1Pt
2, 20-25
Carissimi, se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché
anche Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme:
egli non commise peccato
e non si trovò inganno sulla sua bocca;
insultato, non rispondeva con insulti,
maltrattato, non minacciava vendetta,
ma si affidava a colui che giudica con giustizia.
Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce, perché,
non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti.
Eravate erranti come pecore,
ma ora siete stati ricondotti al pastore
e custode delle vostre anime.
Parola di Dio
Carissimi, se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché
anche Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme:
egli non commise peccato
e non si trovò inganno sulla sua bocca;
insultato, non rispondeva con insulti,
maltrattato, non minacciava vendetta,
ma si affidava a colui che giudica con giustizia.
Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce, perché,
non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti.
Eravate erranti come pecore,
ma ora siete stati ricondotti al pastore
e custode delle vostre anime.
Parola di Dio
Riflessione
personale
Gesù
oggi ci chiama ad affrontare le sofferenze ingiuste con pazienza e a
non stupirci se, pur comportandoci bene, soffriamo ingiustamente.
A
volte mi viene da chiedere a Gesù il senso della sofferenza, ma poi
guardando Lui sulla Croce penso: "Invece di fare domande a una
persona morta per me, forse dovrei cercare di partecipare alle Sue
sofferenze". Lui infatti ha voluto morire per salvare me, ecco la
risposta alle mie sofferenze ingiuste! L’unica
via della mia salvezza è nel seguire le Sue orme.
Sopportando
con pazienza e serenità le sofferenze che di tanto in tanto bussano alla mia porta, partecipo alla passione di Gesù,
sia per il mio bene sia per la salvezza di tante anime disperate. Soffrendo
con amore mi faccio in qualche modo carico del mio peccato e di quello del mondo,
naturalmente nella misura che posso e che Dio permette.
In
questo tempo così difficile in cui Dio sembra quasi non esistere o è ignorato e offeso, c’è
bisogno di persone che soffrano per amore di Cristo. La Croce, portata
in modo silenzioso, porta più anime in Cielo di tante belle parole dette con troppa facilità da molti che di Cristo hanno solo l’abito; la fede si trasmette soprattutto con la vita di chi, seguendo Gesù, diventa un Vangelo vivente!
Soffrire!!!…
sembra che i cristiani per essere considerati amici di Gesù debbano
per forza soffrire; diciamo pure che più o meno è proprio cosi… Lo dicono i Santi: "Soffri per la povertà? Soffri per malattia? Soffri
per le calunnie? Soffri per le maldicenze?… Perfetto! Allora sei
sulla strada che porta al Paradiso."! Certo
che con queste prospettive molti se la danno a gambe levate, ma io
dico che non sanno quello che si perdono!
Attenzione…
non ha nessun senso annunciare un Gesù diverso, un Gesù tutto
“miele”, ignorando il Vangelo della sofferenza solo per
incontrare il favore del mondo o solo per avere qualche amico in più
e qualche sofferenza in meno. Un
giorno dovremo rendere conto al Signore delle anime che, per il
nostro comportamento, per il nostro buonismo, sono rimaste scandalizzate e forse si sono dannate.
Quindi, le sofferenze ingiuste accettate con amore sono delle opportunità
che il buon Dio ci da per amare di più e per amare come Lui ha amato. Padre
Serafino, un monaco a me tanto caro, un giorno mi ha scritto queste
parole: “Le contraddizioni possono servire per amare di
più e meglio. Occorre viverle con grande fede e prenderle dalle mani
di Dio. Allora si sperimenta davvero che “tutto è grazia”…
“l’imperfezione degli altri ci fa esercitare la pazienza, la
misericordia, la pietà. In fondo noi cresciamo veramente solo a
causa delle imperfezioni degli altri, perché dovendo esercitare la
carità siamo costretti ad uscire da noi stessi. Coloro che ci fanno
soffrire sono, in ultima “ratio” coloro che ci fanno crescere
nella dimensione della carità. Se andassimo d'accordo alla perfezione con tutti
e se tutti ci lodassero e stimassero al cento per cento, forse
resteremmo chiusi nel nostro senso di perfezione e rimarremmo
ingannati da noi stessi”. Stupendo!!!
Nella
sofferenza accettata diventiamo persone mature
spiritualmente, ma sopratutto siamo molto vicini a Gesù, anche se, in quel momento, non lo sentiamo. E sapete perché non lo sentiamo? Semplice…
perché nella sofferenza Gesù riposa in noi, sta abbracciato a noi
in silenzio. Perché dunque avere paura?
