Mt. 26, 51-66
Ed
ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la
estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un
orecchio.
Allora Gesù gli disse: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.
Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?
Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?".
In quello stesso momento Gesù disse alla folla: "Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti". Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono. Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.
I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte; ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: "Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni". Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".
Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio".
"Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo". Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?". E quelli risposero: "È reo di morte!".
Allora Gesù gli disse: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.
Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?
Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?".
In quello stesso momento Gesù disse alla folla: "Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti". Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono. Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.
I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte; ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: "Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni". Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".
Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio".
"Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo". Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?". E quelli risposero: "È reo di morte!".
Chi
è colui che mozza l’orecchio del servo? Giovanni dice che è
Pietro . Il gesto infatti denota il fervore del suo
temperamento. Ma ciò che vale la pena di indagare è per qual motivo
i discepoli hanno delle spade. Che le portino con sé risulta non
solo da questa circostanza, ma anche dalla risposta che
precedentemente hanno data al Maestro che li interrogava: “Ci sono
qui due spade”. Perché Cristo permette loro di portarne? Luca
riferisce che, a un certo momento, Gesù chiede ai discepoli: “Quando
vi mandai senza borsa, senza bisaccia, e senza calzari, vi è forse
mancato qualcosa?”. “Niente” essi rispondono. Ed egli allora:
“Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così pure una bisaccia; e
chi non l’ha, venda il suo mantello e compri una spada”. E quando
essi dicono: “Ci sono qui due spade”, egli risponde loro:
“Basta”. Come mai, dunque, consente loro di avere delle spade?
Perché i discepoli credano veramente che egli sarà preso. Perciò
dice loro: “compri una spada”, non certo perché si armino -
scacciate questo pensiero! – ma per dimostrare anche in tal modo la
sua prossima cattura. E perché li esorta a prendere anche una borsa?
Per insegnar loro che ormai dovranno essere attenti e vigilanti e
usare personalmente grande accortezza e diligenza. All’inizio,
infatti, essendo inesperti, il Maestro li ha sostenuti e confortati
con la sua grande potenza; ma in seguito, facendoli uscire, come
uccellini, dal nido, ha ordinato loro di servirsi delle proprie ali.
Infine, perché non pensino che li abbandona per debolezza,
esortandoli a fare anch’essi la loro parte, ricorda il passato
dicendo: “Quando vi mandai senza borsa, vi è mancato forse
qualcosa?”. Vuole insomma che i discepoli siano convinti in due
modi della sua potenza: sia per il fatto che dapprima li ha sostenuti
e confortati, sia perché ora li lascia gradualmente.
Ma,
come mai sono là quelle spade? Gli apostoli vengono dalla mensa e
dalla cena. È naturale quindi che là vi fossero anche delle spade
per tagliare l’agnello. E siccome essi hanno sentito dire che
alcuni verranno a catturare il Maestro, le prendono per portargli
aiuto in caso di bisogno e per difenderlo. Ma tale decisione proviene
esclusivamente da loro. Per questo Gesù rimprovera Pietro, quando
usa la spada, e aggiunge al rimprovero una dura minaccia. Pietro,
infatti, respinge con veemenza il servo che avanza; non certo per
difendere sé, ma compiendo questo atto a favore del Maestro. Cristo
