martedì 25 aprile 2023

AMORE E IMMOLAZIONE - Chi ama Gesù Cristo sopporta tutti i mali di questa vita… di Sant’Alfonso Maria de Liguori


                                             La carità tutto soffre (1 Cor 13, 7)

Dice il p. Baldassarre Alvarez che chi non porta incisi sul cuore le sofferenze, la povertà e i disprezzi sofferti da Cristo, sappia che non ha fatto alcun profitto nella via della perfezione.(1)

Pazienza nelle sofferenze e malattie fisiche

Trattiamo prima di tutto delle sofferenze e malattie fisiche che, abbracciate con pazienza, ci assicurano una grande corona di meriti.

San Vincenzo de' Paoli dice: «Se conoscessimo la preziosità delle infermità, le riceveremmo con la stessa gioia con cui si ricevono i più grandi regali» (2) Trovandosi quindi il Santo continuamente provato dalle infermità che lo tormentavano giorno e notte, le sopportava con tale pace e serenità, senza il minimo lamento, da dare la sensazione di godere ottima salute.

Che bello vedere un infermo che sopporta tutto con volto sereno, come appunto faceva san Francesco di Sales! Questi, stando infermo, confidava al medico tutto il suo male, ma poi gli ubbidiva, prendendo puntualmente le medicine prescritte, senza lamenti. Proprio all'opposto si comportano certi ammalati che anche per un piccolo fastidio se ne lagnano con tutti e vorrebbero che tutti, parenti e amici, stessero accanto a loro a compatirli. Santa Teresa esortava così le sue religiose: «Sorelle, sappiate soffrire qualcosa per amore del Signore senza gridarlo al mondo intero!» (3).

Un venerdì santo il venerabile p. Luigi da Ponte ebbe in regalo dal Signore tante e tali sofferenze che il suo corpo era diventato tutto un tormento. Purtroppo lo confidò a un suo amico... Ma, subito, pentitosi, fece voto di non dire più ad alcuno le sue sofferenze (4).

Ho detto bene ebbe in regalo, perché i Santi ritenevano le malattie e i dolori un vero dono di Dio. San Francesco d'Assisi, stando a letto provato dai dolori, sentì un confratello che voleva confortarlo: «Padre, pregate Dio che non calchi la mano con voi ma piuttosto vi alleggerisca i dolori...». Ma il Santo, balzato dal letto e inginocchiato a terra, si mise a ringraziare Dio di quelle sofferenze; poi, rivolto al confratello: «Senti — gli disse —, se non sapessi che l'hai fatto per ingenuità, ti toglierei il saluto per sempre» (5).

Qualcuno obietterà: Io volentieri accetterei questa malattia, ma purtroppo questo non mi consente di andare in chiesa per le mie devozioni, per partecipare alla santa messa; non posso andare in coro per la recita dell'ufficio divino con i miei confratelli, non posso celebrare e non posso nemmeno fare le mie orazioni perché la testa mi scoppia...

Ebbene, rispondetemi: «Perché volete andare in chiesa o in coro, perché volete partecipare alla messa? Per dare gusto a Dio? Ma il gusto di Dio ora è che non recitiate l'ufficio, non partecipiate all'Eucaristia, ma che con pazienza rimaniate a letto con la vostra malattia...». E se questa mia risposta non vi garba, vuol dire che voi andate in cerca non di quello che piace a Dio, ma di quello che piace a voi.

Il venerabile p. Maestro d'Avíla, ad un sacerdote che così si lagnava, scrisse: «Amico, non stare a programmare che cosa faresti da sano...; accontentati piuttosto della malattia per tutto il tempo che piace a Dio. Se cerchi la volontà di Dio, che t'importa se stai bene o ammalato?» (6).

Insistete che non potete fare l'orazione mentale perché la testa vi scoppia? Sì, va bene, non fate la meditazione... Ma potete fare almeno atti di uniformità alla volontà di Dio? Bene, questi atti sono la più bella preghiera che potreste fare, abbracciando con amore i vostri dolori. Proprio così faceva san Vincenzo de' Paoli. Quando stava gravemente infermo, si metteva dolcemente alla presenza di Dio, senza applicarsi in qualche cosa di ben preciso, ma di tanto in tanto faceva atti di amore, di confidenza, di ringraziamento e, più spesso, quando aumentavano i dolori, di rassegnazione (7).

