Al
tempo in cui Padre Massimiliano Kolbe nasce, nel gennaio 1894 - la
Polonia non esiste più sulla carta geografica perché smembrata
sotto lo Zar russo, il Kaiser prussiano e gli Asburgo. Zdunska Wola
-il paese natìo- si trova sotto il potere zarista. La comunità
polacca vive nella minaccia di vedersi imporre la lingua russa e la
religione ortodossa. Giulio, il padre di Kolbe, verrà perseguitato
dai russi a causa della sua partecipazione alla lotta di
Indipendenza. Anche il fratello di Kolbe, Francesco, morirà per la
patria, nel lager di Dachau.
Allo
scoppiare del I° conflitto mondiale nel 1914 Kolbe è in Italia, a
Roma, dove si trova con altri sei fra i più brillanti studenti
polacchi dell’Ordine Francescano, per conseguire due lauree. Nel
’17 il mondo è col fiato sospeso: il Comunismo è salito al
potere in Russia, la Chiesa è perseguitata, i monaci imprigionati
nei gulag. In Italia gli austro-ungarici hanno sfondato a Caporetto
e dilagano nella pianura veneta. E’ l’anno in cui Kolbe insieme
ad alcuni amici fonda la Milizia dell’Immacolata, Associazione
cattolica battagliera che negli anni ’30 conterà circa 700 mila
iscritti e il cui giornale, “il Cavaliere” raggiungerà il
milione di copie mensili.
Lo
studente Kolbe eccelle in matematica: risolve problemi complessi più
velocemente dei suoi insegnanti! Appassionato di fisica, progetta
veicoli interplanetari,è un dotto astronomo. Gioca a calcio e
soprattutto a scacchi; gioca non solo per far piacere agli altri ma
perchè gli piace vincere. Come professore ha P. Stefano Ignudi uno
dei più grandi studiosi della Divina Commedia, che consolida in lui
lo spirito apologetico. Durante una manifestazione della Massoneria
per le vie di Roma Kolbe dice a un amico: E’ possibile che i nemici
di Dio debbano tanto adoperarsi,e noi rimanere oziosi al più pregare
senza però agire?
Quando
sente recriminare per film contrari al senso cristiano della vita
sbotta e dice: anzichè lamentarsi sarebbe meglio svegliarsie farli
noi cattolici i film. L’antropologia modernista è il vero nemico
nella Chiesa: concepire l’uomo chiuso nel suo destino terreno
significa svuotare la fede della sua forza di cambiamento. Non ha
alcuna soggezione culturale rispetto alla modernità.Tornando un
giorno in treno da Tivoli un signore sta parlando contro la Chiesa,
Padre Kolbe si mette a contraddirlo e cerca di convincerlo che è in
errore. A Roma la coscienza ecclesiale di Kolbe acquisisce la
dimensione della universalità della missione , oltre gli ambiti
stessi del cattolicesimo polacco e dell’ Ordine francescano.
Nel
luglio del ’19 è a Cracovia: insegna Storia della Chiesa
all’università. Organizza gli studenti per gruppi omogenei di
scuola superiore e università. Ma è subito ricoverato nel sanatorio
di Zacopane per sbocchi di sangue: qui viene a sapere che esiste un
padiglione in cui sono ricoverati universitari e docenti
dell’università: va e dialoga con loro, discute animatamente.
Nascono nuove amicizie e... nuove conversione.
Uscito
dall’ospedale si dà all’attività giornalistica: Dobbiamo
inondare la terra con un diluvio di stampa cristiana in ogni lingua
per affogare nei gorghi della verità ogni manifestazione di errore.