tuttavia non tollera che il servo sia danneggiato da questa ferita e
lo cura operando un grande miracolo, sufficiente a dimostrare da un
lato la sua mitezza e la sua potenza e dall’altro l’amore e
l’obbedienza dell’apostolo. Per amore Pietro ha sguainato la
spada; per obbedienza la ripone nel fodero. Quando sente il Signore
dirgli: “Rimetti la tua spada nel fodero”, egli obbedisce
immediatamente e non ripete più il gesto. L’evangelista Luca
riferisce che gli apostoli chiedono a Gesù: “Dobbiamo colpire di
spada?”. Il Maestro, tuttavia, impedisce loro di farlo, guarisce il
servo ferito e rimprovera l’apostolo Pietro, minacciandolo, perché
obbedisca: “Perché tutti quelli che prendono la spada, moriranno
di spada”, e aggiunge il motivo, dicendo: “Credi forse che io non
possa pregare il Padre mio che mi darebbe più di dodici legioni di
angeli? Come dunque si compirebbero le Scritture?”. Con tali parole
smorza il furore degli apostoli, facendo vedere che le Scritture
prevedono anche questo. Prima Gesù ha pregato perché essi
sopportino con mitezza d’animo ciò che sta per accadere, sapendo
che avviene per volontà di Dio, e ora conforta gli apostoli con
queste due considerazioni, manifestando cioè il castigo che
subiranno i suoi persecutori: “Tutti quelli che prendono la spada,
periranno di spada”, e dimostrando che egli si sottomette
volontariamente alla morte: “Posso pregare il Padre mio”. Ma
perché non dice: Credete forse che io non possa sterminare tutti
costoro? Gesù non si esprime così perché pensa che gli apostoli
siano più disposti a credere alle altre parole, in quanto non hanno
ancora un’idea adeguata della sua gloria. Poco prima infatti egli
ha detto: “Triste è l’anima mia fino alla morte”, e: “Padre,
passi da me questo calice”; inoltre si è lasciato vedere
angosciato, mentre sudava sangue ed era confortato da un angelo.
Avendo quindi dimostrato in molti modi la sua umanità, pensa che ora
non sarebbe creduto se dicesse: Credete forse che io non possa
sterminare i miei nemici? Perciò afferma: “Credi forse che io non
possa” ora “pregare il Padre mio?”, e aggiunge umilmente: “mi
darebbe più di dodici legioni di angeli”. Me, se un tempo un solo
angelo sterminò centottantacinquemila uomini armati , occorrono
forse dodici legioni di angeli contro un migliaio di uomini?
Certamente no. Gesù qui adatta il suo parlare allo spavento e alla
debolezza degli apostoli: erano infatti quasi morti dalla paura. Per
questo pone loro davanti le Scritture dicendo: “Come dunque si
adempirebbero le Scritture?”, e li intimorisce anche in tal modo.
Se infatti questo è stabilito nelle Scritture, perché voi volete
opporvi e far loro guerra?
E
dopo aver rivolto agli apostoli queste parole, Gesù si rivolge ai
suoi avversari dicendo: Siete
venuti come contro un bandito, con spade e bastoni a prendermi. Ogni
giorno ero seduto nel tempio a insegnare e non mi avete preso .
Vedete quante cose compie Gesù, tali da poter cambiare il loro
animo? Li getta a terra, guarisce l’orecchio del servo, minaccia
che moriranno di spada: “Quelli che prendono la spada, periranno di
spada”. Il fatto che cura l’orecchio del servo conferma le sue
parole. Qui Gesù manifesta il suo potere con ogni mezzo, con ciò
che compie sul momento, sia con la predizione sul futuro; mostra
inoltre che non è opera delle loro forze il fatto che ora lo
catturano. Ecco perché aggiunge: “Ogni giorno ero con voi e sedevo
a insegnare e non mi avete arrestato”, facendo loro notare che per
sua permissione ora lo prendono. Tralasciando di ricordare i
miracoli, parla del suo insegnamento, per non sembrare vanaglorioso.
Quando insegnavo – egli dice in altri termini – non mi avete
preso, ma mi assalite ora che sono in silenzio; stavo nel tempio e
nessuno mi mise le mani addosso, e ora, intempestivamente, nel mezzo
della notte, mi assalite con spade e bastoni? Che bisogno c’era di
queste armi per catturare uno che è sempre stato con voi? Con tali
parole dimostra loro che, se non avesse voluto darsi spontaneamente,
essi non avrebbero alcun potere su di lui. Quelli infatti che non
avevano potuto trattenerlo quando era nelle loro mani e, avendolo in
mezzo ad essi, non erano riusciti ad aver potere su di lui, neppure
ora potrebbero catturarlo, se egli non volesse.