Dice san Francesco di Sales: «Le sofferenze per sé sono spaventose..., ma viste nella volontà di Dio, sono amore e delizia» (8). Dunque, se non potete meditare, non c'è cosa più bella che contemplare il crocifisso e offrirgli, di tanto in tanto, le vostre pene, unendole a quelle tanto più grandi che Gesù soffrì sulla croce per voi.

A una santa donna che stava a letto provata da molti dolori, una sua domestica le diede il crocifisso perché lo pregasse di liberarla da quelle sofferenze. «Ma come potrei — rispose l'inferma —chiedergli di scendere io dalla croce mentre stringo tra le mani un Dio crocifisso? Dio me ne guardi! Voglio soffrire per chi ha sofferto per me dolori tanto più grandi dei miei».

Questo, appunto, disse Gesù Cristo, apparendo tutto piagato a santa Teresa, inferma e molto tormentata: «Guarda, figlia mia, l'atrocità delle mie pene e vedi se le tue possono paragonarsi alle mie!» (9). Ecco perché la Santa, nelle malattie, era solita dire: «Quando penso alle sofferenze di Gesù, tanto innocente, non so come potrei essere così pazza da lamentarmi del mio stato» (10).

Santa Liduina per 38 anni soffrì tutte le malattie di questo mondo e il corpo le era diventato tutto una piaga, ma poiché sapeva meditare sulle sofferenze di Gesù, se ne stava nel suo letto sempre affabile e allegra (11). San Giuseppe da Leonessa, cappuccino, dovendo un giorno subire un intervento chirurgico, e volendo i suoi confratelli legarlo perché non si muovesse per l'atrocità del dolore, egli, preso in mano il crocifisso: «Che funi — disse —, che funi! Ecco chi mi lega e mi farà sopportare in pace ogni dolore per amor suo...». E sopportò, così, l'intervento senza il minimo lamento (12).

San Giona martire, condannato a trascorrere una notte intera nel ghiaccio, la mattina seguente confessò al suo tiranno di non aver trascorso mai una notte così tranquilla, pensando alle sofferenze di Gesù in croce (13).

Quanti meriti, davvero, potremmo acquistare sopportando con pazienza le malattie! È così che si completa la corona di gloria che Dio ci ha preparato in paradiso! Santa Liduina, che aveva già patito tanti dolori ma che desiderava morire martire per Gesù Cristo, un giorno vide per lei apparecchiata una bella corona, ma non ancora completa... Allora la Santa pregò il Signore che le accrescesse i dolori. Il Signore la esaudì e le apparve un angelo con la corona completa delle gemme che vi mancavano. E poco dopo morì (14).

Alle persone che ardentemente amano Gesù Cristo le ignominie e í dolori sono soavi e altamente graditi, altrimenti non si potrebbe spiegare la gioia con cui i martiri hanno affrontato aculei, unghie di ferro, piastre infuocate, mannaie... San Procopio martire, al tiranno che lo torturava: «Tormentami quanto vuoi —disse —, ma sappi che per chi ama Gesù Cristo non c'è cosa più cara che patire per amor suo» (15).

Anche san Gordiano martire, al tiranno che lo minacciava di morte, diceva: «A me dispiace una sola cosa: che non posso morire più di una volta per il mio Gesù» (16).

Ma forse questi santi, per parlare così, erano pazzi o insensibili ai tormenti? No, risponde san Bernardo, non erano né stupidi né insensibili, ma, poiché amavano Dio, ritenevano gran privilegio poter dare la vita per Cristo (17).

Soprattutto, poi, con la malattia, dobbiamo accettare anche la morte e quella morte che piace a Dio. Bisogna morire e con l'ultima malattia dovrà anche finire la nostra vita. Non sappiamo, però, quale sarà l'ultima malattia! È opportuno, quindi, che in ogni malattia ci teniamo pronti ad abbracciare la morte che Dio ci ha destinato.

