Stanislas
Dockx
Teologo
domenicano nato ad Anversa nel 1901, Stanislas Dockx opera per la
promozione di un'autentica scienza religiosa di elevato valore
intellettuale. E' fondatore di due Accademie internazionali. Ansioso
di collocare l'antropologia al posto che le compete nello studio del
mistero del Cristo totale, accentra nondimeno la sua attenzione
sull'opera dello Spirito Santo che anima e trasforma la
Chiesa.
E' attraverso
l'incarnazione del Verbo e, soprattutto, la sua morte in croce, che
la grazia di Dio si è manifestata col portare la salvezza
a tutti gli uomini (Tit. 2, 17), attendendo nella speranza la
gloriosa manifestazione del grande Iddio e Salvatore nostro
Gesù Cristo (Tit. 2, 13). Noi non godiamo quaggiù, nel nostro
corpo mortale, che della prima manifestazione, quella di Dio
Salvatore nella sua natura di uomo, il quale, essendosi spogliato
della sua natura divina, ha preso quella di schiavo (Fil. 2,
7). AI contrario, noi dobbiamo spogliarci, mediante la morte
liberamente accettata, dalla nostra natura di uomini mortali, per
rivestirci di un corpo spirituale ed immortale che ci permetterà di
vedere il Signore nel suo avvento glorioso. Per tutto il tempo in cui
noi peregriniamo verso Dio in questo corpo mortale, noi conosciamo il
Figlio incarnato unicamente nella sua condizione umana; ma il giorno
in cui avremo deposto il corpo mortale, noi lo conosceremo nel modo
stesso con cui siamo da lui conosciuti (cf. 1 Cor. 13, 12).
Fra l'epifania del Verbo nella sua natura di servo di Yahvé e l'epifania nel suo stato di gloria, vi è il tempo della Chiesa, epifania dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è in ciascuno di noi, presi individualmente, per la carità che ci anima, carità mediante la quale noi raggiungeremo Dio nel suo stesso essere. Ma la carità soprannaturale, per tutto il tempo in cui rimane individuale, resta invisibile al prossimo: essa si manifesta agli occhi di tutti esclusivamente mediante la carità fraterna esercitata in comunione.
Fra l'epifania del Verbo nella sua natura di servo di Yahvé e l'epifania nel suo stato di gloria, vi è il tempo della Chiesa, epifania dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è in ciascuno di noi, presi individualmente, per la carità che ci anima, carità mediante la quale noi raggiungeremo Dio nel suo stesso essere. Ma la carità soprannaturale, per tutto il tempo in cui rimane individuale, resta invisibile al prossimo: essa si manifesta agli occhi di tutti esclusivamente mediante la carità fraterna esercitata in comunione.
Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore
gli uni verso gli altri (Gv. 13, 35). Nessuno ha mai
contemplato Iddio; se ci amiamo l'un l'altro, Iddio abita in
noi, ed il suo amore in noi è perfetto. Da questo
conosciamo che noi siamo in lui e Dio è in noi, perché
egli ci ha dato del suo Spirito (1 Gv. 4, 12-13). Così la
pratica dell'amore fraterno, segno del nostro essere discepoli di
Cristo e che ci costituisce comunità vivente, rende lo Spirito di
Dio visibile al mondo. Il tempo della Chiesa, comunità edificata
sull'amore, è il tempo dello Spirito. La Chiesa, corpo di Cristo, è
l'epifania dello Spirito d'amore, come l'umanità assunta da Cristo
nella sua incarnazione è l'epifania del Verbo di Dio. Lo Spirito di
verità non si manifesta che nella Chiesa, assemblea di coloro che
amano Dio e gli uomini in un solo e medesimo Spirito di Dio...
I cristiani sono molti, ma lo Spirito Santo, nel quale tutti si ritrovano, li rende uno, come il Padre ed il Figlio sono uno nell'unico Spirito d'amore: ...affinché siano una sola cosa, come noi siamo una cosa sola, io in essi e tu in me; affinché sian perfetti nell'unità, ed il mondo conosca che tu mi hai mandato, e li hai amati, come hai amato me (Gv. 17, 22-23). Così l'unità dei cristiani tra di loro attraverso lo Spirito Santo è fondata su questa unità permanente che lo Spirito Santo realizza tra il Padre e il Figlio in seno alla Trinità. La Chiesa, in cui tale amore diviene manifesto, risulta in tal modo veramente l'epifania dello Spirito Santo, terza persona della Trinità, che realizza nella sua persona l'unità interpersonale del Padre e del Figlio nell'unità trascendente della divinità. La Chiesa, in quanto epifania dello Spirito Santo, di questo Spirito che si manifesta nell'unità trascendente che opera tra coloro che si amano in lui, appartiene già al tempo ultimo ed eterno, perché le istituzioni scompariranno, !'insegnamento lascerà il posto alla contemplazione, la speranza diventerà possesso, solo la carità non viene mai meno (1 Coro 13, 8).
