2
aprile 1945.
Le
donne, intanto, uscite dalla casa camminano rasente al muro, ombre
nell’ombra. Per qualche tempo tacciono, tutte imbacuccate e paurose
di tanto silenzio e solitudine. Poi, rassicurandosi alla vista della
calma assoluta che è in città, si riuniscono in gruppo e osano
parlare.«Saranno già aperte le porte?», chiede Susanna. «Certo.
Guarda là il primo ortolano che entra con le verdure. Va al
mercato», risponde Salome.«Ci diranno nulla?», chiede ancora
Susanna. «Chi?», domanda la Maddalena. «I soldati, alla porta
Giudiziaria. Di lì... entrano pochi ed escono meno ancora... Daremo
sospetti...».«E con ciò? Ci guarderanno. Vedranno cinque donne che
vanno verso la campagna. Potremmo essere anche persone che, fatta la
Pasqua, andiamo ai nostri paesi».«Però... Per non dare nell’occhio
a qualche malintenzionato, perché non usciamo da un’altra porta e
poi giriamo rasente alle mura?...».«Allungheremo la strada». «Ma
saremo più sicure. Prendiamo la porta dell’Acqua...». «Oh!
Salome! Se fossi in te, sceglierei la porta Orientale! Più lungo il
giro dovresti fare! Occorre fare presto e tornare presto». È la
Maddalena questa così recisa.«Allora un’altra, ma non quella
Giudiziaria. Sii buona...», pregano tutte. «E va bene. Allora,
posto che volete così, passiamo da Giovanna. Si è raccomandata di
farglielo sapere. Se fossimo andate dirette, si poteva fare senza. Ma
poiché volete fare un giro più lungo, passiamo da lei...».«Oh!
sì. Anche per le guardie messe là... Lei è nota e temuta...». «Io
direi di passare anche da Giuseppe d’Arimatea. È il padrone del
luogo». «Ma sì! Facciamo un corteo, adesso, per non dare
nell’occhio! Oh! che pavida sorella che ho! Piuttosto, sai Marta?
Facciamo così. Io vado avanti e guardo. Voi venite dietro con Giovanna. Mi metterò in mezzo alla via, se c’è del pericolo, e mi
vedrete. E torneremo indietro. Ma vi assicuro che le guardie, davanti
a questo io ci ho pensato (e mostra una borsa piena di monete) ci
lasceranno fare tutto».«Lo diremo anche a Giovanna. Hai ragione».
«Allora andate, che io vado». «Vai sola, Maria? Io vengo con te»,
dice Marta timorosa per la sorella. «No. Tu va’ con Maria d’Alfeo
da Giovanna. Salome e Susanna ti aspetteranno presso la porta, dalla
parte di fuori delle mura. E poi verrete per la via maestra tutte
insieme. Addio». E Maria Maddalena tronca altri possibili commenti
andandosene veloce con la sua borsa di balsami e le sue monete in
seno.Vola, tanto va lesta nella strada che si fa più lieta nel primo
rosare dell’aurora. Passa la porta Giudiziaria per fare più
presto. Né nessuno la ferma...
Le altre la guardano andare, poi
volgono le spalle alla biforcazione di vie dove erano e ne prendono
un’altra, stretta e oscura, che poi si apre, in prossimità del
Sisto, in una più vasta e aperta in cui sono belle case. Si dividono
ancora, Salome e Susanna procedendo per la via, mentre Marta e Maria
d’Alfeo bussano al portone ferrato e si mostrano al finestrino
(spioncino) che il portinaio socchiude.Entrano e vanno da Giovanna
che, già alzata e tutta vestita di un viola scurissimo che la fa
ancora più pallida, manipola anche essa degli oli insieme alla
nutrice e ad una servente.«Siete venute? Dio ve ne compensi. Ma, non
foste venute, sarei andata da me... Per trovare conforto... Perché
molte cose sono rimaste turbate dopo quel tremendo giorno. E per non
sentirmi sola devo andare contro quella pietra e bussare e dire:
“Maestro, sono la povera Gio- vanna... Non mi lasciare sola anche
Tu...”».Giovanna piange piano ma con molta desolazione, mentre
Ester, la nutrice, fa dei grandi segni indecifrabili dietro le spalle
della padrona, intanto che le mette il mantello.«Io vado, Ester».
«Dio ti conforti!».Escono dal palazzo per raggiungere le compagne.
