venerdì 1 dicembre 2023

L’UOMO DI NAZARET - GESÙ UN EBREO SINGOLARE



Lo confessiamo «vero Dio e vero uomo».

Ma come ha vissuto l’uomo Gesù? Cosa ha condiviso con gli ebrei del suo tempo? E cosa lo ha contraddistinto, rendendolo originale rispetto ai gruppi religiosi contemporanei?

di Ludwig Monti, biblista


Come viveva Gesù?


Chissà quante volte ce lo siamo chiesti… è questa anche la spinta interiore che ci anima a compiere pellegrinaggi in Giudea e Galilea, per scorgere dopo due millenni le tracce del suo passaggio. Gesù di Nazaret era un ebreo, un figlio di Israele cresciuto in Galilea, educato in famiglia nella fede del suo popolo. D’altra parte, egli si è inserito nel contesto in cui ha vissuto con tratti del tutto originali, che lo hanno portato a di differenziarsi dai gruppi religiosi del suo tempo (farisei, sadducei, erodiani, esseni).

Cerchiamo dunque di conoscere la sua vita attraverso i Vangeli, senza mai dimenticare che «in queste “biografie” i fili della storia e della fede sono così intrecciati da non poter essere facilmente distinti e isolati»

(G. Ravasi, Biogra a di Gesù, 2021).


Una giornata tipo


Marco, l’evangelista più antico, dopo alcune scene introduttive ci presenta una giornata tipo di Gesù. Egli insegna, cioè annuncia la parola di Dio, anche con parabole, sua invenzione nel panorama religioso del tempo.

Qui siamo in una sinagoga (il luogo della preghiera di Israele che Gesù frequentava spesso, insieme al tempio di Gerusalemme), a Cafarnao, dove vi era una casa in cui si ritirava con la sua comunità per riposarsi, una sorta di pied-à-terre; ed è un “medico” che si prende cura di persone malate e le guarisce. In questo caso si tratta di un indemoniato, posseduto da una potenza che lo rende incapace di intrattenere relazioni umane con gli altri.

«Venuta la sera, gli portavano tutti i malati. Tutta la città era riunita davanti alla porta della casa. Curò molti, affetti da varie malattie, e scacciò molti demoni» (Marco 1,32-34). Al luogo di ascolto comunitario della Parola si affianca il sostare di Gesù e della sua comunità in quella casa che è il loro luogo di intimità. Ma l’incalzare della vita lo richiama sulla soglia: qui si prende cura dei malati che lo cercano, fa conoscere loro che sono amati da Dio. Gesù assume in tutto – eccetto il peccato – la nostra condizione umana, contrassegnata dal limite e dalla precarietà: tutti i malati vengono a lui, tutta Cafarnao è alla porta, ma egli cura molti. All’alba però cerca luoghi solitari per ascoltare il Padre nella preghiera nascosta e non lasciarsi travolgere. Tutti lo cercano – ai discepoli non sembra vero! – ma Gesù va altrove, annuncia il Regno nei villaggi e lotta per far arretrare il dominio di Satana…

Non tutti, molti; non tutto è possibile qui, altrove si apriranno altri cammini. Quotidianità e limitatezza hanno segnato l’esistenza di Gesù, così come quella di ogni creatura sotto il cielo. Ed è proprio nell’ordinaria condizione umana che Gesù inserisce lo straordinario della sua persona. Come? Mette una fede incrollabile nel Padre, prega e pensa con un’intensità unica alla luce del volto di Dio: così giunge a vivere il faticoso amore, cioè si prende cura, per quanto possibile, delle molteplici malattie degli umani; così ci insegna a vivere in questo mondo. Dedichiamoci dunque ai tratti singolari della figura di Gesù, alla sua originalità.

Un giorno ha detto: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti», cioè la tradizione di Israele. «Sono venuto a dare pieno compimento» (Matteo 5,17). Come? Vediamolo mediante tre incontri di Gesù che sintetizzano le traiettorie essenziali della sua vita.


