Il
Signore ha condannato il peccato, non l'uomo. Bisogna tenerne conto
per non separare, nel Signore, la verità dalla bontà. Il Signore è
buono e retto. Amalo perché è buono, temilo perché è retto.
1. La vostra Carità
ricorda che nel precedente discorso, prendendo spunto dal brano
evangelico, vi abbiamo parlato dello Spirito Santo. Il Signore aveva
invitato i credenti in lui a bere lo Spirito Santo, parlando in mezzo
a coloro che avevano intenzione di prenderlo e volevano ucciderlo, ma
non ci riuscivano perché egli ancora non voleva. Appena ebbe detto
queste cose, nacque tra la folla un forte dissenso intorno a lui.
Alcuni sostenevano che egli era il Cristo, mentre altri facevano
osservare che il Cristo non poteva venire dalla Galilea. Coloro poi
che erano stati mandati ad arrestarlo, ritornarono con le mani pulite
e pieni di ammirazione per lui. Resero, anzi, testimonianza alla sua
divina dottrina, quando alla domanda di quelli che li avevano
mandati: Perché non lo avete condotto?, essi risposero:
Nessun uomo ha mai parlato come parla costui. Egli infatti
aveva parlato così perché era Dio e uomo. Tuttavia i farisei,
rifiutando la testimonianza delle guardie, replicarono: Anche voi
siete stati sedotti? Vediamo infatti che vi siete deliziati dei
suoi discorsi. C'è forse alcuno dei capi o dei farisei che gli
abbia creduto? Ma questa gentaglia, che non conosce la legge, è
maledetta! (Gv 7, 45-49). Quelli che non conoscevano la legge,
credevano in colui che aveva dato la legge; egli invece veniva
disprezzato da quelli che insegnavano la legge, affinché si
adempisse ciò che il Signore stesso aveva detto: Io sono venuto
perché vedano quelli che non vedono e quelli che vedono diventino
ciechi (Gv 9, 39). Ciechi infatti son diventati i dottori
farisei, mentre sono stati illuminati i popoli che non conoscevano la
legge, ma che hanno creduto nell'autore della legge.
2. Tuttavia uno dei
farisei, Nicodemo - quello che si era recato da Gesù di notte, e
che probabilmente non era incredulo ma soltanto timido, e perciò si
era avvicinato alla luce di notte, perché voleva essere illuminato
pur avendo paura di essere riconosciuto -, rispose ai Giudei: La
nostra legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di
sapere ciò che fa? Perversi com'erano, volevano condannarlo
prima di conoscerlo. Nicodemo infatti sapeva, o almeno era persuaso,
che se essi avessero avuto soltanto la pazienza di ascoltarlo,
probabilmente avrebbero fatto come quelli che, mandati per
arrestarlo, avevano preferito credere in lui. Gli risposero,
seguendo i pregiudizi del loro animo: Saresti anche tu
galileo? Cioè, anche tu sei stato sedotto dal Galileo? Il
Signore infatti era chiamato Galileo, perché i suoi genitori erano
di Nazaret. Ho detto genitori riferendomi a Maria, non al padre: Gesù
ha cercato in terra solo una madre, poiché aveva già in cielo il
Padre. La sua nascita infatti fu mirabile in ambedue i sensi: divina
senza madre e umana senza padre. E cosa dissero quei sedicenti
dottori della legge a Nicodemo? Studia le Scritture, e vedrai che
non sorge profeta dalla Galilea. Ma il Signore dei profeti era
sorto proprio dalla Galilea. E ciascuno - nota l'evangelista -
tornò a casa sua (Gv 7, 50-53).
3. Gesù, poi, se ne
andò al monte degli Ulivi, al monte dei frutti, al monte
dell'olio, al monte dell'unzione. Poteva trovare, il Cristo, per
insegnare, luogo più adatto del monte degli Ulivi? Il nome Cristo
infatti viene dalla parola greca chrisma, che tradotto
significa "unzione". Egli infatti ci ha unti per fare di
noi dei lottatori contro il diavolo. All'alba, però, era di nuovo
nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, seduto, insegnava
ad essi (Gv 8, 1-2). E nessuno poteva prenderlo perché non era
ancora giunta l'ora della sua passione.
[Verità,
bontà e giustizia.]
4. Osservate ora fino a
che punto i suoi nemici misero alla prova la mansuetudine del
Signore. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna
sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: Maestro,
questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella
legge, ci ha comandato di lapidarle queste tali. Tu che cosa dici?
