EUGENIA
MARIA ANGELA PICCO nacque a Crescenzago (Milano), 1'8 novembre 1867,
da Giuseppe Picco e Adelaide Del Corno. Al battesimo, 10 novembre
seguente, le vennero dati i nomi di Eugenia Maria Angela. Il padre fu
un valido musicista de «La Scala» di Milano. Era cieco e un
ricercato suonatore di tibia nei più celebri teatri italiani ed
esteri. La madre era una donna mondana, che non amava il marito, ma
amava il denaro, il successo e i viaggi. Eugenia fu perciò affidata
ai nonni. Il 9 giugno 1876 ricevette la Cresima e a dodici anni fece
la Prima Comunione.
I genitori la incontravano solo nelle brevi soste che si concedevano tra una tournee e l'altra, fino a quando un giorno la madre tornò sola, senza il marito, facendo credere che fosse morto. In realtà egli si era unito ad un'altra donna dopo essere stato abbandonato da Adelaide e se n'era andato in America. Eugenia non avrebbe saputo più nulla di lui. Da quel momento la madre costrinse la figlia ad andare ad abitare con lei e con il suo convivente, dal quale, in seguito, avrebbe avuto altri due figli. Eugenia cresceva così in un ambiente irreligioso e moralmente guasto, dovendo fare i conti con i desideri mondani della madre che la voleva cantante di successo e con il convivente della madre che la molestava e infastidiva spesso. «Pericoli ed occasioni in casa e fuori » dirà Eugenia ricordando quei tribolati anni e quella «istintiva » forza di pregare nel silenzio dell'austera basilica di Sant'Ambrogio di Milano, dove ogni giorno si recava ad invocare Dio di liberarla dall'amarezza e dall'oppressione.
Fu una sera del maggio 1886, come Eugenia stessa raccontò nel suo diario che tenne per ordine del suo direttore spirituale, « ritiratasi la famiglia per il riposo, dopo una scena di quelle calunnie, sola, affranta, nella disperazione del mio stato, mi buttai in ginocchio invocando aiuto ad un quadro appeso sopra il letto.
I genitori la incontravano solo nelle brevi soste che si concedevano tra una tournee e l'altra, fino a quando un giorno la madre tornò sola, senza il marito, facendo credere che fosse morto. In realtà egli si era unito ad un'altra donna dopo essere stato abbandonato da Adelaide e se n'era andato in America. Eugenia non avrebbe saputo più nulla di lui. Da quel momento la madre costrinse la figlia ad andare ad abitare con lei e con il suo convivente, dal quale, in seguito, avrebbe avuto altri due figli. Eugenia cresceva così in un ambiente irreligioso e moralmente guasto, dovendo fare i conti con i desideri mondani della madre che la voleva cantante di successo e con il convivente della madre che la molestava e infastidiva spesso. «Pericoli ed occasioni in casa e fuori » dirà Eugenia ricordando quei tribolati anni e quella «istintiva » forza di pregare nel silenzio dell'austera basilica di Sant'Ambrogio di Milano, dove ogni giorno si recava ad invocare Dio di liberarla dall'amarezza e dall'oppressione.
Fu una sera del maggio 1886, come Eugenia stessa raccontò nel suo diario che tenne per ordine del suo direttore spirituale, « ritiratasi la famiglia per il riposo, dopo una scena di quelle calunnie, sola, affranta, nella disperazione del mio stato, mi buttai in ginocchio invocando aiuto ad un quadro appeso sopra il letto.
Che facessi e che avvenne non so dire. Questo ricordo: si staccò dal quadro una striscia di luce (quasi una lama di uno stile) e si lanciò colpendo il mio cuore con un dolore acuto, come provenisse da una ferita prodotta da una punta, di qui tutto. Quella punta mi cambiò. Luce e forza. Il mio Dio mi colpì. Maria vinse la causa. Mi sentì totalmente mutata ». Scrisse inoltre: « Quel germe, quel desiderio di santità che sentivo fin da fanciulla e nella mia stessa vita che conducevo, si fece veemente: Gesù mi tirava a se con maggior forza ». Così che, a vent'anni, Eugenia decise « di lasciare assolutamente il mondo, e volere Gesù, la Santità». Frequentando l'oratorio e la scuola di cultura presso le Madri Orsoline in Milano venne a conoscenza della giovane Congregazione delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria di Parma. Per realizzare la sua vocazione, assai contrastata della madre, fuggì da casa, il 31 agosto 1887, ed entrò, il giorno seguente, nella sunnominata Congregazione a Parma, subito accolta dal fondatore, il venerabile Agostino Chieppi (1830-1891).
Il 26 agosto 1888, iniziò il noviziato ed, il 10 giugno 1891, emise la prima professione religiosa nelle mani dello stesso fondatore. Fece la professione perpetua il primo giugno 1894.
Come giovane suora venne incaricata dall'assistenza delle convittrici con l'incarico di maestra di musica, canto e francese. Nel luglio 1905 fu nominata maestra delle novizie e nel 1910 segretaria generale. In tutti questi incarichi si donava senza riserva cosicché, il 19 giugno 1911, fu eletta Superiora Generale, carica che mantenne fino alla morte.
