… In seguito Gesù si rivolge loro dicendo:
Cosa ve ne pare? Un uomo aveva due figlioli; e disse al primo: “Figliolo, va oggi a lavorare nella vigna”; ma quegli rispose: “Non voglio”, e poi, pentitosi, andò. Rivoltosi al secondo disse la stessa cosa. E quegli rispose: “Vado”, ma non andò. quale dei due fece la volontà del Padre? “Il primo”, risposero essi {248}.
Nuovamente Gesù li riprende mediante parabole, sottolineando da una parte la loro ingratitudine e dall’altra la docilità di coloro che essi condannano tanto inflessibilmente. La parabola dei due figli, infatti, mostra chiaramente ciò che accadde ai giudei e ai gentili. Perché avvenne che i gentili che non avevano promesso di obbedire e non avevano ascoltato mai la legge, nelle loro opere dimostrarono la loro obbedienza; mentre i giudei che avevano detto: “Tutto quanto il Signore ha detto, noi lo faremo e obbediremo”, nelle loro opere lo disobbedirono. Perché dunque i giudei non credano che con tali disposizioni d’animo la legge gioverà loro, Cristo mostra che proprio essa sarà per loro motivo di condanna; il che affermerà anche Paolo dicendo: “Non coloro che ascoltano la legge sono giusti dinanzi a Dio, ma coloro che mettono in pratica la legge saranno riconosciuti giusti”. E perché siano loro stessi a giudicarsi e a condannarsi, il Signore fa in modo che siano essi a pronunciare la propria sentenza. Allo stesso modo Cristo si comporta nella successiva parabola della vigna.
Per
conseguire tale scopo, Cristo pone la colpa in un’altra persona:
siccome essi non vogliono confessare direttamente, li porta là dove
egli vuole per mezzo di una parabola.
Ma dopo che essi hanno
pronunciato la loro sentenza, allora il Signore svela ciò che
restava in parte nascosto e dice: I pubblicani e le meretrici
andranno innanzi a voi nel regno di Dio. Infatti è venuto a voi
Giovanni per la via della giustizia e voi non gli avete creduto,
mentre i pubblicani e le meretrici gli hanno creduto; e voi, nemmeno
dopo aver veduto ciò, vi siete pentiti, sì da credere a lui .
Se avesse detto semplicemente che le meretrici avrebbero preceduto i giudei, la sua parola sarebbe sembrata dura; ma facendo questa dichiarazione dopo che essi hanno espresso il loro giudizio, il suo discorso perde d’asprezza e diventa accettabile. Per questo Cristo aggiunge anche la motivazione delle sue parole. Quale? “Giovanni è venuto a voi”, non agli altri; e non si arresta qui, ma soggiunge: “per la via della giustizia”: vale a dire, voi non potete accusare Giovanni di essere stato un uomo negligente e inutile. La sua vita fu irreprensibile e il suo zelo non comune; tuttavia voi non gli avete dato ascolto. E, unitamente a questa, aggiunge anche un’altra colpa: “voi non gli avete creduto”, mentre i pubblicani l’hanno ascoltato. E un’altra ancora: voi avreste dovuto credere prima dei pubblicani e delle meretrici, ma non aver creduto nemmeno dopo di loro, questo è peccato che non può ottenere perdono. Grande lode dei pubblicani e più grande condanna dei farisei: “Giovanni è venuto a voi e voi non gli avete creduto”; egli non venne per i pubblicani, eppure essi l’accolsero; infine, voi non avete voluto accettare neppure il loro esempio. Considerate in quanti modi Cristo esprime la lode degli uni e la condanna degli altri. “A voi è venuto” non a loro. “voi non gli avete creduto”: e questo vostro comportamento non li ha scandalizzati. Essi hanno creduto: e questo, invece, non ha giovato a voi.