La religione e la vita

Secondo la tradizione di Israele, in obbedienza alla rivelazione ricevuta da Mosè sul Sinai, il sabato è giorno in cui non si lavora, per riconoscere la signoria di Dio e dedicarsi alla lode a lui. Ma come può celebrare la vita chi è menomato? Gesù lo sa, perciò afferma, con una semplicità disarmante eppure strana per i professionisti della religione: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Marco 2,27). Ed ecco un caso evidentissimo a cui questo principio va applicato. Mentre insegna in sinagoga, scorge un uomo con una mano paralizzata (Marco 3,1-6). Il suo sguardo coglie il bisogno di questa persona, mentre gli uomini religiosi spiano il comportamento di Gesù, «per vedere se lo cura in giorno di sabato, e così accusarlo». Quale differenza di sguardo, dunque di cuore! Ma l’attenzione di Gesù va al bisogno dell’uomo. Per questo gli chiede di alzarsi e porsi in mezzo. Poi, rivolto a chi lo disprezza, pone una domanda semplicissima: «È lecito in giorno di sabato fare il bene o fare il male, salvare una vita o ucciderla?». Elementare, si direbbe. «Ma essi tacevano». Perché? Perché pongono la legge religiosa al di sopra del bene dell’essere umano.

Preferiscono mettere Gesù in cattiva luce piuttosto che mettersi in discussione. Gesù allora va in collera e si rattrista per la loro durezza di cuore. Sono tanto bravi a celebrare liturgie… invano, come direbbe il profeta, che egli cita: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me – dice il Signore –. Invano mi rendono culto, insegnando precetti umani» (Isaia 29,13). Poi, guardando negli occhi i suoi accusatori, cioè usando in modo diverso e coinvolgente lo sguardo, si rivolge al malato. La conseguenza è naturale: ridona salute alla sua mano, restituendolo all’integrità, alla condizione di creatura amata da Dio; gli altri, lividi di rabbia, congiurano su come far fuori Gesù. Quale splendida celebrazione del sabato!

Ma perché non capiamo che la via aperta da Gesù, compimento della volontà del Padre, è la via della vita, da potenziare, di cui godere e far godere in pienezza chi ci è accanto, ogni giorno? Perché facciamo prevalere la religione sulla vita? Gesù ha detto, fatto, voluto il contrario.


La “conversione” di Gesù


Ai confini con il territorio straniero, «nella zona di Tiro e Sidone», una donna pagana invoca l’aiuto di Gesù affinché guarisca sua figlia, gravemente malata (Matteo 15,21-28). Sulle prime Gesù non se ne cura, lasciandoci interdetti.

Sono i discepoli, infastiditi dalle grida della donna, a implorarlo di esaudirla. Gesù allora manifesta la sua coscienza di credente ebreo: «Non sono stato inviato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». È convinto che la salvezza sia destinata in primo luogo agli ebrei, i “ figli” di Dio: nel Regno i pagani, spregiativamente definiti “cagnolini”, possono aver parte al pane solo dopo che i figli siano sazi.

La donna però ribalta in modo geniale il paragone utilizzato da Gesù, forse conoscendo il suo amore per i banchetti: «Anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». È proprio così: Gesù ci aveva mai pensato? Potenza dell’ascolto profondo dell’altro, che sa cogliere nelle sue parole potenzialità ancora sconosciute! Gesù la ascolta con altrettanta attenzione ed è colpito, al punto da cambiare tono: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E subito la guarigione avviene.

Guarigione della figlia, certo, ma anche “conversione” di Gesù. La fiducia ostinata e l’intelligente franchezza di questa donna gli fanno cambiare parere, spingendolo a mutare la sua immagine di Dio, dunque il suo comportamento. Ella sa di aver diritto, come ogni umano, alla misericordia che eccede la legge; per questo invoca Gesù affinché renda evidente l’infinita misericordia del Padre, che non può essere limitata a Israele e negata agli altri. Questa donna pagana fa scoprire a Gesù l’universalità della sua missione. Di più, qui appare l’inaudita potenza dell’ascolto reciproco, la disponibilità a lasciarsi “alterare” dal dialogo: è il Vangelo, la buona notizia potenzialmente racchiusa in ogni autentico incontro umano.

Sarebbe interessante approfondire il particolare rapporto di Gesù con le donne, annoverate anche tra le sue discepole (Luca 8,1-3), cosa sconveniente per la cultura religiosa del tempo, che così si esprimeva: «Meglio bruciare le parole della Torah che insegnarle alle donne». Ma è tempo di passare a una pagina famosissima e “scandalosa”, sintesi dell’intero stile di vita di Gesù.