I cristiani sono molti, ma lo Spirito Santo, nel quale tutti si ritrovano, li rende uno, come il Padre ed il Figlio sono uno nell'unico Spirito d'amore: ...affinché siano una sola cosa, come noi siamo una cosa sola, io in essi e tu in me; affinché sian perfetti nell'unità, ed il mondo conosca che tu mi hai mandato, e li hai amati, come hai amato me (Gv. 17, 22-23). Così l'unità dei cristiani tra di loro attraverso lo Spirito Santo è fondata su questa unità permanente che lo Spirito Santo realizza tra il Padre e il Figlio in seno alla Trinità. La Chiesa, in cui tale amore diviene manifesto, risulta in tal modo veramente l'epifania dello Spirito Santo, terza persona della Trinità, che realizza nella sua persona l'unità interpersonale del Padre e del Figlio nell'unità trascendente della divinità. La Chiesa, in quanto epifania dello Spirito Santo, di questo Spirito che si manifesta nell'unità trascendente che opera tra coloro che si amano in lui, appartiene già al tempo ultimo ed eterno, perché le istituzioni scompariranno, !'insegnamento lascerà il posto alla contemplazione, la speranza diventerà possesso, solo la carità non viene mai meno (1 Coro 13, 8).
Quando San
Giovanni vede la nuova Gerusalemme scendere dal cielo, da presso
Dio, pronta come una sposa, abbigliata per il suo sposo (Apoc.
21, 2), non si tratta soltanto della città celeste che s'insedia nel
giorno della parusia. La nuova Gerusalemme è già la Chiesa di Dio
quaggiù, sulla terra. Difatti, Giovanni conclude la descrizione
della sua visione con le parole: Lo Spirito e la Sposa
dicono: Vieni! (Apoc. 22, 17). «Marana-tha!» Vieni, Signore!
Ecco la ben nota acclamazione liturgica della Chiesa primitiva. Non è
solo la Chiesa che si rivolge al suo Signore, ma lo Spirito e la
Sposa. Per il fatto che lo Spirito è presente nella Chiesa,
quest'ultima trascende il tempo. Per lo Spirito non esistono né
ieri, né oggi, né domani. Il tempo ha interrotto il suo volo. E'
oggi che la città santa, la sposa novella, abbigliata per il suo
sposo, dice: «Vieni, Signore!» La liturgia celeste descritta da
Giovanni è ormai la liturgia ecclesiale, la liturgia della santa
assemblea riunita attorno al suo Signore crocifisso, realmente
presente nella sua Eucaristia. L'Eucaristia è la parusia del Signore
in mezzo alla sua Chiesa: Non vi lascerò orfani; tornerò a voi
(Gv. 14, 18). Non è soltanto la Sposa che dice: Vieni, Signore!
«Maranatha!»; sono lo Spirito e la Sposa. Ed è perché lo Spirito,
presente realmente nella Chiesa, è una persona divina, che alla sua
preghiera il Signore della gloria si rende presente tale e quale era
sulla croce, nascosto al nostro sguardo soltanto dal velo della fede:
Beati coloro che non hanno visto e hanno creduto (Gv.
20, 29). Ciò che noi vediamo sono gli elementi terreni, mentre
oggetto della nostra fede è che egli non ci ha lasciati orfani, ma
viene a noi ogni volta che lo Spirito e la Sposa lo chiedono. Tutta
l'Apocalisse si basa su questo continuo rapporto del terreno col
celeste. Tutta la liturgia celeste che ha come centro l'Agnello. fa
sentire il suo eco nella Chiesa riunita attorno all'Eucaristia, la
quale non è nient'altro che l'Agnello immolato presente in mezzo a
noi. Ecco la ragione per cui Giovanni dice: Tutte le creature che
sono in cielo e sopra la terra e sotto la terra e
sul mare, quante ve ne sono, le sentii tutte che dicevano: «A Dio
che è assiso sul trono ed all'Agnello sia lode, onore, gloria
e potenza nei secoli dei secoli» (Apoc. 5, 13).
Così lo Spirito, con la sua preghiera, ottiene la venuta del Figlio in questa parusia ecclesiale che è l'Eucaristia, Si comprende benissimo perciò come la Chiesa si rivolga allo Spirito, nella preghiera che viene chiamata epiclesi, in quanto questi realizza, mediante la sua efficace intercessione presso il Figlio, la reale venuta di quest'ultimo nell'Eucaristia.
Così non è soltanto la Chiesa, unificata dalla carità, che manifesta la presenza dello Spirito Santo, principio ultimo dell'unità della Chiesa nella sua Persona; ma è la Chiesa nella sua vita di preghiera in comune, cioé nella sua liturgia, che manifesta l'essere di colui che il Figlio ci ha inviato da presso il Padre.
Così lo Spirito, con la sua preghiera, ottiene la venuta del Figlio in questa parusia ecclesiale che è l'Eucaristia, Si comprende benissimo perciò come la Chiesa si rivolga allo Spirito, nella preghiera che viene chiamata epiclesi, in quanto questi realizza, mediante la sua efficace intercessione presso il Figlio, la reale venuta di quest'ultimo nell'Eucaristia.
Così non è soltanto la Chiesa, unificata dalla carità, che manifesta la presenza dello Spirito Santo, principio ultimo dell'unità della Chiesa nella sua Persona; ma è la Chiesa nella sua vita di preghiera in comune, cioé nella sua liturgia, che manifesta l'essere di colui che il Figlio ci ha inviato da presso il Padre.
L'Ésprit
Saint et l'Église, Fayard, Parigi 1969
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