domenica 24 maggio 2020

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt. 28, 11-20 - “I suoi discepoli sono venuti a rubarlo” - Discorso novantesimo di San GIOVANNI CRISOSTOMO



Mentre esse erano per via, alcuni della guardia giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto. Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo "Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l'hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all'orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia". Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi. Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

E mentre quelle andavano, alcuni dei soldati della guardia vennero in città ad annunziare ai grandi sacerdoti l’accaduto. E questi, radunatisi, con gli anziani e tenuto consiglio, diedero ai soldati molti denari, dicendo: “Voi direte: I suoi discepoli sono venuti di notte a rubarlo mentre noi dormivamo. E se la cosa sarà risaputa dal governatore, noi lo calmeremo e vi libereremo da ogni molestia”.
1. – Quel terremoto si produsse senza dubbio a motivo di questi soldati; per impressionarli e indurli a dare la loro testimonianza, come in realtà avviene. E la loro narrazione è assolutamente attendibile e insospettabile, dato che viene resa da chi custodiva il sepolcro. Infatti, dei prodigi verificatisi alla morte di Gesù alcuni si manifestarono a tutta la terra; altri, invece, furono avvertiti particolarmente da quanti erano là presenti. Comuni a tutta la terra, ad esempio, furono le tenebre; particolari, invece, furono l’apparizione dell’angelo e il terremoto.
Le guardie accorrono in città e riferiscono quanto è accaduto, - ecco che risplende la verità, proclamata dagli stessi nemici; - i sacerdoti allora danno nuovamente del denaro perché, riferisce l’evangelista i soldati dicano: “I suoi discepoli sono venuti a rubarlo”. Ma come hanno potuto sottrarlo, o uomini i più folli e insensati fra tutti? Del tutto chiaro è che essi non sanno neppure fingere. Ciò che dicono infatti è assolutamente incredibile e la loro menzogna non ha neppure un’apparenza di verosimiglianza. Ditemi: come possono i discepoli, uomini poveri e semplici, che neppure osano farsi vedere, come possono averlo rubato? Non era stato forse apposto il sigillo? Non erano seduti presso il sepolcro tanti soldati e i giudei?

Costoro non sospettavano forse un simile furto e, a tale scopo, non s’erano dati da fare vegliando e vigilando, preoccupati? E per qual motivo i discepoli avrebbero rubato il corpo di Cristo? Qualcuno potrebbe rispondere: per diffondere la credenza della risurrezione. E come sarebbe potuto venire in mente a uomini che desideravano vivere nascosti e ignorati di inventare un simile imbroglio? Come avrebbero potuto rimuovere la pietra, così ben assicurata? Come eludere la vigilanza di tante guardie? In realtà, anche se avessero osato disprezzare la morte, non si sarebbero arrischiati a effettuare, così temerariamente e senza possibilità di successo, un tale colpo, data la presenza di tante guardie. Che gli apostoli fossero impauriti, lo dimostrano i fatti che sono accaduti prima. Non appena hanno veduto il loro Maestro catturato, essi sono fuggiti. Se dunque vedendolo ancor vivo, non hanno avuto il coraggio di mantenersi fermi, come potrebbero, ora che Gesù è morto, non temere questa moltitudine di soldati?Si trattava di muovere semplicemente una porta?Si doveva eludere la vigilanza di una sola guardia? Il fatto è che era stata collocata davanti al sepolcro un’enorme pietra, che avrebbe richiesto la forza di molte braccia. I capi dei sacerdoti avevano dunque ragione di dire: “E l’ultimo inganno sarà peggiore del primo”. Con tale dichiarazione essi accusano sé stessi, perché, mentre dovrebbero dopo tanto furore ravvedersi, si danno da fare per aggiungere il nuovo inganno ai precedenti, inventando ridicole favole. Mentre era in vita, essi hanno comprato il sangue di Cristo; dopo che è stato crocifisso ed è risorto, essi cercano nuovamente di sovvertire e di soffocare col denaro la verità della risurrezione. Ma notate, vi prego, come essi cadono sempre nei loro tranelli. Infatti, se non si fossero rivolti a Pilato e non gli avessero chiesto delle guardie per vigilare il sepolcro, potrebbero ora con maggior verosimiglianza accreditare le loro impudenti menzogne; ma ora non possono più farlo. Il fatto è che hanno compiuto tutto come se essi stessi avessero avuto interesse a cucirsi la bocca. Se i suoi discepoli non hanno avuto la forza di vegliare con lui, malgrado le sue esortazioni e i suoi rimproveri, come oserebbero ora portar via il suo cadavere? E come mai non l’hanno fatto prima che voi giungeste? Se avessero avuto l’intenzione di portar via il corpo di Gesù l’avrebbero fatto la prima notte, quando ancora non era stata posta la guardia e l’impresa era sicura e senza rischi. Difatti i sacerdoti vanno da Pilato per chiedergli la guardia e cominciano a vigilare il giorno di sabato: ma la prima notte nessuno di loro è presente al sepolcro.