E
subito dopo Gesù risolve la difficoltà che sorge dal fatto che ora
egli vuole questo. Dichiara infatti: Ma
tutto ciò è avvenuto affinché si adempiano le Scritture dei
profeti .
Vedete come sino all’ultima ora, e fin nel momento stesso d’esser
catturato, il signore compie tutto in funzione di correggerli,
guarendo, profetando, minacciando: “di spada periranno”;
dimostrando che patisce volontariamente: “Ogni giorno ero con voi e
sedevo a insegnare”; e dichiarando la sua consonanza con il Padre:
“affinché si adempiano le Scritture dei profeti”. Perché – mi
chiederete – non lo presero quando si trovava nel tempio? Perché
nel tempio non avrebbero osato a motivo della folla. Perciò il
Signore esce fuori, offrendo ai suoi avversari un’occasione
favorevole quanto al luogo e quanto al tempo. E togliendo loro, fino
all’ultimo istante, ogni pretesto per giustificarsi: chi si
consegna ai propri avversari al fine di adempiere le Scritture dei
profeti, come può insegnare cose contrarie?
Allora
tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono .
Quando viene afferrato e trattenuto, gli apostoli rimangono; ma dopo
che il Maestro ha rivolto quelle parole a quella schiera di gente,
essi fuggono. Capiscono che oramai non esiste possibilità alcuna di
rimedio, dal momento che Gesù si offre volontariamente ai suoi
avversari e dichiara che tutto ciò accade secondo le Scritture.
Fuggiti
gli apostoli, viene condotto da Caifa . Pietro,
però, l’aveva seguito da lontano, ed entrò per vedere quale
sarebbe stata la fine .
Dobbiamo riconoscere che l’ardore di questo apostolo è davvero
grande; vedendo gli altri disperdersi, non fugge, ma rimane ed entra
nel palazzo del sommo sacerdote. Se anche Giovanni fa altrettanto,
dobbiamo ricordare che egli era conosciuto dal sommo sacerdote .
Ma per qual motivo Gesù è condotto nel luogo ove i sacerdoti sono
riuniti? Per far tutto secondo la decisione dei gran sacerdoti. Caifa
è sommo sacerdote dell’anno e tutti costoro si trattengono nel suo
palazzo; così passano la notte in attesa di questo avvenimento. Non
celebrano la Pasqua, ma vegliano attendendo Gesù. Giovanni, infatti,
dopo aver detto che era mattino presto, aggiunge: “Non entrarono
nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua”. Che
si deve dunque dire di ciò? Essi rimandano la celebrazione della
Pasqua al giorno successivo e infrangono la legge per il furioso
desiderio di questa uccisione. Cristo non ha rinviato la celebrazione
della Pasqua, ma l’hanno rimandata questi uomini temerari, abituati
a violare le leggi in mille modi, ardenti di furore contro Gesù
perché, avendo tentato varie volte di ucciderlo, non vi sono
riusciti. Ora che insperatamente l’hanno catturato, preferiscono
rinviare la celebrazione pasquale pur di soddisfare la loro passione
sanguinaria. A tale fine si riuniscono tutti insieme – sinedrio
pestilenziale – e interrogano qualche testimonio, volendo dare a
questa insidia l’apparenza di un giudizio. “Le testimonianze non
erano concordi”, riferisce un evangelista, dato che quel tribunale
era basato sulla finzione e così piena di tumulti e di confusione
era l’assemblea.
Presentatisi
dei falsi testimoni dichiarano: Costui
ha detto: Io distruggerò questo tempio e in tre giorni lo
riedificherò.
È vero che Gesù aveva affermato “in tre giorni lo riedificherò”,
ma non aveva detto: Io distruggerò, bensì “distruggerete”; e
non si riferiva al tempio, ma al suo corpo.
