Mentre
esse erano per via, alcuni della guardia giunsero in città e
annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto. Questi si
riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona
somma di denaro ai soldati dicendo "Dichiarate: i suoi discepoli
sono venuti di notte e l'hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se
mai la cosa verrà all'orecchio del governatore noi lo persuaderemo e
vi libereremo da ogni noia". Quelli, preso il denaro, fecero
secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata
fra i Giudei fino ad oggi. Gli undici discepoli, intanto, andarono
in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo
videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù,
avvicinatosi, disse loro: "Mi è stato dato ogni potere in cielo
e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni,
battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo,
insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io
sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
E
mentre quelle andavano, alcuni dei soldati della guardia vennero in
città ad annunziare ai grandi sacerdoti l’accaduto. E questi,
radunatisi, con gli anziani e tenuto consiglio, diedero ai soldati
molti denari, dicendo: “Voi direte: I suoi discepoli sono venuti di
notte a rubarlo mentre noi dormivamo. E se la cosa sarà risaputa dal
governatore, noi lo calmeremo e vi libereremo da ogni molestia”.
1.
– Quel terremoto si produsse senza dubbio a motivo di questi
soldati; per impressionarli e indurli a dare la loro testimonianza,
come in realtà avviene. E la loro narrazione è assolutamente
attendibile e insospettabile, dato che viene resa da chi custodiva il
sepolcro. Infatti, dei prodigi verificatisi alla morte di Gesù
alcuni si manifestarono a tutta la terra; altri, invece, furono
avvertiti particolarmente da quanti erano là presenti. Comuni a
tutta la terra, ad esempio, furono le tenebre; particolari, invece,
furono l’apparizione dell’angelo e il terremoto.
Le
guardie accorrono in città e riferiscono quanto è accaduto, - ecco
che risplende la verità, proclamata dagli stessi nemici; - i
sacerdoti allora danno nuovamente del denaro perché, riferisce
l’evangelista i soldati dicano: “I suoi discepoli sono venuti a
rubarlo”. Ma come hanno potuto sottrarlo, o uomini i più folli e
insensati fra tutti? Del tutto chiaro è che essi non sanno neppure
fingere. Ciò che dicono infatti è assolutamente incredibile e la
loro menzogna non ha neppure un’apparenza di verosimiglianza.
Ditemi: come possono i discepoli, uomini poveri e semplici, che
neppure osano farsi vedere, come possono averlo rubato? Non era stato
forse apposto il sigillo? Non erano seduti presso il sepolcro tanti
soldati e i giudei?
Costoro
non sospettavano forse un simile furto e, a tale scopo, non s’erano
dati da fare vegliando e vigilando, preoccupati? E per qual motivo i
discepoli avrebbero rubato il corpo di Cristo? Qualcuno potrebbe
rispondere: per diffondere la credenza della risurrezione. E come
sarebbe potuto venire in mente a uomini che desideravano vivere
nascosti e ignorati di inventare un simile imbroglio? Come avrebbero
potuto rimuovere la pietra, così ben assicurata? Come eludere la
vigilanza di tante guardie? In realtà, anche se avessero osato
disprezzare la morte, non si sarebbero arrischiati a effettuare, così
temerariamente e senza possibilità di successo, un tale colpo, data
la presenza di tante guardie. Che gli apostoli fossero impauriti, lo
dimostrano i fatti che sono accaduti prima. Non appena hanno veduto
il loro Maestro catturato, essi sono fuggiti. Se dunque vedendolo
ancor vivo, non hanno avuto il coraggio di mantenersi fermi, come
potrebbero, ora che Gesù è morto, non temere questa moltitudine di
soldati?Si trattava di muovere semplicemente una porta?Si doveva
eludere la vigilanza di una sola guardia? Il fatto è che era stata