Constata infatti che tutti gli organi di stampa sono nelle mani di
gruppi ostili alla Chiesa e che influiscono nell’orientare una
concezione della vita che non è più cristiana. E’ talmente
convinto della necessità del giornale per una cultura cristiana che
al Vescovo Hajasaka -in Giappone -che gli proponeva l’acquisto di
una dimora per iniziare la missione risponde è meglio investire
nelle riviste che in edifici. Vuole macchinari e tecnologia di
prim’ordine, soprattutto per Niepokalanow- la Cittadella
dell’Immacolata- una vera e propria città della stampa, affollata
di 700 frati che si sono messi a seguirlo. I frati stessi inventano
una macchina elettrica per stampare indirizzi che vince il 1° premio
alla Fiera Campionaria di Poznam e poi di Parigi. Kolbe mette in
guardia dal successo: Ogni numero del giornale dev’essere preparato
in ginocchio e pubblicato con la preghiera . Intorno a lui nasce un
movimento! E a chi mette sulla sua porta il cartello “non
disturbare quando era ammalato, dice : Portalo via, per favore: tutti
possono venire da me a qualsiasi ora del giorno e della notte, sempre
, io appartengo a loro.
Nel
1930 parte per il Giappone dove a Nagasaki in poco tempo impianta una
tipografia, un giornale e una Cittadella. La tiratura raggiungerà
ben presto le 18 mila copie mensili. Ma detto non è presto… fatto.
In una lettera datata 11.12.1930 scrive ad un confratello: Mio
caro,il nostro compito qui è molto semplice: sgobbare tutto il
giorno,ammazzarsi di lavoro essere ritenuto poco meno di un pazzo da
parte dei nostri e,distrutto, morire per l’Immacolata.Non è forse
bello questo ideale di vita?La lotta per conquistare il mondo
intero,i cuori di tutti gli uomini e di ognuno
singolarmente,cominciando da se stessi...Coraggio,caro fratello vieni
a morire di fame,di fatica,di umiliazioni e di sofferenze per
l’Immacolata.
Viaggia
in transiberiana, studia il russo, progetta una missione in India,
pensa di stampare il giornale nelle principali lingue del mondo. Il
fisico però... stenta a tenergli dietro e presto deve troncare
tutto: il sangue gli esce a fiotti per la solita malattia polmonare.
La diagnosi è di quelle che non si discutono: gli restano tre mesi
di vita!Torna in Polonia. Passano tre mesi, ne passano trenta! La
salute è tornata!
Nel
’37 parla alla radio nazionale polacca. Tema: il Cristianesimo
vissuto come fraternità, sfida l’ideologia: Un comunista dopo aver
osservato la nostra vita a Niepokalanow confessò: Io sono comunista,
però il comunismo autentico l’ho trovato qui. Sì, tra noi c’è
un’autentica vita comune...Quando questo spirito penetrerà il
mondo intero allora il paradiso verrà sulla terrà, non il paradiso
del comunismo ma quello nel quale gli altri non sono compagni ma
fratelli.
Nel
’38 gli eventi precipitano. Hitler si annette l’Austria e sfida
il mondo. La tensione ormai è a livelli altissimi. Kolbe
presagisce: Qualunque cosa accada, sarà tutto per il nostro bene.Noi
siamo in una posizione tale che niente può farci alcun male... e nel
marzo dello stesso anno: Noi dobbiamo gioire di quello che
accadrà,poichè in mezzo alle prove la nostra fede diventerà più
ardente.
Il
1° settembre 1939 le forze corazzate del generale Guderian invadono
la Polonia; 2 mila aerei della Luftwaffe bombardano Varsavia. In
capo a poche settimane la Polonia è in ginocchio: è l’inizio del
2° conflitto mondiale.
Ai
cancelli della Cittadella si presentano nuclei della Wehrmacht con le
armi spianate. Poi arriva la Gestapo: il giornale e la città della
stampa non sono graditi al governo d’occupazione. Chiusi. E’ il
19 settembre del ’39: i nazisti arrestano Kolbe che in quanto
intellettuale è un elemento pericoloso e perciò deve essere
sbattuto in carcere a Lamsdorf, poi a Amititz e Ostrzeszow, Pawiak.
Tutto
dev’essere offerto, anche la vita in carcere: Non solo nel
perseguimento dello scopo finale ma anche in ogni azione e in ogni
momento del giorno,il motivo trainante dovrebbe essere l’amore.
