Fra
Kostka (1868-1946), umile membro dei Missionari Verbiti di
Grevenbroich in Vestfalia (Germania), per quattro decenni, durante la
S. Messa, vide la passione di Gesù. E per quarant'anni questo fatto
rimase nascosto, così come le sue adorazioni notturne davanti al
Santissimo.
Terminata
la scuola, Giuseppe Wasel, figlio di un pastore di pecore, iniziò a
lavorare come stalliere presso un contadino. Le omelie, nella sua
parrocchia, di due missionari verbiti suscitarono nel giovane il
desiderio di diventare missionario.
A
ventotto anni, Giuseppe entrò come fratello missionario a Steyl e
da religioso prese il nome di Kostka, dal santo gesuita Stanislao
Kostka. Ripetutamente pregò il Fondatore dell'Ordine, Arnold
Janssen, di mandarlo in missione in un paese lontano. Ma questi gli
rispondeva sempre con un sorriso: "La tua nave non è ancora
pronta!". Fu inviato invece nel territorio della Saar per la
fondazione della missione di St. Wendel. Qui, per 43 anni, Fra Kostka
lavorò instancabilmente nella cucina della missione, nel negozio
del convento e al servizio dei pellegrini. Quello di cui nessuno
venne a conoscenza è che il Signore attirò sempre più a Sé
questo discreto e grande orante e inarrestabilmente ne "spostò"
la missione verso "l'interno", tanto che Fra Kostka
successivamente disse: "Già nel mondo il tempo più caro per
me è stato quello che ho potuto passare in preghiera davanti al
Santissimo, ma nel convento l'impulso per la preghiera è cresciuto.
Tutto mi ha attirato verso il Salvatore. Un ardore mi ha quasi
costretto ad alzarmi per mostrare al buon Maestro il mio amore.
Personalmente attribuisco la prassi della preghiera notturna alla S.
Comunione quotidiana. Perché l'attrazione, questo fuoco dentro di
me, veniva dal sacramento, dal Salvatore presente nel tabernacolo con
la Sua divinità e la Sua umanità. Con il permesso del Padre
Rettore, ho potuto alzarmi ogni notte, anche se inizialmente lui
pensava che questo fosse solo un fuoco di paglia. A mezzanotte e
mezza mi alzavo dal mio giaciglio, senza bisogno di una sveglia; mi
sono sempre svegliato alla stessa ora e spesso ho pensato tra me che
fosse il mio angelo custode a svegliarmi puntualmente. Rimanevo poi
in ginocchio fino alle due davanti al Santissimo. Fin quando ho
vissuto nella masseria, pregavo nel fienile perché la porta della
chiesa era chiusa. Nella casa missionaria, facevo adorazione da
dietro l'altare maggiore, un posto che mi è diventato caro ogni
giorno di più.
E
come Mosè fu invitato a togliersi i sandali, perché il luogo in
cui si trovava era sacro, anch'io davanti a Dio nel Sacramento
dell'Amore, mi presentavo senza scarpe, lasciandole alla porta della
chiesa. L'impegno di passare il tempo davanti al Santissimo senza
scarpe, anche nel duro freddo invernale, l'ho mantenuto fedelmente
nel tempo. Solo a 68 anni, dal confratello sarto, ho ricevuto un
mantello già usato, senza averlo chiesto. Sentivo proprio il
bisogno di apparire davanti al Salvatore povero e nudo. E senza
scarpe, solo con le calze, svegliavo i confratelli la mattina. La
povertà è un valore così alto, che purtroppo non si sa mai
apprezzare abbastanza. Davanti all'altare, pregavo innanzitutto per
la fede, la speranza e la carità. Per fare ciò e nella
consapevolezza della mia miseria e peccaminosità mi mettevo con la
faccia a terra. Pregavo un primo Padre Nostro in considerazione e
confessione dei miei peccati, difetti ed imperfezioni. Poi ne seguiva
un secondo per esprimere la mia fiducia nella smisurata misericordia
di Dio - con il pensiero che Dio è un buon Padre e perdona
volentieri i peccati, quando lo si chiede umilmente. Pregando il
terzo Padre nostro, ero quasi sempre infervorato. Mi alzavo, salivo
in ginocchio gli scalini dell'altare, bussavo teneramente alla porta
del tabernacolo e pregavo con fiducia: “Signore, eccomi”.