collocata davanti al sepolcro un’enorme pietra, che avrebbe
richiesto la forza di molte braccia. I capi dei sacerdoti avevano
dunque ragione di dire: “E l’ultimo inganno sarà peggiore del
primo”. Con tale dichiarazione essi accusano sé stessi, perché,
mentre dovrebbero dopo tanto furore ravvedersi, si danno da fare per
aggiungere il nuovo inganno ai precedenti, inventando ridicole
favole. Mentre era in vita, essi hanno comprato il sangue di Cristo;
dopo che è stato crocifisso ed è risorto, essi cercano nuovamente
di sovvertire e di soffocare col denaro la verità della
risurrezione. Ma notate, vi prego, come essi cadono sempre nei loro
tranelli. Infatti, se non si fossero rivolti a Pilato e non gli
avessero chiesto delle guardie per vigilare il sepolcro, potrebbero
ora con maggior verosimiglianza accreditare le loro impudenti
menzogne; ma ora non possono più farlo. Il fatto è che hanno
compiuto tutto come se essi stessi avessero avuto interesse a cucirsi
la bocca. Se i suoi discepoli non hanno avuto la forza di vegliare
con lui, malgrado le sue esortazioni e i suoi rimproveri, come
oserebbero ora portar via il suo cadavere? E come mai non l’hanno
fatto prima che voi giungeste? Se avessero avuto l’intenzione di
portar via il corpo di Gesù l’avrebbero fatto la prima notte,
quando ancora non era stata posta la guardia e l’impresa era sicura
e senza rischi. Difatti i sacerdoti vanno da Pilato per chiedergli la
guardia e cominciano a vigilare il giorno di sabato: ma la prima
notte nessuno di loro è presente al sepolcro.
2.
– Che cosa vogliono significare il sudario e le bende impregnati di
mirra? Pietro, infatti, vede che giacciono a terra. Se gli apostoli
avessero voluto rubare il corpo di Gesù, non l’avrebbero preso
nudo, e ciò non solo per rispetto, ma per non indugiare a perdere
tempo nel togliergli di dosso le bende con cui era avvolto ed
evitare in tal modo che le guardie si svegliassero e li prendessero.
Si trattava di mirra, un unguento che, spalmato, aderisce fortemente
al corpo e si attacca decisamente ai vestiti: non sarebbe stato
quindi facile per i discepoli staccare le bende dal corpo, ma sarebbe
occorso molto tempo per effettuare tale operazione; ecco dunque
un’altra prova dell’assurdità della favola del furto. E forse
gli apostoli non conoscevano il furore dei giudei e non sapevano che
su di loro avrebbero scaricato la loro ira? Che vantaggio d’altra
parte avrebbero potuto ottenere i discepoli, se Gesù non fosse
veramente risorto?
Dal
canto loro i giudei, consapevoli di tutti gli intrighi e le menzogne,
danno denaro ai soldati e suggeriscono loro: Voi dite queste cose e
poi noi persuaderemo il governatore. Essi vogliono che la diceria del
furto si diffonda ovunque, ma lottano invano e temerariamente contro
la verità, in quanto con gli stessi mezzi con cui tentano di
oscurarla, la rendono, loro malgrado, ancora più splendente. Infatti
la voce che essi fanno circolare, secondo la quale i discepoli di
Gesù hanno rubato il suo corpo, dimostra perentoriamente la
risurrezione. Con tale dichiarazione, essi confessano che il corpo di
Cristo non si trova più nel sepolcro. Se sono essi ad affermare
esplicitamente che il corpo non è più nel sepolcro, d’altra
parte, la presenza dei soldati, i sigilli, la paura e la timidezza
dei discepoli dimostrano falsa e assurda la storia del furto: di qui
deriva lampante e indiscutibile la prova della risurrezione. I
giudei, tuttavia, impudenti come sono e pronti a osare tutto benché
tante prove chiudano loro la bocca, suggeriscono ai soldati: Voi
riferite questo e noi convinceremo il governatore e vi libereremo da
ogni molestia. Vedi come tutti sono corrotti? Pilato? Egli, infatti,
si fa convincere. I soldati? Il popolo giudeo? Non stupirti se i
soldati si lasciano comprare dal denaro; esso ebbe tanta forza di
corruzione sul discepolo traditore: a maggior ragione, su costoro .