Che
fa ora il sommo sacerdote? Volendo indurre Gesù a difendersi per
poterlo accusare attraverso la sua stessa risposta, si rivolge a lui
dicendo: “Non
senti che cosa questi depongono contro di te?”. Ma egli taceva :
è inutile infatti ogni difesa, perché nessuno l’ascolta ed è
solo un’apparenza di giudizio quello che si sta svolgendo ora; in
realtà si tratta di un assalto di banditi che, riuniti in una
spelonca, irrompono senza motivo su di una strada.
Per
questo Gesù tace, mentre il sommo sacerdote insiste: «Ti
scongiuro per il Dio vivente di dirci se tu sei il Cristo, il Figlio
del Dio vivo”. Gesù gli risponde: “Tu l’hai detto; anzi vi
dico che d’ora in avanti voi vedrete il Figlio dell’uomo seduto
alla destra della potenza e venire sulle nubi”. Allora il sommo
sacerdote si strappò le vesti dicendo: “Ha bestemmiato” .
Col gesto di stracciarsi le vesti, il sommo sacerdote vuol aggravare
la colpa di Gesù e confermare con questo atto le sue parole. Dato
che la risposta di Cristo ha riempito di terrore i presenti., il
sommo sacerdote si comporta ora come i giudei si comporteranno in
seguito nel caso di Stefano, quando si tureranno le orecchie per non
sentire le sue parole.
Ma
qual è la bestemmia di cui parla il sommo sacerdote? In passato
Cristo aveva detto alla loro presenza: “Disse il Signore al mio
Signore: Siedi alla mia destra, finché io non ponga i tuoi nemici a
sgabello dei tuoi piedi”, ed aveva interpretato quelle parole. I
suoi avversari, allora, non avevano osato ribattere, ma avevano
taciuto e da quel momento non l’avevano più contraddetto. Come mai
ora definiscono “bestemmia” le sue parole? E perché Cristo dà
loro tale risposta? Lo fa per togliere agli avversari ogni possibile
scusante, e in tal modo insegna fino all’ultimo momento che egli è
il Cristo, che siede alla destra del Padre e verrà di nuovo a
giudicare tutta la terra: il che manifesta la sua perfetta conformità
con il Padre.
Dopo
aver strappato le sue vesti, il sommo sacerdote chiede a quelli: Che
ve ne pare? Non
pronunzia personalmente la sentenza, ma richiede da quelli come se
fosse basata su colpe confessate e sopra una bestemmia evidente. E
poiché quelli sanno che se la cosa venisse sottoposta a un esame e a
un accertamento rigorosi, Gesù sarebbe prosciolto da ogni colpa,
sono essi a condannarlo e a prevenire i presenti, dicendo: Voi
avete sentito la bestemmia ,
il che è poco meno che costringerli e forzarli a pronunziare la
sentenza. Che cosa viene risposto allora? È
reo di morte .
In tal modo, presentandolo come uno già giudicato colpevole,
indurranno Pilato a condannarlo definitivamente. Consci perfettamente
di questo piano, i presenti rispondono: “È reo di morte”. Essi
funzionano da accusatori, da giudici; essi pronunciano la sentenza e
tramano tutto. Come mai, voi mi chiederete, non lo accusano di aver
violato il sabato? Perché su quella questione Gesù li aveva tante
volte ridotti al silenzio. Inoltre, essi mirano a coglierlo in fallo
e a condannarlo, prendendo spunto da quanto egli dice nel momento
stesso in cui lo giudicano. Dopo averli prevenuti, dopo aver ottenuto
la loro sentenza e aver trascinato tutti all’indignazione col gesto
di stracciarsi la veste, il sommo sacerdote conduce Gesù, come un
reo confesso, da Pilato: così manda tutto ad effetto. Ma, dinanzi a
Pilato, essi non dicono nulla di tutto questo. Che riferiscono
allora? “Se non fosse un malfattore non te l’avremmo consegnato”.