Dirà, allora, qualche ammalato: Ma io ho fatto finora solo peccati e niente penitenza; vorrei vivere ancora per dare gloria a Dio prima di morire... E io rispondo: «Fratello mio, chi ti assicura che, vivendo ancora, farai penitenza e non peggio di prima? Ora puoi ben sperare che Dio ti abbia perdonato, e la penitenza più bella è che tu accetti con rassegnazione la morte, se così vuole Dio...». San Luigi Gonzaga morì giovane, a 23 anni, e andò allegramente incontro alla morte, dicendo: «Ora spero di trovarmi in grazia di Dio; in seguito non saprei... Muoio quindi contento se Dio vuole chiamarmi ora all'altra vita» (18). Il p. Giovanni d'Avila ritiene che chi è ben disposto, anche se mediocre, potrebbe addirittura desiderare la morte per non correre il pericolo su questa terra di peccare e perdere la grazia di Dio (19).

E infatti in questo mondo, per la fragilità della condizione umana, non possiamo vivere senza commettere peccati, almeno veniali. Dobbiamo, quindi, abbracciare con gioia la morte almeno per non offendere Dio. Ma c'è di più. Se noi veramente amiamo Dio, dobbiamo anche ardentemente desiderare di andare in paradiso a contemplarlo e amarlo con tutte le forze, cosa che non si può fare perfettamente in questa vita... Ora, se la morte non ci apre le porte, non potremo entrare nella patria del perfetto amore. Giustamente sant'Agostino, l'innamorato di Dio, esclamava: «Fammi morire, Signore, perché possa contemplarti!» (20).

2. Pazienza nella povertà

Ci vuole molta pazienza anche quando ci vengono a mancare i beni materiali. Scrive sant'Agostino: «Chi non ha Dio, non ha niente; chi ha Dio, ha tutto» (21). Chi ha Dio, ed è a lui uniformato, in Dio trova ogni bene. Ecco, allora, un san Francesco d'Assisi, scalzo, vestito di sacco, povero di tutto, che con un mio Dio e mio tutto (22) diventa più ricco di tutti i re della terra.

Povero, invece, chi desidera i beni che non ha! Ma chi non desidera cosa alcuna e si contenta della sua povertà, è ricco abbastanza. A proposito di questi l'apostolo Paolo scrive: «Non ho nulla, eppure possiedo tutto» (2 Cor 6, 10).

I Santi hanno esercitato la pazienza non solo nella povertà, ma hanno cercato di spogliarsi di tutto per vivere staccati da tutto e uniti solamente a Dio. Se noi non abbiamo la forza di rinunziare a tutti i beni di questa terra, accontentiamoci almeno di come ci vuole il Signore.

Preoccupiamoci non delle ricchezze terrene ma dei beni del paradiso, immensamente più grandi ed eterni, convinti di quanto ci dice santa Teresa: «Quanto meno abbiamo di qua, tanto più avremo di là» (23).

Dice san Bonaventura che l'abbondanza dei beni temporali è come vischio per l'anima, che le impedisce di volare a Dio (24), mentre — come scrive san Giovanni Climaco — la povertà è via, senza ostacoli, a Dio (25).

Dice il Signore: «Beati quelli che sono poveri di fronte a Dio: Dio darà loro il suo regno» (Mt 5, 3). Poveri, non solo perché non posseggono beni materiali, ma anche perché non li desiderano, contenti del cibo e del vestito che basta, secondo l'insegnamento dell'apostolo Paolo: «...quando abbiamo da mangiare e da vestirci, contentiamoci» (1 Tm 6, 8).

«Beata povertà — esclama san Lorenzo Giustiniani — che niente possiede e niente teme! Essa è sempre allegra e ricca, trasforma ogni disagio in profitto spirituale» (26). Scrive san Bernardo che l'avaro brama i beni materiali come un mendicante che non si sazia mai, mentre il povero si comporta da persona superiore e li disdegna (27).

Un giorno Gesù Cristo rivelò alla beata Angela da Foligno che se non avesse ritenuto la povertà un gran bene, non l'avrebbe scelta né per sé, né per le persone elette (28). I Santi infatti hanno amato la povertà proprio perché Cristo è stato povero. Il desiderio della ricchezza, scrive l'apostolo san Paolo, è una pericolosa insidia del demonio per portare gli uomini alla perdizione: «Quelli che invece vogliono diventare ricchi cadono nelle tentazioni, sono presi nella trappola di molti desideri stupidi e disastrosi, che fanno precipitare gli uomini nella rovina e nella perdizione» (1 Tm 6, 9). Infelici! Per i beni di questo mondo, rinunciano a Dio, bene infinito.