E
così questa diceria si è sparsa tra i giudei fino al giorno d’oggi
. Osserva di nuovo l’amore che gli evangelisti dimostrano per la
verità: infatti non si vergognano di dichiarare che tale diceria ha
prevalso contro loro stessi.
Gli
undici discepoli poi andarono in Galilea… e alcuni, vedendolo,
l’adorarono, mentre altri avevano dubitato . Questa è, a mio
parere, l’ultima apparizione di Gesù, avvenuta in Galilea,
quand’egli inviò i discepoli a battezzare. E se alcuni dubitarono,
ammiriamo anche qui la franchezza degli evangelisti, che fino
all’ultimo giorno non nascondono i propri difetti. Tuttavia anche
costoro, alla vista del Signore, vengono fortificati nella fede.
Che
cosa dice Gesù vedendo i discepoli? A me fu dato ogni potere in
cielo e sulla terra . Di nuovo egli si rivolge loro con linguaggio
umano, dato che ancora non hanno ricevuto lo Spirito, che ha potere
di elevarli.
Andate
dunque e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare
tutto quanto vi ho comandato : con queste parole Gesù ordina di
annunciare ciò che si riferisce ai dogmi della fede e ciò che
riguarda i precetti della morale. Non dice una sola parola dei giudei
né fa alcun accenno a quanto è accaduto; non rimprovera a Pietro il
suo giuramento, né agli altri discepoli la loro fuga. Ordina invece
di andare in tutto il mondo, affidando loro un insegnamento breve e
conciso, quello che dovranno annunciare mediante il battesimo.
Infine,
per confortare ed elevare il loro spirito, dal momento che ha dato
loro grandi comandi, aggiunge: Ed ecco, io sono con voi tutti i
giorni, sino alla fine del mondo . Costatate ancora una volta la sua
autorità. Notate anche come parla loro con condiscendenza. Egli
dichiara che sarà non solo con loro, ma anche con tutti quelli che
crederanno dopo di loro. Gli apostoli non vivranno certo sino alla
fine del mondo; ma Gesù, qui, parla ai fedeli come a un sol corpo.
Non parlatemi – sembra dir loro – delle difficoltà dei comandi
che vi ho dati; io, infatti, sono con voi per rendervi facile tutto.
La stessa cosa diceva continuamente ai profeti nell’Antico
Testamento, a Geremia, che gli faceva presente la sua giovinezza, a
Mosè e a Ezechiele, che cercavano di sfuggire alla loro missione: Io
sono con voi. Identica promessa rinnova qui agli apostoli. Ma vi
prego di considerare la differenza che esiste tra i profeti e gli
apostoli. I profeti, pur essendo inviati a un solo popolo, molte
volte si erano sottratti alla loro missione; gli apostoli, invece,
inviati a tutta la terra, non fanno alcuna difficoltà. Gesù ricorda
agli apostoli la fine del mondo per attirarli con maggior vigore ed
evitare che essi guardino soltanto alle difficoltà presenti; egli
vuole che elevino la loro mente ai beni futuri che non avranno mai
fine: In realtà sembra dir loro: i dolori che dovrete sopportare
termineranno con questa vita, poiché anche questo mondo avrà fine;
ma i beni, che voi godrete un giorno, saranno eterni come tante volte
vi ho promesso. Così, dopo aver tranquillizzato e incoraggiato
il loro spirito anche col ricordo dell’ultimo giorno, Gesù li
invia alla loro missione.
L’ultimo
giorno, evocato dalle sue parole, è desiderato da chi è vissuto
operando il bene; è spaventoso, al contrario, per quanti hanno
trascorso la vita nei peccati, come per i condannati. Ma non
limitiamoci a temere e a spaventarci; convertiamoci piuttosto, finché
c’è tempo, e rinunciamo all’iniquità. Se lo vogliamo, possiamo
farlo. Se tanti uomini vi sono riusciti prima della grazia, tanto più
facilmente potremo farlo noi, dopo aver ricevuto tale dono.
