Gn 1, 26 -
31
L'universale
bisogno di comunione
Il tema su cui
vogliamo riflettere questa sera, è l'universale bisogno di comunione
che caratterizza la vita dell'uomo dall'infanzia alla vecchiaia.
Vediamo infatti che per i bambini è vitale la ricerca della
compagnia e dell'affetto dei genitori. Ma anche per i giovani sono
vitali i momenti di aggregazione con i coetanei. Ecco allora sorgere
vari gruppi, sportivi e non, nei quali ognuno tende ad esprimere la
propria vitalità e creatività, cercando nello stesso tempo di
soddisfare il proprio bisogno di amicizia. In età più matura
l'esigenza sarà quella di trovare nel matrimonio una comunione più
intima e duratura, comunione che tenderà ad espandersi ed
arricchirsi sia per la nascita dei figli che per le relazioni con
altre famiglie nelle quali si sono scoperti interessi comuni o
reciproche simpatie. Il bisogno della vita comunitaria si manifesta
ancora nella partecipazione a varie associazioni o gruppi: dal gruppo
in cui si gioca a carte o a bocce, fino alle varie forme di
volontariato.
Altra tipica
manifestazione dell'esigenza di comunione la vediamo nei momenti di
pausa sui posti di lavoro. In questi momenti è comune la tendenza ad
incontrarsi per prendere un caffè, fare quattro chiacchiere e
scambiarsi opinioni sui più svariati argomenti. In queste occasioni
si può anche incontrare chi è particolarmente dotato nel sommergere
la compagnia con fiumi di parole, pontificando con incredibile
sicurezza sulle questioni più complesse. Queste persone sono in
genere incapaci di vero dialogo, ascoltano più che altro se stesse e
non sospettano nemmeno che altri potrebbero avere idee e argomenti
migliori. Dialogare è un'arte e, in fondo, tanto più si è capaci
di dialogare quanto più si è capaci di amare. A questo punto
possiamo chiederci: questa universale esigenza di comunione e di
dialogo, presente durante tutto il corso della vita umana, da dove
proviene? Che cosa ci rivela?
Intanto ci
rivela che nessuno basta a se stesso. Qualsiasi cosa uno faccia, in
qualunque campo si trovi impegnato, facilmente può verificare che
gli uni hanno bisogno degli altri e che la vita umana è basata sulla
dipendenza reciproca. Questa dipendenza tende inoltre a creare
rapporti d'amore fra le persone, reciproca crescita, reciproco
arricchimento. L'amore reciproco tende poi all'unità, ossia a far sì
che persone diverse diventino una cosa sola. Vediamo infatti che il
reciproco amore dei fidanzati fa nascere una famiglia; la comune
passione per il gioco del calcio fa nascere una squadra di calcio, e
coloro che amano Gesù e in Lui si amano formano la Chiesa.
Accade così
che in tutte le associazioni, in tutte le comunità, si realizza sia
il bene della diversità che quello dell'unità. Se ci fosse solo
unità senza diversità mancherebbe lo splendore della varietà o
della relazione, se ci fosse solo la diversità senza unità
mancherebbe la coesione e la stabilità dell'unità. Riprendiamo
allora la domanda: qual è l'origine e qual è il fine di questo
stato di cose?
La rivelazione
divina contenuta nelle Sacre Scritture e la riflessione della Chiesa
su questa rivelazione, insegnano che Dio è un'unità formata da tre
distinte persone fra loro dipendenti. Dio poi, lascia impresso il suo
sigillo in tutte le sue opere, e nel caso della creazione dell'uomo
così leggiamo nel libro della Genesi: E Dio disse: "Facciamo
l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci
del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie
selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". Dio
creò l'uomo a sua immagine a immagine di Dio lo creò maschio e
femmina li creò. Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra
immagine, a nostra somiglianza. C'è da notare in questa
espressione che Dio non dice : "Voglio fare l'uomo a mia
immagine a mia somiglianza", ma facciamo l'uomo a nostra
immagine a nostra somiglianza. Dio parla al plurale, non al
singolare, ed i Padri della Chiesa hanno visto in questo un'allusione
al fatto che in Dio ci sono più persone. La cosa è ulteriormente
confermata dall'espressione: Dio creò l'uomo a sua immagine; a
immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Questa
espressione dice che l'immagine di Dio è proprio nel fatto di essere
maschio e femmina, ossia più di una persona; queste persone tendono
poi a diventare una cosa sola. L'insegnamento di Gesù porterà la
luce definitiva su questo argomento, nel senso che, parlandoci della
sua relazione con il Padre Celeste, promettendo la venuta dello
Spirito Santo, inviando i suoi apostoli in tutto il mondo a
battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ci
manifesta che Dio è uno in tre Persone. Dio è una comunione
perfetta in cui il Padre dona se stesso interamente al Figlio, il
Figlio dona se stesso interamente al Padre e da questo reciproco dono
procede lo Spirito Santo che è lo splendore del loro amore.