È in questo momento che avviene il breve e forte terremoto, che
getta di nuovo nel panico i gerosolimitani, ancora terrorizzati dagli
avvenimenti del Venerdì. Le tre donne tornano sui loro passi,
precipitosamente, e nell’ampio vestibolo, fra le serve e i servi
urlanti e invocanti il Signore, stanno paurose di nuove
scosse......La Maddalena, invece, è proprio al limitare del viottolo
che porta all’orto dell’Arimatea quando la coglie il boato
potente, e pure armonico, di questo segno celeste, mentre, nella luce
appena rosata dell’aurora che si avanza nel cielo, dove ancora a
occidente resiste una tenace stella, e che fa bionda l’aria fino
allora verdolina, si accende una grande luce, che scende come fosse
un globo incandescente, splendidissimo, tagliando a zig-zag l’aria
quieta. Maria di Magdala ne è quasi sfiorata e rovesciata al suolo.
Si curva un momento mormorando: «Mio Signore!», e poi si raddrizza
come uno stelo dopo il passar del vento e, ancora più ratta, corre
verso l’ortaglia. Vi entra veloce, andando, come un uccello
inseguito e cercante il nido, verso il sepolcro di roccia. Ma, per
quanto vada veloce, non può essere là quando la celeste meteora fa
da leva e da fiamma sul sigillo di calcina messo a rinforzo del
pesante pietrone, né quando con fragore finale la porta di pietra
cade, dando uno scuotìo che si unisce a quello del terremoto che, se
è breve, è di una violenza tale che atterra le guardie come
morte.Maria, sopraggiungendo, vede questi inutili carcerieri del
Trionfatore gettati al suolo come un fascio di spighe falciate. Maria
Maddalena non riconnette il terremoto con la Risurrezione. Ma,
vedendo quello spettacolo, crede che sia il castigo di Dio sui
profanatori del Sepolcro di Gesù, e cade in ginocchio dicendo:
«Ahimé! Lo hanno rapito!». È veramente desolata e piange come una
bambina che sia venuta sicura di trovare il padre cercato e trovi
invece vuota la dimora. Poi si alza e corre via per andare da Pietro
e Giovanni. E, dato che più non pensa che ad avvisare i due, non
ricorda di andare incontro alle compagne, di arrestarsi sulla via, ma
veloce come una gazzella ripassa per la strada già fatta, supera la
porta Giudiziaria e vola per le strade che sono un poco più animate,
si abbatte contro il portone della casa ospitale e lo batte e lo
scuote furiosamente. Le apre la padrona. «Dove sono Giovanni e
Pietro?», chiede affannosa Maria Maddalena. «Là», e la donna
indica il Cenacolo. Maria di Magdala entra e, appena è dentro,
davanti ai due stupiti dice, e nella voce tenuta bassa per pietà
della Madre è più affanno che se avesse urlato, dice: «Hanno
portato via il Signore dal Sepolcro! Chissà dove lo hanno messo!»,
e per la prima volta traballa e vacilla e, per non cadere, si afferra
dove può.«Ma come? Che dici?», chiedono i due. E lei, con affanno:
«Sono andata avanti... per comperare le guardie... perché ci
lasciassero fare. Loro sono là come morte... Il Sepolcro è aperto,
la pietra per terra... Chi? Chi sarà stato? Oh! venite!
Corriamo...».Pietro e Giovanni si avviano subito. Maria li segue per
qualche passo. Poi torna indietro. Afferra la padrona di casa, la
scrolla, violenta nel suo previdente amore, e le fischia in volto:
«Guardati bene da far passare nessuno da Lei (e accenna la porta
della stanza di Maria). Ricordati che io sono la tua padrona.
Ubbidisci a taci». E poi la lascia esterrefatta e raggiunge gli
apostoli, che a gran passi vanno verso il Sepolcro.....Susanna e
Salome, intanto, lasciate le compagne e raggiunte le mura, vengono
colte dal terremoto. Impaurite, si rifugiano sotto una pianta e
stanno là, combattute fra la smania di andare verso il Sepolcro e
quella di scappare presso Giovanna. Ma l’amore vince la paura e
vanno verso il Sepolcro. Entrano ancora sbigottite nell’ortaglia e
vedono le guardie tramortite... vedono una grande luce uscire dal
Sepolcro aperto. Si aumenta il loro sbigottimento e finisce di farsi
completo quando, tenendosi per mano per farsi coraggio a vicenda, si
affacciano sulla soglia e, nel buio della grotta sepolcrale, vedono
una creatura luminosa e bellissima, dolcemente sorridente, salutarle
dal posto dove sta: appoggiata a destra della pietra dell’unzione,
che si annulla col suo grigio dietro a tanto incandescente splendore.
