Il giudizio temerario causa preoccupazione, disprezzo del prossimo, orgoglio e compiacimento in se stessi e cento altri effetti negativi, tra i quali il primo posto spetta alla maldicenza, vera peste delle conversazioni. Vorrei avere un carbone ardente del santo altare per passarlo sulle labbra degli uomini, per togliere loro la perversità e mondarli dal loro peccato, proprio come il Serafino fece sulla bocca di Isaia.
Se
si riuscisse a togliere la maldicenza dal mondo, sparirebbero gran
parte dei peccati e la cattiveria. A chi strappa ingiustamente il
buon nome al prossimo, oltre al peccato di cui si grava, rimane
l'obbligo di riparare in modo adeguato secondo il genere della
maldicenza commessa. Nessuno può entrare in Cielo portando i beni
degli altri; ora, tra tutti i beni esteriori, il più prezioso è il
buon nome. La maldicenza è un vero omicidio, perché tre sono le
nostre vite: la vita spirituale, con sede nella grazia di Dio; la
vita corporale, con sede nell'anima; la vita civile che consiste nel
buon nome. Il peccato ci sottrae la prima, la morte ci toglie la
seconda, la maldicenza ci priva della terza. Il maldicente, con un
sol colpo vibrato dalla lingua, compie tre delitti.- uccide
spiritualmente la propria anima, quella di colui che ascolta e toglie
la vita civile a colui del quale sparla. Dice S. Bernardo che sia
colui che sparla come colui che ascolta il maldicente, hanno il
diavolo addosso, uno sulla lingua e l'altro nell'orecchio. Davide,
riferendosi ai maldicenti dice: Hanno affilato le loro lingue come
quelle dei serpenti.
Il
serpente ha la lingua biforcuta, a due punte, come dice Aristotele;
tale e quale è quella del maldicente, che con un sol morso ferisce e
avvelena l'orecchio di chi ascolta e il buon nome di colui di cui
parla male.
Per
questo ti scongiuro, carissima Filotea, di non sparlare mai di
alcuno, né direttamente, né indirettamente. Sta attenta a non
attribuire delitti e peccati inesistenti al prossimo, a non svelare
quelli rimasti segreti, a non gonfiare quelli conosciuti, a non
interpretare in senso negativo il bene fatto, a non negare il bene
che sai esistere in qualcuno, a non fingere di ignorarlo, tanto meno
poi devi sminuirlo a parole; agendo in questo modo offenderesti
seriamente Dio, soprattutto se dovessi accusare falsamente il
prossimo o negassi la verità a lui favorevole; mentire e
contemporaneamente nuocere al prossimo è doppio peccato.
Coloro
che per seminare maldicenza fanno introduzioni onorifiche, e che la
condiscono di piccole frasi gentili, o peggio di scherno, sono i
maldicenti più sottili e più velenosi.
Protesto,
dicono, che gli voglio bene e che per il resto è un galantuomo, ma,
continuano, la verità va detta: ha avuto torto nel commettere quella
perfidia; quella è una ragazza virtuosissima, ma si è lasciata
sorprendere..., e simili piccole cornici!
Non
capisci dov'è l'arte? Chi vuol scoccare una freccia, la tira più
che può a sé, ma è soltanto per scagliarla con maggior forza: si
può anche avere l'impressione che costoro tirino a sé la
maldicenza, ma è soltanto per scoccarla con maggior sicurezza, per
farla penetrare più a fondo nel cuore di coloro che ascoltano.
La
maldicenza portata sotto forma di scherno è la più cattiva di
tutte; fa pensare alla cicuta che, di per sé, non è un veleno molto
forte, anzi ha un'azione lenta e facilmente vi si può porre rimedio,
ma se viene Il vino, è senza scampo; lo stesso è di una presa con
maldicenza che, di natura sua, secondo il detto, entrerebbe da un
orecchio e uscirebbe dall'altro e che invece penetra fortemente nella
mente degli ascoltatori quando è presentata in un contesto di parole
sottili e gioviali.
Dice
Davide: Hanno il veleno dell'aspide sotto le loro labbra. La puntura
dell'aspide è quasi impercettibile, e il suo veleno dà sulle prime
un prurito gradevole, che allarga così il cuore e le viscere e
favorisce così l'assorbimento del veleno, contro il quale non ci
sarà più nulla da fare.
Non
dire mai: Il tale è un ubriacone, anche se l'hai visto ubriaco
davvero; quello è un adultero, perché l'hai visto in adulterio; è
incestuoso perché l'hai sorpreso in quella disgrazia; una sola
azione non ti autorizza a classificare la gente. Il sole si fermò
una volta per favorire la vittoria di Giosuè e si oscurò un'altra
volta per la vittoria del Salvatore; a nessuno viene in mente per
questo di dire che il sole è immobile e oscuro.
Noè
si ubriacò una volta; e così anche Lot e questi, in più, commise
anche un grave incesto: non per questo erano ubriaconi, e non si può
dire che quest'ultimo fosse incestuoso. E non si può dire che S.