Aveva ragione san Basilio martire di rispondere a Licinio imperatore, che gli proponeva la nomina di principe dei suoi sacerdoti, se avesse rinnegato Gesù Cristo: «Dite all'imperatore che anche se mi desse tutto il suo impero, non potrebbe mai darmi quanto mi toglie, facendomi perdere Dio!» (29).

Ci basti, dunque, Dio e ci bastino quei beni che egli ci dà, rallegrandoci quando ci manca qualcosa che vorremmo avere. Proprio qui sta la povertà, come insegna san Bernardo: «La virtù della povertà non consiste nell'esser povero, ma nell'amare la povertà» (30). Tale tipo di povertà, appunto, devono praticare i religiosi che hanno fatto voto di povertà. Molti di essi, infatti, vogliono essere poveri — come insegna san Bernardo — ma non ammettono che manchi loro niente (31). Insomma, vogliono l'onore della povertà ma non i disagi della povertà, come scrive san Francesco di Sales (32). Non così i buoni religiosi: essi amano la povertà più d'ogni ricchezza. Suor Margherita della Croce, monaca di Santa Chiara e figlia dell'imperatore Massimiliano II, si presentò un giorno a suo fratello, l'arciduca Alberto, con un abito tutto rappezzato. Il fratello le fece notare subito che l'abbigliamento era sconveniente per una del suo rango, ma lei, con grande serenità: «Fratello — rispose —, sono più contenta io con questo straccio che tutti i monarchi con le loro porpore!» (33). «Beati quei religiosi — dice santa Maria Maddalena de' Pazzi — che, staccati da tutto, possono dire: "Sei tu, Signore, la mia eredità, il calice che mi dà gioia; il mio destino è nelle tue mani" (Sal 16, 5)» (34). San Luigi Gonzaga diceva che è evidente contrassegno, di santità l'essere buono e contemporaneamente abituato a soffrire per Dio (35).

Rientra, poi, in qualche modo, nel concetto di povertà, e quindi nell'esercizio della pazienza, l'accettazione della morte di parenti e amici. Alcuni, dopo la perdita di un parente o di un amico, non si danno più pace, si chiudono in camera a piangere e, in preda al dolore, diventano impazienti e intrattabili. Vorrei sapere da costoro a chi fanno piacere con tali afflizioni e abbondanza di lacrime... A chi, a Dio? A Dio, certamente no, perché Dio vuol vedervi rassegnati alla sua volontà. All'anima del defunto? Neppure. Se quell'anima è dannata, odia voi e le vostre lacrime; se è in cielo, desidera che ringraziate Dio per lei; se sta in purgatorio, chiede che facciate preghiere di suffragio, che vi uniformiate alla volontà di Dio e vi facciate santi per ricongiungervi con lei un giorno in paradiso. A che pro, dunque, tante lacrime?

Giustamente il venerabile p. Giuseppe Caracciolo, teatino, trovandosi in famiglia per la morte di un fratello e vedendo che i parenti non smettevano di piangere: «E via — disse —, riserviamo queste lacrime per piangere la morte di Cristo, che ci è stato padre, fratello e sposo, ed è morto per nostro amore!» (36).

Insomma, in tali occasioni, dobbiamo seguire l'esempio del santo Giobbe che, alla notizia che gli erano stati uccisi i figli, tutto uniformato alla volontà di Dio, esclamò: «Nudo sono venuto al mondo e nudo ne uscirò; il Signore dà, il Signore toglie, il Signore sia benedetto» (Gb 1, 21).

3. Pazienza nei disprezzi

Dobbiamo esercitare la pazienza e testimoniare il nostro amore a Dio, accettando in pace tutti i disprezzi.

Quando una persona si dà tutta a Dio, Dio stesso fa o permette che sia disprezzata e perseguitata. Un giorno apparve al beato Enrico Susone un angelo, che gli disse: «Enrico, finora ti sei mortificato a modo tuo; da ora sarai mortificato come piacerà agli altri». Il giorno seguente il beato, affacciandosi alla finestra, vide un cane con uno straccio in bocca tutto lacero e udì una voce: «Così sarai lacerato anche tu dalla bocca degli uomini». Il beato scese, raccolse quello straccio e se lo conservò come ricordo e conforto nelle prove preannunziate (37).

Alcuni santi addirittura godevano nel ricevere affronti e ingiurie. San Filippo Neri per 30 anni subì maltrattamenti nella casa di San Geronimo a Roma da parte di alcune persone; e si trasferì all'oratorio della Chiesa Nuova, da lui fondata, tra persone più accoglienti, solo dietro espresso comando del Papa (38).