Nel
maggio del ’41 parte per Auschwitz insieme ad altri 320 prigionieri
in vagoni blindati: Appena le guardie di scorta ci ebbero stipati nei
vagoni,sprangando dall’esterno le porte,un silenzio di tomba ci
avvolse.Ma appena il treno si mosse qualcuno intonò un canto
religioso,che molti tra noi ripresero.Mi interessai della persona che
avea dato inizio a quei canti,ed appresi che che era stato padre
Kolbe (testimonianza di Ladislao Swies 28.5.41)
L’ultima
lettera che padre Kolbe scrive dal lager è per la madre: Stai
tranquilla per me perché il buon Dio c’è in ogni luogo e con
grande amore pensa a tutti e a tutto . Le testimonianze sono concordi
: Sembrava avere dentro di sé una calamita spirituale con la quale
ci attirava tutti...Insisteva nel dire che Dio è buono e
misericordioso. E non solo pregava per i nazisti ma esortava noi a
pregare per la loro conversione.
Sapeva
riaccendere la speranza di resistere. Alessandro Dzuba,uno dei
deportati sopravvissuti: Ero sull’orlo della disperazione. I Kapo
in quei giorni non facevano che bastonarmi sul lavoro. Decisi di
farla finita e di buttarmi sui reticolati dove c’era l’alta
tensione. Lo stavo per fare ma mi acchiapparono e mi buttarono
indietro inveendo su di me a colpi di bastone. Padre Kolbe ,quando lo
seppe, venne a cercarmi, mi ridiede la calma e riuscì a persuadermi,
così bene che non pensai più al suicidio.
In
seguito ad una fuga dal campo, quindici deportati del baraccamento
dell’evaso vennero selezionati come rappresaglia e mandati a
morire di fame e di sete nel bunker della morte. Un certo Gajowniczek
– padre di famiglia – supplicò il lagherfurher di risparmiargli
la vita. A quel punto Padre Kolbe si offrì al suo posto,
liberamente. Poiché il bunker serviva per altri deportati
condannati, le SS accelerarono la morte dei superstiti tra i quali
Kolbe, con una iniezione di acido fenico.
Così
il 14 agosto 1941 anche Kolbe su tolto di mezzo, il suo corpo fu
cremato il giorno dell’Assunzione.
Una
volta aveva detto: “Vorrei essere come polvere, per viaggiare con
il vento e raggiungere ogni parte del mondo e predicare la Buona
Novella.”
Quando
i carcerieri nazisti bruciarono il suo corpo nel forno crematorio,
non sapevano di realizzare così la sua più bella profezia.
*
il 10 ottobre 1982 Massimiliano Kolbe è stato dichiarato santo nella
basilica di S. Pietro a Roma e alla celebrazione era presente
Francesco Gajowniczek, l’uomo cui Kolbe salvò la vita.
Hanno
detto di lui:
Giovanni
Paolo II ha definito Massimiliano Kolbe “il Santo di questo
secolo”. Già nel cognome, di origine tedesca Kolbe sembrò
portare il marchio di uno strano destino: esser al centro insieme
alla Germania della storia mondiale del Novecento. Ci sono tracce
nell’esistenza di Kolbe che fanno pensare alla presenza di una
regia occulta nella sua vita: - la bomba atomica sganciata il 9
agosto ’45 a Nagasaki, proprio la città che Kolbe aveva scelto per
impiantare nel ’30 una missione ; - il fatto che la bomba abbia
provocato 90.000 morti e devastato ogni edificio ma non le mura della
Cittadella di Kolbe rimasta miracolosamente intatta; - l’ aver
prodotto un’attività editoriale impensabile negli anni Trenta; -
l’intuizione della positività e dell’uso missionario dei mass-
media e delle tecnologie; - il fratello Francesco morto anch’egli
in un lager a Dachau ... sono tutti indizi che giustificano
l’appellativo di Santo di questo nostro secolo.