3.
– Ditemi, che cosa di gravoso e di difficile ci è stato ordinato?
Forse Dio ci ha comandato di perforare i monti, di volare nell’aria,
di attraversare il Tirreno? No, assolutamente. Al contrario, egli
vuole da noi un comportamento di vita così semplice e facile, che
non ha bisogno di strumenti, ma soltanto della nostra ragione e della
nostra buona volontà. Quali strumenti avevano gli apostoli per
operare cose tanto straordinarie? Non andavano forse attorno con una
sola tunica e con i piedi scalzi e, malgrado ciò, superarono tutte
le difficoltà? Che vi è, infatti, di difficile nei comandi di
Cristo? Ecco, egli comanda di non aver nessun nemico, di non odiare
nessuno, di non parlare male di alcuno. Il comportamento contrario è
assai più difficile. Ma – voi obiettate – egli ci ha ordinato di
rinunciare anche alle ricchezze. E questo – io vi chiedo – è
forse difficile? Premetto, d’altra parte, che egli non ha comandato
ciò, ma l’ha consigliato. E anche se l’avesse comandato
esplicitamente, è forse pesante non caricarsi di fardelli e di
preoccupazioni importune?
Ma
– o fascino dell’avarizia! – il denaro ha preso il posto di
ogni altra cosa, perciò tutto è in gran confusione. Oggigiorno
quando si dice che un uomo è felice, è normale intendere che egli è
ricco. Se si compiange un altro per le sue disgrazie, ecco che nella
sua povertà sta la disgrazia. Tutti i discorsi, inoltre, vertono su
questi argomenti: come s’è arricchito il tale? Come il tale è
diventato povero?E se un uomo pensa a darsi alla carriera delle armi
o a sposarsi, a esercitare una professione, a intraprendere una
qualunque attività, costui non dà corso a ciò che ha progettato se
prima non ha visto chiaramente che il denaro correrà subito per lui
in abbondanza. Ebbene, trovandoci qui riuniti, non vorremo noi
cercare il modo di eliminare questo male? Non proveremo vergogna
pensando alle opere virtuose dei nostri padri? Di quei tremila e di
quei cinquemila, che avevano tutto in comune? Quale vantaggio
speriamo noi di trarre dalla vita presente, se non la sfruttiamo per
acquistare quella futura? Fino a quando aspetterete a ridurre in
vostro potere Mammona, che vi tiene schiavi? O, più chiaramente,
fino a quando sarete schiavi del denaro? Fino a quando non amerete la
libertà e non spezzerete i contratti dell’avarizia? Se foste
schiavi di uomini, fareste di tutto pur di ottenere la libertà.
Essendo invece prigionieri dell’avarizia, nemmeno pensate al modi
di liberarvi da simile amara schiavitù. In realtà la prima
schiavitù non è grave, mentre la seconda è una tremenda tirannia.
Considerate quale alto prezzo Cristo ha pagato per noi: ha versato il
suo sangue, ha dato se stesso. Eppure voi, dopo tutto ciò, siete
caduti in tale schiavitù e, ciò che è più triste, vi rallegrate
di essere schiavi, vi compiacete del disonore e desiderate ciò che,
al contrario, dovreste sfuggire.
Ma
siccome non dobbiamo soltanto lamentarci e condannare un vizio, bensì
proporre anche un rimedio per correggerlo, vediamo per quali motivi
siamo giunti ad amare questo vizio e questo male. Come mai è
diventato per noi amabile? Perché dà gloria e sicurezza, - mi viene
risposto. Ma dimmi, ti prego, quale sicurezza dà? La sicurezza di
non aver fame, né freddo, né danno, né disprezzo. Ebbene, se io ti
prometto questa stessa sicurezza, abbandonerai l’avidità del
denaro? Se la ricchezza è amabile per questo motivo, nel caso tu
riesca, senza di essa, a ottenere tale sicurezza, che bisogno hai
ancora d’esser ricco? Tu mi chiederai com’è possibile, per chi
non è ricco, ottenere questa sicurezza. E io, di rimando ti chiedo
come può un ricco aver tale sicurezza. Il ricco, infatti, deve
adulare molti capi e sudditi; ha necessità di mille persone e cose;
deve sottoporsi a un’ignobile schiavitù, temere e tremare,
sospettare gli occhi degli invidiosi ed essere in allarme per la
lingua dei calunniatori e l’avidità degli altri avari. La povertà
non è così, ma è tutto il contrario. Essa è rifugio sicuro e
inviolabile, un porto tranquillo, una palestra e uno stadio di
filosofia, un’imitazione della vita angelica.