Anche san Giovanni della Croce, dovendo cambiare aria per motivi di salute, in un convento più comodo, con un superiore più garbato, ne preferì un altro più povero e con un superiore alquanto ostile, che, peraltro, lo mise a dura prova fino alla morte, proibendo agli stessi religiosi di fargli visita (39). Santa Teresa ci ha lasciato una bellissima massima: «Chi aspira alla perfezione si guardi bene dal dire: mi hanno fatto questo e quello senza un motivo! ... Se vuoi portare solo le croci pienamente giustificate, sappi che la perfezione non è fatta per te» (40). Celebre anche la risposta di Gesù crocifisso a san Pietro martire, che si lagnava di subire castighi senza un motivo: «...E io che male ho fatto per soffrire e morire su questa croce?» (41). Sant'Eleazaro, richiesto dalla sua sposa come riuscisse a sopportare con tanta pazienza le ingiurie che riceveva persino dai suoi servi, rispose: «Quando contemplo Gesù disprezzato, vedo che i miei affronti son ben poca cosa a confronto di quelli che egli ha sofferto per me. È lui che mi dà la forza di soffrire tutto in pace» (42).

Insomma gli affronti, la povertà, i dolori e tutte le tribolazioni, per una persona che non ama Dio sono occasione di più grave allontanamento da Dio; diversamente, per una persona che ama Dio, sono un motivo di amarlo di più e stringersi a lui. Le prove, per quanto dure e numerose, non spengono ma alimentano di più la fiamma di amore in un cuore che ama solo Dio.

Ma a questo punto è giusto chiedersi: perché Dio ci carica di tante croci e sembra che goda nel vederci tribolati, disprezzati, perseguitati e maltrattati? Forse è un tiranno o un genio crudele e malvagio che gode nel vederci soffrire? No, Dio non è né tiranno né genio maligno. Anzi è tutto amore e misericordia verso di noi: basti pensare che ci ha amato fino alla morte. Dunque, gode sì, nel vederci soffrire, ma per il nostro bene, in quanto scontiamo qui, e non nell'altra vita, le pene dovute ai nostri peccati. Ne gode sì, affinché non ci attacchiamo ai beni sensibili di questa vita. Anche alcune mamme napoletane, quando vogliono svezzare il loro bambino, applicano sostanze sgradevoli al proprio seno, affinché il figlio ne senta ripulsa... E, infine, ne gode sì, perché attraverso le sofferenze possiamo acquistare meriti maggiori per il paradiso. Ecco, dunque, perché il Signore, ricco di amore e misericordia, gode nel vederci soffrire.

Concludo. Per ben praticare la pazienza nelle prove, dobbiamo convincerci che tutte vengono dalle mani di Dio, o direttamente o indirettamente. Pertanto, in tali occasioni, ringraziamo il Signore e accettiamo allegramente tutto quanto egli dispone per noi, convinti che lo fa solo per il nostro bene: «Noi siamo sicuri di questo — scrive l'apostolo Paolo —: Dio fa tendere ogni cosa al bene di quelli che lo amano, perché li ha chiamati in base al suo progetto di salvezza» (Rm 8, 28).

Inoltre, quando siamo messi alla prova, diamo uno sguardo all'inferno, da noi ampiamente meritato, e vedremo che ogni sofferenza, a confronto, sarà infinitamente leggera.

Ma per sopportare con pazienza ogni dolore, ogni disprezzo, ogni contrarietà, più di qualsiasi ragionamento, sull'esempio dei Santi, giova la preghiera, con la quale otteniamo la forza, che noi non abbiamo, per superare tormenti e persecuzioni.

PREGHIERA

Signore Gesù, ormai sono convinto che senza soffrire, e soffrire con pazienza, non posso conquistare la corona del paradiso. Quindi, tu mi devi concedere questa pazienza. Io mi propongo sempre di accettare in pace tutte le tribolazioni, ma purtroppo, appena queste arrivano, io mi abbatto e mi spavento... E se anche soffro, soffro senza amore e senza merito. Gesù mio, per i meriti della tua pazienza nel sopportare tante pene per amor mio, dammi la grazia di abbracciare tutte le croci per amor tuo. Io ti amo con tutto il cuore, caro mio Redentore; ti amo, sommo bene; ti amo, amore mio, degno d'infinito amore. Mi pento di tutti i peccati che ho commesso. Ti prometto che affronterò con pazienza tutte le prove che mi manderai... Ma è da te che spero l'aiuto per sopportare in pace specialmente i dolori della mia agonia e morte. Regina mia Maria, impetrami tu una vera rassegnazione, capace di farmi accettare quanto ancora mi resta da soffrire, in vita e in morte. Amen.