2. – Che cosa vogliono significare il sudario e le bende impregnati di mirra? Pietro, infatti, vede che giacciono a terra. Se gli apostoli avessero voluto rubare il corpo di Gesù, non l’avrebbero preso nudo, e ciò non solo per rispetto, ma per non indugiare a perdere tempo nel togliergli di dosso le bende  con cui era avvolto ed evitare in tal modo che le guardie si svegliassero e li prendessero. Si trattava di mirra, un unguento che, spalmato, aderisce fortemente al corpo e si attacca decisamente ai vestiti: non sarebbe stato quindi facile per i discepoli staccare le bende dal corpo, ma sarebbe occorso molto tempo per effettuare tale operazione; ecco dunque un’altra prova dell’assurdità della favola del furto. E forse gli apostoli non conoscevano il furore dei giudei e non sapevano che su di loro avrebbero scaricato la loro ira? Che vantaggio d’altra parte avrebbero potuto ottenere i discepoli, se Gesù non fosse veramente risorto?
Dal canto loro i giudei, consapevoli di tutti gli intrighi e le menzogne, danno denaro ai soldati e suggeriscono loro: Voi dite queste cose e poi noi persuaderemo il governatore. Essi vogliono che la diceria del furto si diffonda ovunque, ma lottano invano e temerariamente contro la verità, in quanto con gli stessi mezzi con cui tentano di oscurarla, la rendono, loro malgrado, ancora più splendente. Infatti la voce che essi fanno circolare, secondo la quale i discepoli di Gesù hanno rubato il suo corpo, dimostra perentoriamente la risurrezione. Con tale dichiarazione, essi confessano che il corpo di Cristo non si trova più nel sepolcro. Se sono essi ad affermare esplicitamente che il corpo non è più nel sepolcro, d’altra parte, la presenza dei soldati, i sigilli, la paura e la timidezza dei discepoli dimostrano falsa e assurda la storia del furto: di qui deriva lampante e indiscutibile la prova della risurrezione. I giudei, tuttavia, impudenti come sono e pronti a osare tutto benché tante prove chiudano loro la bocca, suggeriscono ai soldati: Voi riferite questo e noi convinceremo il governatore e vi libereremo da ogni molestia. Vedi come tutti sono corrotti? Pilato? Egli, infatti, si fa convincere. I soldati? Il popolo giudeo? Non stupirti se i soldati si lasciano comprare dal denaro; esso ebbe tanta forza di corruzione sul discepolo traditore: a maggior ragione, su costoro .
E così questa diceria si è sparsa tra i giudei fino al giorno d’oggi . Osserva di nuovo l’amore che gli evangelisti dimostrano per la verità: infatti non si vergognano di dichiarare che tale diceria ha prevalso contro loro stessi.
Gli undici discepoli poi andarono in Galilea… e alcuni, vedendolo, l’adorarono, mentre altri avevano dubitato . Questa è, a mio parere, l’ultima apparizione di Gesù, avvenuta in Galilea, quand’egli inviò i discepoli a battezzare. E se alcuni dubitarono, ammiriamo anche qui la franchezza degli evangelisti, che fino all’ultimo giorno non nascondono i propri difetti. Tuttavia anche costoro, alla vista del Signore, vengono fortificati nella fede.
Che cosa dice Gesù vedendo i discepoli? A me fu dato ogni potere in cielo e sulla terra . Di nuovo egli si rivolge loro con linguaggio umano, dato che ancora non hanno ricevuto lo Spirito, che ha potere di elevarli.
Andate dunque e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto quanto vi ho comandato : con queste parole Gesù ordina di annunciare ciò che si riferisce ai dogmi della fede e ciò che riguarda i precetti della morale. Non dice una sola parola dei giudei né fa alcun accenno a quanto è accaduto; non rimprovera a Pietro il suo giuramento, né agli altri discepoli la loro fuga. Ordina invece di andare in tutto il mondo, affidando loro un insegnamento breve e conciso, quello che dovranno annunciare mediante il battesimo.