Ascoltate,
voi che siete poveri, ma ancor più voi che desiderate arricchirvi.
Non è male essere poveri, ma non voler esser poveri. Non credere che
la povertà sia un male, ed essa non sarà un peso per te. Questo
timore, infatti, non sta nella natura della cosa, ma nel giudizio
degli uomini pusillanimi. Anzi, io dovrei vergognarmi se della
povertà riuscissi a dire soltanto che non è un male. Se, infatti,
tu sei sapiente, la povertà sarà per te fonte di infiniti beni. E
se qualcuno ti offrisse, da un lato, un regno e poteri politici,
ricchezza, piaceri, e, dall’altro, la povertà, dandoti la
possibilità di scegliere ciò che vuoi, tu immediatamente porteresti
via la povertà, se ne conoscessi realmente la bellezza.
4.
– So benissimo che molti ridono di ciò che ora è stato detto; ma
noi non ci turbiamo minimamente. Al contrario, vi chiediamo di
ascoltare pazientemente, e subito sarete della nostra opinione. A me
pare che la povertà assomigli a una giovane bella, attraente e
decorosa; paragono invece l’avarizia a una donna mostruosa, a una
Scilla, a un’idra o a qualche altro mostro inventato dalla fantasia
dei mitologi. Non venite ora a parlarmi di quanti detestano la
povertà, ma presentiamo piuttosto coloro che si sono segnalati per
essa. Nutrito dalla povertà, Elia fu portato via da quel beato
rapimento; la povertà rese illustre Eliseo, e così Giovanni e gli
apostoli tutti. A motivo della ricchezza, al contrario, si dannarono
Acab, Jezabel, Giezi, Giuda, Nerone, Caifa. E, se vi pare opportuno,
non guardiamo soltanto quelli che si sono segnalati nella povertà,
ma ammiriamo anche la bellezza di questa giovane donna. Il suo occhio
è puro e limpido, niente lo turba; al contrario, l’occhio
dell’avarizia, ora è pieno d’ira, ora di voluttà, ora è
turbato dall’intemperanza. Non è così l’occhio della povertà;
sempre mite, calmo, rivolto a tutti con dolcezza, gioioso, benigno,
non odia né respinge alcuno. Là dove esiste la ricchezza, là c’è
motivo d’inimicizia, e di infinite guerre. La bocca dell’avarizia,
inoltre, è ricolma d’ingiurie, di orgoglio, di grande arroganza,
di maledizione e d’inganno. Al contrario, la bocca della povertà è
pura, trabocca d’incessante rendimento di grazie, di parole soavi,
piene d’amore, atte a guarire, di lodi e di elogi. Se tu vuoi
ammirare anche l’armonia delle sue membra, costaterai che è ben
proporzionata e alta e robusta. Se molti la fuggono, non stupirti,
perché gli insensati disprezzano anche le altre virtù. Ma tu mi
dirai a questo punto che il povero è oltraggiato dal ricco. Io ti
assicuro che così tu stai facendo un altro elogio della povertà.
Dimmi chi è felice: colui che insulta, o chi è insultato?
Evidentemente, chi è insultato e sopporta pazientemente l’offesa.
Ebbene, l’avarizia comanda di offendere, mentre la povertà esorta
a sopportare coraggiosamente. Ma tu replicherai: il povero soffre la
fame. È vero; ma anche Paolo l’ha sofferta e ha passato la sua
vita nella fame. Il povero – tu continui – non ha dove riposare.