 

Tratto dal libro “ Pratica di amare Gesù Cristo” – Edizione Citta Nuova 2004 – da pag. 147 a pag 157



1 PADRE LUIGI DA PONTE, Vita, cap. 3, par. 2.

2 ABELLY, Vie, libro III, cap. 23.

3 SANTA TERESA, Camino de pelfección, cap. 11, p. 56, in Obras, III, cit.

4 PATRIGNANI, Menologio, 16 febbraio 1624.

5 SAN BONAVENTURA, Legenda s. Francisci, cap. 14, n. 2, p. 546, in Opera, t. 8, ad Claras Aquas 1898.

6 BEATO GIOVANNI D'AVILA, Lettere spirituali, parte I, pp. 135-136, Brescia 1728.

7 SAN VINCENZO DE' PAOLI, Correspondance..., VIII, p. 47, Paris 1920-25.

8 SAN FRANCESCO DI SALES, Traité de l'amour de Dieu, libro IX, cap. 2.

9 SANTA TERESA, Mercedes de Dios, XXXVI, in Obras, II, cit., pp. 64-65. 113 EAD., Camino..., cap. 15, in Obras, IV, cit., p. 70.

11 In Acta Sanctorum Bollandiana, 14 aprile.

12 Z. BOVERIO, Annali dell'Ordine..., 1612.

13 L. SURIUS, De probatis sanctorum... , 29 marzo.

14 In Acta Sanctorum..., cit.

15 L. Suiuus, op. cit., 18 luglio.

16 SAN BASILIO, Homilia 18, n. 4, MG 31, 499.

17 SAN BERNARDO, In Cantica, sermo 61, nn. 8-9, ML 183, 1074.

18 V. CEPARI, Vita, alt., parte II, cap. 26.

19 RODEIUCIUS, Exercitium perfectionis, parte I, tr. 8, cap. 20, n. 8.

20 In Opera Santi Augustini. Soliloquiorum animae ad Deum, libro I, ML 40, 865

21 SANT'AGOSTINO, Sermo 85, cap. 3, n. 3, ML 38, 521.

22 BARTOLOMEO DA PISA, Liber conformitatum, fol. 41, Mediolani 1513.

23 SANTA TERESA, Las Fundaciones, cap. 14, p. 109, in Obras, V, cit.

24 In Opera s. Bonaventurae, cit., t. 8, p. 95.

25 SAN GIOVANNI CLIMACO, Scala Paradisi, grad. 17.

26 SAN LORENZO GIUSTINIANI, De disciplina.. . , cap. 2, p. 82, in Ope-ra, cit.

27 SAN BERNARDO, In Cantica, sermo 21, n. 8, ML 183, 876.

28 ANGELA DA FOLIGNO, Vita et opuscula, libro II, parte II, cap. 2.

29 Acta Sanctorum Bollandiana, 26 aprile.

30 SAN BERNARDO, Epistola 100, ML 182, 235.

31 ID.: De Adventu Domini, sermo 4, n. 5, ML 183, 49.

32 SAN FRANCESCO DI SALES, Lettre 2091, in Oeuvres, XXI, 177.

33 G. DE PALMA, Vita, libro III, cap. 15.

34 V. PUCCINI, Vita, cit., parte IV, cap. 30.

35 V. CEPARI, Vita, cit., parte II, cap. 23.

36 SILOS, Historia Clericorum Regularium, libro IV, Roma 1666.

37 BEATO ENRICO SUSONE, Vita, cap. 22.

38 BACCI, Vita, cit., libro I, cap. 18.

39 MARCO DI SAN FRANCESCO, Vita..., libro III, cap. 5, Venezia 1747.

40 SANTA TERESA, Camino..., cap: 13, p. 63, in Obras, III, cit.

41 Acta Sanctorum Bollandiana, 29 aprile.

42 WADDINGUS, Annales Minorum, n. 5, anno 1319.


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