La melodia
del piffero e il ritmo del tamburo, la fatica dei portatori e il
contegno dei gremianti, i colori degli addobbi e l’allegria della
folla che in un lungo abbracio accompagna i dieci candelieri lungo
tutto il percorso che taglia il centro storico. Sono gli ingredienti
della Festa dei Candelieri, che si celebra a Sassari ogni 14 agosto.
Dieci imponenti ceri lignei vengono trasportati da piazza Castello
alla chiesa di Santa Maria di Betlem, dove allo scoccare della
mezzanotte vengono deposti attorno al simulacro della Vergine
dormiente per ricevere la benedizione.
La storia.
La festa dei Candelieri di Sassari trae la sua origine dalla festa
dell’Assunta che si celebrava a Pisa alla vigilia della Solennità,
il 14 agosto. Il Comune di Sassari fin dal secolo XI intratteneva con
la città toscana dei rapporti economici molto stretti e ospitava
entro le sue mura una cospicua colonia di pisani, che vi restarono
fino al 1284 (anno nel quale, in seguito alla disfatta della Meloria,
i pisani furono costretti da Genova ad abbandonare la città). La
colonia pisana era strutturata secondo il modello della madrepatria,
e aveva perciò dei propri consoli e magistrati e delle proprie
tradizioni, tra le quali l’oblazione dei candeli in onore
dell’Assunta di Mezzo Agosto. La festa di Pisa era disciplinata
dagli Statuti della Repubblica, dai quali si traggono molte notizie
storiche sull’oblazione dei candeli. Questa festa divenne a pieno
titolo una tradizione sassarese, e anche dopo l’esodo dei toscani
essa fu conservata. Originariamente la festa prevedeva l’offerta
alla chiesa madre di Santa Maria di Pisa di un certo quantitativo di
cera vergine destinata alle funzioni liturgiche. Questo obbligo era
esteso anche alle colonie pisane insediate in Sardegna. Erano le
corporazioni cittadine delle arti e dei mestieri a prendere su di sé
questo compito in nome del popolo. La cera veniva trasportata verso
la Cattedrale per mezzo di un corteo religioso. Nelle città toscane
essa veniva modellata artisticamente fino a formare costruzioni
particolari (a Lucca), oppure veniva utilizzata per abbellire delle
imponenti colonne di legno e di carta (così per la festa di s.
Giovanni Battista a Firenze).
A Pisa la
cera offerta veniva mostrata al pubblico sotto forma di immagini di
santi e altri ornamenti posti su un’impalcatura di legno a forma di
tabernacolo e condotta in spalla da alcuni portatori per mezzo di
alcune stanghe. Tali macchine, oltre a costituire un omaggio alla
Vergine, miravano a suscitare l’ammirazione del pubblico. Il
tabernacolo aveva un peso prescritto minuziosamente dagli Statuti
cittadini e veniva addobbato con stendardi e bandiere; esso inoltre
doveva essere accompagnato col suono di alcuni musicanti. In un
secondo tempo, le macchine a forma di tabernacolo furono sostituite
dalle colonne di legno munite di capitello, il cui trasporto era più
pratico e facile. In questo caso si deve immaginare che i ceri
venissero fissati al di sopra del capitello, come scrive Vittorio
Angius).Questa innovazione inoltre consentiva ai portatori di
sollevare verso l’alto la colonna e di muoverla danzando al ritmo
della musica.
La
cerimonia dunque si trapiantò saldamente anche a Sassari, e sebbene
non sia stato tramandato nessun documento scritto sulla disciplina
dei Candelieri sassaresi, la festa della città turritana sembra
ricalcare fedelmente ancora oggi le norme degli Statuti di Pisa
scritti ben sette secoli fa. L’unico grande cambiamento riguarda
proprio la cera, che ormai da qualche secolo non abbellisce più le
colonne ed è scomparsa anche dalla memoria popolare.
Il voto
della Città nel XVI secolo. Durante il governo dei Podestà genovesi
in città (1294-1323) è probabile che l’offerta dei ceri sia stata
abbandonata e ripresa a fasi alterne. E un lungo periodo di
sospensione vi fu probabilmente nei secoli XIV e XV, periodi di
turbolenze, di guerre e di pestilenze. Peraltro la carenza di
documentazione (l’archivio pubblico della città fu bruciato dai
francesi nel 1527) non consente di affermare nulla di preciso.
