martedì 1 marzo 2022

CRISTO VIVE IN ME! - LA QUARESIMA CON SANT'AGOSTINO



PREMESSA

La Quaresima «mediante il ricordo o la preparazione al battesimo e mediante la penitenza, dispone i fedeli alla celebrazione del mistero pasquale con l'ascolto più frequente della parola di Dio e la preghiera più intensa»: così leggiamo nel documento del Concilio Vaticano II sulla Sacra Liturgia (nr. 109). È un tempo liturgico sacro, un sacramentum - come si esprimevano i Padri della Chiesa - il segno di un tempo di grazia che coinvolge tutta la Chiesa: sia quanti si preparano a ricevere per la prima volta il battesimo, sia quanti riscoprono la propria vita di cristiani alla luce della Pasqua.

Per questo esercizio di preparazione, la Chiesa si dota di eccezionali strumenti, attraverso i quali si rende visibile l'azione di Dio che accompagna ogni uomo nel suo cammino di conversione: l'ascolto della Parola, la preghiera, la penitenza, la carità, il digiuno.

Il ciclo di letture domenicali secondo l'anno liturgico A, strutturato su di un itinerario battesimale, guida il fedele a conformarsi sempre più a Cristo, a diventare "cristiforme". Il modello cui aderire è Cristo, che sarà presentato di volta in volta come l'acqua viva che disseta, la luce del mondo, la risurrezione e la vita.

In questa prospettiva ripercorrendo le tappe dell'esperienza dello scorso anno, proponiamo un sussidio di testi agostiniani a commento di alcune tematiche evangeliche, aggiungendo ulteriori spunti di meditazione tratti dalle opere di sant'Agostino, in modo particolare per le ultime tre domeniche della Quaresima.

(Temi introdotti e testi scelti da Pasquale Cormio)


MERCOLEDÌ DELLE CENERI

"Non è piuttosto questo il digiuno che voglio:

sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo,

rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?

Non consiste nel dividere il pane con l’affamato,

nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,

nel vestire chi è nudo,

senza distogliere gli occhi da quelli della tua gente?"

(Is 58, 6-7)


INTRODUZIONE

Il digiuno quaresimale può ridursi a gesto simbolico, che preveda solo un’astensione totale o parziale da cibi e bevande? Certo in una società opulenta il digiuno risulta anche una piacevole alternativa ad una tavola sempre imbandita. La privazione invece deve aprirsi alla generosità: "digiunare" per se stessi, da ogni comportamento egoistico ed autosufficiente, che tende ad assolutizzare ogni bene materiale; "digiunare per gli altri", coltivando la carità fraterna, la solidarietà verso il prossimo, l’aiuto verso i bisognosi. Nel volto del fratello si rivela il volto di Cristo povero e bisognoso, "affinché Colui che vede dentro ti dica: Ecco sono qui!". Ciò sia fatto nel segno della gioia e del buon animo, deponendo tristezza, brontolii e fastidi, atteggiamenti che possono inficiare anche la bontà dell’azione che si sta realizzando.

DALLE "ESPOSIZIONI SUI SALMI" DI SANT’AGOSTINO VESCOVO (En. in ps. 42, 7-8)

Le ali della tua preghiera

In un salmo è detto: Io dissi: Signore, abbi pietà di me, risana l'anima mia, perché ho peccato contro di te (Ps 4, 5). Questa supplica, fratelli, è sicura; ma vigilate nelle opere buone. Toccate il salterio obbedendo ai comandamenti, toccate la cetra, sopportando le passioni. Spezza il tuo pane per chi ha fame (Is 58, 7), ha detto Isaia; non credere che sia sufficiente il digiuno. Il digiuno ti mortifica, non soccorre gli altri. Saranno fruttuose le tue privazioni se donerai ad altri con larghezza. Ecco, hai defraudato la tua anima; a chi darai ciò che ti sei tolto? dove porrai ciò che hai negato a te stesso? Quanti poveri potrebbe saziare il pranzo che noi oggi abbiamo interrotto! Il tuo digiuno deve essere questo: mentre un altro prende cibo, godi di nutrirti della preghiera per la quale sarai esaudito. Continua infatti Isaia: Mentre ancora tu parli, io ti dirò: ecco son qui; se spezzerai di buon animo il pane a chi ha fame (Is 58, 9-10); perché di solito ciò vien fatto con tristezza e brontolando, per evitare il fastidio di colui che chiede, non per ristorare le viscere di chi ha bisogno. Ma Dio ama chi dona con letizia (2 Cor 9, 7). Se avrai dato il pane con tristezza, hai perduto il pane e il merito. Fa' dunque questo di buon animo, affinché colui che vede dentro mentre ancora stai parlando ti dica: Ecco son qui. Con quanta celerità sono accolte le preghiere di coloro che operano il bene! Questa è la giustizia dell’uomo in questa vita, il digiuno, l’elemosina, la preghiera. Vuoi che la tua preghiera voli fino a Dio? Donale due ali: il digiuno e l'elemosina. Così ci trovi, così tranquilli ci scopra la luce di Dio e la verità di Dio, quando verrà a liberarci dalla morte Colui che già è venuto a subire la morte per noi. Amen.

