Gesù Cristo dimorò due giorni nella Samaria, dopo i quali andò nella Galilea. L’Evangelista fa notare che Egli era andato via dalla Giudea perché nessun profeta è onorato nella sua patria, secondo una parola detta da Lui stesso.
Gesù Cristo, infatti, essendo nato a Betlemme e discendendo dalla casa di Davide, era considerato come Giudeo, benché, per la sua lunga dimora a Nazaret, sia stato anche considerato come Galileo dagli altri Evangelisti e dal popolo stesso. La Giudea avrebbe dovuto gloriarsi di Lui e invece lo perseguitò e lo minacciò, costringendolo a ritornare nella Galilea.
I Galilei, che avevano assistito ai miracoli che Egli aveva operato a Gerusalemme in occasione della festa di Pasqua, lo accolsero con entusiasmo, e probabilmente furono loro stessi a invitarlo a Cana, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Quel miracolo era stato certamente conosciuto nella regione, ed è logico che suscitasse il desiderio, da parte degli sposi, di ospitare il Redentore.
Ora, vi era a Cafarnao un ufficiale del tetrarca Erode Antipa, per adulazione chiamato “re” dal popolo, il quale aveva un figlio gravemente infermo che stava già per morire. Saputo che Gesù era a Cana, vi andò e lo supplicò di discendere a Cafarnao per guarirgli il figlio. La fede dell’ufficiale era imperfetta, perché egli credeva che fosse indispensabile la presenza di Gesù per la guarigione; era imperfetta anche la fede del popolo, il quale, alla preghiera dell’ufficiale, pensò di poter assistere ad un nuovo miracolo; perciò il Redentore paragonando questa fede avida di segni e di conferme con quella dei Samaritani, avida solo della divina Parola, disse accoratamente, rivolgendosi a tutti: Se voi non vedete segni e prodigi non credete. Evidentemente, alla domanda del desolato padre fece eco anche il popolo, pregando Gesù di compiere il miracolo, e per questo l’ufficiale, prendendo coraggio, insistette, dicendo: Signore, discendi prima che il mio figlio muoia. Ma Gesù gli rispose con un accento di sicurezza rassicurante: Va’, tuo figlio vive. Quell’uomo credè, sentì nel cuore la sicurezza di ciò che gli aveva detto il Signore e si avviò verso Cafarnao, che dista da Cana circa 29 chilometri.
Quando Gesù gli disse che il figlio viveva era l’ora settima, cioè un’ora dopo mezzogiorno; per percorrere i 29 chilometri l’ufficiale, spossato già dal cammino e certamente anche dalle veglie fatte per il figlio suo, dovette impiegare al minimo sei o sette ore. Giunse quindi nei pressi di Cafarnao quando già era calata la notte, essendo dicembre, e quando era già cominciato il giorno seguente, secondo l’uso ebraico. Con le sei pomeridiane, infatti, terminava la giornata e si cominciava a computare il giorno nuovo.
Il miglioramento del figlio, cominciato all’ora settima, andò rapidamente verso la completa guarigione e perciò i familiari spedirono subito i servi incontro al padre per annunciargli la lieta notizia. I servi, incontratolo nei pressi della città, gli corsero incontro pieni di gioia e gli dissero che il figlio viveva. Dal resoconto minuto, fattogli dietro sua domanda, delle circostanze della guarigione, capì che il miglioramento era cominciato proprio nell’ora nella quale Gesù gli aveva detto che il figlio viveva, e credè, lui e tutta la sua casa, che Egli era veramente il Messia.
L’ufficiale del re, chiamato comunemente il regolo, si preoccupò che il figlio stava per morire e corse da Gesù, supplicandolo di andare da lui prima che morisse.
Quanti padri hanno la stessa preoccupazione per l’anima dei loro figli, e quanti ricorrono a Gesù perché li visiti prima che muoiano spiritualmente? La gioventù, quando comincia a cedere alle passioni, è presa dalla febbre del male, si ammala e declina rapidamente verso la morte spirituale, la peggiore delle morti. I genitori che si preoccupano dei loro malanni corporali e li scrutano attentamente per vedere se hanno a posto il cuore, lo stomaco o le viscere, non li scrutano per vedere se hanno a posto l’anima; anzi, dolorosamente, spesso guardano con folle compiacimento i primi sintomi d’un traviamento morale che declina poi rapidamente verso la morte.
Sembra loro che allora comincino ad essere uomini e indulgono loro, scusandoli con la gioventù, quasi che questa età, che dovrebbe essere tutta fiorita di virtù, dovesse gloriarsi del disordine e del fango. Quando comincia nei giovani la febbre delle passioni e sembra invincibile, allora più che mai i genitori devono andare da Gesù perché li visiti e li risani, poiché solo Gesù, nutrendoli di sé e della sua Parola, può far spezzare la loro febbre e guarirli. Devono essi per primi andare da Gesù e credere, poiché ogni esortazione è vana quando essi non danno il buon esempio e quando non ricorrono al Signore Sacramentato con le lacrime sincere di chi capisce quanto sia deplorevole e grave la morte dell’anima.
Il regolo, per ottenere la guarigione del figlio, andò da Cafarnao a Cana, dalla città della giocondità a quella del lamento. Così deve fare un padre che vuole la rinascita spirituale del proprio figlio: deve lasciare i bagordi e i vani divertimenti e deve trascorrere i suoi giorni elevando a Dio il supplichevole grido dell’intensa e continua preghiera.
Non si converte un’anima semplicemente col desiderarlo: è necessario andare a Gesù con frutti di penitenza e col cuore compunto, con una fede viva e praticante, implorando dalla sua misericordia la grazia.
Oggi che la gioventù, ignara e presuntuosa, è quasi tutta inferma della febbre di disordinate passioni, perché insidiata da quelli che pretendono di esserne i padri e gli educatori mentre ne sono i corruttori, dobbiamo tutti pregare Gesù che la visiti e la converta, risanandola. Cana significa anche città dello zelo e dell’emulazione; ora, noi dobbiamo con le opere dello zelo e con una santa emulazione di virtù cooperare alla salvezza della gioventù, implorando da Gesù che ne abbia pietà e la sottragga dal baratro del peccato. Dalla città della giocondità, cioè dalla ricerca dei nostri comodi e del nostro quieto vivere, andiamo alla città dello zelo e, stabilendo fra noi una grande emulazione di opere buone, imploriamo dal Signore che i giovani non muoiano spiritualmente e risorgano per Lui a vita nuova.
Sac.Dolindo Ruotolo – Tratto da”Nuovo Testamento-I quattro Vangeli”
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