Macàrio
il Grande (o l'Egiziano
o il
Vecchio)
- Monaco (300–
Scete,
390),
originario dell'Alto Egitto; visse nel deserto, prima seguace di s.
Antonio, poi attorniato da molti altri monaci che vivevano sotto la
sua regola.
In
qualunque circostanza i fratelli devono comportarsi con amore e gioia
gli uni verso gli altri. Chi lavora parlerà così di chi prega:
“Possiedo anch’io il tesoro che ha mio fratello, perché è in
comune fra noi”. Da parte sua, chi prega dirà di chi legge: “Il
bene che egli trae dalla lettura arricchisce anche me”. E chi
lavora dirà ancora: “E’ per la comunità che compio questo
servizio”. Le molte membra del corpo non formano che un unico corpo
e si sostengono vicendevolmente svolgendo ciascuna il suo compito.
L’occhio vede per tutto il corpo; la mano lavora per le altre
membra; il piede che cammina porta tutte; un membro soffre quando un
altro soffre. Così devono comportarsi i fratelli, gli uni verso gli
altri (cfr Rm 12,4-5). Chi prega non giudicherà chi lavora perché
non prega. Chi lavora non giudicherà chi prega… Chi serve non
giudicherà gli altri. Al contrario, ognuno, qualunque cosa faccia,
agirà per la gloria di Dio (cfr 1Cor 10,31; 2Cor 4,15)… Così,
grande concordia e serena armonia formeranno “il vincolo della
pace” (Ef 4,3), che li unirà fra loro e li farà vivere con
trasparenza e semplicità sotto lo sguardo benevolo di Dio. Certo
l’essenziale è perseverare nella preghiera. D’altronde è
richiesta una sola cosa: ognuno deve possedere nel suo cuore il
tesoro della presenza viva e spirituale del Signore. Che lavori, o
preghi o legga, ognuno deve poter dire di possedere il bene
imperituro che è lo Spirito Santo.
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