Infine, per confortare ed elevare il loro spirito, dal momento che ha dato loro grandi comandi, aggiunge: Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo . Costatate ancora una volta la sua autorità. Notate anche come parla loro con condiscendenza. Egli dichiara che sarà non solo con loro, ma anche con tutti quelli che crederanno dopo di loro. Gli apostoli non vivranno certo sino alla fine del mondo; ma Gesù, qui, parla ai fedeli come a un sol corpo. Non parlatemi – sembra dir loro – delle difficoltà dei comandi che vi ho dati; io, infatti, sono con voi per rendervi facile tutto. La stessa cosa diceva continuamente ai profeti nell’Antico Testamento, a Geremia, che gli faceva presente la sua giovinezza, a Mosè e a Ezechiele, che cercavano di sfuggire alla loro missione: Io sono con voi. Identica promessa rinnova qui agli apostoli. Ma vi prego di considerare la differenza che esiste tra i profeti e gli apostoli. I profeti, pur essendo inviati a un solo popolo, molte volte si erano sottratti alla loro missione; gli apostoli, invece, inviati a tutta la terra, non fanno alcuna difficoltà. Gesù ricorda agli apostoli la fine del mondo per attirarli con maggior vigore ed evitare che essi guardino soltanto alle difficoltà presenti; egli vuole che elevino la loro mente ai beni futuri che non avranno mai fine: In realtà sembra dir loro: i dolori che dovrete sopportare termineranno con questa vita, poiché anche questo mondo avrà fine; ma i beni, che voi godrete un giorno, saranno eterni come tante volte vi ho promesso. Così, dopo aver tranquillizzato e  incoraggiato il loro spirito anche col ricordo dell’ultimo giorno, Gesù li invia alla loro missione.
L’ultimo giorno, evocato dalle sue parole, è desiderato da chi è vissuto operando il bene; è spaventoso, al contrario, per quanti hanno trascorso la vita nei peccati, come per i condannati. Ma non limitiamoci a temere e a spaventarci; convertiamoci piuttosto, finché c’è tempo, e rinunciamo all’iniquità. Se lo vogliamo, possiamo farlo. Se tanti uomini vi sono riusciti prima della grazia, tanto più facilmente potremo farlo noi, dopo aver ricevuto tale dono.
3. – Ditemi, che cosa di gravoso e di difficile ci è stato ordinato? Forse Dio ci ha comandato di perforare i monti, di volare nell’aria, di attraversare il Tirreno? No, assolutamente. Al contrario, egli vuole da noi un comportamento di vita così semplice e facile, che non ha bisogno di strumenti, ma soltanto della nostra ragione e della nostra buona volontà. Quali strumenti avevano gli apostoli per operare cose tanto straordinarie? Non andavano forse attorno con una sola tunica e con i piedi scalzi e, malgrado ciò, superarono tutte le difficoltà? Che vi è, infatti, di difficile nei comandi di Cristo? Ecco, egli comanda di non aver nessun nemico, di non odiare nessuno, di non parlare male di alcuno. Il comportamento contrario è assai più difficile. Ma – voi obiettate – egli ci ha ordinato di rinunciare anche alle ricchezze. E questo – io vi chiedo – è forse difficile? Premetto, d’altra parte, che egli non ha comandato ciò, ma l’ha consigliato. E anche se l’avesse comandato esplicitamente, è forse pesante non caricarsi di fardelli e di preoccupazioni importune?
Ma – o fascino dell’avarizia! – il denaro ha preso il posto di ogni altra cosa, perciò tutto è in gran confusione. Oggigiorno quando si dice che un uomo è felice, è normale intendere che egli è ricco. Se si compiange un altro per le sue disgrazie, ecco che nella sua povertà sta la disgrazia. Tutti i discorsi, inoltre, vertono su questi argomenti: come s’è arricchito il tale? Come il tale è diventato povero?E se un uomo pensa a darsi alla carriera delle armi o a sposarsi, a esercitare una professione, a intraprendere una qualunque attività, costui non dà corso a ciò che ha progettato se prima non ha visto chiaramente che il denaro correrà subito per lui in abbondanza. Ebbene, trovandoci qui riuniti, non vorremo noi cercare il modo di eliminare questo male? Non proveremo vergogna pensando alle opere virtuose dei nostri padri? Di quei tremila e di quei cinquemila, che avevano tutto in comune? Quale vantaggio speriamo noi di trarre dalla vita presente, se non la sfruttiamo per acquistare quella futura? Fino a quando aspetterete a ridurre in vostro potere Mammona, che vi tiene schiavi? O, più chiaramente, fino a quando sarete schiavi del denaro? Fino a quando non amerete la libertà e non spezzerete i contratti dell’avarizia? Se foste schiavi di uomini, fareste di tutto pur di ottenere la libertà. Essendo invece prigionieri dell’avarizia, nemmeno pensate al modi di liberarvi da simile amara schiavitù. In realtà la prima schiavitù non è grave, mentre la seconda è una tremenda tirannia. Considerate quale alto prezzo Cristo ha pagato per noi: ha versato il suo sangue, ha dato se stesso. Eppure voi, dopo tutto ciò, siete caduti in tale schiavitù e, ciò che è più triste, vi rallegrate di essere schiavi, vi compiacete del disonore e desiderate ciò che, al contrario, dovreste sfuggire.