Dalla
testimonianza di chi l’ha conosciuto nel lager
Il
sacrificio di Kolbe non è stato un atto di eroismo – una tantum –
quasi un colpo di testa per farla finita ma il frutto di una
escalation di atti e gesti che da giornalista e missionario prima e
da carcerato e deportato poi l’hanno portato ad un culmine di
carità totale. Come visse egli nel lager e nel bunker ? Ecco le
testimonianze verbalizzate nel processo di canonizzazione.
Nel
lager di Auschwitz
-
“ Ordinarono a me e a un altro prigioniero di prelevare i corpi e
portarli al forno crematorio. Non avevo mai toccato un cadavere: ora
ero di fronte ad un giovane, completamente nudo, con il ventre...Non
riuscii a fare un passo verso lui. La guardia cominciò a urlarmi, ma
una voce calma mi disse: Portiamo,fratello! Per un attimo pensai di
conoscere quella voce.
Pieno
di ripugnanza, presi in qualche modo quel corpo per le gambe e il
mio compagno per le spalle...Ero sconvolto per continuare, le braccia
mi cedevano...Improvvisamente alle mie spalle sentii la voce calma e
commossa del mio compagno: Santa Maria...prega per noi . Nelle mie
deboli membra passò come una corrente elettrica e mi sentii
improvvisamente tornare il vigore. Non appena oltrepassammo la soglia
del forno, udii la sua voce dire:Requiem aeternam dona eis, Domine! e
un attimo dopo aggiunse: Et Verbum caro factum est! Chi era? era il
francescano Kolbe.
[Giuseppe
Stemler,del Dipartimento Pubblica Istruzione]
-
“Aveva una fede eroica in Dio e vedeva il Suo intervento in ogni
cosa. Se un prigioniero stava per morire, diceva:Questa è la volontà
di Dio...A lui devo il fatto di essere ancora vivo, di aver tenuto
duro e di aver vissuto per essere liberato. Ero sull’orlo della
disperazione. I Kapo in quei giorni non facevano che bastonarmi sul
lavoro. Decisi di farla finita e di buttarmi sui reticolati dove
c’era l’alta tensione. Lo stavo per fare ma mi acchiapparono e mi
buttarono indietro inveendo su di me a colpi di bastone. Padre Kolbe
,quando lo seppe, venne a cercarmi, mi ridiede la calma e riuscì a
persuadermi, così bene che non pensai più al suicidio.
Ricordo
poi la volta che diede tutta la razione di zuppa ad un giovane
prigioniero; gli disse:Prendila e mangia. Tu sei più giovane e
almeno tu devi vivere.Anche un’altra volta voleva fare lo stesso ma
noi glielo proibimmo. Io lo chiamo l’Apostolo di Auschwitz perché
trascorreva ogni momento libero aiutandoci con preghiere e colloqui,
raccogliendo più persone possibile attorno a sé.” [Alessandro
Dziuba, sarto]
-
“Io stabilivo chi doveva essere portato in ospedale. Ogni giorno
vedevo quelle povere creature che affollavano l’infermeria e ognuno
spingeva e si sforzava di salvare la propria vita. Un prigioniero che
non spingeva mai attirò la mia attenzione. Aspettava fino a che
anche 200-500 e un giorno perfino 1000 prigionieri non erano entrati.
Lo chiamai. Aveva la febbre e soffriva a causa dei polmoni. Gli
dissi:Sarebbe meglio se tu andassi all’ospedale.Mi
interruppe:Prendi quello là disse,puntando il dito verso un altro
uomo. Così gli diedi almeno delle medicine.
[Rodolfo Diem,dottore e prigioniero]
-
“Non vi abbattete moralmente- ci pregava, assicurandoci che la
giustizia di Dio esiste e che avrebbe alla fine sconfitto i nazisti.
Ascoltandolo dimenticavamo per un po' la fame e il degrado a cui
eravamo sottoposti. Ci faceva vedere che le nostre anime non erano
morte, che la nostra dignità di cattolici e di polacchi non era
distrutta. Sollevati nello spirito, tornavamo nei nostri Blocchi
ripetendo le sue parole.” [Miecislao Koscielniak,
artista]
-
“Insisteva nel dire che Dio è buono e misericordioso. Avrebbe
voluto convertire l’intero campo dei nazisti. E non solo pregava
per loro, ma esortava noi a pregare per la loro conversione.”