IN BREVE...

Quando un cristiano accoglie un cristiano, le membra servono alle membra e il Capo, Cristo, ne gioisce e conta come dato a sé ciò che si dona a un membro suo. Quaggiù sia nutrito Cristo affamato, assetato riceva la bevanda, nudo sia vestito, forestiero sia accolto, infermo sia visitato. Questo è necessario durante il viaggio. Così si deve vivere in questo esilio, dove Cristo è bisognoso. È bisognoso nei suoi, ricco di ogni cosa in se stesso. (Serm. 263, 3)


GIOVEDÌ DOPO LE CENERI

Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso,

prenda la sua croce e mi segua.

Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà,

ma chi perderà la propria vita per me, la salverà

(Lc 9, 23-24)

INTRODUZIONE

Perdere la vita per guadagnare la vita: è il più grande paradosso del cristianesimo! "Perdere" la vita terrena per non "perdere" la vita eterna: non è un semplice gioco di parole. Nell’ombra si nasconde una grande verità: la vita è dono di Dio, non appartiene in modo esclusivo all’uomo. Il modo più fruttuoso di servirsi della propria vita è quella di metterla a servizio degli altri, spendendola per gli altri: la vita va donata perché da Dio è stata data in dono e per dono. Cosa è dunque il perdono se non un dono continuo che noi offriamo ai fratelli, per riceverlo in modo arricchito da Dio? A chi molto ama, molto sarà perdonato: è la conclusione logica!

DAI "SERMONI"DI SANT’AGOSTINO VESCOVO  (Serm. 313/D, 2)

Se ami la tua vita, allora devi perderla!

Consideriamo dunque che s'intenda per rinneghi se stesso (Mc 8, 34); fratelli dilettissimi, grande è la ricompensa che ci è proposta. Che significa allora rinneghi se stesso? Rinnega te. Che significa "rinnega te"? Sei costretto a rinnegare Dio? rinnega te e non negare Dio. Non amare questa tua vita temporale e, al contrario, impegnati per la vita eterna; anzi, cedi di fronte alla vita eterna per diventare anche tu eterno: rinnega te stesso per confessare Dio; rinnega te, uomo, per diventare angelo, rinnega te, uomo mortale, perché, confessando Dio, possa meritare di vivere per l'eternità. Ecco, tu ami la vita temporale; non la vuoi rinnegare, ma vuoi negare Dio. Si allontana da te Dio che hai rinnegato, che non hai voluto confessare; ed avrai la vita temporale che ti sei rifiutato di rinnegare. Stiamo a vedere fino a quando durerai in questa vita. Ecco il giorno di domani e dopo il domani un altro domani, e, dopo molti "domani", viene la fine. Dove andrai? dove finirai? Non certo da Dio che hai negato. Misero infelice! e hai rinnegato Dio e hai perduto, voglia tu o non voglia, la vita temporale. Infatti, fratelli dilettissimi, questa vita, vogliamo o non vogliamo, passa, fugge: rinneghiamo perciò noi stessi in questa vita temporale per meritare di vivere in eterno. Rinnega te, confessa Dio. Ami l'anima tua? Perdila. Ma tu mi dici: come perdo ciò che amo? È quanto fai in casa tua. Ti è caro il frumento e, intanto, spargi il frumento, che con tanta cura avevi riposto nel granaio, che con tanta fatica di mietitura e trebbiatura avevi mondato; ormai riposto, ormai mondato, giunto il tempo della semina, lo trai fuori, lo spargi, lo ricopri per nascondere ciò che spargi. Ecco, amando il frumento, spargi il frumento; amando la vita, spargi la vita; amando l'anima tua, la perdi; poiché, quando l'avrai perduta, per Dio, nel tempo presente, la ritroverai in seguito per la vita eterna. Perciò, amando la vita, spargi la vita.