Questo dicevano per metterlo alla prova, onde avere di che accusarlo
(Gv 8, 3-6). Accusarlo di che? Forse che avevano sorpreso pure lui in
qualche delitto, oppure si poteva dire che quella donna aveva avuto a
che fare con lui? In che senso allora essi volevano metterlo alla
prova, per avere di che accusarlo? Abbiamo modo di ammirare, o
fratelli, la straordinaria mansuetudine del Signore. Anche i suoi
avversari fecero esperienza della sua grande mitezza, della sua
mirabile mansuetudine, secondo quanto di lui era stato predetto:
Cingiti la spada al fianco, potentissimo; e maestoso t'avanza,
cavalca, per la causa della verità e della mansuetudine e della
giustizia (Sal 44, 4-5). Egli ci ha apportato la verità come
dottore, la mansuetudine come liberatore, la giustizia come giudice.
Per questo il profeta aveva predetto che il suo regno sarebbe stato
totalmente sotto l'influsso dello Spirito Santo. Quando parlava,
trionfava la verità; quando non reagiva agli attacchi dei nemici,
risaltava la mansuetudine. E siccome i suoi nemici, per invidia e per
rabbia, non riuscivano a perdonargli né la verità né la
mansuetudine, inscenarono uno scandalo per la terza cosa, cioè per
la giustizia. Che cosa fecero? Siccome la legge ordinava che gli
adulteri fossero lapidati, e ovviamente la legge non poteva ordinare
una cosa ingiusta, chiunque sostenesse una cosa diversa da ciò che
la legge ordinava, si doveva considerare ingiusto. Si dissero dunque:
Egli si è considerato amico della verità e passa per mansueto;
dobbiamo imbastirgli uno scandalo sulla giustizia; presentiamogli una
donna sorpresa in adulterio, ricordiamogli cosa stabilisce in simili
casi la legge. Se egli ordinerà che venga lapidata, non darà prova
di mansuetudine; se deciderà che venga rilasciata, non salverà la
giustizia. Ma per non smentire la fama di mansuetudine che si è
creata in mezzo al popolo, certamente - essi pensavano - dirà che
dobbiamo lasciarla andare. Così noi avremo di che accusarlo, e,
dichiarandolo colpevole di aver violato la legge, potremo dirgli: sei
nemico della legge, devi rispondere di fronte a Mosè, anzi, di
fronte a colui che per mezzo di Mosè ci ha dato la legge; sei reo di
morte e devi essere lapidato anche tu assieme a quella. Con tali
parole e proposito, s'infiammava l'invidia, ardeva il desiderio di
accusarlo, si eccitava la voglia di condannarlo. Ma tutto questo
contro chi? Era la perversità che tramava contro la rettitudine, la
falsità contro la verità, il cuore corrotto contro il cuore retto,
la stoltezza contro la sapienza. Ma come gli avrebbero potuto
preparare dei lacci in cui non sarebbero essi stessi caduti per
primi? Il Signore, infatti, risponde in modo tale da salvare la
giustizia senza smentire la mansuetudine. Non cade nella trappola che
gli è stata tesa, ci cadono invece quegli stessi che l'hanno tesa:
gli è che non credevano in colui che li avrebbe potuti liberare da
ogni laccio.
[La
miseria e la misericordia.]
5. Cosa rispose dunque
il Signore Gesù? Cosa rispose la verità? Cosa rispose la sapienza?