Ma quando Cristo afferma che i pubblicani precedono i farisei, non intende dire che costoro li seguono ma che, se vogliono, hanno speranza di seguirli. Niente, in realtà, come l’emulazione risveglia e muove gli spiriti grossolani. Per questo il Signore ripete continuamente: “Gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi”. Per eccitare, quindi, la loro emulazione pone loro davanti i pubblicani e le meretrici. Questi, infatti, sono i due estremi del peccato, generati entrambi da iniquo amore: la concupiscenza della carne e l’avidità delle ricchezze. In tal modo Cristo dimostra che credere a Giovanni significa, sopra ogni altra cosa, obbedire alle leggi di Dio. E il fatto che le meretrici entrano nel regno dei cieli, è opera della grazia e della giustizia. Esse infatti non entrano nel regno dei cieli continuando la loro vita cattiva, bensì vi entrano perché hanno obbedito e creduto, si sono purificate e trasformate.
Notate come il Signore con la parabola rende meno duro il suo
discorso delle meretrici? Non chiede subito ai farisei perché non
hanno creduto a Giovanni, ma – il che è più efficace – dopo
aver parlato dei pubblicani e delle meretrici, allora introduce il
discorso sulla fede, dimostrando attraverso l’evidenza stessa dei
fatti che essi sono immeritevoli di perdono e compiono ogni cosa per
timore degli uomini e per vanagloria. Essi infatti non confessano
Cristo per timore di essere scacciati dalla sinagoga; e non osano
parlar male di Giovanni per timore del popolo, non per rispetto della
sua santità. Di tutto questo li ha già rimproverati, ma ora assesta
un più duro colpo con le seguenti parole: “E voi, nemmeno dopo
aver veduto ciò, vi siete pentiti, sì da credere a lui”. È
riprovevole infatti non scegliere il bene all’inizio; ma è più
grave colpa rifiutare di pentirsi in seguito. È questa mancanza di
pentimento che rende perversi molti.
Anche ora io vedo alcuni
giacere in questo stato per il loro estremo indurimento. Ma io vi
scongiuro: nessuno sia come loro. Anche quando fosse caduto
nell’estremo abisso della malvagità, non disperi di convertirsi e
di migliorare. È facile risalire dai baratri della colpa.
Non avete sentito parlare di quella famosa peccatrice che prima superava tutti per la sua corruzione e in seguito oscurò tutti per la sua pietà? Non mi riferisco alle peccatrici di cui si parla nei Vangeli, ma di una cortigiana dei nostri tempi, proveniente dalla più corrotta città della Fenicia. Questa donna, ricordo, si trovava tra noi, recitava come prima attrice sulle scene del teatro; ovunque si parlava di lei, non solo qui ad Antiochia, ma persino in Cilicia e in Cappadocia. Quante sostanze dilapidò, quanti rese orfani. Molti l’accusavano anche di magia, come se tendesse le sue reti non solo con l’avvenenza fisica, ma anche con filtri malefici. Lo stesso fratello dell’imperatrice cadde nelle sue reti, tanto grande era il dominio che costei esercitava. Eppure di colpo, non si sa come, o meglio io lo so perfettamente, con volontà decisa, cambiando la propria condotta e attirando a sé la grazia di Dio, questa donna disprezzò quanti prima aveva amato e si ribellò a tutte le seduzioni diaboliche, intraprendendo la sua corsa verso il cielo. Niente era più corrotto di lei quando recitava sulla scena; tuttavia, in seguito, superò molte per il rigore della sua castità, e, vestita di sacco, trascorse così tutta la vita. A causa di lei si mosse lo stesso prefetto della città e furono inviati soldati armati, che tuttavia non poterono farla ritornare alle scene, né strapparla alle vergini che l’avevano accolta. Costei meritò di partecipare ai misteri ineffabili e manifestò fervore degno della grazia che le era stata concessa e così terminò la vita dopo aver lavato con la grazia tutti i suoi peccati e aver praticato dopo il battesimo una virtù assai elevata. Rinchiusasi spontaneamente, e vivendo tutto il resto della sua vita come in carcere, rifiutò di lasciarsi anche vedere da coloro che l’avevano prima amata e che venivano per rivederla. In tal modo si compì la predizione che gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi. Si vede infatti quanto è necessario avere sempre un’anima fervente: niente allora potrà impedirci di diventare grandi e degni di ammirazione.