Ma siccome non dobbiamo soltanto lamentarci e condannare un vizio, bensì proporre anche un rimedio per correggerlo, vediamo per quali motivi siamo giunti ad amare questo vizio e questo male. Come mai è diventato per noi amabile? Perché dà gloria e sicurezza, - mi viene risposto. Ma dimmi, ti prego, quale sicurezza dà? La sicurezza di non aver fame, né freddo, né danno, né disprezzo. Ebbene, se io ti prometto questa stessa sicurezza, abbandonerai l’avidità del denaro? Se la ricchezza è amabile per questo motivo, nel caso tu riesca, senza di essa, a ottenere tale sicurezza, che bisogno hai ancora d’esser ricco? Tu mi chiederai com’è possibile, per chi non è ricco, ottenere questa sicurezza. E io, di rimando ti chiedo come può un ricco aver tale sicurezza. Il ricco, infatti, deve adulare molti capi e sudditi; ha necessità di mille persone e cose; deve sottoporsi a un’ignobile schiavitù, temere e tremare, sospettare gli occhi degli invidiosi ed essere in allarme per la lingua dei calunniatori e l’avidità degli altri avari. La povertà non è così, ma è tutto il contrario. Essa è rifugio sicuro e inviolabile, un porto tranquillo, una palestra e uno stadio di filosofia, un’imitazione della vita angelica.
Ascoltate, voi che siete poveri, ma ancor più voi che desiderate arricchirvi. Non è male essere poveri, ma non voler esser poveri. Non credere che la povertà sia un male, ed essa non sarà un peso per te. Questo timore, infatti, non sta nella natura della cosa, ma nel giudizio degli uomini pusillanimi. Anzi, io dovrei vergognarmi se della povertà riuscissi a dire soltanto che non è un male. Se, infatti, tu sei sapiente, la povertà sarà per te fonte di infiniti beni. E se qualcuno ti offrisse, da un lato, un regno e poteri politici, ricchezza, piaceri, e, dall’altro, la povertà, dandoti la possibilità di scegliere ciò che vuoi, tu immediatamente porteresti via la povertà, se ne conoscessi realmente la bellezza.
4. – So benissimo che molti ridono di ciò che ora è stato detto; ma noi non ci turbiamo minimamente. Al contrario, vi chiediamo di ascoltare pazientemente, e subito sarete della nostra opinione. A me pare che la povertà assomigli a una giovane bella, attraente e decorosa; paragono invece l’avarizia a una donna mostruosa, a una Scilla, a un’idra o a qualche altro mostro inventato dalla fantasia dei mitologi. Non venite ora a parlarmi di quanti detestano la povertà, ma presentiamo piuttosto coloro che si sono segnalati per essa. Nutrito dalla povertà, Elia fu portato via da quel beato rapimento; la povertà rese illustre Eliseo, e così Giovanni e gli apostoli tutti. A motivo della ricchezza, al contrario, si dannarono Acab, Jezabel, Giezi, Giuda, Nerone, Caifa. E, se vi pare opportuno, non guardiamo soltanto quelli che si sono segnalati nella povertà, ma ammiriamo anche la bellezza di questa giovane donna. Il suo occhio è puro e limpido, niente lo turba; al contrario, l’occhio dell’avarizia, ora è pieno d’ira, ora di voluttà, ora è turbato dall’intemperanza. Non è così l’occhio della povertà; sempre mite, calmo, rivolto a tutti con dolcezza, gioioso, benigno, non odia né respinge alcuno. Là dove esiste la ricchezza, là c’è motivo d’inimicizia, e di infinite guerre. La bocca dell’avarizia, inoltre, è ricolma d’ingiurie, di orgoglio, di grande arroganza, di maledizione e d’inganno. Al contrario, la bocca della povertà è pura, trabocca d’incessante rendimento di grazie, di parole soavi, piene d’amore, atte a guarire, di lodi e di elogi. Se tu vuoi ammirare anche l’armonia delle sue membra, costaterai che è ben proporzionata e alta e robusta. Se molti la fuggono, non stupirti, perché gli insensati disprezzano anche le altre virtù. Ma tu mi dirai a questo punto che il povero è oltraggiato dal ricco. Io ti assicuro che così tu stai facendo un altro elogio della povertà. Dimmi chi è felice: colui che insulta, o chi è insultato? Evidentemente, chi è insultato e sopporta pazientemente l’offesa. Ebbene, l’avarizia comanda di offendere, mentre la povertà esorta a sopportare coraggiosamente. Ma tu replicherai: il povero soffre la fame. È vero; ma anche Paolo l’ha sofferta e ha passato la sua vita nella fame. Il povero – tu continui – non ha dove riposare. Anche il Figlio dell’uomo – ti ricordo – non aveva dove posare il capo.