Proprio all'inizio di questo suo servizio di Superiora generale giunse a quell'esperienza spirituale che i teologi denominano « matrimonio », cioè celebrazione dell'alleanza nuziale con l'Agnello immolato per noi. Nel suo diario possiamo leggere un racconto di questo momento, avvenuto durante la celebrazione della Messa, come ogni altra sua esperienza mistica. Dopo aver descritto l'atto con cui Cristo stesso pose al suo dito l'anello ornato dalle pietre preziose delle virtù teologali e cardinali, cosi scrive: «Mi sentii in quell'atto sposa dell'Eterno Amore... Nell'atto stesso vidi sotto di me un campo vasto da non capirne il termine, Gesù Buono lo mostrò e fé intendere essere il lavoro avvenire di quest'indegnissima... Quel campo; l'universo e l'intera umanità... Capii chiaro. Questa povera si rivolse alla Bontà Divina come chiedendo aiuto e di rimanere però con certezza, là con Lui. Concesso... Là per fruizione o meglio per amore di partecipazione coi Beati Serafini; qui per immolazione di doverosa gratitudine eucaristica ».
Fece allora voto di compiere con perfezione serena e tranquilla i doveri di Superiora e questo per il compimento della volontà di Dio, imprimendo un rinnovamento di vita a tutto l'organismo della Congregazione. Consacrò tutta se stessa allo sviluppo della pietà e di una soda cultura tra le sue religiose. Aggiornò le Regole, secondo le norme emanate dalla S. Sede e ne curò la stampa; collaborò alla formazione di un Manuale di Pietà per le Piccole Figlie; alla stesura del Rituale per le Professioni e di un periodico a cui diede il titolo: «Poca Favilla », destinato a diffondere nelle diverse comunità argomenti di cultura e notizie circa le varie attività apostoliche. Nel 1914 fece trasportare nella cappella della casa generalizia la salma del fondatore.
Durante il suo governo Madre Eugenia conobbe però anche prove morali da diverse parti che furono causa di particolari sofferenze. Ma anche in queste situazioni difficili mostrava prudenza e generosità del perdono in grado eminente.
Durante la Prima Guerra Mondiale si mise eroicamente a disposizione, con le sue religiose, delle opere militari d'assistenza ai feriti e ai figli dei richiamati, dedicando al loro servizio il maggior numero possibile di forze fino a privarsi dell'aiuto della sua stessa vicaria e dell'economa generale. Si aprirono inoltre le Sale di Custodia per i bambini e per i vecchi che, a causa della guerra, rimanevano soli. Il sostegno principale di tutta quest'attività e dedizione apostolica fu, per Suor Eugenia, l'Eucaristia: « Come Gesù ha scelto il pane, cosa tanto comune, così deve essere la mia vita, comune... accessibile a tutti e, in pari tempo, umile e nascosta, come è il pane ».
L'Eucaristia era per Eugenia infatti il compendio dell'amore di Gesù. «E qui l'anima si perde nel suo Centro, nel Cuore del cuor suo, nell'Anima dell'anima sua, nell'Amore del suo amore, nella Vita della vita sua; nel suo Tutto, nel suo Diletto. Nel suo Essere perché È e perché la povera anima esiste.
Questi sono i perni di appoggio: cioè quello che sente questa povera creatura dell'Amore in Sacramento.Che sento di Gesù nel Sacramento dell'Eucaristia? Si sente un filo, che unisce Cuore a cuore! Pare proprio reale questo filo, che tiene una linea di comunicazione col santo Tabernacolo.
Il santo Tabernacolo è il Trono dell'augustissima Triade! È il seggio del Dio vivo! A la causa e la forza dei santi martiri! E la fortezza dei confessori e delle sante vergini! Nel santo Tabernacolo si contempla, si ama, si consuma, si perde!
Si cerca Dio? Là c'è, vivo e vero! Si cerca Gesù? Là c'è, vivo e vero! » (Libretto 144).
In questo senso soleva dire: «In Gesù, per Gesù, con Gesù, tutto, tutto, tutto, Amen ».
Di salute debole, in un corpo minato dalla tisi ossea che, nel 1919, la portò all'amputazione dell'arto inferiore destro, Suor Eugenia si offrì disponibile al compimento del disegno del Padre, accettando perfino di essere rieletta Superiora generale al Capitolo generale del 6 novembre 1919.
Neanche questa menomazione fisica poteva frenare la sua attività. Fu sorretta da un ardore apostolico, che nulla risparmia, da un dinamismo di generosità libero da interessi personali. Quando avvertì l'aggravarsi del male, chiese gli ultimi sacramenti che ricevette, il 22 gennaio 1921, e l'Unzione degli infermi la sera seguente, rinnovando i voti religiosi nelle mani del suo Vescovo di Parma, il Beato Guido Maria Conforti.
Nonostante il progredire della tisi ossea ebbe un miglioramento durante il quale volle dedicarsi, con forza di volontà e dedizione d'amore, ai suoi compiti fino al 7 settembre 1921, giorno in cui rese la sua anima a Dio.
Sepolta nel cimitero, il 7 settembre 1946, le sue spoglie furono traslate nella cappella della Casa Madre delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, Parma, Piazzale San Johann 7.
Il 7 ottobre 2001, Eugenia Picco è stata proclamata Beata da Papa Giovanni Paolo II.
Dal
sito http://www.igw-resch-verlag.at/
Molto bella questa storia 💝
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