Tentano di farlo morire per reati pubblici. E perché non l’uccidono
occultamente? Perché vogliono eliminare anche la sua fama. Dato che
molti l’hanno udito parlare e l’ammirano grandemente, essi
mettono in atto tutto il loro impegno per farlo uccidere
pubblicamente e alla vista di tutti. Cristo d’altra parte non
ostacola i loro piani, anzi si serve della loro malvagità per
confermare la verità, in modo che la sua morte sia a tutti
manifesta. Così accade il contrario di ciò che essi pretendono.
Essi vogliono coprirlo d’infamia con quella morte, ma proprio per
questo la sua gloria si fa più splendente. Essi hanno detto:
“Uccidiamolo, affinché non vengano i romani e distruggano la
nostra città e la nostra nazione”, e dopo averlo ucciso, ha luogo
proprio la distruzione di Gerusalemme; e così ora, dopo essersi dati
da fare in ogni modo per crocifiggerlo pubblicamente e così
disonorarlo, avviene tutto il contrario. Che essi avessero il potere
di dargli la morte, lo si può capire da ciò che dice Pilato:
“Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge”. Ma essi
non vogliono, perché la sua morte appaia come quella di un nemico
della legge civile, di un ambizioso di comando, di un sedizioso. Per
questo motivo crocifiggeranno insieme a lui dei ladri, e diranno:
“Non scrivere: Costui è re dei giudei, ma: Egli ha detto…”.
Tutto ciò risulta invece a favore della verità, così da non
lasciare ai giudei neppure un’ombra di difesa impudente. Ed
ugualmente, quando Gesù verrà deposto nel sepolcro, i sigilli e le
guardie faranno rifulgere ancor di più la verità; la stessa cosa
può dirsi delle beffe, dei dileggi, degli insulti. Tale infatti è
la falsità: si distrugge con gli stessi mezzi con cui prepara
l’insidia; così capita, dunque, anche ai giudei. Costoro che
credono di aver vinto, rimangono confusi, vengono sconfitti e si
perdono; Gesù, al contrario, benché apparentemente sconfitto, è
glorificato sopra tutti e riporta, con potenza, la vittoria.
Non
cerchiamo di vincere sempre, Né sempre sfuggiamo alla sconfitta. Vi
sono occasioni in cui la vittoria porta danno, mentre la sconfitta
reca vantaggio. Nel caso di persone adirate, il vincitore sembra
colui che ha offeso più spietatamente, mentre, in effetti, egli è
sconfitto e assai danneggiato dalla sua terribile passione. Chi,
invece, sopporta coraggiosamente l’offesa, costui riporta la
vittoria e trionfa. Il primo non è stato capace di spegnere la sua
passione, mentre il secondo elimina anche quella altrui. L’uno
soccombe alla propria passione, l’altro vince anche la passione
dell’avversario e non solo evita di bruciare egli stesso, ma spegne
anche la fiamma dell’altro, fiamma che si leva assai alta. Se
volesse guadagnare invece un’apparente vittoria, anch’egli
subirebbe una sconfitta e infiammando il suo nemico finirebbe col
rendere ancor più forte la sua passione; come donnicciole, che
litigano vergognosamente e miserabilmente, si verrebbe sconfitti e
prostrati dall’ira. Chi al contrario si comporta filosoficamente,
libero da tale vergogna, innalza, proprio per questa magnifica
sconfitta, uno splendido trofeo contro l’ira in se stesso e nel
prossimo.