Cadono a ginocchi, sbalordite di stupore. Ma l’angelo dolcemente
parla loro: «Non abbiate timore di me. Sono l’angelo del Divino
Dolore. Sono venuto per bearmi della fine di esso. Più non è il
dolore del Cristo, il suo avvilimento nella morte. Gesù di Nazaret,
il Crocifisso che voi cercate, è risorto. Non è più qui! Vuoto è
il posto dove era deposto. Giubilate con me. Andate. Dite a Pietro e
ai discepoli che Egli è risorto e vi precede in Galilea. Là lo
vedrete ancora per poco, secondo che ha detto». Le donne cadono col
volto a terra e quando lo alzano fuggono come fossero inseguite da un
castigo. Sono terrorizzate e mormorano: «Ora morremo! Abbiamo visto
l’angelo del Signore!».Si calmano un poco in aperta campagna e si
consigliano. Che fare? Se dicono ciò che hanno visto, non saranno
credute. Se dicono anche di venire di là, possono essere accusate
dai giudei di aver ucciso le guardie. No. Non possono dire nulla, né
agli amici, né ai nemici...Pavide, ammutolite, tornano da altra via
verso casa. Entrano e si rifugiano nel Cenacolo. Neppure chiedono di
vedere Maria... E là pensano che quanto hanno visto non sia che un
inganno del Demonio. Umili come sono, giudicano che «non può essere
che a loro sia stato concesso di vedere il messo di Dio. È Satana
che le ha volute impaurire per allontanarle di là». Piangono e
pregano come due bambine impaurite da un incubo.....Il terzo gruppo,
quello di Giovanna, Maria d’Alfeo e Marta, visto che nulla succede
di nuovo, si decide ad andare là dove certo le compagne attendono.
Escono nelle strade, dove ormai vi è gente impaurita, che commenta
il nuovo terremoto e lo ricollega ai fatti del Venerdì e vede anche
quello che non c’è. «Meglio se sono tutti spauriti! Forse lo
saranno anche le guardie e non faranno eccezioni», dice Maria
d’Alfeo. E vanno svelte verso le mura. Ma, mentre loro vanno là,
all’ortaglia sono già giunti Pietro e Giovanni, seguiti dalla
Maddalena. E Giovanni, più svelto, giunge per primo al Sepolcro. Le
guardie non ci sono più. E più non c’è l’angelo. Giovanni si
inginocchia, timoroso e dolente, sulla soglia spalancata, e per
venerare e per cogliere qualche indizio dalle cose che vede. Ma non
vede che ammucchiati per terra i panni lini messi sopra la sindone.
«Non c’è proprio, Simone! Maria ha visto bene. Vieni, entra,
guarda». Pietro, col fiato grosso per il gran correre fatto, entra
nel Sepolcro. Aveva detto per via: «Io non oserò accostarmi a quel
posto». Ma ora non pensa altro che a scoprire dove può essere il
Maestro. E lo chiama anche, come Egli potesse essere nascosto in
qualche angolo buio. L’oscurità, in questa ora mattutina, è
ancora forte nel profondo del Sepolcro, a cui dà luce solo la
piccola apertura della porta su cui ora fanno ombra Giovanni e la
Maddalena... E Pietro stenta a vedere, e deve aiutarsi con le mani a
vedere... Tocca, e trema, il tavolo dell’unzione e lo sente
vuoto...«Non c’è, Giovanni! Non c’è!... Oh! vieni anche tu! Io
ho tanto pianto che non ci vedo quasi in questa poca luce». Giovanni
si alza in piedi ed entra. E, mentre lo fa, Pietro scopre il sudario
posto in un angolo, ben piegato e con dentro la sindone arrotolata
con cura. «Lo hanno proprio rapito. Le guardie erano non per noi, ma
per fare questo... E noi l’abbiamo lasciato fare. Coll’andarcene
lo abbiamo permesso!...». «Oh! dove lo avranno messo?». «Pietro!
Pietro! Ora... è proprio finita!». I due discepoli sono annientati.
«Andiamo, donna. Tu lo dirai alla Madre...». «Io non vengo via.
Sto qui... Qualcuno verrà... Oh! io non vengo... Qui c’è ancora
qualcosa di Lui. Aveva ragione la Madre... Respirare l’aria dove
Egli fu è l’unico sollievo che ci resta». «L’unico sollievo...