La Sacra
Scrittura insegna così che l'esigenza di comunione presente nel
cuore dell'uomo ha la sua origine nella perfetta comunione esistente
fra le Persone della SS Trinità. La nostra esigenza di comunione è
quindi un richiamo tendente ad orientarci verso la sorgente di ogni
comunione e di ogni dialogo, è uno dei mezzi che Dio utilizza per
attirarci a Sé. Questo desiderio è quindi destinato a rimanere
insoddisfatto fino a quando non si immergerà nella sorgente che l'ha
fatto sorgere. Da quanto abbiamo appena detto possiamo forse
intravedere che, ogni comunione e ogni dialogo, saranno tanto più
ricchi e stabili, nella misura in cui si orienteranno verso
l'esemplare divino di cui sono un'immagine, nella misura in cui il
fine della comunione e il fine del dialogo è la crescita nella
conoscenza e nell'amore di Dio.
Immagine e
somiglianza
La Sacra
Scrittura per indicare il sigillo che Dio ha lasciato impresso
nell'uomo utilizza i termini di immagine e somiglianza,
lasciando a coloro che hanno amore per la sapienza il compito di
esplorarne i possibili significati. A questo proposito S. Agostino
osserva: L'oscurità della Parola di Dio giova a far concepire e a
porre in luce molte e varie interpretazioni vere, poiché vi è chi
le intende in un modo e chi in un altro. Tentiamo allora anche
noi di riflettere su questi due termini per vedere se riusciamo a
scoprire qualche cosa di utile per la nostra vita.
La prima cosa
da fare è cercare di stabilire qual è la differenza fra l'immagine
e la somiglianza. Un criterio di distinzione potrebbe essere:
la somiglianza di Dio negli uomini è qualche cosa che non dipende
dalla bontà del loro comportamento, mentre l'immagine dipende dalla
bontà del comportamento. Facciamo un esempio. In una società di
criminali vediamo una certa somiglianza con Dio nel modo in cui essa
opera, infatti, come in Dio c'è una comunione di persone che operano
per il proprio bene, così anche in un gruppo di malviventi c'è una
comunione di persone che si aiutano reciprocamente in vista del
proprio arricchimento, questo arricchimento viene però cercato
mediante attività illegali. Vediamo allora una somiglianza con Dio
nella comunione di persone e nell'aiuto reciproco, ma non il riflesso
della sua immagine per la mancanza di bontà del loro operare.
Ancora, il singolo malvivente applica la sua intelligenza per portare
a termine le sue azioni disoneste, ma l'operare con intelligenza è
un'altra caratteristica della somiglianza dell'uomo con Dio. Anche in
questo caso però, c'è somiglianza ma non il riflesso dell'immagine
di Dio.
Al contrario,
in una comunità monastica vediamo una riunione di persone mosse dal
desiderio di aiutarsi a crescere nella conoscenza, nell'amore e nel
servizio di Dio. In questo caso, oltre alla somiglianza con Dio
derivante dal reciproco aiuto, si ha anche un riflesso della sua
immagine per l'intenzione buona di questo aiuto. La stessa cosa vale
per il comportamento del singolo monaco che, nel compiere i doveri
quotidiani, applica la sua intelligenza: ad esempio nella meditazione
o nell'esecuzione di lavori manuali; per questo c'è in lui, sia una
somiglianza con l'intelligenza divina, che un riflesso della sua
immagine per il fine buono in cui questa è applicata.
Quanto detto
per la comunità monastica vale anche per la Chiesa e per ognuno di
noi. Ognuno di noi è stato pensato ad immagine e somiglianza di Dio,
abbiamo quindi una naturale tendenza al bene e alla comunione perché
siamo stati fatti da un Dio buono. La nostra naturale tendenza al
bene non è però autosufficiente, lasciata a se stessa inaridisce e
muore; Dio ha lasciato alla nostra libertà la responsabilità e il
compito di conservare e di far crescere il riflesso della sua
immagine in noi. L'esito di questo compito dipende dalla nostra buona
volontà, dal nostro impegno e dal suo aiuto. Comprendere e mettere
in pratica queste cose non è indifferente, il fatto di esistere è
per ognuno di noi una questione di vita o di morte, se cercheremo di
vivere ad immagine di Dio vivremo, se lasceremo che questa immagine
si riduca in frantumi moriremo. Perché la nostra naturale tendenza
al bene non inaridisca e non muoia, dobbiamo collegarla
all'inesauribile bontà da cui ha avuto origine. Gli strumenti che
operano questo collegamento sono la preghiera ed i sacramenti. La
preghiera ed i sacramenti sono anche gli strumenti che preservano
l'immagine di Dio in noi dall'andare in frantumi o, quando è il
caso, la ripuliscono dalla polvere e ne riparano le incrinature.