Cosa rispose la stessa giustizia contro la quale era diretta la
calunnia? Non disse: Non sia lapidata! Si sarebbe messo contro la
legge. Ma si guarda bene anche dal dire: Sia lapidata! Egli era
venuto, non a perdere ciò che aveva trovato, ma a cercare ciò che
era perduto (cf. Lc 19, 10). Cosa rispose dunque? Guardate che
risposta piena di giustizia, e insieme piena di mansuetudine e di
verità! Chi di voi è senza peccato - dice - scagli per
primo una pietra contro di lei (Gv 8, 7). O risposta della
Sapienza! Come li costrinse a rientrare subito in se stessi! Essi
stavano fuori intenti a calunniare gli altri, invece di scrutare
profondamente se stessi. Si interessavano dell'adultera, e intanto
perdevano di vista se stessi. Prevaricatori della legge, esigevano
l'osservanza della legge ricorrendo alla calunnia, non sinceramente,
come fa chi condanna l'adulterio con l'esempio della castità. Avete
sentito, o Giudei, avete sentito, farisei e voi, dottori della legge,
avete sentito tutti la risposta del custode della legge, ma non avete
ancora capito che egli è il legislatore. Che altro vuol farvi
capire, scrivendo in terra col dito? La legge, infatti, fu scritta
col dito di Dio, e fu scritta sulla pietra per significare la durezza
dei loro cuori (cf. Es 31, 18). Ed ora il Signore scriveva in terra,
perché cercava il frutto. Avete dunque sentito il verdetto? Ebbene,
si applichi la legge, si lapidi l'adultera! E' giusto, però, che la
legge della lapidazione venga eseguita da chi dev'essere a sua volta
colpito? Ciascuno di voi esamini se stesso, rientri in se stesso, si
presenti al tribunale della sua anima, si costituisca davanti alla
propria coscienza, costringa se stesso alla confessione. Egli sa chi
è, poiché nessun uomo conosce le cose proprie dell'uomo, fuorché
lo spirito dell'uomo che è in lui (cf 1 Cor 2, 11). Ciascuno,
rivolgendo in sé lo sguardo, si scopre peccatore. Proprio così.
Quindi, o voi lasciate andare questa donna, o insieme con lei subite
la pena della legge. Se dicesse: Non lapidate l'adultera! verrebbe
accusato come ingiusto; se dicesse: Lapidatela! non si mostrerebbe
mansueto. Ascoltiamo la sentenza di colui che è mansueto ed è
giusto: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra
contro di lei. Questa è la voce della giustizia: Si punisca la
peccatrice, ma non ad opera dei peccatori; si adempia la legge, ma
non ad opera dei prevaricatori della legge. Decisamente, questa è la
voce della giustizia. E quelli, colpiti da essa come da una freccia
poderosa, guardandosi e trovandosi colpevoli, uno dopo l'altro,
tutti si ritirarono (Gv 8, 9). Rimasero soltanto loro due: la
misera e la misericordia. E il Signore, dopo averli colpiti con la
freccia della giustizia, non si fermò a vederli cadere, ma, distolto
lo sguardo da essi, si rimise a scrivere in terra col dito (Gv
8, 8).
6. Quella donna era
dunque rimasta sola, poiché tutti se ne erano andati. Gesù levò
gli occhi verso di lei. Abbiamo sentito la voce della giustizia,
sentiamo ora la voce della mansuetudine. Credo che più degli altri
fosse rimasta colpita e atterrita da quelle parole che aveva sentito
dal Signore: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una
pietra contro di lei. Quelli, badando ai fatti loro e con la loro
stessa partenza confessandosi rei, avevano abbandonato la donna col
suo grande peccato a colui che era senza peccato. E poiché essa
aveva sentito quelle parole: Chi di voi è senza peccato, scagli
per primo una pietra contro di lei, si aspettava di essere
colpita da colui nel quale non si poteva trovar peccato. Ma egli, che
aveva respinto gli avversari di lei con la voce della giustizia,
alzando verso di lei gli occhi della mansuetudine, le chiese: Nessuno
ti ha condannato? Ella rispose: Nessuno, Signore. Ed egli:
Neppure io ti condanno, neppure io, dal quale forse hai temuto
di esser condannata, non avendo trovato in me alcun peccato. Neppure
io ti condanno. Come, Signore? Tu favorisci dunque il peccato?
Assolutamente no. Ascoltate ciò che segue: Va' e d'ora innanzi
non peccare più (Gv 8, 10-11). Il Signore, quindi, condanna il
peccato, ma non l'uomo. Poiché se egli fosse fautore del peccato,
direbbe: neppure io ti condanno; va', vivi come ti pare, sulla mia
assoluzione potrai sempre contare; qualunque sia il tuo peccato, io
ti libererò da ogni pena della geenna e dalle torture dell'inferno.
Ma non disse così.
7. Ne tengano conto
coloro che amano nel Signore la mansuetudine, e temano la verità.