Proprio un’epidemia di peste, però, fu l’occasione che determinò
il ripristino della festa. Il primo cenno alla processione dei
Candelieri si trova in un documento del 1504. Secondo le indagini
compiute dallo storico sassarese Enrico Costa, però, l’istituzione
della festa avvenne nel 1528 come voto alla Madonna per ottenere la
cessazione di una pestilenza. Un’ordinanza del 1531 disciplinava lo
svolgimento della festa e l’ingresso nella chiesa degli otto
Candelieri appartenenti alle principali corporazioni cittadine:
Agricoltori (Massai), Mercanti, Sarti, Calzolai, Muratori e
Falegnami, Pastori, Ortolani e Carrettieri. Il voto venne rinnovato
solennemente in diverse occasioni, durante nuove ondate di peste,
tanto che Pasquale Tola collocava l’istituzione della festa nel
1580 e “la rinnovazione del voto nel 1652”. Gli otto ceri, che
avevano un peso di 40 libbre ciascuno, venivano collocati alla
vigilia della festa dell’Assunzione attorno al catafalco della
Vergine dormiente, come a formare una corona. La spesa per la
fabbricazione dei candaleros era a carico della città; questo
impegno era assolto dagli obreros, che venivano nominati ogni anno.
I secoli
XVII-XX. La processione venne a perdere col tempo l’austerità
della originaria processione religiosa. Nel 1694 il Viceré spagnolo,
particolarmente attento a contenere le spese pubbliche, cercò di
sopprimere la festa, che riteneva troppo costosa per le finanze del
Comune, ma la cittadinanza sassarese conservò la sua manifestazione
con la motivazione che non si doveva rompere il voto stretto con la
Madonna. Nel XVII secolo l’offerta votiva comprendeva ancora il
cero e il Candeliere; all’inizio del secolo successivo, però, le
corporazioni sassaresi portavano in processione soltanto i fusti,
privi di cera. L’offerta diventava così soltanto simbolica. Nel
1718 il Consiglio Comunale impose di sostituire le colonne con un
cero di cinque libbre, ma l’ordinanza non accolta dal popolo e
quindi non fu rispettata neppure dai Gremi. A metà dell’Ottocento
il Consiglio Comunale di Sassari, insieme all’Arcivescovo Varesini,
fecero un nuovo tentativo per sopprimere la sfilata dei Candelieri di
legno, considerandola una festa chiassosa e ormai troppo laica, e
imposero di sostituire le colonne con dei ceri portati a mano e con
le croci parrocchiali. Questa innovazione non fu tollerata e per
quattro anni il rito non venne più celebrato. Nel 1856, in seguito
ad una nuova epidemia di colera, fu ristabilita la vecchia
tradizione.
Dall’epoca
della colonia pisana fino ad oggi, la festa dei Candelieri ha
conservato molta parte del suo aspetto antico, ma si è anche
arricchita di nuovi elementi - fastosità, libertà, spirito
goliardico - che ne hanno fatto evolvere la fisionomia. Il Gremio dei
Pastori scomparve in seguito al venir meno della sua importanza
economica e del suo prestigio sociale; ai carrettieri fu pignorato il
Candeliere a causa di un debito insoluto. Nella manifestazione
subentrarono, per contro, altre corporazioni, come quella dei
Contadini (1937), dei Viandanti (1941) dei Piccapietre (1955), dei
Fabbri (2007).
Nel 1979 è
nato l’Intergremio, associazione che riunisce i Gremi di Candeliere
e che si impegna a tutelare e custodire la tradizione della grande
festa cittadina. La Discesa dei Candelieri è l'unica manifestazione
culturale italiana candidata ad essere inserita nell’elenco delle
manifestazioni culturali considerate patrimonio dell’umanità
(UNESCO).
In
occasione della Faradda moltissimi emigrati ritornano in città per
assistere alla festa dei Candelieri. Di qui è nata, nel 1963, l’idea
di istituire un “premio della nostalgia” per quei sassaresi che
vivono lontani e che rientrano nella città natale alla vigilia del
Ferragosto. L'Amministrazione Comunale di Sassari assegna il
Candeliere d'oro e il Candeliere d'argento rispettivamente al
sassarese che da più tempo risiede all'estero e a quello che da più
tempo vive nella Penisola. La consegna dei due premi è divenuta col
tempo un appuntamento fisso e particolarmente atteso. L’iniziativa
di istituire questo premio nacque da un’idea del Sindaco di Sassari
di alcuni anni fa, Avvocato Raimondo Rizzu. Un altro riconoscimento,
il Candeliere d’oro speciale o Premio Città di Sassari, viene
attribuito «alle istituzioni, ai sassaresi, ai sardi che abbiano
dato lustro alla città di Sassari e alla Sardegna, distinguendosi
per capacità e impegno nei campi dello sport, dell’economia, della
politica, della cultura, delle scienze, dei problemi sociali ed in
modo particolare a tutti coloro che si sono prodigati per la pace fra
i popoli».
Dal sito http://www.sassarinotizie.com/
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