L'insoddisfazione
del nostro desiderio di comunione
Abbiamo cercato
di riflettere fino a questo punto in chiave positiva sul desiderio di
comunione che c'è in noi, ma la riflessione sarebbe incompleta se
non ci soffermassimo a considerare anche la sofferenza, la delusione,
l'insoddisfazione a cui va incontro molto spesso questo desiderio.
Vediamo infatti che il bisogno di affetto dei bambini a volte viene
disatteso e, nei casi più gravi, sono costretti a subire violenze
proprio da chi dovrebbe dare loro affetto e sicurezza. I giovani
spesso non riescono a trovare quelle amicizie e quei gruppi capaci di
rispondere alle loro attese; a volte trovano amicizie che li avviano
su strade pericolose, tanto pericolose da mettere a rischio la loro
vita.
Anche nella
famiglia, che più di ogni altra comunità sembra avere il potere di
appagare l'esigenza di comunione del cuore umano, si verificano
spesso gravi incomprensioni, disagi e fallimenti. Ed anche nei casi
in cui ci sono le migliori premesse, col passare degli anni, la
freschezza del dialogo fra gli sposi tende ad appannarsi ed esaurirsi
per lasciare il posto a silenzi imbarazzanti, mancanze di attenzioni,
nervosismi, ostilità. Quando i figli crescono i rapporti si fanno
più impegnativi e spesso si tende a dare loro tutto dal punto di
vista materiale perché ci si ritrova incapaci di offrire un vero
dialogo, un vero sostegno e una vera guida dal punto di vista
spirituale. Nei rapporti tra famiglie può capitare che le intese più
promettenti vadano incontro a rotture e delusioni, tanto più
dolorose quanto più grande era stata l'amicizia.
Non c'è età,
non c'è condizione sociale in cui non capiti, tanto o poco, prima o
poi, di soffrire di solitudine. Ne soffrono i giovani nelle
discoteche più affollate, ne soffrono i ricchi nei loro palazzi ed i
poveri nelle loro strettezze, ne soffrono gli anziani spesso
trascurati proprio dalle persone più care. Questa sofferenza rivela,
sia la forza e la profondità del nostro bisogno di comunione, sia la
difficoltà di dare a questo bisogno una risposta soddisfacente.
L'esigenza di relazione, che mette in moto le nostre risorse e ci
spinge verso gli altri, è ancora quella che non ci permette di
accontentarci e di trovare piena soddisfazione nelle relazioni che
siamo riusciti ad allacciare. Accade così che la comunione fra gli
uomini, o fallisce, o non riesce ad essere pienamente appagante.
Possiamo allora
nuovamente chiederci: qual è l'origine di questo stato di cose e che
cosa ci rivela? Ancora una volta solo la Parola di Dio e la
riflessione della Chiesa sono in grado di suggerire una risposta a
questi interrogativi. Per trovare un po' di luce conviene riflettere
sul modo di funzionamento di una certa storia d'amore.
Un giovane
ricco si innamora di una ragazza povera
Immaginiamo un
giovane molto ricco e nobile innamorato di una ragazza bella ma
povera. Il giovane non desidera altro che rendere felice la sua
amata, vuole però che lei lo ami più dei beni che possiede. Come
farà a verificare se lui è amato più delle sue ricchezze? Dovrà
sottoporre la fidanzata ad una prova d'amore.
Allora, un
giorno le dice: Tutti i beni che vedi nella mia casa sono a tua
disposizione, eccetto quelli che si trovano nella stanza azzurra, in
quella stanza non devi entrare per nessun motivo, se vi entrassi sarò
costretto a rompere il fidanzamento e tu ritorneresti alla tua
povertà. In un primo tempo la ragazza non diede troppo peso a
quelle parole, quello che le importava era godere l'affetto del suo
fidanzato e gli agi che la sua generosità le concedeva. Un giorno,
il fidanzato dovette assentarsi per un viaggio. Durante la sua
assenza, mentre era in visita dai genitori di lui, la ragazza
interrogò i servi per sapere che cosa ci fosse di speciale nella
stanza azzurra, le fu risposto che vi erano in essa grandi tesori...