Anche il Figlio dell’uomo – ti ricordo – non aveva dove posare
il capo.
Vedi
fin dove giungono gli elogi e le lodi della povertà? Dove essa ti
colloca, a quali uomini ti fa simile, come ti rende imitatore del
Signore? Se il possedere oro fosse una buona cosa, Cristo ne avrebbe
ricolmato i suoi discepoli, egli che aveva dato loro beni ineffabili.
Al contrario, non solo non li ha ricolmati d’oro, ma ha proibito
loro di possederne. Ecco perché Pietro non solo non si vergogna
della sua povertà, ma si gloria di essa dicendo: “Non ho né oro
né argento, ma quello che ho, io te lo do”. Chi di voi vorrebbe
pronunziare simili parole? Tutti, senza dubbio, mi rispondereste.
Ebbene, gettate l’argento, gettate l’oro. Ma se farò questo, tu
mi chiederai, riceverò la stessa potenza di Pietro? Ebbene, dimmi
che cosa ha reso felice Pietro? Il fatto, forse, di risanare un
zoppo? No, di certo. Questo gli procurò il cielo: il fatto di non
possedere né oro, né argento. Molti di quelli che hanno compiuto
miracoli, come Pietro, sono precipitati nell’inferno, mentre quanti
hanno praticato la povertà hanno ottenuto il regno. Apprendete ciò
dallo stesso Pietro. Due, infatti, sono le cose che egli ha detto:
“Non ho né oro né argento”, e in seguito: “In nome di Gesù
Cristo,alzati e cammina”. Quale di queste due cose ha reso illustre
e felice l’apostolo? L’aver fatto camminare lo zoppo, o l’aver
rinunziato alle ricchezze? Chiediamo la risposta allo stesso giudice.
Che disse Gesù al ricco che chiedeva la vita eterna? Non gli ordinò
certo di far camminare ritti gli zoppi, ma gli disse: “Vendi quanto
hai, e dallo ai poveri, e vieni, seguimi; avrai un tesoro nei cieli”.
E lo stesso Pietro non disse al Maestro: Ecco, nel tuo nome abbiamo
cacciato i demoni, - e in realtà li aveva cacciati; - ma gli chiese:
“Ecco, noi abbiamo abbandonato tutto e ti abbiamo seguito; che
cosa, dunque, ne avremo?”. A sua volta Gesù non disse: Se qualcuno
avrà fatto camminare uno zoppo; ma rispose: “Chiunque avrà
abbandonato case e campi… riceverà il centuplo in questa vita e
conseguirà la vita eterna”.
Anche
noi, quindi, dovremo imitare questo apostolo, per evitare di essere
svergognati nell’ultimo giorno, e per accostarci con fiducia al
tribunale di Cristo. Se noi ci decideremo a seguire l’esempio degli
apostoli e a imitare la loro vita, attireremo Gesù a stare con noi
com’era con gli apostoli. Egli infatti starà con noi com’era con
gli apostoli. Egli infatti starà con noi come stava con loro. Per
ciò Dio ti proclama vincitore e ti corona, anche se tu non risusciti
un morto né fai stare ritto uno zoppo. Non è questo che ci rende
simili a Pietro, bensì il disprezzo delle ricchezze. Forse tu non
puoi rinunziare ad esse? Senza dubbio è possibile. Tuttavia non ti
costringo, se tu non vuoi, né ti obbligo con la violenza; tutto
quello che ti chiedo è di farne parte a chi ne ha bisogno e di non
cercare per te niente più del necessario. Così anche quaggiù
vivremo una vita sicura, senza preoccupazioni; e conseguiremo inoltre
la vita eterna, che io auguro a tutti noi di ottenere per la grazia e
l’amore di Gesù Cristo, nostro Signore. A lui la gloria e il
potere insieme con il Padre e allo Spirito Santo, ora e sempre e per
i secoli dei secoli. Amen.
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