Noi, purtroppo, siamo un pochetto restii ad accettare le sofferenze
ingiuste subite per contribuire alla salvezza del mondo in unione con
Cristo. Portare la Croce tutti i giorni è faticoso e molto spesso
diciamo: "Perché devo desiderare la salvezza di quella persona che
ogni giorno mi mortifica, che mi insulta, che usa prepotenza, che mi
fa tanto male?". La verità è che per noi potrebbe anche andare all'inferno, altro che soffrire per lei! Sta fresca!!! Ma
questo non è un atteggiamento molto cristiano. E’ un atteggiamento
da cancellare; dobbiamo riavvolgere il nastro e registrare altro…
Guardiamo di più il nostro Gesù crocifisso. Lui
non ha fatto che del bene a tutti, tuttavia è stato, ed è tuttora, respinto
dagli uomini e inchiodato ad una croce. Guardiamo
l’innocente Gesù e cerchiamo di riempire il nostro cuore dei suoi
stessi sentimenti di amore, di misericordia, di comprensione, di perdono;
cerchiamo di fare nostri i sentimenti che aveva Gesù quando,
inchiodato sulla croce, offriva la Sua vita per noi. Imitiamo
dunque Gesù, perché solo chi muore con Gesù potrà risorgere
con Lui. Se partecipiamo alle Sue sofferenze saremo degni del Regno
di Dio. Non solo, ma con i nostri sacrifici, piccoli o grandi, offerti con amore, contribuiremo alla salvezza di tante anime e in Cielo gioiremo di questo. Se queste cose ci danno fastidio e non le vogliamo assimilare, vuol dire che la nostra vita
cristiana lascia molto a desiderare.
E’
anche vero che non è sempre così semplice seguire Gesù, molto
spesso nelle situazioni in cui si è trovato Lui noi ci comportiamo esattamente all'opposto… Lui: “Insultato, non rispondeva
con insulti”, noi quando ci insultano abbiamo immediatamente la
risposta pronta e neanche molto carina… “maltrattato,
non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con
giustizia”, noi invece quando
ci maltrattano non vediamo
l’ora di fargliela pagare e aspettiamo il momento giusto per
vendicarci. A
parole siamo dei fenomeni, ma nei fatti lasciamo molto a desiderare! Soprattutto quando la Croce si presenta nei momenti e nei modi che non ci aspetteremmo. Che
il Signore abbia pietà di noi!
Eppure
di esempi la Chiesa ce ne offre tanti. Diceva bene Benedetto XVI:
“Come per la preghiera,
così per la sofferenza la storia della Chiesa è ricchissima di
testimoni che si sono spesi per gli altri senza risparmio, a costo di
duri patimenti. Più è grande la speranza che ci anima, tanto
maggiore è anche in noi la capacità di soffrire per amore della
verità e del bene, offrendo con gioia le piccole e grandi fatiche di
ogni giorno e inserendole nel grande com-patire di Cristo” (6
febbraio 2008).
Ci
danno un bell’esempio anche la Mamma e San Giuseppe. Loro hanno
capito molto bene la Croce, non sono fuggiti , ma hanno accettato
tante sofferenze per amore del loro Figlio. Quando
uno ama veramente soffre, perché l'amore ci spinge a compatire le sofferenze dei
fratelli, a dar loro sollievo facendoci carico dei loro problemi, delle loro miserie, delle loro ferite… e
se li amiamo e vogliamo con tutto il cuore la loro salvezza, noi
soffriamo.
Chiediamo
al buon Dio di aumentare la nostra fede e di aiutarci a essere più
umili, perché se dinanzi alle sofferenze noi borbottiamo, ci
lamentiamo o ci ribelliamo, significa che abbiamo una umiltà solo apparente. Non scoraggiamoci però se non sempre riusciamo a soffrire con
gioia, perché già esercitarci ad accettare le sofferenze è un
buon inizio… offrirle al Signore è un’altro passo in avanti, e, camminando camminando, riusciremo davvero a crescere e a stare vicini a
Gesù sofferente.
Termino
questa mia povera riflessione con un pensiero di padre Paisios. Quando
subiamo qualche ingiustizia proviamo a dire:
"Per
gli orfani e malati, per i vecchi, per tutti ci sono dei ricoveri.
Per il torto, poveretto, non c’è nessun ricovero: ognuno lo prende
e lo tira sulle spalle dell’altro perché lo vede pesante e brutto.
Però il torto è così dolce, come niente altro al mondo! I momenti
più belli che io abbia vissuto sono i momenti dell’ingiustizia.
Chi accetta il torto accetta Cristo, che ha subito il torto nel suo
cuore".
Pace
e bene.
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