Nessuno, quindi, di coloro che si trovano in peccato disperi; Nessuno di coloro che praticano la virtù si addormenti né si fidi della sua virtù, perché forse una meretrice lo supererà. Il peccatore non disperi, perché è possibile che egli passi davanti ai primi. Ascolta ciò che dice Dio a Gerusalemme: “Dopo che aveva commesso tutte queste impurità, io le dissi: Convertiti, ma non si convertì”. quando noi ritorniamo ad amare ardentemente Dio, egli non ricorda più il passato. Dio non è come gli uomini: Dio, se noi ci pentiamo, non rimprovera le nostre colpe passate e non dice: Perché sei stato lontano tanto tempo?, ma ci ama quando noi ritorniamo; soltanto occorre che noi ritorniamo a lui. Ebbene, uniamoci a lui strettamente, ardentemente, e inchiodiamo i nostri cuori con il suo timore. Conversioni del genere sono avvenute non soltanto nell’Antico Testamento, ma anche nel Nuovo. Chi fu peggiore di Manasse? Eppure egli poté rendersi Dio propizio. Chi fu più fortunato di Salomone? Eppure, per essersi addormentato, cadde. Ma in una stessa persona io vi posso far vedere una cosa e l’altra: nel padre di Salomone, David fu in certi momenti buono e in altre occasioni cattivo. Chi fu più felice di Giuda? Eppure giunse ad essere traditore. Chi più miserabile di Paolo? Ma egli si convertì in apostolo. Chi peggiore di Matteo? Eppure divenne evangelista. Chi più invidiabile di Simon Mago? Ma egli si mutò nel più miserabile di tutti. Quante altre simili trasformazioni, accadute nel passato e che anche ora avvengono giornalmente? Per questo io vi ripeto: colui che recita in teatro non deve disperare, mentre colui che vive nella Chiesa non deve mai essere troppo sicuro della sua salvezza. A costui dice l’Apostolo: “Colui che crede di essere in piedi, stia attento di non cadere”, mentre a quell’altro Dio dice per bocca del profeta: “Chi è caduto non può forse rialzarsi?”, e ancora: “Raddrizzerò le mani stanche e rinvigorirò le ginocchia tremanti”. E di nuovo ammonisce gli uni: “Vigilate”., e gli altri: “Alzati, tu che dormi, e levati dai morti”. I primi devono vigilare per conservare la virtù che posseggono, gli altri devono diventare ciò che non sono; quelli devono mantenere la loro salute, questi devono liberarsi della loro infermità. Molti infatti sono i malati; ma molti degli infermi spesso riacquistano la salute e molti di coloro che sono sani, per la loro trascuratezza e negligenza, si ammalano. A quelli Gesù dice: “Ecco, sei guarito; non peccare più, affinché non ti capiti di peggio”. Agli altri invece dice: “Vuoi essere guarito? Alzati, prendi il tuo letto e va’ a casa tua”. Terribile, infatti, e tremenda paralisi è il peccato; o, per meglio dire, non è solo paralisi, ma qualcosa di più grave. Perché il peccato non solo è impotente a compiere il bene, ma è molto attivo nel fare il male. Tuttavia anche quando il tuo stato è così miserabile, per poco che tu voglia risollevarti, tutti i tuoi mali spariranno. Pur giacendo nella colpa da trentotto anni, come il paralitico del Vangelo, se tu desideri vivamente di essere risanato, niente te lo impedirà. Anche ora sta vicino a te Cristo, e ti dice: “Prendi il tuo letto”; basta che tu voglia: alzati e non disperare. Tu non hai un uomo, ma hai Dio che ti assiste; non hai chi ti getta nella piscina, ma hai qualcuno che farà in modo che tu non abbia bisogno della piscina. Non hai nessuno che ti faccia scendere in essa, ma hai chi ti comanda di prendere il tuo letto. Non devi dire: “Mentre io vado, un altro scende prima di me”. Se tu vuoi scendere nella fontana della grazia, nessuno te lo impedisce. La grazia non si consuma, né si esaurisce mai; questa fonte zampilla perennemente e dalla sua pienezza noi tutti veniamo guariti sia nel corpo che nell’anima. Avviciniamoci, dunque, anche ora. Raab era una meretrice, eppure si salvò; anche il ladrone assassino divenne cittadino del paradiso; infatti, mentre Giuda che stava con il Maestro si perdette, il ladrone stando sulla croce divenne suo discepolo. Tali sono i paradossi e i prodigi di Dio. In tal modo i magi hanno trovato grazia ed hanno acquistato gloria presso Dio, il pubblicano è divenuto evangelista e il bestemmiatore discepolo.