[Enrico Sienkiewicz]
Nel
bunker della morte
-
“Stavo nella stessa fila di padre Kolbe, dal quale mi dividevano
soltanto due prigionieri. Dopo la scelta dei dieci prigionieri, uscì
dalle righe padre Massimiliano Kolbe che, toltosi il berretto, si
mise sull’attenti davanti al comandante del campo, Fritsch, il
quale appena lo vide disse:Che cosa vuole quel porco polacco? Padre
Massimiliano indicando Gajowniczek: Sono un sacerdote cattolico
polacco; sono anziano, voglio morire al suo posto perché egli ha
moglie e figli. Fritsch rimase per qualche secondo in silenzio, come
folgorato per ciò che stava accadendo. Poi:Heraus, intimò a
Gajowniczek di tornare pure al posto. La distanza tra me Fritsch e
padre Kolbe era di circa tre metri. Il sacrificio di Kolbe suscitò
enorme impressione in tutto il leger”.
[dott.Wlodarski]
-
“Le vittime denudate erano tutte in una cella, vicina a quelle dove
stavano gli altri , puniti per le due fughe precedenti...gridavano e
imprecavano per la disperazione. Kolbe riuscì a rendere loro la
pace. Si unirono a lui, pregavano a voce alta. Anche quelli delle
altre celle. Preghiere ed inni risuonavano in ogni parte del bunker:
avevo l’impressione di essere in una chiesa...Qualche volta il
gruppo di P. Kolbe era così assorto in preghiera che non si
accorgeva nemmeno che il gruppo delle SS apriva la porta. Quando la
porta si apriva quei poveretti mendicavano pane e acqua. Kolbe
guardava direttamente negli occhi, con intensità coloro che
entravano in cella. Quegli occhi, i suoi, erano incredibilmente
penetranti che gli uomini delle SS non potevano sostenere il suo
sguardo e sbraitavano:Guarda il pavimento, non noi.”
[Bruno Borgowiec,interprete]
*Kolbe
morì per una iniezione di acido fenico il 14.8.1941;il suo corpo fu
cremato il giorno 15 Agosto, Festa dell’Assunzione.
-
“Fu uno shok per tutto il campo. Uno sconosciuto, uno come tutti,
torturato e privato del nome e della condizione sociale, era morto
per salvare qualcuno che non era neanche suo parente. Perciò non è
vero -gridavamo- che l’umanità è gettata nel fango, schiacciata
senza speranza. Dire che P. Kolbe morì per uno di noi o per la
famiglia di quella persona sarebbe riduttivo. La sua morte fu la
salvezza di migliaia di vite umane.”
[Giorgio Bieleki]
¨
Dalla testimonianza di chi l’ha conosciuto nella vita
Cultura
Studente
-
“Le sue domande erano inattese ma allo stesso tempo talmente
profonde che il nostro Rettore, Padre Bondini, professore di diritto,
rimaneva sconcertato. Il Rettore mi diceva sempre:Massimiliano fa
delle domande alle quali non so proprio come rispondere
[P. Domenico Stella]
-
“Un vero impiastro, uno che, più vai avanti, più ti assedia con
un’infinità di domande” . [P. Leone Cicchito]
-
“Ogni numero(del giornale) dev’essere preparato in ginocchio e
pubblicato grazie alla preghiera”.
[P.Isidoro Kozbial]
Amicizia
-
“Era una grande guida. Per me questo consisteva nel fatto che egli
sapeva quando era il momento giusto e il luogo giusto per
appassionare le persone e mobilitarne molte...”