Infatti dolce e retto è il Signore (Sal 24, 8). Se lo ami
perché è dolce, devi temerlo perché è retto. In quanto è
mansueto dice: Ho taciuto; ma in quanto è giusto aggiunge:
Forse che sempre tacerò? (Is 42, 14 sec. LXX). Il Signore
è misericordioso e benigno. Certamente. Aggiungi: longanime,
e ancora: molto misericordioso, ma tieni conto anche di
ciò che è detto alla fine del testo scritturale, cioè verace
(Sal 85, 15). Allora infatti giudicherà quanti l'avranno
disprezzato, egli che adesso sopporta i peccatori. Forse che
disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza, della
sua longanimità, non comprendendo che questa bontà di Dio ti spinge
solo al pentimento? Con la tua ostinatezza e con il tuo cuore
impenitente accumuli sul tuo capo l'ira per il giorno dell'ira,
quando si manifesterà il giusto giudizio di Dio, il quale renderà a
ciascuno secondo le sue opere (Rm 2, 4-6). Il Signore è
mansueto, il Signore è longanime, è misericordioso; ma è anche
giusto, è anche verace. Ti dà il tempo di correggerti; ma tu fai
assegnamento su questa dilazione, senza impegnarti a correggerti.
Ieri sei stato cattivo? oggi sii buono. Anche oggi sei caduto nel
male? almeno domani cambia. Tu invece rimandi sempre e ti riprometti
moltissimo dalla misericordia di Dio, come se colui che ti ha
promesso il perdono in cambio del pentimento, ti avesse anche
promesso una vita molto lunga. Che ne sai cosa ti porterà il domani?
Giustamente dici in cuor tuo: quando mi correggerò, Dio mi perdonerà
tutti i peccati. Non possiamo certo negare che Dio ha promesso il
perdono a chi si corregge e si converte; è vero, puoi citarmi una
profezia secondo cui Dio ha promesso il perdono a chi si corregge;
non puoi, però, citarmi una profezia secondo cui Dio ti ha promesso
una vita lunga.
[Tra
la speranza e la disperazione.]
8. Gli uomini corrono
due pericoli contrari, ai quali corrispondono due opposti sentimenti:
quello della speranza e quello della disperazione. Chi è che
s'inganna sperando? chi dice: Dio è buono e misericordioso, perciò
posso fare ciò che mi pare e piace, posso lasciare le briglie
sciolte alle mie cupidigie, posso soddisfare tutti i miei desideri; e
questo perché? perché Dio è misericordioso, buono e mansueto.
Costoro sono in pericolo per abuso di speranza. Per disperazione,
invece, sono in pericolo quelli che essendo caduti in gravi peccati,
pensano che non potranno più essere perdonati anche se pentiti, e,
considerandosi ormai destinati alla dannazione, dicono tra sé: ormai
siamo dannati, perché non facciamo quel che ci pare? E' la
psicologia dei gladiatori destinati alla morte. Ecco perché i
disperati sono pericolosi: non hanno più niente da perdere, e perciò
debbono essere vigilati. La disperazione li uccide, così come la
presunzione uccide gli altri. L'animo fluttua tra la presunzione e la
disperazione. Devi temere di essere ucciso dalla presunzione: devi
temere, cioè, che contando unicamente sulla misericordia di Dio, tu
non abbia ad incorrere nella condanna; altrettanto devi temere che
non ti uccida la disperazione; che temendo, cioè, di non poter
ottenere il perdono delle gravi colpe commesse, non ti penti e così
incorri nel giudizio della Sapienza che dice: anch'io, a mia
volta, godrò della vostra sventura (Prv 1, 26). Come si comporta
il Signore con quelli che sono minacciati dall'uno o dall'altro male?
A quanti rischiano di cadere nella falsa speranza dice: Non
tardare a convertirti al Signore, né differire di giorno in giorno;
perché d'un tratto scoppia la collera di lui, e nel giorno del
castigo tu sei spacciato (Sir 5, 8-9). A quanti sono tentati di
cadere nella disperazione cosa dice? In qualunque momento l'iniquo
si convertirà, dimenticherò tutte le sue iniquità (cf. Ez 18,
21-22 27). A coloro dunque che sono in pericolo per disperazione,
egli offre il porto del perdono; per coloro che sono insidiati dalla
falsa speranza e si illudono con i rinvii, rende incerto il giorno
della morte. Tu non sai quale sarà l'ultimo giorno; sei un ingrato;
perché non utilizzi il giorno che oggi Dio ti dà per convertirti?
E' in questo senso che il Signore dice alla donna: Neppure io ti
condanno: non preoccuparti del passato, pensa al futuro. Neppure
io ti condanno: ho distrutto ciò che hai fatto, osserva quanto
ti ho comandato, così da ottenere quanto ti ho promesso.
Dal
sito http://www.augustinus.it/
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