente: i miei bambini sono a letto con me
(Lc 11, 7 precedente traduzione CEI). L'immagine evoca l'amore, la
tenerezza e l'intimità che un padre riserva ai suoi figli; ebbene, a
questa inimmaginabile intimità con Dio noi siamo chiamati, ma la porta
di questa intimità rimane chiusa fino a quando il nostro affetto si
attarda e si aggrappa ad altre intimità e cerca altre consolazioni.
Paradossalmente, perché questa porta possa aprirsi il Signore deve
chiudere tutte quelle porte che noi gli chiediamo di aprire. Giustamente
allora il Signore dice: Non mi importunare, perché quando gli
chiediamo di aprire dove Lui vuole chiudere è come se disturbassimo il
progetto e il programma che Lui vuole attuare. Non sappiamo come pregare in modo conveniente, solo lo Spirito intercede per noi secondo i disegni di Dio.
Primo riassunto
Potremmo riassumere alcuni aspetti dell'insegnamento del Signore
in questo modo: giunge per tutti un giorno inatteso in cui viene
rivelata la nostra povertà, il rimedio a questo stato non è immediato,
ma bisogna accettare di mendicare a lungo un aiuto nella notte. Il fatto
che Dio sembri sordo alle nostre richieste tende a modificare i nostri
pensieri e le nostre attese circa le possibili soluzioni al nostro
disagio; tende ad elevare la nostra speranza verso beni che per il
momento non gli chiediamo, ma che Dio vuole darci per renderci davvero
felici. Siccome l'impresa è piuttosto lunga e complessa, il Signore ci
invita e ci incoraggia a non mollare; nonostante tutto quello che può
accadere conviene continuare a chiedere, a cercare e a bussare.
Un altro aspetto che viene evidenziato in questa avventura è il valore e
il pregio del nostro desiderio. Tanto più a lungo siamo disposti a
impegnarci e a lottare per cercare la vita, la luce, la bellezza e
l'amore, tanto più a accetteremo di comprendere la vita, la luce la
bellezza e l'amore secondo Dio, tanto più grande sarà alla fine la
nostra consolazione e la nostra gioia. E le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi (Rm 8, 18); perché quelle
cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di
uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano (1 Cor 2, 9).
Secondo riassunto
Quando arriva il giorno in cui scopriamo che non abbiamo più
nulla da dare per nutrire il nostro cuore, per rispondere all'amore, per
fronteggiare un momento critico… andiamo da Dio a chiedere tre pani. Il
che ci conduce a fare anche un'altra scoperta, ossia che Dio resiste
alle nostre preghiere e non risponde prontamente come ci aspetteremmo.
Questo accade perché l'unico modo per nutrire il nostro cuore, per
renderci capaci di amare, per superare ogni momento critico è che Dio ci
conceda non ciò che gli chiediamo noi, ma ciò che vuole darci Lui.
Questo cambio di prospettiva richiede tempi lunghi, di qui l'invito del
Signore a insistere e a perseverare nella ricerca. L'esito positivo di
questa ricerca è la scoperta che in fondo Dio vuole darci non dei beni,
non delle soluzioni, non delle consolazioni, ma il massimo bene,
un'inimmaginabile soluzione, una più grande consolazione, ossia se
stesso. Ecco i soli tre pani che sono veramente in grado di saziare il
nostro cuore, di renderci capaci di amare, di darci la pace. Se non
abbiamo da dare a noi e agli altri in ogni circostanza, la tenerezza e
la luce di Cristo, non abbiamo nulla da dare.
Meditazione
di Eugenio Pramotton - Tratto
dal libro: "Alla ricerca dell'acqua viva" ediz. Parva
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