Ora lo vedi tu pure che era fola sperare...», dice Pietro. Maria
neppure risponde. Si accascia al suolo, proprio presso la porta, e
piange, mentre gli altri vanno via lentamente. Poi alza il capo e
guarda dentro, e fra le lacrime vede due angeli seduti a capo e a
piedi della pietra dell’unzione. È tanto intontita la povera
Maria, nella sua più fiera battaglia fra la speranza che muore e la
fede che non vuole morire, che li guarda inebetita, senza neppure
stupirsene. Non ha più altro che lacrime la forte che a tutto ha
resistito da eroina. «Perché piangi, donna?», chiede uno dei due
luminosi fanciulli, perché di adolescenti bellissimi hanno
l’aspetto. «Perché hanno portato via il mio Signore e non so dove
me lo hanno messo». Maria non ha paura a parlare con loro, non
chiede: «Chi siete?». Nulla. Nulla più le fa stupore. Tutto quanto
può stupire una creatura ella lo ha già subito. Ora non è che una
cosa spezzata che piange senza vigore e ritegno. Il giovinetto
angelico guarda il compagno e sorride. E l’altro pure. E in un
balenare di leti- zia angelica ambedue guardano fuori, verso
l’ortaglia tutta in fiore per i milioni di corolle che si sono
aperte al primo sole sui meli fitti del pometo.Maria si volta per
vedere chi guardano. E vede un Uomo, bellissimo, che non so come non
possa riconoscere subito. Un Uomo che la guarda con pietà e le
chiede: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». È vero che è un
Gesù offuscato dalla sua pietà verso la creatura, che le troppe
emozioni hanno sfinita e che potrebbe morire per improvvisa gioia, ma
proprio mi chie- do come possa non riconoscerlo. E Maria fra i
singhiozzi: «Mi hanno preso il Signore Gesù! Ero venuta per
imbalsamarlo in attesa che sorgesse... Ho tenuto raccolto tutto il
mio coraggio e la mia speranza e la mia fede intorno al mio amore...
e ora non lo trovo più... Anzi ho messo il mio amore intorno alla
fede, alla speranza e al coraggio, per difendere questi dagli
uomini... Ma è tutto inutile! Gli uomini hanno rubato il mio Amore e
con esso tutto mi hanno levato... O mio signore, se sei tu che lo hai
portato via, dimmi dove lo hai messo. Ed io lo prenderò... Non lo
dirò a nessuno... Sarà un segreto fra me e te. Guarda: sono la
figlia di Teofilo, la sorella di Lazzaro, ma ti sto in ginocchio
davanti a supplicarti, come una schiava. Vuoi che ti compri il suo
Corpo? Lo farò. Quanto vuoi? Sono ricca. Posso darti tant’oro e
gemme per quanto esso pesa. Ma rendimelo. Non ti denuncerò. Vuoi
percuotermi? Fallo. A sangue, se vuoi. Se hai un odio per Lui, fallo
scontare a me. Ma rendimelo. Oh! non mi fare povera di questa
miseria, o mio signore! Pietà di una povera donna!... Per me non
vuoi? Per sua Madre, allora. Dimmi! Dimmi dove è il mio Signore
Gesù. Sono forte. Lo prenderò fra le braccia e lo porterò come un
bambino in salvo. Signore... signo- re... tu lo vedi... da tre giorni
siamo percossi dall’ira di Dio per quello che fu fatto al Figlio di
Dio... Non aggiungere Profanazione a Delitto...». «Maria!». Gesù
sfavilla nel chiamarla. Si svela nel suo fulgore trionfante.
«Rabboni!». Il grido di Maria è veramente “il grande grido”
che chiude il ciclo della morte. Col primo le tenebre dell’odio
fasciarono la Vittima di bende funebri, col secondo le luci
dell’amore aumentarono il suo splendore. E Maria si alza nel grido
che empie l’ortaglia, corre ai piedi di Gesù, li vorrebbe baciare.