Riflettete
su questi esempi e non disperate mai. Abbiate sempre fiducia e fatevi
coraggio. Basta che vi incamminiate sulla via che porta alla
salvezza, e avanzerete rapidamente. State attenti a non chiudere le
porte e a non ostruire l’entrata. Breve è il tempo presente e la
fatica è leggera. E quand’anche la fatica fosse pesante, neppure
per questo dovreste scoraggiarvi. Perché, anche se non avete voglia
di sopportare l’ottima fatica che la penitenza e la virtù
comportano, inevitabilmente in questo mondo dovrete subire
tribolazioni e sopportare altre fatiche. Se dunque non si può fare a
meno di soffrire in un modo o nell’altro, perché non preferiamo il
patire che ci procura abbondanti frutti e grande ricompensa? A dire
il vero questa fatica è ben diversa da quella. Negli impegni della
vita mondana i pericoli sono continui, le perdite si succedono le une
alle altre, la speranza è incerta, la servitù è grande; si
sperperano ricchezze, i corpi si esauriscono, l’anima si corrompe.
Anche se tali fatiche e travagli trovano una ricompensa, essa è
sempre molto inferiore all’attesa. Il sudore che accompagna le
fatiche della vita mondana non sempre porta frutto e anche quando gli
affari degli uomini di mondo non vanno male, anzi ottengono un felice
risultato, questo dura per breve tempo. Infatti solo quando sarai
vecchio, quando la tua capacità di godere non sarà più viva, solo
allora la tua fatica ti frutterà. Il lavoro viene intrapreso quando
il corpo è ancora vigoroso, ma il frutto e il godimento giungono
quando il corpo è ormai vecchio e senza forze, quando il tempo ha
consumato la sensibilità e, se non l’ha esaurita del tutto,
l’attesa della morte non le consente alcuna gioia. Non così accade
a chi vive nella virtù. La fatica è nel tempo della corruzione e in
un corpo mortale, noi, però, ne riceveremo la corona quando il corpo
sarà liberato dalla vecchiaia, diverrà immortale; la ricompensa non
avrà più fine. La fatica, in questo caso, precede ed è breve, la
ricompensa, invece, seguirà e sarà senza limiti, e si potrà
riposare senza timore e senza la prospettiva di alcun male. Non
avremo più da temere mutamenti o cadute, come qui.
Che razza di
beni sono, perciò, questi che durano solo un istante e sono fatti di
fango, che prima di apparire scompaiono e che si acquistano a costo
di tante fatiche? E quali beni sono simili a quelli che non mutano
mai, non svaniscono, non causano alcuna fatica e, nel momento stesso
della battaglia, procurano la corona? Perché colui che disprezza le
ricchezze già qui riceve la sua ricompensa, essendo libero da
preoccupazioni, invidie, calunnie, insidie e maldicenze. E chi vive
in modo casto e temperante, anche prima di partire da questo mondo, è
già coronato e vive tra le delizie, perché, esente da ogni pericolo
di disonore e di derisione, non teme di essere disonorato e deriso: è
infatti al riparo da rischi, da accuse e da ogni altro danno. Allo
stesso modo tutte le altre virtù ci procurano già qui in terra i
loro premi.
Se vogliamo dunque conseguire i beni presenti e
futuri, fuggiamo il male e abbracciamo la virtù. Così godremo anche
in questo mondo e raggiungeremo in seguito la felicità eterna che io
auguro a tutti noi di ottenere per la grazia e l’amore del nostro
Signore Gesù Cristo. A lui la gloria e il potere per i secoli dei
secoli. Amen.
San
GIOVANNI CRISOSTOMO – Commento al Vangelo di San Matteo Vol.3°
(
Dal Discorso sessantasettesimo – Mt. 21, 12-32 )
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