IN BREVE...

Servono Gesù Cristo coloro che non cercano i propri interessi, ma quelli di Gesù Cristo... Chi compie per Cristo non solamente opere di misericordia corporali, ma qualsiasi opera buona, egli è servo di Cristo, specie se giungerà fino a quella grande opera di carità che consiste nell’offrire la propria vita per i fratelli, che equivale a offrirla per Cristo. (In Io. Ev. 51, 12)


VENERDÌ DOPO LE CENERI

Il Signore disse allora a Caino:

"Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?

Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto?

Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta;

verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo"

(Gn 4, 6-7)


INTRODUZIONE

Nel linguaggio ebraico il vocabolo "peccato" indica l’errore di chi manca un bersaglio, di chi non fa centro. In altri termini: l’uomo anziché rivolgersi a Dio, Creatore delle cose, si piega invece a ricercare le cose create da Dio. Egli non ha centrato la sua vocazione: ad un amore ordinato, finalizzato al Creatore, preferisce un amore disordinato rivolto alle creature. È un bene l’amore, così come sono un bene la vita terrena, l’amicizia, l’onore, la ricchezza secondo misura: Dio ha creato ogni cosa buona! Il male invece subentra quando si "ama malamente" tutti questi beni inferiori, quando verso i beni creati ci si curva "con disordine, contro l’uso onesto, contro l’uso lecito, contro la legge e la volontà del Creatore". La colpa risiede in una volontà distorta dell’uomo che indirizzando il suo amore verso un bene inferiore dimentica ed abbandona il Bene supremo, il Signore di tutti i beni.

DAI "SERMONI"DI SANT’AGOSTINO VESCOVO  (Serm. 21, 3)

Il peccato consiste nell’amore disordinato per le creature

Tu compi il peccato nell'amare le creature con disordine, contro l'uso onesto, contro l'uso lecito, contro la legge e la volontà del loro Creatore. Non è che ami il peccato in se stesso ma, amando malamente quello che ami, vieni intrappolato nel peccato. A te piace l'esca che è nella rete e, senza accorgertene inghiotti il peccato. E dopo tenti di scusarti dicendo: "Se è peccato bere molto, perché Iddio ha fatto il vino? Se è peccato amare l'oro, (e io l'oro lo amo, non lo creo, è Dio che l'ha creato) perché ha creato una cosa che poi era peccato amare?". E così per tutte le cose che ami disordinatamente, in cui è ogni sorta di libidine, per cui viene commessa ogni sorta di iniquità. State attenti, riflettete, considerate e vedete che tutto ciò che è stato creato da Dio è buono (1 Tim 4, 4). E in nessuna creatura è il peccato, se non in quanto se ne fa cattivo uso. Ascolta un po', caro. Tu dici: "Perché Dio ha creato cose che poi mi proibisce di amare? Se non le avesse create, non ci sarebbero, e io non le amerei. Se non avesse creato delle cose che poi mi proibisce di amare, io non avrei potuto amarle e non rischierei di dannarmi amandole". Se potesse parlare quella creatura che tu ami malamente perché non sai amare bene neanche te stesso, essa ti risponderebbe: "Tu vorresti che Dio non mi avesse fatto, perché io non ci fossi e tu non mi potessi amare. Allora non avrebbe dovuto fare neanche te, perché non ci fossi neanche tu ad amarmi". Considera perciò quanto tu sei ingiusto e come dalle tue parole stesse ti riveli pieno di ingiustizia. Che Iddio, che è sopra di te, abbia fatto te, questo tu l'approvi, però non sei d'accordo che abbia fatto delle altre cose buone al di sotto di te. Tutto ciò che Dio ha fatto è buono. Alcuni sono beni più grandi, altri più piccoli, tutti beni però. Alcuni sono beni celesti, altri terreni. Alcuni sono beni spirituali, altri materiali. Alcuni beni eterni, altri temporali. Tutti però sono beni, perché è il buono che ha fatto questi beni. Perciò nella Sacra Scrittura è detto: Mettete in ordine in me la carità (Cant 2, 4). Iddio ha fatto te come un bene inferiore a lui, e altre cose le ha fatte inferiori e sotto di te. A qualcuno sei inferiore, a qualche altro superiore. Non devi trascurare il bene superiore e curvarti a quello inferiore. Sii retto, perché possa trarne gioia, perché tutti i retti di cuore ne trarranno gioia (Ps 63, 11). Che altro è il peccato dunque se non il trattare disordinatamente le cose che hai ricevuto in uso? Sappi bene usare le cose inferiori e potrai rettamente fruire del bene superiore.