Vedi fin dove giungono gli elogi e le lodi della povertà? Dove essa ti colloca, a quali uomini ti fa simile, come ti rende imitatore del Signore? Se il possedere oro fosse una buona cosa, Cristo ne avrebbe ricolmato i suoi discepoli, egli che aveva dato loro beni ineffabili. Al contrario, non solo non li ha ricolmati d’oro, ma ha proibito loro di possederne. Ecco perché Pietro non solo non si vergogna della sua povertà, ma si gloria di essa dicendo: “Non ho né oro né argento, ma quello che ho, io te lo do”. Chi di voi vorrebbe pronunziare simili parole? Tutti, senza dubbio, mi rispondereste. Ebbene, gettate l’argento, gettate l’oro. Ma se farò questo, tu mi chiederai, riceverò la stessa potenza di Pietro? Ebbene, dimmi che cosa ha reso felice Pietro? Il fatto, forse, di risanare un zoppo? No, di certo. Questo gli procurò il cielo: il fatto di non possedere né oro, né argento. Molti di quelli che hanno compiuto miracoli, come Pietro, sono precipitati nell’inferno, mentre quanti hanno praticato la povertà hanno ottenuto il regno. Apprendete ciò dallo stesso Pietro. Due, infatti, sono le cose che egli ha detto: “Non ho né oro né argento”, e in seguito: “In nome di Gesù Cristo,alzati e cammina”. Quale di queste due cose ha reso illustre e felice l’apostolo? L’aver fatto camminare lo zoppo, o l’aver rinunziato alle ricchezze? Chiediamo la risposta allo stesso giudice. Che disse Gesù al ricco che chiedeva la vita eterna? Non gli ordinò certo di far camminare ritti gli zoppi, ma gli disse: “Vendi quanto hai, e dallo ai poveri, e vieni, seguimi; avrai un tesoro nei cieli”. E lo stesso Pietro non disse al Maestro: Ecco, nel tuo nome abbiamo cacciato i demoni, - e in realtà li aveva cacciati; - ma gli chiese: “Ecco, noi abbiamo abbandonato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa, dunque, ne avremo?”. A sua volta Gesù non disse: Se qualcuno avrà fatto camminare uno zoppo; ma rispose: “Chiunque avrà abbandonato case e campi… riceverà il centuplo in questa vita e conseguirà la vita eterna”.
Anche noi, quindi, dovremo imitare questo apostolo, per evitare di essere svergognati nell’ultimo giorno, e per accostarci con fiducia al tribunale di Cristo. Se noi ci decideremo a seguire l’esempio degli apostoli e a imitare la loro vita, attireremo Gesù a stare con noi com’era con gli apostoli. Egli infatti starà con noi com’era con gli apostoli. Egli infatti starà con noi come stava con loro. Per ciò Dio ti proclama vincitore e ti corona, anche se tu non risusciti un morto né fai stare ritto uno zoppo. Non è questo che ci rende simili a Pietro, bensì il disprezzo delle ricchezze. Forse tu non puoi rinunziare ad esse? Senza dubbio è possibile. Tuttavia non ti costringo, se tu non vuoi, né ti obbligo con la violenza; tutto quello che ti chiedo è di farne parte a chi ne ha bisogno e di non cercare per te niente più del necessario. Così anche quaggiù vivremo una vita sicura, senza preoccupazioni; e conseguiremo inoltre la vita eterna, che io auguro a tutti noi di ottenere per la grazia e l’amore di Gesù Cristo, nostro Signore. A lui la gloria e il potere insieme con il Padre e allo Spirito Santo, ora e sempre e per i secoli dei secoli. Amen.


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