Pietro fosse un sanguinario perché una volta ha versato sangue, né
che fosse bestemmiatore perché ha bestemmiato una volta.
Per
classificare uno vizioso o virtuoso bisogna che abbia fatto progressi
e preso abitudini; è dunque una menzogna affermare che un uomo è
collerico o ladro, perché l'abbiamo visto adirato o rubare una volta
soltanto.
Anche
se un uomo è stato vizioso per lungo tempo, sì rischia di mentire
chiamandolo vizioso.
Simone
il lebbroso chiamò Maddalena peccatrice, perché lo era stata prima;
mentì, perché non lo era più, anzi era una santa penitente; e
Nostro Signore la difese. Quell'altro Fariseo vanesio considerava
grande peccatore il pubblicano, ingiusto, adultero, ladro; ma si
ingannava, perché proprio in quel momento era giustificato.
Poiché
la bontà di Dio è così grande che basta un momento per chiedere e
ottenere la sua grazia, come facciamo a sapere che uno, che era
peccatore ieri, lo sia anche oggi? Il giorno precedente non ci
autorizza a giudicare quello presente, e il presente non ci autorizza
a giudicare il passato. Solo l'ultimo li classificherà tutti.
Non
potremo mai dire che un uomo è cattivo senza pericolo di mentire. In
caso che sia necessario parlare possiamo dire che ha commesso tale o
tal'altra azione cattiva, che ha condotto una vita disordinata in
tale periodo, che agisce male al presente; ma non è lecito da ieri
tirare delle conclusioni per oggi, né da oggi per ieri, e ancor meno
da oggi per domani.
Se
è vero che bisogna essere molto attenti a non parlare mai male del
prossimo, però bisogna anche guardarsi dall'estremo opposto, in cui
cadono alcuni, i quali, per paura di fare della maldicenza, lodano e
dicono bene del vizio.
Se
ti imbatti in un maldicente senza pudore, per scusarlo, non dire che
è una persona libera e franca; di una persona apertamente vanesia,
non dire che è generosa e senza complessi; le libertà pericolose
non chiamarle semplicità e ingenuità; non camuffare la
disobbedienza con il nome di zelo, l'arroganza con il nome di
franchezza, la sensualità con il nome di amicizia.
Cara
Filotea, per fuggire il vizio della maldicenza, non devi favorire,
accarezzare, e nutrire gli altri vizi; ma con semplicità e
franchezza, devi dire male del male e biasimare le cose da biasimare;
solo se agiamo in questo modo diamo gloria a Dio.
Fa
però attenzione ed attienti a quello che ora ti dirò.
Si
possono lodevolmente biasimare i vizi degli altri, anzi è necessario
e richiesto, quando lo esige il bene di colui di cui si parla o di
chi ascolta.
Facciamo
degli esempi: supponi che in presenza di ragazze vengano raccontate
delle licenziosità commesse da Tizio e da Caia: è una cosa
senz'altro pericolosa; oppure supponi che si parli della dissolutezza
verbale di un tale o di una tale, sempre esemplificando; o ancora di
una condotta oscena: se io non biasimo chiaramente quel male, o,
peggio, tento di scusarlo, quelle tenere anime che ascoltano, avranno
la scusa per lasciarsi andare a qualche cosa di simile; il loro bene
esige che, con molta franchezza, biasimi all'istante quelle
sconcezze. Potrei riservarmi di farlo in un altro momento soltanto se
sapessi di ricavarne sicuramente un miglior risultato togliendo allo
stesso tempo importanza ai colpevoli.
P,
necessaria anche un'altra cosa: per parlare del soggetto devo averne
l'autorità, o perché sono uno di quelli più in evidenza nel
gruppo; nel qual caso se non parlo, avrò l'aria di approvare il
vizio: se invece nel gruppo non godo di molta considerazione, devo
guardarmi bene dal fare censure.
Più
di tutto Poi è necessario che io sia ponderato ed esatto nelle
parole, per non dirne una sola di troppo: per esempio. se devo
riprendere le eccessive libertà di quel giovanotto e di quella
ragazza, perché chiaramente esagerate e pericolose, devo saper
conservare la misura per non gonfiare la cosa nemmeno di un soffio.
Se
c'è soltanto qualche sospetto, dirò soltanto quello; se si tratta
di sola imprudenza, non dirò di più; se non c'è né imprudenza, né
sospetto di male, ma soltanto materia perché qualche spirito
malizioso faccia della maldicenza, non dirò niente del tutto o dirò
soltanto quello che è,
Quando
parlo del prossimo, la mia bocca nel servirsi della lingua è da
paragonarsi al chirurgo che maneggia il bisturi in un intervento
delicato tra nervi e tendini: il colpo che vibro deve essere
esattissimo nel non esprimere né di più né di meno della verità.
Un'ultima
cosa: pur riprendendo il vizio, devi fare attenzione a non
coinvolgere la persona che lo porta. Ti concedo di parlare
liberamente soltanto dei peccatori infami, pubblici e conosciuti da
tutti, ma anche in questo caso lo devi fare con spirito di carità e
di compassione, non con arroganza e presunzione; tanto meno per
godere del male altrui. farlo per quest'ultimo motivo è prova di un
cuore vile e spregevole.