[Dottor Wilk]
-
“Non l’ho mai sentito parlare male di qualcuno...Durante le
nostre passeggiate mi faceva pregare con lui il Santo Rosario e altre
preghiere come il Memorare...” [P. Giuseppe Pal]
-
“Ognuno sentiva di essere felice per il solo fatto di essere con
lui e non importava cosa stesse facendo”
[principe Drucki-Lubecki]
-“Era
bravo a giocare a scacchi e non giocava solo per fare piacere agli
altri, ma per vincere. Una sera aveva davanti a sè un abile
avversario, ma lui con la mossa successiva avrebbe vinto. Allora ,
quando venne il suo turno, intervenne qualcuno per avvisare l’altro
giocatore che poteva usare uno stratagemma per salvarsi. Questo
Fratello, per non essere battuto seguì il consiglio e P. Kolbe perse
la partita. Allora Kolbe guardò con i suoi occhi taglienti colui che
aveva dato il consiglio e protestò :<<Perché l’hai
fatto?>>...si rammaricava che la vittoria gli fosse sfuggita di
mano per un pelo.”
[P. Giovanni
Burdyszek]
Appartenenza
-
“Quando si ammalava lui, alcuni Fratelli appendevano un cartello
sulla porta chiedendo alle persone di stare lontano e di lasciarlo
riposare, ma lui si accorgeva del cartello e lo porgeva a qualcuno
dicendo:Portalo via, per favore; tutti possono venire da me a
qualsiasi ora del giorno e della notte, sempre: io appartengo a
loro.”
[Fra Lorenzo Podwapinski]
-
“Lo amavo ardentemente, come un figlio ama il migliore dei
padri...qualche volta provavo il desiderio di inginocchiarmi davanti
a lui come ad un’icona vivente...Io ero sempre quello che gli stava
più vicino, perché avevo bisogno della sua presenza. Perché avevo
bisogno di stare accanto a lui? perché sentivo la santità che
emanava come un sollievo che veniva a me dall’altro mondo.”
[Fra Felicissimo Sztyn]
-
“Parlava come un padre parla ai suoi figli:Amatevi l’un l’altro,
siate umili di cuore, non scoraggiatevi per i peccati commessi a
causa della vostra debolezza... [P. Giovanni Burdyszek]
Missione
e compagnia
-
“Niepokalanow non era un rifugio dal mondo: era un alveare di
attività! A Kolbe non interessavano i soldati passivi.Quello che
contava erano soprattutto i fatti, i fatti, i fatti- quanto più
possibile per far progredire la missione...”[Dottor Wilk]
-
“Non cercate le mortificazioni straordinarie, le flagellazioni, le
lunghe preghiere e cose simili. Procura già abbastanza penitenza
fare la volontà dell’Immacolata - che è la volontà stessa di
Dio.”
[Fra Lorenzo Podwapinski]
-“Fece
un breve incontro con i novizi. Li incoraggiò dicendo che la santità
non è poi così difficile: andò alla lavagna e con mano sicura
tracciò a sinistra una grande V e a destra una piccolissima v e poi
unendole come in una equazione algebrica (V = v) aggiunse:Quando la
nostra volontà sarà conforme alla volontà di Dio, allora noi
saremo santi.”
[P. Quirico Pignalberi]
-
“In mezzo alle prove di oggi, sottomettetevi alla volontà di Dio.
Quando la sofferenza è lontana, noi siamo disposti a tutto. Ma ora
la sofferenza è qui: accettiamola e sopportiamola volentieri...”
[Fra Juventyn]
-
“Ad un Fratello che aveva problemi al torace, gli diceva sempre che
ci sono tre branche dell’apostolato cristiano: la preghiera, il
lavoro e la sofferenza. La sofferenza è la migliore perché non dà
occasione alla presunzione di crescere.”
[Fra Cipriano Grodzki]
-
“Non si è buoni religiosi se lavoriamo tanto ma se obbediamo.”
[P.Giovanni Burdyszek]
In
carcere
-
“Sopportava tutto con gioia. Fu a quel tempo che io annotai la sua
affermazione: anche le anime più ferventi vengono pervase da una
certa tristezza quando si rendono conto che in paradiso non potranno
più dimostrare a Dio il loro amore, perché non potranno più
soffrire i nome suo.”
Dal
sito http://www.crocepadrekolbe.it/
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