Il desiderio di vedere di persona invase il suo cuore, non resistette
alla tentazione e, seguendo un servo, entrò là dove le era stato
proibito di entrare. La sventurata non si era resa pienamente conto
della gravità del suo gesto...
Incominciò a
rendersene conto quando, ritornato il fidanzato, la fece chiamare e
con immensa tristezza, con profondo dolore, le comunicò che il loro
fidanzamento era finito, la loro amicizia era rotta e non potevano
vedersi più. Da quel giorno incominciò per lei una vita di
tribolazioni e di stenti, si trovò a patire la fame e la sete, il
freddo e il caldo, fu costretta a lavori umilianti e faticosi,
dovette subire derisioni e maltrattamenti, il suo cuore era spesso
afflitto da paure e angosce. Col tempo incominciò a perdere la
finezza dei modi che aveva acquisito frequentando la casa del suo
signore, ma, soprattutto, quello che più la faceva soffrire era che
per colpa sua aveva perso il suo amore.
Così, lo stato
in cui si trova adesso l'umanità, lo stato in cui si trova adesso il
nostro cuore è simile a quello della ragazza che ha rotto il
fidanzamento con il ricco e nobile Signore. L'umanità, sottoposta ad
una prova d'amore nei confronti del suo Dio non l'ha superata. La
conseguenza sono gli stenti e le tribolazioni nelle quali ci
troviamo. Allora, le difficoltà che proviamo nel costruire e nel
vivere le nostre relazioni, dipendono dal fatto che, essendo rotta la
nostra amicizia con Dio non beneficiamo più di quelle grazie che
sole potevano garantire un corretto funzionamento del nostro cuore.
Miseria del
cuore umano senza la grazia
Senza il
soccorso delle grazie di Dio la naturale bontà del nostro cuore
tende a corrompersi. Rimane così esposta, senza solida difesa, alle
insidie del demonio. Possiamo infatti constatare che il nostro cuore
è abitato da vari moti non perfettamente governati da un'illuminata
ragione e da una ferma volontà; ecco allora la gelosia, l'invidia,
la superbia, la cattiveria, l'indelicatezza, la tristezza, la noia.
Tutte cose che non favoriscono la comunione e l'amore fra le persone,
anzi, trasformano la comunione in discordia e l'amore in odio.
Vi è quindi
nel nostro cuore una tendenza al bene e al bene della comunione, ma
anche l'incapacità di attuarlo o di farlo crescere o di conservarlo.
La tendenza al bene ci rivela che siamo stati fatti ad immagine e
somiglianza di Dio e l'incapacità di attuarlo ci rivela che il
rapporto di amicizia con Lui, per colpa nostra, si è guastato. Nel
corso della vita presente sperimentiamo allora quanto sia triste
vivere lontani dalla casa di Dio, quanto poco valiamo senza di Lui.
Senza di Lui siamo solo capaci di farci del male a vicenda.
Tuttavia, la
sua sapienza è capace di volgere a nostro favore la situazione
avversa nella quale ci siamo cacciati. Infatti, la conoscenza della
nostra povertà, del nostro peccato, della nostra miseria, dispone il
nostro cuore all'umiltà, alla docilità, alla riconoscenza,
all'obbedienza, in una parola, lo prepara all'incontro con il
Salvatore. Allora, ai cuori contriti ed umili, Colui che è venuto a
cercare la pecorella smarrita, Colui che aspetta con ansia il ritorno
del figlio prodigo, Colui che ha il potere di perdonare le nostre
infedeltà, farà di nuovo sentire la sua voce, voce che ancora ci
propone di riprendere il fidanzamento interrotto, di riallacciare
l'amicizia spezzata, e nuovamente ci invita nella casa del Padre. Per
questo la Chiesa ci fa pregare: Fa che ascoltiamo Signore la tua
voce. Finché non sentiamo in un modo o in un altro questa voce,
camminiamo incerti fra il desiderio di comunione e le delusioni a cui
questo desiderio va incontro, fra il desiderio di una novità di vita
e la monotonia di giorni sempre uguali, fra l'aspirazione alla gioia
e la paura del dramma.
Il rischio che
corriamo durante la vita presente, è quello di non capire che la
causa di ogni nostro male deriva dalla rottura di un'amicizia, la
rottura della nostra amicizia con Dio. Perdere il più grande di
tutti i beni significa cadere nel più grande di tutti i mali, ossia
nella morte per mancanza d'amore. Per evitare questa morte abbiamo
bisogno di incontrare Gesù, Dio che ci salva.
Eugenio Pramotton - dal sito http://www.medvan.it/
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