Una vita umana

Mentre Gesù insegna nel tempio, alcuni uomini religiosi gli conducono una donna sorpresa in adulterio (Giovanni 8,1-11). Le loro parole sono formalmente ineccepibili: «Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa». Ma l’uomo dov’è? La Torah, infatti, prevedeva la pena di morte per entrambi gli adulteri. «Tu che ne dici?». Ecco il tranello, «per tentarlo e accusarlo». O Gesù si pone contro la donna, e allora non è misericordioso, oppure parla contro la Legge, e allora è blasfemo. Nella sua intelligente libertà Gesù reagisce invece misteriosamente, tracciando segni scritti sulla terra: unica volta nei Vangeli, dove Gesù non scrive mai! Se con il suo dito Dio aveva inciso la Legge di Mosè sulla pietra (Esodo 31,18), Gesù la riscrive nei cuori (Geremia 31,33). Questa Legge esige anzitutto sincerità con sé: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». Ma chi lo è? E soprattutto: sicuro che una trasgressione pubblica sia più grave di un peccato nascosto, sotto apparenze di purità religiosa? Non a caso, a questo invito «se ne vanno uno per uno, dai più anziani», che hanno accumulato più peccati. Alla fine «restano solo in due, la misera e la misericordia» (sant’Agostino). Dopo essersi chinato ai piedi della donna, Gesù la guarda in volto e la restituisce alla sua qualità di creatura umana. Il dialogo finale è indimenticabile: - Donna, nessuno ti ha condannata? - Nessuno, Signore. - Neanch’io ti condanno; va e d’ora in poi non peccare più.

Non si dice che la donna divenne discepola! Sappiamo solo che, anche tornasse a vivere, Dio l’ha perdonata attraverso Gesù e l’ha inviata verso la libertà. Chiamato a scegliere tra Legge e misericordia, Gesù sceglie la misericordia senza mettersi contro la Legge: così trasforma un tranello in un incontro umano e umanizzante.

Ecco il Vangelo! Ecco la vita umana di Gesù!


Viandante instancabile

Cammina senza sosta. Trascorre la propria vita su circa sessanta chilometri di lunghezza, trenta di larghezza. Si direbbe che il riposo gli è vietato. Quello che si sa di lui lo si deve a un libro. Se avessimo un orecchio un po’ più fine, potremmo ricevere notizie di lui ascoltando il canto dei granelli di sabbia, sollevati dai suoi piedi nudi. Sono dapprima in quattro a scrivere su di lui. Quando scrivono hanno sessant’anni di ritardo sull’evento del suo passaggio. Noi Ne abbiamo molti di più: duemila. Tutto quanto può essere detto su quest’uomo è in ritardo rispetto a lui.

C. Bobin, L’uomo che cammina, 1998


Tratti umani

I tratti umani di Gesù sono importanti non soltanto per conoscere l’uomo Gesù, ma per conoscere – e non è un paradosso – il lato divino della sua persona. Non basta credere che Gesù è il Messia e Figlio. Quale Messia? Quale Figlio? La novità del volto del Dio cristiano è rivelata dall’umanità di Gesù. Su questo i primi cristiani non avevano dubbi.

B. Maggioni, Era veramente uomo, 2001


Come pregava Gesù?

La preghiera di Gesù era legata alle forme della preghiera giudaica del tempo, vissuta nella liturgia della sinagoga e nelle feste al tempio di Gerusalemme: Salmi, recita dello Shema‘ Jisra’el (“Ascolta, Israele”: Deuteronomio 6,4-9), delle Diciotto benedizioni, lettura della Torah e dei Profeti (cfr. Luca 4,16-21). È da tale fonte che Gesù ha tratto ispirazione anche per la sua preghiera personale. Il suo ministero pubblico è infatti intervallato da frequenti ritiri, per pregare: «in luoghi deserti«», «in disparte», «da solo», «sul monte»; in particolare «secondo il suo solito, sul monte degli Ulivi» (Luca 22,39).


Gesù è ebreo e lo è per sempre, è pienamente un uomo del suo tempo e del suo ambiente ebraico palestinese del primo secolo, di cui ha condiviso gioie e speranze.

Sussidi per una corretta presentazione degli ebrei e dell’ebraismo, documento della Santa Sede del 1985


Tratto dal Settimanale "CREDERE" Anno X - N. 44 del 29 ottobre 2023 - EDITORE PERIODICI SAN PAOLO S.r.l.

www.credere.it

www.edicolasanpaolo.it




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