Gesù la scosta toccandola appena col sommo delle dita presso la
fronte: «Non mi toccare! Non sono ancora salito al Padre mio con
questa veste. Va’ dai miei fratelli e amici, e di’ loro che Io
salgo al Padre mio e vostro, al Dio mio e vostro. E poi verrò da
loro». E Gesù scompare, assorbito da una luce insostenibile. Maria
bacia il suolo dove Egli era e corre verso casa. Entra come un razzo,
perché il portone è socchiuso per dare passaggio al padrone che
esce per andare alla fonte; apre la porta della stanza di Maria e le
si abbandona sul cuore gridando: «È risorto! È risorto!», e
piange beata. E mentre accorrono Pietro e Giovanni, e dal Cenacolo
avanzano spaurite Salome e Susanna e ascoltano il suo racconto, ecco
entrare anche, dalla via, Maria d’Alfeo con Marta e Giovanna, che a
fiato mozzo dicono di «essere anche loro state là e di avere visto
due angeli che si dicevano il Custode dell’Uomo Dio e l’angelo
del suo Dolore, e che hanno dato loro l’ordine di dire ai discepoli
che Egli era risorto». E poiché Pietro scrolla il capo, insistono
dicendo: «Sì. Hanno detto: “Perché cercate il Vivente fra i
morti? Egli non è qui. È risorto, come disse quando anco- ra era in
Galilea. Non ricordate? Disse: ‘Il Figlio dell’uomo deve essere
dato nelle mani dei peccatori ed essere crocifisso. Ma il terzo
giorno risusciterà?”». Pietro scrolla il capo dicendo: «Troppe
cose in questi giorni! Ne siete rimaste turbate». La Maddalena alza
il capo dal petto di Maria e dice: «L’ho visto! Gli ho parlato. Mi
ha detto che sale al Padre e poi viene. Come era bello!», e piange
come non ha mai pianto, ora che non ha più da torturare se stessa
per fare forza contro il dubbio sorgente da ogni lato. Ma Pietro, e
anche Giovanni, restano molto dubbiosi. Si guardano, ma il loro
occhio dice: «Immaginazione di donne!». Anche Susanna e Salome
osano allora parlare. Ma la stessa inevitabile diversità nei
particolari delle guardie che prima ci sono come morte e poi non ci
sono, degli angeli che ora sono uno e ora due e che agli apostoli non
si sono mostrati, delle due versioni sul venire qui di Gesù o sul
precedere i suoi in Galilea, fa sì che il dubbio e, anzi, la
persuasione degli apostoli cresca sempre più. Maria, la Madre beata,
tace sorreggendo la Maddalena... Non comprendo il mistero di questo
silenzio materno. Maria d’Alfeo dice a Salome: «Torniamo là noi
due. Vediamo se siano tutte ebbre...». E corrono fuori. Le altre
restano, pacatamente derise dai due apostoli, presso Maria che tace,
assorta in un pensiero che tutti interpretano a modo loro, e nessuno
comprende che è in estasi. Tornano le due attempate donne: «È
vero! È vero! Noi lo abbiamo visto. Ci ha detto, presso l’orto di
Barnaba: “La pace a voi. Non temete. Andate a dire ai miei fratelli
che sono risorto e che vadano fra qualche giorno in Galilea. Là
staremo ancora insieme”. Così ha detto. Maria ha ragione. Bisogna
dirlo a quelli di Betania, a Giuseppe, a Nicodemo, ai discepoli più
fidi, ai pastori, andare, fare, fare... Oh! è risorto!...»,
piangono tutte beate. «Folli siete, donne. Il dolore vi ha turbate.
La luce vi è parsa un angelo. Il vento voce. Il sole il Cristo. Io
non vi critico. Vi capisco, ma non posso che credere che a ciò che
io ho visto: il Sepolcro aperto e vuoto, e le guardie fuggite col
Cadavere involato». «Ma se lo dicono le guardie stesse che è
risorto! Se la città è in subbuglio e i principi dei Sacerdoti sono
folli d’ira, perché le guardie hanno parlato fuggendo
esterrefatte! Ora vogliono che dicano diverso e le pagano perciò. Ma
già si sa. E se i giudei non credono alla Risurrezione, non vogliono
credere, molti altri credono...». «Uhm! Le donne!...». Pietro alza
le spalle e fa per andarsene. Allora la Madre, che ha sempre sul
cuore la Maddalena che piange come un salice sotto un’acquata per
la sua troppo grande gioia e che la bacia sui capelli biondi, alza il
viso trasfigurato e dice una breve frase: «È realmente risorto. Io
l’ho avuto fra le braccia e ne ho baciato le Piaghe». E poi si
curva sui capelli dell’appassionata e dice: «Sì, la gioia è
ancora più forte del dolore. Ma non è che una briciola di rena di
quello che sarà il tuo oceano di gioia eterna. Te beata che sopra la
ragione hai fatto parlare lo spirito». Pietro non osa più negare...
e con uno di quei trapassi del Pietro antico, che ora ritorna ad
affiorare, dice, e urla, come se dagli altri e non da lui dipendesse
il ritardo: «Ma allora, se è così, bisogna farlo sapere agli
altri. A quelli dispersi per le campagne... cercare... fare... Su,
muovetevi. Se dovesse proprio venire... che ci trovi almeno», e non
si accorge che ancora confessa di non credere ciecamente alla sua
Risurrezione.
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