IN BREVE...

In tutte codeste e altre simili tendenze il peccato entra quando ci si abbandona sregolatamente, e, per beni di grado infimo, si trascurano i più alti e migliori: Te, nostro Signore, e la tua verità e la tua legge. (Confess. 2, 5)


SABATO DOPO LE CENERI

Cristo patì per voi,

lasciandovi un esempio,

perché ne seguiate le orme

(1 Pt 2, 21)

INTRODUZIONE

La virtù propria del tempo quaresimale è per Agostino l’umiltà, così come indicata da Cristo. A partire dalla sua nascita in una mangiatoia sino alla morte in croce, tutta la vita di Cristo è scandita da atteggiamenti di umiltà. Pur essendo di natura divina il Figlio di Dio non ha disdegnato di "svuotare se stesso" (Fil 2, 6-8) divenendo simile agli uomini, assumendo su di sé la condizione del peccatore, donando la vita per uomini empi. Cristo ha applicato concretamente la definizione che ha dato di sé: Imparate da me che sono mite ed umile di cuore (Mt 11, 29). Il mite è colui che si apre ad accogliere la volontà di Dio; l’umile è colui che identifica il proprio bene nel compiere la volontà di Dio.

DAI "SERMONI"DI SANT’AGOSTINO VESCOVO  (Serm. 206, 1)

Quaresima, tempo di umiltà

Dopo un anno è ritornato il tempo della Quaresima e io mi sento in dovere di farvi delle esortazioni. Anche voi infatti siete debitori verso Dio di azioni adeguate al tempo che state vivendo, azioni che possano giovare a voi, non a Dio. Il cristiano anche negli altri tempi dell'anno deve essere fervoroso nelle preghiere, nei digiuni e nelle elemosine. Tuttavia questo tempo solenne deve stimolare anche coloro che negli altri giorni sono pigri in queste cose. Ma anche quelli che negli altri giorni sono solleciti nel fare queste opere buone, ora le debbono compiere con più fervore. La vita che trascorriamo in questo mondo è il tempo della nostra umiltà ed è simboleggiata da questi giorni nei quali il Cristo Signore, il quale ha sofferto morendo per noi una volta per sempre, sembra che ritorni ogni anno a soffrire. Infatti ciò che è stato fatto una sola volta per sempre, perché la nostra vita si rinnovasse, lo si celebra tutti gli anni per richiamarlo alla memoria. Se pertanto dobbiamo essere umili di cuore con tutta la forza di una pietà assolutamente verace per tutto il tempo di questo nostro pellegrinaggio, durante il quale viviamo in mezzo a tentazioni: quanto più dobbiamo esserlo in questi giorni nei quali non solo, vivendo, stiamo trascorrendo questo tempo della nostra umiltà, ma lo simboleggiamo anche con un'apposita celebrazione? L'umiltà di Cristo ci ha insegnato ad essere umili: nella morte infatti si sottomise ai peccatori; la glorificazione di Cristo glorifica anche noi: con la risurrezione infatti ha preceduto i suoi fedeli. Se noi siamo morti con lui - dice l'Apostolo - vivremo pure con lui; se perseveriamo, regneremo anche insieme con lui (2 Tim 2, 11. 12). La prima parte di questa espressione dell'Apostolo celebriamola ora con la dovuta devozione, avvicinandosi la sua passione; la seconda parte la celebreremo dopo Pasqua, a risurrezione avvenuta. Dopo Pasqua infatti, passati questi giorni in cui manifestiamo la nostra umiltà, sarà il tempo anche della nostra glorificazione, benché non possa essere pienamente realizzato perché non c'è ancora la visione - tuttavia già reca gioia soltanto il pensarci sopra -. Ora dunque gemiamo con preghiere più insistenti: poi saremo più abbondantemente ricolmi di gioia nella lode.

IN BREVE...

Il Signore nostro Gesù Cristo si offrì a noi come esempio, perché, siccome siamo cristiani, o imitiamo lui o gli altri che hanno imitato lui. (Serm. 5, 1)


Tratto dal sito https://www.augustinus.it/varie/quaresima/index.htm







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