Non
dobbiamo quindi desiderare di vincere sempre. Chi froda riporta una
vittoria su chi è defraudato, ma si tratta di una pericolosa
vittoria, che porta rovina al vincitore. Se l’offeso,
apparentemente vinto, sopporta pazientemente l’offesa, è lui in
realtà che riporta la corona. Ecco perché a volte è più glorioso
essere vinti, e questo è il modo migliore di riportar vittoria. Se
infatti uno froda, schiaffeggia, invidia un altro, in pratica il
vittorioso è l’offeso che non risponde all’offesa. Ma perché vi
parlo della frode e dell’invidia? Anche colui che viene portato al
martirio è in realtà il vincitore quando è legato, flagellato,
scorticato e ucciso. Ciò che nelle guerre costituisce sconfitta,
presso di noi è vittoria. Noi non vinciamo mai facendo il male,
bensì sopportando il male. In tal modo la vittoria diventa splendida
quando noi, soffrendo, vinciamo coloro che ci fanno del male. Da ciò
risulta che la vittoria è di Dio. La natura di questa vittoria è
infatti totalmente diversa da quella del mondo; e ciò soprattutto è
prova di forza. Come gli scogli marini, lasciandosi flagellare,
infrangono le onde, così tutti i santi, vincendo questa pacifica
vittoria, si sono resi celebri, hanno riportato corone ed hanno
innalzato splendidi trofei. Non muoverti, non affaticarti – sembra
dirti il Signore; - Dio ti ha dato la forza di vincere non
combattendo, ma resistendo soltanto. Non metterti sulla linea di
battaglia, e tu vincerai; non aggredire l’avversario, e la corona
sarà tua. Sei migliore e assai più forte del tuo rivale. Perché
vuoi disonorarti? Non dar modo al tuo avversario di dire che l’hai
vinto aggredendolo, ma lascialo stupito e meravigliato della tua
forza pacifica e consenti che dica a tutti che tu l’hai vinto senza
combattere. In questo modo anche il beato Giuseppe fu lodato per aver
sempre vinto i suoi nemici sopportando il male che gli veniva fatto.
I suoi fratelli e la donna egiziana gli avevano teso insidie, ma egli
le superò tutte. E non mi parlate del carcere ove egli fu rinchiuso,
né della reggia dove quella viveva; ma mostratemi piuttosto chi fu
il vincitore e chi il vinto, chi era afflitto e chi gioioso. La donna
non solo non riuscì a vincere quell’uomo giusto, ma neppure a
dominare la propria passione. Giuseppe invece vinse la donna e una
passione violenta. Se vuoi, ascolta le sue stesse parole e vedrai di
chi è la vittoria: “Ci hai condotto qui – essa dice – questo
schiavo ebreo per insultarci!”. O donna sciagurata e miserabile!
Non è stato Giuseppe a burlarsi di te, ma il diavolo dicendoti che
si può spezzare il diamante. Non è stato tuo marito a condurti
questo ragazzo per tenderti un tranello, ma è stato il demonio
maligno a ispirarti questa impura passione. Che fa allora Giuseppe?
Tace, e così viene condannato, come è ora di Gesù. Tutti gli
avvenimenti del passato sono figura di questi. Ma – voi ribattete –
Giuseppe finisce in prigione, mentre la donna vive nella reggia. E
che importa? Giuseppe, anche in catene, splende di gloria più d’ogni
altro campione incoronato, mentre la donna è coperta d’infamia,
più di qualunque vile prigioniero, pur vivendo nelle stanze regali.
E non giudichiamo soltanto da questo, dov’è la vittoria e la
sconfitta, ma osserviamo anche i fatti successivi. Chi dei due riesce
nel suo intento, il prigioniero o la regina? Il primo si è sforzato
di conservare la sua castità; la seconda ha tentato di corromperla.
Chi dei due ha ottenuto ciò che desiderava? Chi ha sopportato
l’offesa o chi l’ha fatta? Evidentemente colui che ha subito
l’ingiuria. Egli dunque ha riportato la vittoria.
Sapendo
questo, cerchiamo anche noi di riportare quella vittoria che si
ottiene soffrendo il male. Fuggiamo invece la vittoria che è frutto
dell’ingiustizia e della malvagità. Così trascorreremo la vita
presente senza alcuna inquietudine e con grande pace; e otterremo i
beni futuri per la grazia e l’amore di Gesù Cristo, nostro
Signore. A lui siano la gloria e il potere per i secoli dei secoli.
Amen.
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