Un'esigenza
d'amore
Dei
tre sacramenti che ci danno, o restituiscono, la grazia, il Battesimo
è conferito una sola volta, l'Unzione non è data che ai malati
gravi, la Penitenza invece può essere ricevuta più volte.
Questo
sacramento si iscrive nella linea dell'amicizia con Dio: è un
passaggio di questa amicizia. Bisogna dunque approfondire la nozione
di amicizia: l'Amicizia con la A maiuscola, che raggiunge l'Amore con
la A maiuscola. Oggi si parla molto di riconciliazione: ho sentito
dire, a Lourdes, che se la Madonna tornasse, si aggiornerebbe anche
Lei e invece di dire: «Fate penitenza!», direbbe:
«Riconciliatevi!».
Mi
va bene che si sostituisca alla penitenza la riconciliazione, a
condizione di comprendere che la riconciliazione è una deflagrazione
interiore. Quando l'amore e l'amicizia raggiungono certi livelli, non
ci si lascia per un nonnulla, e non ci si riconcilia con
superficialità. A questo livello l'amore è una vita, lasciarsi una
morte, riconciliarsi una risurrezione. Niente di tutto questo è in
nostro potere.
Facendo
il sacerdote ho constatato con sorpresa che i più rinunciano presto
all'Amore: non ci credono neanche più. E facile credere
all'innamoramento. E più difficile credere all'amicizia. Ma l'Amore
che è nello stesso tempo un'Amicizia, non credo d'averlo trovato
all'infuori dei mistici. Sto pensando in particolare alle famiglie
cristiane: ci può essere in esse molto affetto e anche molta
passione, ma l'amicizia è una cosa talmente profonda che nei
migliori dei casi se ne sospettano a mala pena le esigenze.
Quando
nasce una vera amicizia, essa suscita le stesse ansie, lo stesso
timore di perdere tutto ad ogni istante, come nella vita mistica, la
quale è, come canta San Giovanni della Croce, «ardente di un amore
pieno di angosce». Non c'è grande amore senza ansietà, e questo ci
riporta al viaggio, perché il viaggio non è turismo, è Ulisse che
ritorna a Itaca.
L'amicizia
Per
continuare la nostra meditazione sull'amicizia, passiamo all'altro
estremo, il più banale: l'amicizia dei giocatori di biliardo. Non
hanno granchè in comune, tranne il biliardo; ma in questo c'è una
grande verità filosofica: non ci può essere amicizia senza un bene
comune. Questo bene può essere povero come un biliardo, altissimo
come Dio, intimo come l'amore che unisce due persone, ma deve
comunque esserci un bene comune.
«Perché
era lui, ed io ero io», diceva Montaigne per spiegare la sua
amicizia con La Boétie. Io direi piuttosto: «Perché era l'Amicizia
che li univa». In questa luce si comprende l'affermazione - forse
esagerata - di Alfred Musset: «L'uomo e la donna sono due esseri
abominevoli, ma niente è più bello della loro unione». Un amico
può perdere tutte le sue qualità e il suo fascino: finchè ameremo
l'amore, però continueremo ad amarlo.
Ma
che cos'è l'Amicizia considerata come un bene? Che cosa porta di
nuovo? La risposta è: lo scambio.
Spiegare
filosoficamente perché lo scambio è così importante non è
possibile, ma è così. Sally Trench, l'autrice del libro
«Seppellitemi con i miei stivali», ha avuto la vocazione di amare e
servire i barboni di Londra. Ha tenuto la mano di uno di loro per due
giorni di seguito, per aiutarlo a morire. Ecco uno scambio! Capite
che non c'è nessun mezzo per giustificarne il valore filosofico, ma
se non sentite il valore di questo mistero, che cosa posso dirvi?
Riconosco
che è più facile intuirne l'importanza nella religione cristiana,
perché nel Vangelo c'è questa frase, e molte altre analoghe: «Che
siano una sola cosa come noi lo siamo». Anche se un cristiano ha dei
dubbi sul dogma trinitario, egli può sapere che l'incontro tra due
persone ha un valore infinito: ciò che è interessante in una
persona non sono le sue doti, ma la sua capacità di apertura
all'altro. Il sale dell'amore e dell'amicizia consiste proprio nel
desiderio ardente di raggiungere l'altro nella sua alterità. Non si
tratta solo di vivere insieme provando sentimenti d'affetto; si
tratta di essere affascinati da questo bene comune che è la
penetrazione reciproca di due persone.
L'amore
passionale vuole possedere, mentre l'amicizia vuole rispettare; e il
fondersi di questi due atteggiamenti è una freccia, una ferita, e
insieme un presentimento dell'intimità divina. Se non c'è questo
sapore d'infinito (con tutti i rischi che questo comporta), non è
più il grande mistero dell'amore e dell'amicizia.
Prigione
e liberazione
Un
uomo in stato di peccato mortale può desiderare questa specie di
fusione, ma non può né darla né riceverla. Perché abbia luogo una
tale circolazione, non bisogna evidentemente essere centrati su se
stessi, il che definisce appunto il peccato mortale. Chi ha deciso di
vivere dicendo: «Prima io!», non potrà mai conoscere la vera
intimità, a meno di convertirsi. Potrà sognarla o darsi l'illusione
di viverla, e allora sarà l'erotismo, perché l'erotismo non è in
fondo che una ricerca folle e disperata delle profondità metafisiche
dell'intimità, come la droga del resto. In fondo a queste strade c'è
l'inferno; la Chiesa lo dice chiaramente, e si può già verificarlo
sulla terra.
Per
liberarsi bisogna decentrarsi, con un atto di umiltà che è già una
specie di estasi, anche se non la si sperimenta come tale: basta
decidere di interessarsi più a Dio che a se stessi.
È
qui che interviene il sacramento della Penitenza, canale del Sangue
di Cristo: dire che il Cristo ha il potere di salvarci, è dire che
ha il potere di decentrarci e di risuscitarci all'amore. Ma la cosa
meravigliosa di questo sacramento, è che non è necessario essere
convertiti per riceverlo; basta essere sufficientemente tormentati
dal desiderio della conversione, averne il fermo proposito, pur
essendo incapaci di arrivarci. Si rimane centrati su di sé e non è
in nome di un vero amore che si vuole uscirne, ma perché si scopre
l'infelicità e l'orrore di essere chiusi in questo cerchio.
Nella
dottrina protestante e giansenista, bisogna essere già convertiti
per gridare veramente a Dio, ciò è perfettamente disperante. Al
protestantesimo sembra troppo facile che Un peccatore in quanto tale
possa gettarsi nel Sangue di Cristo per essere purificato. Tale è,
però, il potere di questo sacramento: non c'è bisogno di amare per
chiedere l'amore, basta comprendere quanto si è infelici a non amare
e soffrirne, non con il dolore perfetto della contrizione (che ci
verrà donata assieme all'amore), ma con quello della contrizione
imperfetta, di cui i protestanti non vogliono sentir parlare.
Basta
questa contrizione imperfetta per essere accolti dalla Misericordia
di Cristo, ed essere lavati nel suo Sangue. Si può soffrire
autenticamente di non amare e desiderare di uscire da questo inferno:
desiderio impotente e tuttavia soprannaturale! La Trinità non abita
in un'anima in stato di peccato mortale, ma lo Spirito Santo non
manca di attirarla verso il Sangue di Cristo in cui riceverà, se non
mette ostacoli, il dono gratuito della contrizione perfetta, con la
vita divina.
Marie
Dominique Moliniè op – Tratto da “Beati gli umili”
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