Quindi rimanevo più di un'ora con la Madonna; volevo farmi guidare
dalla Sua mano materna. Ho avuto sempre una fiducia illimitata nella
Madre Celeste. Da allora vivo sempre con il dolce pensiero che
l'adorazione notturna fosse stata desiderata da Maria, la prima
adoratrice del Dio che si è fatto uomo. Ho mantenuto la
consuetudine dell'adorazione dalla mezzanotte e trenta alle due fino
all'età di sessant'anni. Poi ho modificato la pia abitudine
alzandomi alle tre del mattino per pregare dietro l'altare maggiore
fino alle cinque, ora in cui venivano gli altri abitanti della casa.
Oggi (1937) sono già trent'anni che pratico l'adorazione notturna;
mi è capitato di saltarla solo quando ho avuto la febbre o
l'influenza. Ma anche in questi casi talvolta mi trascinavo in chiesa
per soddisfare il desiderio del mio cuore". "Ho sempre
pregato per il Papa, i cardinali, i vescovi e per i sacerdoti. Ho
raccomandato al Cuore di Gesù le intenzioni che erano state
affidate personalmente a me o ai miei fratelli. Così iniziavo la
mia preghiera di mezzanotte: -Signore, sia fatta la Tua volontà
in tutto e con tutti, Signore salva le anime!-. Per le intenzioni
materiali non ho mai pregato. Quasi sempre ho recitato i misteri
dolorosi del rosario; per meditarli mi occorreva un'ora. Nell'Ora
Santa non usavo parole; la mia preghiera andava di cuore in cuore,
senza movimento esterno delle labbra. Durante il periodo della
preghiera stavo inginocchiato tranquillo nel banco o sull'ultimo
scalino dell'altare. L'ardore intimo mi teneva vigile; non ho mai
minimamente sentito l'impulso di dormire. In quelle ore si
incontravano due cuori che si amavano e non volevano staccarsi solo
per parlare d'amore. Quanto erano felici quelle ore! Sono state un
anticipo della gioia celeste".
Nel
1941, dopo che i missionari furono allontanati da St. Wendel dai
nazionalsocialisti, l'anziano Fra Kostka cambiò diversi monasteri
fin quando, nel 1945, giunse nella missione di St. Arnold nel
Münsterland (Vestfalia). Anche lì, durante i suoi due ultimi anni
di vita, si mantenne fedele alla sua adorazione notturna. Durante
tutta la vita, il missionario non si concesse mai un intervallo a
metà giornata, nonostante il faticoso lavoro in cucina. Sebbene
avesse spesso forte mal di testa per la mancanza di sonno e per il
digiuno, non perse il suo aspetto sano e la sua gaiezza come pure la
sua gentilezza. Anche in età avanzata non rinunciò mai a fare dei
piccoli lavori. Fra Kostka morì il 1 dicembre 1946, a 78 anni,
significativamente pochi minuti prima del suo solito incontro con il
Signore. Egli trovò la sua ultima dimora nel cimitero del convento.
Oggi l'Associazione Fra Kostka si impegna per la beatificazione di
questo mistico, la cui prodigiosa guarigione contribuì notevolmente
alla canonizzazione di Arnold Janssen (2003), fondatore del suo
Ordine. Infatti, a 60 anni, Fra Kostka soffrì di geloni sulla gamba
destra che producevano tanto pus e sembravano inguaribili;così,
seduto in poltrona e con davanti l'immagine del fondatore, egli
pregò: "Padre, mi hai ingannato tante volte (perché
Arnold Janssen non lo aveva mai mandato in missioni lontane,
ripetendogli sempre: `La tua nave non è ancora pronta'), ora
potresti guarire la mia gamba. Per te ora è facile!". Fra
Kostka sentì alle sue spalle una voce che gli diceva: "La
tua gamba è sana, non si ammalerà mai più!". In
effetti, tolte le bende, le ferite erano guarite.
"L'attrazione
di questo ardore, di questo fuoco in me, è venuto dal Sacramento,
dal Salvatore che è presente nel tabernacolo come Dio e come uomo".
Fra
Kostka
Tratto
da “Trionfo del Cuore” - NELLA TUA PRESENZA, O SIGNORE! - Opera
di Gesù Sommo Sarcedote - Famiglia di Maria - Marzo - Aprile 2012 N°
12
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