Faccio
eccezione per i nemici dichiarati di Dio e della Chiesa; quelli vanno
screditati il più possibile: ad esempio, le sette eretiche e
scismatiche con i loro capi. E’ carità gridare al lupo quando si
nasconde tra le pecore, non importa dove.
Tutti
si prendono la libertà di giudicate e censurare i governanti e
parlar male di intere reazioni, lasciandosi guidare dalla simpatia:
Filotea, non commettere quest'errore. Tu, oltre all’offesa a Dio,
corri il rischio di scatenare mille rimostranze.
Quando
senti parlare male, se puoi farlo con fondatezza, metti in dubbio
l'accusa; se non è possibile, dimostra compassione per il colpevole,
cambia discorso, ricorda e richiama alla mente dei presenti che
coloro i quali non sbagliano lo devono soltanto a Dio. Riporta in se
stesso il maldicente con buone maniere; se sai qualche cosa di bene
della persona attaccata, dilla.
Capitolo
XXX
ALTRI
CONSIGLI SUL PARLARE
Il
tuo modo di parlare sia pacato, schietto, sincero, senza fronzoli,
semplice e veritiero. Tienti lontano dalla doppiezza, dall'astuzia e
dalle finzioni. t vero che non tutte le verità devono sempre essere
dette; ma per nessun motivo è lecito andare contro la verità.
Abituati
a non mentire coscientemente, né per scusa, né per altro,
ricordandoti che Dio è il Dio della verità. Se hai mentito
inavvertitamente e puoi rimediare spiegando e correggendo, fallo
subito: le scuse sincere hanno più delicatezza e più forza
convincente per scusarci di qualunque menzogna.
Qualche
volta è permesso, con prudenza e discrezione, alterare e nascondere
la verità con un giro di parole; ma soltanto per motivi seri; quando
lo richiedono, senza ombra di dubbio, la gloria di Dio e il suo
servizio. Fuori di ciò, i giri di parole o le astuzie verbali sono
pericolose perché, come dice la Parola di Dio, lo Spirito Santo non
abita in un'anima falsa e doppia.
Nessuna
finezza è migliore e più desiderabile della semplicità.
La
prudenza mondana e le arti della carne sono caratteristiche dei figli
di questo secolo; i figli di Dio invece camminano senza astuzie e
hanno il cuore senza misteri. Chi cammina con semplicità, dice il
Saggio, avanza con fiducia. La menzogna, la doppiezza, la simulazione
sono segni di uno spirito debole e vile.
S.
Agostino, nel IV libro delle Confessioni,
dice
che l'anima sua e quella del suo amico formavano un'anima sola, e che
odiava la vita dopo la morte dell'amico, perché non se la sentiva di
vivere a metà e, nello stesso tempo, temeva di morire, perché in
tal modo anche l'amico avrebbe cessato di vivere totalmente. In
seguito queste parole gli parvero troppo artificiose e studiate e
così, nel Libro delle Ritrattazioni,
le
sconfessa e le chiama inezie. Cara Filotea, pensa quanto quella bella
e sant'anima fosse sensibile all'affettazione delle parole! Senza
dubbio il parlare in modo schietto, senza fronzoli e con sincerità,
è un prezioso ornamento della vita cristiana.
"Ho
detto, farò attenzione alle mie vie per non peccare in parole;
Signore, metti le sentinelle alla mia bocca e una porta a chiusura
delle mie labbra " cantava Davide.
E’
un consiglio del grande Re S. Luigi: Non contraddire mai nessuno a
meno che non sia peccato o dal consenso ne consegua un grave danno;
questo ti eviterà contestazioni e litigi. Quando è necessario
contraddire qualcuno e opporsi all'opinione di un altro, bisogna
usare molta dolcezza e una grande abilità, senza aver l'aria di
aggredire chicchessia; non ci si guadagna mai a prendere le cose con
asprezza. Il parlare poco, tanto raccomandato dagli antichi saggi,
non va inteso nel senso di dire poche parole, ma di non dirne di
inutili. Nel campo delle parole non si guarda alla quantità, ma alla
qualità. Secondo me bisogna evitare i due estremi: darsi troppo un
contegno sostenuto e severo, rifiutandosi di partecipare alla
conversazione familiare, il che mi sembra che denoti mancanza di
fiducia e anche un certo disprezzo degli altri; d'altra parte il
ciarlare e il cicalare senza soste, senza mai lasciare spazio agli
altri per dire una sola parola, sarebbe segno di leggerezza e
insulsaggine.
S.Luigi
trovava che non fosse ben fatto, quando si è in compagnia, parlare
all'orecchio o fare conciliaboli; questo per non dare il sospetto che
si stesse parlando di qualcuno. Diceva: Chi si trova a tavola, in
buona compagnia, e ha da dire una cosa allegra e simpatica, la deve
dire in modo che tutti la odano; se invece si tratta di un affare di
importanza, non parli affatto.
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